Contribuente morto, ma a lui sono intestate e notificate due cartelle di pagamento: salva la legittimità

Confermata la validità dell’operazione, così come stabilito già in Commissione tributaria regionale. Ritenute comunque efficaci l’intestazione e la notifica al contribuente passato a miglior vita, e la ricezione da parte di uno solo degli eredi. Decisiva la lacuna di elementi di fatto che attestino la comunicazione della morte da parte degli eredi o la conoscenza della scomparsa del contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Cartella esattoriale ‘salva’, anche se intestata e notificata a una persona deceduta. A risponderne dovranno, comunque, essere gli eredi, destinati a confrontarsi con l’Agenzia delle Entrate Cassazione, ordinanza numero 19208, sezione tributaria, depositata oggi . Cartella postuma. Ad aprire le danze è il figlio di un uomo, passato a miglior vita, a cui sono recapitate due cartelle di pagamento. A suo avviso, difatti, si tratta di cartelle illegittime «per essere, entrambe, state intestate e notificate al padre deceduto», e questa tesi viene accolta dai giudici tributari. Almeno in Commissione provinciale Perché poi, in Commissione regionale, la tesi dell’Agenzia delle Entrate viene accolta ribaltata, quindi, la prospettiva, e confermata la legittimità delle cartelle di pagamento. Legittimità salva. Secondo l’erede, però, la questione va nuovamente affrontata, alla luce di quanto indicato dalla normativa «in materia di accertamento delle imposte sui redditi». Più precisamente, nodo gordiano – evidenziato nel ricorso in Cassazione – è il ruolo degli eredi del contribuente. A questo proposito, viene ricordato che effettivamente «ove gli eredi non provvedono a comunicare il decesso del loro dante causa con il nominativo di tutti gli aventi causa, ma il decesso sia noto agli uffici finanziari, gli atti intestati al de cuius possono essere notificati nell’ultimo domicilio dello stesso», ma essi «devono essere diretti agli eredi collettivamente ed impersonalmente». Per questo, secondo l’erede, «è nulla la notifica effettuata direttamente al de cuius e ricevuta da uno solo degli eredi». Ma l’intero tesi viene messa in discussione dai giudici della Cassazione. Perché mancano due elementi fondamentali, quelli richiamati cioè dall’erede, ossia la comunicazione da parte degli eredi e la conoscenza del fatto da parte dell’Agenzia delle Entrate. A questo proposito, sottolineano i giudici, l’accertamento di merito ha «escluso la ricorrenza sia di elementi idonei ad asseverare l’avvenuta comunicazione sia di elementi idonei ad asseverare la conoscenza, da parte dell’Agenzia, della morte del destinatario dell’atto». Di conseguenza, è da considerare salva la legittimità delle cartelle notificate e intestate al contribuente oramai morto a risponderne dovranno essere gli eredi.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 27 settembre – 7 novembre 2012, numero 19208 Presidente Merone – Relatore Cappabianca Premesso - che C.R. propose ricorso avverso cartelle di pagamento, sostenendone l’illegittimità per essere, entrambe, state intestate e notificate al padre deceduto, E.R. - che, integrato il contraddittorio nei confronti del concessionario per la riscossione, l’adita commissione provinciale accolse il ricorso, con decisione, che, in esito all’appello dell’Agenzia, fu, tuttavia, riformata dalla Commissione regionale, che riaffermò la legittimità delle cartelle - che, avverso la decisione di appello, il R. ha proposto ricorso per cassazione in unico motivo - che l’agenzia ha resistito con controricorso rilevato - che, con l’unico complesso motivo di ricorso, il R. ha denunziato “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 65 d.p.r. numero 666 del 1973” ed ha formulato il seguente quesito “Vero che, ove gli eredi non provvedono a comunicare il decesso del loro dante causa con il nominativo di tutti gli aventi causa, ma il decesso sia noto agli uffici finanziari, gli atti intestati al de cuius possono essere notificati nell’ultimo domicilio dello stesso, ma devono essere diretti agli eredi collettivamente ed impersonalmente ed è, pertanto, nulla la notifica effettuata direttamente al de cuius e ricevuta da uno solo degli eredi” osservato - che - vertendosi in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo l’1.3.2006 e prima del 4.7.2009 - prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che il motivo di ricorso proposto dal contribuente si rileva inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’articolo 366 bis c.p.c. - che invero, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto - dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e tecnico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile v. Cass. s.u. 3519/08 mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria ed insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’articolo 366 bis, v. Cass. 4311/08, 4309/08, 80603/07 - che, tanto premesso, deve rilevarsi che, in concreto, la censura in diritto è corredata da quesito di diritto, risolventesi in mera petizione di principio di cui si chiede a questa Corte la conferma mentre il denunziato vizio di motivazione risulta del tutto privo di “momento di sintesi” osservato inoltre - che, in disparte l’esposto assorbente rilievo, deve, peraltro rilevarsi che la doglianza del ricorrente risulta, altresì, inammissibile, giacché, per un verso, integra denunzia di vizio motivazionale in diritto cfr. Cass. 16648/05, 11883/03 e, per l’altro, si fonda su presupposti di fatto contraddetti dall’accertamento del giudice del merito, che ha escluso la ricorrenza sia di elementi idonei ad asservare l’avvenuta comunicazione ex articolo 65, comma 2, d.p.r. 600/1973 si di elementi idonei ad asservare la conoscenza, da parte dell’Agenzia, della morte del destinatario dell’atto ritenuto - che il ricorso dell’Agenzia va, pertanto, respinto nelle forme di cui agli articolo 375 e 380 bis c.p.c. - che, per la soccombenza, il contribuente va condannato alla refusione delle spese del giudizio nei confronti della controparte costituita, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso condanna il contribuente ricorrente alla refusione delle spese in favore della controparte costituita, liquidate in complessi € 2.600,00, oltre accessori di legge.