Evasore totale: sì al sequestro delle quote di un fondo di gestione immobiliare

Legittimo disporre il sequestro preventivo per equivalente su beni mobili e immobili, nonché sulle quote di un fondo di gestione immobiliare riconducibile all’indagato, qualora il reato addebitato sia tra quelli di cui al d.lgs. numero 74/2000. È sufficiente che il fatto censurato sia compatibile – in termini di fumus commissi delict i – con la fattispecie legale incriminatrice.

Il principio si enuclea dalla sentenza numero 19660/12, depositata il 24 maggio, della Terza sezione Penale. Il caso . È amministratore di 12 società italiane e detiene o ha detenuto partecipazioni in altre 24 società italiane. Ma per il fisco è uno sconosciuto. Il suo nome è evasore totale. Per questo all’indagato venivano imputati i reati previsti e puniti dal d.lgs. numero 74/2000, e nello specifico quello di cui all’articolo 4 dichiarazione infedele relativamente all’anno 2009 e quello di cui all’articolo 5 omessa dichiarazione relativamente alle annualità 2005-2008. Le indagini, invece, riconducevano all’indagato redditi derivanti da investimenti esteri posseduti e mai dichiarati al fisco. Sequestrate le quote di un fondo di gestione immobiliare. All’evasore veniva imposta la misura cautelare reale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, che opera nel senso di sottoporre a vincolo reale beni o utilità – di cui il reo abbia la disponibilità – per un valore corrispondente a quello dei beni che costituirebbero il prodotto, prezzo o profitto del reato. La mancata compilazione del “modulo RW” L’indagato non aveva compilato il modulo della dichiarazione dei redditi in cui devono essere indicati gli investimenti e le attività all’estero aventi natura finanziaria. Così era venuto meno lo scopo di permettere di monitorare a fini fiscali i trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori. è solo uno dei tanti elementi indiziari. La Suprema Corte conferma che la mancata compilazione del modello non integra di per sé reato ma nella vicenda de qua la mancanza era solo uno degli elementi presi in considerazione dal Tribunale che confermava il decreto di sequestro preventivo, così come lo conferma la Cassazione con l’ordinanza in commento. Basta il fumus per ordinare il sequestro . Per applicare la misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, è sufficiente valutare la sussistenza del fumus dei reati oggetto dell’imputazione provvisoria, mentre non compete al giudice considerare se sussistano gli indizi di colpevolezza, giudizio che anzi gli è precluso Cass. SS.UU. numero 7/00 . Né è necessario disquisire sul periculum in mora . La particolare tipologia del sequestro preventivo rimane indifferente rispetto alla dimostrazione della sussistenza di un periculum in mora , che dunque non scende in campo, perché irrilevante è la pericolosità del bene sequestrato destinato all’ablazione così anche Cass. numero 26389/11 .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 – 24 maggio 2012, numero 19660 Presidente Mannino – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Verona, decidendo in data 4.11.2011 sulla richiesta di riesame presentata nell'interesse di M.G. , indagato per i reati di cui agli articolo 4 e 5 d.lgs. 74/2000, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso l'11.10.2011 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale e concernente le quote di un fondo di gestione immobiliare chiuso a lui riconducibile. Avverso tale provvedimento il predetto propone ricorso per cassazione. 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione degli articolo 4 e 5 d.lgs. 74/2000, ipotizzati a seguito dell'accertamento circa la mancata compilazione del “modulo RW” della dichiarazione dei redditi dall'anno 2005 al 2009, rilevando che la mancata compilazione di detto modulo non integra i reati contestati in quanto non finalizzata alla liquidazione dell'imposta, bensì al solo monitoraggio di investimenti e di attività all'estero di natura finanziaria relativi a soggetti residenti nello Stato. Tali considerazioni troverebbero supporto nella circostanza che, trattandosi di un “modulo” e non di un “quadro”, il “modulo RW” non è parte della dichiarazione dei redditi e che può verificarsi l'ipotesi in cui un soggetto sia tenuto alla presentazione del modulo e non anche della dichiarazione. Aggiunge, in conclusione, che la mancata compilazione del modulo non può mai essere utilizzata al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Osserva, altresì, che non sarebbe sussistente nei suoi confronti alcun obbligo di compilazione del modulo RW poiché, in base al disposto dell'articolo 4 d.l. 167/90 e delle istruzioni per la dichiarazione dei redditi mediante modello “Unico” per le persone fisiche, la compilazione sarebbe stata richiesta solo se avesse rivestito la qualità di socio delle società lussemburghesi a lui riconducibili, né tale obbligo dichiarativo poteva conseguire dalla ritenuta qualità di amministratore di fatto delle predette società o per la posizione di titolare effettivo ai fini della normativa antiriciclaggio. Rileva, poi, che l'obbligo di dichiarazione non era ravvisabile neppure per la plusvalenza realizzata dalla Essential S.A. e concernente un conferimento immobiliare da detta società alla Numeria s.r.g. e l'IVA relativa al conferimento medesimo. 3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione degli articolo 321 e 322 ter cod. proc. penumero , evidenziando che le quote del fondo di gestione immobiliare chiuso sequestrate appartengono a soggetto diverso Holfin S.A. ed estraneo ai reati contestati e non erano comunque nella sua disponibilità. Il valore delle stesse, inoltre, risulterebbe di gran lunga superiore rispetto ai 25.283.090,00 di Euro di imposte che si assumono evase. Conclude osservando che mancherebbe in ogni caso la dimostrazione del pericolo che la libera disponibilità di quanto sequestrato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati. Occorre premettere che il Tribunale sintetizza le contestazioni formulate nei confronti del ricorrente evidenziando la sua condizione di evasore totale ed indicando come ultima dichiarazione dei redditi quella presentata nel 1996 non considerando quelle del 2009 e 2010 per importi, rispettivamente, di Euro 4 e 5 che i giudici ritengono effettuate verosimilmente per scopi futuri pur risultando, dalla informativa redatta dalla polizia giudiziaria, che egli è o è stato amministratore in 12 società italiane e detiene o ha detenuto partecipazioni in altre 24 società italiane. Rilevano inoltre i giudici del riesame che il ricorrente non ha mai denunciato i redditi derivanti da investimenti esteri posseduti e mai dichiarati al fisco e che il fumus dei reati contestati emerge, in relazione all'articolo 5 d.lgs. 74/2000, relativamente alle annualità dal 2005 al 2008 ed in relazione all'articolo 4 del medesimo d.lgs. relativamente all'anno 2009, in quanto l'attività di indagine ha posto in evidenza la riconducibilità all'indagato, come redditi di persona fisica o, comunque, di amministratore di fatto di alcune società con sede in Lussemburgo, di quelli evidenziati nei capi di imputazione. 5. A fronte di tale compendio indiziario il ricorrente oppone, con il primo motivo di ricorso, le richiamate considerazioni in ordine al menzionato “modulo RW” la cui compilazione non assumerebbe rilievo ai fini della configurabilità dei reati. La manifesta infondatezza di tale assunto appare di macroscopica evidenza. Va infatti osservato che i giudici del riesame fondano le loro conclusioni sull'esito di una complessa attività di indagine, ritenuta suscettibile di ulteriori sviluppi, che al momento del sequestro aveva consentito di ritenere sussistente la situazione dianzi descritta. Il riferimento alla mancata compilazione del “modello RW” viene chiaramente effettuato dal Tribunale per evidenziare uno dei tanti elementi indiziari acquisiti e valutati ai fini della decisione. Peraltro, lo scopo del previsto obbligo di compilazione del “modello RW” è inequivocabilmente quello di rilevare a fini fiscali trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, come recita espressamente il titolo del d.l. 28 giugno 1990, numero 167 e come si ricava dall'articolo 4, comma 1 del medesimo decreto - legge, laddove si precisa che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, residenti in Italia che al termine del periodo d'imposta detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi. Non si vede, dunque, quali altre finalità possano avere le disposizioni normative richiamate. Il “modello RW” consiste, dunque, in un mero strumento di comunicazione e conoscenza per la determinazione del reddito ed il conseguente calcolo dell'imposta relativamente agli investimenti detenuti all'estero o le attività estere di natura finanziaria e la evasione contestata al ricorrente non deriva, ovviamente, dalla mancata compilazione di detto modello ma dell'inadempimento degli obblighi fiscali sanzionati dagli articolo 4 e 5 d.lgs. 74/2000. 6. Ciò posto deve rilevarsi come le ulteriori argomentazioni sviluppate nel motivo di ricorso siano inammissibili in quanto concernenti censure in fatto non deducibili in sede di legittimità. Del resto il Tribunale ha correttamente valutato, entro i limiti della propria cognizione, la sussistenza del fumus dei reati ipotizzati, limitandosi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, essendogli preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi SS. UU. numero 7, 4 maggio 2000 ed altre succ. conf. ed esaminando le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati eventualmente influenti sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus medesimo Sez. III numero 18532, 17 maggio 2010 numero 27715, 16 luglio 2010 . Così facendo ha svolto impeccabilmente il proprio ruolo di garanzia. 7. Anche con riferimento al secondo motivo di ricorso non può giungersi a diverse conclusioni. Il Tribunale ha infatti ritenuto la legittimità della misura reale applicata sulla base della riconducibilità delle quote sequestrate alla persona del ricorrente il quale, anche in questo caso, oppone argomentazioni in fatto non ammissibili in questa sede con richiami ad atti verbale di sequestro della Guardia di Finanza la cui consultazione è preclusa a questa Corte. I giudici hanno anche ritenuto giustificata l'applicazione della misura sull'intero ammontare delle quote in considerazione del contesto di evasione totale in cui il sequestro era stato effettuato e delle considerevoli variazioni del valore degli investimenti immobiliari rappresentati dalle quote medesime, argomenti rispetto ai quali in ricorso non viene mossa alcuna obiezione. 8. Quanto, infine, alla ulteriore deduzione concernente la mancata dimostrazione del periculum in mora, va ricordato che questa Corte ha già avuto modo di precisare che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è disposto senza che abbia rilievo la pericolosità del bene, del pari irrilevante per la misura ablativa finale Sez. III numero 26389, 6 luglio 2011 . Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente Corte Cost. 7-13 giugno 2000, numero 186 - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.