Testimoni di Geova come vicini di casa: radio ad altissimo volume e bestemmie sono offese alla religione. Soprattutto se coincidono con l’orario delle funzioni...

A dieci anni di distanza dagli episodi si chiude la vicenda legittima la condanna a due mesi di reclusione, ma l’uomo si salva grazie alla prescrizione. Fondamentali tempi e modi delle offese. E l’ampliamento previsto dalla legge da tutelare non solo la religione cattolica.

Nessun luogo di culto ‘ufficiale’, ma un appartamento utilizzato dai Testimoni di Geova per l’assemblea dei fedeli. Eppure le offese espresse da un uomo che vive – con la moglie – in un appartamento vicino sono da collocare non certo nella categoria ‘pessimi rapporti di vicinato’ Fondamentali modi e tempi, ossia la coincidenza delle azioni violente dell’uomo con le funzioni religiose e con l’azione di proselitismo svolta dai fedeli Cassazione, sentenza numero 18804, Quarta sezione Penale, depositata oggi . Vecchia storia Episodi collocati nel lontano 2002, prima pronunzia nel 2008, poi annullata in Cassazione, e oggi ancora una tappa in terzo grado A distanza di dieci anni dai fatti, in ballo è ancora la responsabilità di un uomo per le offese espresse verso i Testimoni di Geova, che usavano riunirsi in un appartamento vicino. Esempi delle intemperanze? Radio ad altissimo volume durante le funzioni religiose bestemmie, imprecazioni e minacce pietre lanciate contro alcuni ministri di culto e, giusto per non farsi mancare nulla, finanche «un cartellone asserente la irregolarità urbanistico-edilizia dell’edificio adibito a luogo di culto dei Testimoni di Geova». Eppure, in primo grado, l’uomo era stato assolto dalle accuse di offesa a una confessione religiosa Guerra di religione. A rimettere tutto in discussione la Cassazione nel 2008, con l’annullamento della pronuncia di primo grado. E, poi, a ribaltare la prospettiva la Corte d’Appello, con la condanna dell’uomo a due mesi di reclusione evidente, secondo i giudici, l’obiettivo di offendere la confessione dei Testimoni di Geova. Adesso, però, a riportare la vicenda in Cassazione è proprio l’uomo, che propone una tesi assolutamente alternativa i gesti compiuti vanno collocato «in rapporti di vicinato» pessimo e «non di dissenso religioso». Ma, secondo i giudici della Cassazione, sono i fatti a dimostrare l’esatto contrario non a caso, le «condotte offensive» sono coincise «con lo svolgimento delle funzioni religiose e con le condotte dei credenti, intese a realizzare la frequentazione dell’edificio di culto». E, a questo proposito, gli aggiornamenti di legge più recenti hanno chiarito che l’illecito penale va addebitato non solo per «le offese in danno alla religione cattolica» ma anche per quelle «recate in danno di altri culti». Assolutamente legittima, quindi, la condanna emessa in Appello, condivisa in Cassazione a salvare l’uomo, però, è la prescrizione

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 ottobre 2011 – 16 maggio 2012, numero 18804 Presidente Brusco – Relatore Zecca Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Roma con sua sentenza resa in esito all’udienza dei 6 luglio 2010, pronunziando in sede di rinvio Cass. Penumero Sez. III 5/6/2009 in dichiarata riforma della sentenza, annullata dalla Corte di Cassazione del Tribunale Tivoli che il 23/10/2008 aveva assolto lo S. dal reato di cui agli articolo 81, 110, 406 in relazione agli articolo 403, 404 e 405 cp., perché aveva ritenuto che il fatto addebitato non fosse più previsto dalla legge come reato, ha dichiarato lo S. colpevole del reato a lui addebitato e attribuite le attenuanti generiche prevalenti lo ha condannato alla pena di mesi due di reclusione. La stessa sentenza ha assolto la moglie oggi non ricorrente dello Sciatore per non aver commesso il fatto. Il fatto addebitato all’odierno ricorrente è quello di aver offeso, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, la confessione religiosa dei Testimoni di Geova, nonché le funzioni e i ministri di culto della stessa confessione, alzando la propria radio ad altissimo volume durante le funzioni religiose tenute in un appartamento vicino, e apostrofando i fedeli ad alta voce con bestemmie, imprecazioni e minacce quali “vi ammazzo tutti”, nonchè, lanciando pietre contro i ministri del culto C., M., V. e D., nonché installando un cartellone asserente la irregolarità urbanistico-edilizia dell’edificio adibito a luogo di culto dei testimoni di Geova in Villanova di Guidonia dal giugno al novembre 2002. L’imputato S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza appena ora menzionata e ha denunziato 1 omessa motivazione ex articolo 606 lett e cpp. per non avere sviluppato i passaggi argomentativi idonei a evidenziare il rapporto tra condotte addebitate e previsioni di legge ritenute applicabili 2 erronea applicazione della legge penale ex articolo 606 lett b in relazione agli articolo 403, 404 e 405 cp. Per mancata individuazione del reato più grave ai fini dell’applicazione dell’aumento per la continuazione, mancata motivazione in ordine alla dosimetria della pena ex articolo 133 cp, omessa indicazione dell’aumento applicato per la continuazione, mancata motivazione circa l’accertamento di una volontà colpevole a fronte di cause delle condotte radicate in rapporti di vicinato e non di dissenso religioso 3 Mancata assunzione di prova decisiva ai sensi dell’articolo 606 lett d cpp in relazione all’articolo 190 cpp per avere escluso l’esame di una teste già ammessa revocando la precedente ordinanza ammissiva. La teste avrebbe dovuto deporre sulle condizioni di salute dello S. tali da rendere inevitabile l’assoluzione dell’imputato per le stesse ragioni che avevano portato alla assoluzione della moglie di costui ritenuta dalla stessa sentenza impugnata dallo S., impossibilitata, per il suo essere costretta in sedia a rotelle, a commettere i reati addebitati. All’udienza pubblica del 6 ottobre 2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito. Considerato in diritto Il giudice di rinvio si è attenuto al principio enunziato dalla sentenza di annullamento la quale ha stabilito che le legge 24/2/2006 numero 85 non ha abrogato precedenti previsioni di illecito penale ma ha parificato le offese in danno alla religione cattolica a quelle recate in danno di altri culti. Di seguito la sentenza del giudice di rinvio ha accertato la responsabilità dell’imputato per tutti i fatti addebitati, sottolineando la coincidenza delle condotte offensive o lesive con il tempo dello svolgimento delle funzioni religiose e con le condotte dei credenti intese a realizzare la frequentazione dell’edificio di culto. La volontà di ledere le ragioni. La assoluzione della moglie dell’imputato è stata pronunziata per mancata acquisizione a carico di costei di sufficienti elementi probatori. Il motivo di censura fondato su una pretesa di parificazione delle posizioni dei due originari imputati che determinerebbe anche una violazione del diritto di difesa per mancata assunzione di prova decisiva, ha ad oggetto la sola comparazione dello stato di salute degli imputati laddove l’assoluzione della coimputata R., al di là dell’argomento relativo allo stato di salute, è motivata dalla decisiva considerazione per la quale i testimoni escussi non avevano rivolto specifiche accuse nei confronti della R. diversamente da quanto avevano fatto nei confronti dello S. Le modalità di attuazione delle condotte dello S., le coincidenze sottolineate, in una alla reiterazione delle condotte verso qualificati obbiettivi e la conseguente affermazione della particolare intensità del dolo dell’imputato costituiscono adeguata giustificazione della statuizione di condanna. I fatti si sono verificati dal 1/6/2002 al 24/11/2002 con decreto penale del 23/3/21004, sentenza di primo grado del 23/10/2008, sentenza di appello del 6/7/2010 e poiché il termine di prescrizione si è consumato al 24/5/2010 in data precedente la stessa sentenza di appello, ogni addebito è estinto per intervenuta prescrizione. Per quanto sopra è stato scritto non emerge dagli atti la evidenza che il fatto non sussista o che l’imputato non lo abbia commesso o che il fatto non costituisca reato o non sia previsto dalla legge come reato nella prospettiva di cui all’articolo 129 co. 2 cpp. La sentenza impugnata deve in conclusione essere annullata senza rinvio perché è estinto per intervenuta prescrizione il reato addebitato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.