I criteri per stabilire l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal correo

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire gli aspetti che il giudice è tenuto a verificare esaminando l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso.

Di tale questione si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza numero 41853/15, depositata il 19 ottobre. Il caso. Il Tribunale del riesame confermava l’ordinanza con la quale il gip aveva disposto a carico di un uomo la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di occultamento di cadavere, fondando la propria decisione sulle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia. Per la cassazione di tale decisione ricorre l’uomo, lamentando che il giudice di merito avrebbe trascurato svariati profili di inattendibilità delle dichiarazioni rese dai due collaboratori di giustizia e non avrebbe considerato adeguatamente i pessimi rapporti tra i dichiaranti e l’imputato. Quali valutazioni deve compiere il giudice sulla chiamata in correità? I Giudici di Piazza Cavour hanno in primis ribadito che secondo la giurisprudenza di legittimità, per valutare correttamente una chiamata in correità, il giudice deve innanzitutto verificare la credibilità del dichiarante, valutandone in particolare la personalità, le condizioni socio-economiche e familiari, il passato, i rapporti con i chiamati in correità e le ragioni della confessione e dell’accusa dei coautori e complici in secondo luogo, il giudicante deve verificare l’attendibilità delle dichiarazioni rese, vagliandone «l’intrinseca consistenza» e le caratteristiche spontaneità, autonomia, precisione, completezza della narrazione dei fatti, coerenza e costanza infine, il giudice deve controllare l’esistenza di riscontri esterni da cui trarre la necessaria conferma di attendibilità. Gli Ermellini, poi, hanno fornito alcuni chiarimenti in ordine agli altri elementi di prova che, a norma dell’articolo 192, comma 3, c.p.p., confermano l’attendibilità della dichiarazione. Tali elementi non devono provare il fatto-reato e la responsabilità dell’imputato, ma semplicemente confermare l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie ne deriva che essi sono in posizione subordinata ed accessoria rispetto alla prova derivante dalla chiamata in correità. Qualora, poi, il giudizio di attendibilità riguardi plurime dichiarazioni accusatorie convergenti provenienti dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso, il giudice dovrà valutare la contestualità ed autonomia delle dichiarazioni e la reciproca non conoscenza dei dichiaranti, oltre che ogni altro elemento in concreto idoneo ad escludere l’ipotesi di una concertazione fraudolenta ed a conferire ad ogni dichiarazione i connotati della reciproca indipendenza ed originalità. Eventuali divergenze non inficiano automaticamente l’attendibilità. La presenza di eventuali divergenze su alcuni punti, tuttavia, continuano dal Supremo Collegio, non comporta automaticamente il venir meno dell’attendibilità delle predette dichiarazioni, ben potendo invece confermarne la reciproca autonomia, dal momento che sono fisiologicamente connaturate alla provenienza della narrazione dello stesso fatto provenienti da soggetti diversi. Soprattutto, concludono i Giudici del Palazzaccio, in tema di prova dei delitti maturati nell’ambito di un’organizzazione criminale di tipo mafioso, la presenza di eventuali smagliature o discrasie nelle dichiarazioni accusatorie rese da persone comprese tra quelle indicate nei commi 3 e 4 dell’articolo 192 c.p.p, non implica di per sé il venir meno della loro sostanziale affidabilità, quando, in base ad un’adeguata motivazione, «ne risulti dimostrata la complessiva convergenza nei rispettivi nuclei fondamentali». Nel caso di specie, concludono gli Ermellini, i giudici di merito hanno adeguatamente valutato i profili sopra richiamati, dandone conto puntualmente nell’ordinanza impugnata. Pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 settembre – 19 ottobre 2015, numero 41853 Presidente Squassoni – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16/6/2015, il Tribunale dei riesame di Catania rigettava il ricorso proposto da G.P. avverso l'ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari in sede il 29/5/2015, così confermando a carico di questi la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all'articolo 411 cod. penumero commesso sul cadavere di G.R. il Collegio, in particolare, fondava la propria decisione sulle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia, quali F.N., autoaccusatosi dell'omicidio, e D.S., che invece aveva riferito dell'accaduto de relato. 2. Propone ricorso per cassazione il P., a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico, diffuso motivo - la violazione dell'articolo 192 cod. proc. penumero , nonché il difetto motivazionale. Il Tribunale, dopo aver sinteticamente - e senza motivazione alcuna - superato la questione posta dalla difesa in ordine ai pessimi rapporti tra i citati dichiaranti ed il P., documentati in atti, avrebbe quindi disatteso plurimi profili in tema di inattendibilità, intrinseca ed estrinseca, sia di N. che di S., sminuendo oltre misura le palesi e numerose discrasie riscontrabili nei due racconti ed analiticamente riportate nel ricorso ciò, con riguardo al movente dell'omicidio, al numero ed all'identità dei soggetti che vi avevano partecipato e, di seguito, di coloro che avevano eseguito il seppellimento del cadavere. L'ordinanza - rispondendo a queste censure - apparirebbe del tutto apparente ed illogica, risolvendosi in un vero e proprio simulacro motivazionale. Considerato in diritto 3. Costituisce indiR. ermeneutico più volte affermato da questa Corte quello per cui, in tema di impugnazione delle misure cautelaci personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione dei provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Giudice di merito Sez. 6, numero 11194 dell'8/3/2012, Lupo, Rv. 252178 Sez. 5, numero 46124 dell'8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 . Allorquando, poi, sia denunciato un vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura dei giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il Giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità dei quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie per tutte, Sez. 4, numero 26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460 orbene, ritiene la Corte che il Tribunale dei riesame abbia fatto buon governo di questi principi, redigendo una motivazione del tutto adeguata e logica. 4. AI riguardo, occorre premettere che - per costante orientamento di legittimità - ai fini di una corretta valutazione di una chiamata in correità, il Giudice deve in primo luogo verificare la credibilità del dichiarante, valutando la sua personalità, le sue condizioni socio-economiche e familiari, il suo passato, i suoi rapporti con i chiamati in correità e le ragioni che lo hanno indotto alla confessione ed all'accusa dei coautori e complici in secondo luogo, deve verificare l'attendibilità delle dichiarazioni rese, valutandone l'intrinseca consistenza e le caratteristiche, avendo riguardo, tra l'altro, alla loro spontaneità ed autonomia, alla loro precisione, alla completezza della narrazione dei fatti, alla loro coerenza e costanza deve, infine, verificare l'esistenza di riscontri esterni, onde trarne la necessaria conferma di attendibilità per tutte, Sez. 2, numero 21171 del 7/5/2013, Lo Piccolo, Rv. 255553 . Quanto, poi, agli altri elementi di prova che, a norma dell'articolo 192, comma 3, cod. proc. penumero , confermano l'attendibilità della dichiarazione, questi non devono valere a provare il fatto reato e la responsabilità dell'imputato, perché, in caso contrario, la suddetta disposizione sarebbe del tutto pleonastica la loro funzione processuale è, invece, semplicemente quella di confermare l'attendibilità delle dichiarazioni accusatorie, il che comporta che tali elementi sono in posizione subordinata ed accessoria rispetto alla prova derivante dalla chiamata in correità per tutte, Sez. 2, numero 8125 dei 30/1/2013, Ragaglia, Rv. 255244 . Qualora, poi, il giudizio di attendibilità riguardi plurime dichiarazioni accusatorie convergenti provenienti da soggetti rientranti nelle categorie di cui all'articolo 192, commi 3 e 4, cod. proc. penumero , lo stesso deve esser fondato sulla contestualità ed autonomia delle dichiarazioni, e sulla reciproca non conoscenza dei soggetti dichiaranti, oltre che su ogni altro elemento in concreto idoneo ad escludere l'ipotesi di una fraudolenta concertazione ed a conferire a ciascuna dichiarazione i connotati della reciproca indipendenza ed originalità le eventuali discrasie su alcuni punti non inficiano irrimediabilmente l'attendibilità delle predette dichiarazioni, ma possono talora confermarne la reciproca autonomia, perché fisiologiche in presenza di narrazioni dello stesso fatto provenienti da soggetti diversi Sez. 2, numero 25795 del 19/6/2012, Bernardo, Rv. 253418 fermo restando, comunque, con particolare riferimento al caso in esame, che in tema di prova dei delitti maturati nell'ambito di un'orgaN.zione criminale di tipo mafioso, la presenza di eventuali smagliature o discrasie nelle dichiarazioni accusatorie rese da persone comprese tra quelle indicate nei commi 3 e 4 dell'articolo 192, cod. proc. penumero , rilevabili sia all'internodi tali dichiarazioni, sia nel confronto tra esse, non implica, di per sé, il venir meno della loro sostanziale affidabilità, quando, sulla base di un'adeguata motivazione, ne risulti dimostrata la complessiva convergenza nei rispettivi nuclei fondamentali Sez. 6, numero 6425 del 18/12/2009, Caramuscio, Rv. 246528 . 5. Orbene, tutto ciò premesso, e con specifico riferimento alle doglianze sollevate, osserva la Corte che l'ordinanza impugnata ha evidenziato che 1 il riferimento ai possibili rapporti di astio tra i dichiaranti ed il ricorrente è dedotto in termini dei tutto generici, vaghi, come tali inidonei ad inficiare il quadro indiziario a carico 2 sia N. che S. sono soggetti intranei all'orgaN.zione mafiosa e, nel corso della loro collaborazione, hanno già manifestato la loro credibilità, consentendo arresti e ritrovamenti di armi. Con la precisazione ulteriore, peraltro, che il N. si è autoaccusato dell'omicidio del R., così come della sottrazione del cadavere 3 con riferimento al S., trova piena applicazione - con ampio ed analitico argomento - quanto già affermato dalle Sezioni unite di questa Corte numero 20804 dei 29/11/2012, Acquilina, Rv. 255143 , ovvero che la chiamata in correità o in reità de relato, anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, può avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilità penale dell'accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purché siano rispettate le seguenti condizioni a risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilità soggettiva di ciascun dichiarante e dell'attendibilità intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificità, della coerenza, della costanza, della spontaneità b siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo c vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del thema probandum d vi sia l'indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente e sussista l'autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse. In forza di quanto precede, il Tribunale - in ciò aderendo alle considerazioni del G.i.p. - ha quindi concluso con argomento logico non solo per la credibilità in sé dei dichiaranti, ma anche per la convergenza ed autonomia delle loro affermazioni e di queste con le parole delle fonti del S. , nonché per l'assenza di qualsivoglia elemento che possa anche solo far ipotizzare intese fraudolente tra i dichiaranti stessi. E con l'ulteriore, già richiamata considerazione per cui le discrepanze ravvisabili «non appaiono tali da incidere realmente nel quadro di insieme o sono solamente apparenti», come con riguardo al movente dell'omicidio del R., alle zone peraltro assai limitrofe interessate dalle condotte, alle modalità di affiliazione dello stesso defunto, comunque pacificamente definito uomo d'onore . Considerazioni alle quali, peraltro, il ricorrente oppone soltanto diffuse valutazioni in punto di fatto, così sollecitando a questa Corte una nuova e diversa analisi delle medesime risultanze investigative già esaminate dal G.i.p. e dal Tribunale dei riesame in particolare, le dichiarazioni di N. e S. , come tale inammissibile risultanze - si osserva poi incidentalmente - richiamate per estratto e senza alcuna allegazione dei relativi verbali. Il ricorso deve esser quindi rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente, a norma dell'articolo 94, comma l-ter, disp. att. cod. proc. penumero . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente, a norma dell'articolo 94, comma l-ter, disp. att. cod. proc. penumero .