In materia di rapporto di lavoro a termine, per la proroga del contratto non è necessaria la forma scritta ad substantiam, ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 1 e 4 del d.lgs 368/01. Tale sistema non è in contrasto con alcuna norma di legge nazionale o comunitaria, nella misura in cui la tutela del lavoratore è garantita da un meccanismo sanzionatorio e di controllo applicabile nel caso di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il termine pattuito.
La sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 1058/2016, depositata il 21 gennaio, si è occupata della legittimità della proroga dei contratti a termine, non formalizzata con atto scritto. Il fatto. La vicenda è quella di una lavoratrice che denunciava, dinanzi al Tribunale competente, la società da cui era stata assunta, onde far emergere l’illegittimità dei due contratti a termine e della successiva proroga del primo, quest’ultima priva della forma scritta. Il giudice del lavoro rigettava la domanda analoghe le sorti del giudizio di appello. La decisione era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. L’essenzialità della forma scritta per la proroga del contratto a termine nella ricostruzione operata dalla ricorrente. La ricorrente riteneva che la Corte territoriale avesse errato la propria decisione, escludendo la necessità della proroga scritta del contratto di lavoro a tempo determinato sulla scorta di principi mutuati dal diritto civile e non già di quelli specifici operanti, invece, nella disciplina del diritto di lavoro. Cosicché i giudici avevano considerato il termine come elemento accidentale del contratto, trascurando di fatto la disciplina lavoristica che, invece, richiedendo la forma scritta per il contratto di lavoro a termine e la verifica delle ragioni per la stipulazione, mirava ad esercitare una forma di controllo su eventuali abusi. A parere della ricorrente, il fatto che l’articolo 4 del d.lgs. numero 368/01 non richieda necessariamente la forma scritta per la proroga del contratto di lavoro a tempo determinato, in caso di effettiva proroga, non impedirebbe comunque di considerare come apposto un nuovo termine di durata, con conseguente necessità di utilizzare la forma scritta. Sicché, la mancanza della forma scritta operativamente si tradurrebbe nell’incertezza sul medesimo termine di scadenza del contratto. La Corte di Cassazione era, quindi, chiamata a specificare, ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 1 e 4 del d.lgs. numero 368/01, se fosse o meno necessaria la forma scritta ad substantiam per la proroga del contratto di lavoro a tempo determinato. L’assenza di forma scritta non lede il diritto del lavoratore, poiché tutelato da un meccanismo sanzionatorio ad hoc. Gli Ermellini respingevano il ricorso, sostenendo che non fosse necessaria la forma scritta della proroga del rapporto di lavoro a tempo determinato, previsto, invece, per la disciplina del lavoro somministrato di cui al d.lgs. numero 276/2003. Ciò in ragione del fatto che il sistema del rapporto di lavoro in argomento aveva istituito un vero e proprio meccanismo sanzionatorio per il datore di lavoro, in caso di utilizzo distorto dello strumento della proroga contrattuale. Tale sistema si attuava attraverso una serie di accorgimenti in primis , l’onere della prova, posto a carico del datore, sulle ragioni e sulla necessità di prorogare la durata iniziale del contratto la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di superamento dei termini di durata stabiliti dal medesimo d.lgs. numero 368/01 la previsione di maggiorazioni della retribuzione in caso di prosecuzione del rapporto oltre la scadenza del termine iniziale o successivamente prorogato. Orbene, la Cassazione evidenziava l’esistenza nel nostro ordinamento di un sistema di bilanciamento degli interessi del lavoratore attuata proprio mediante la previsione dei sopradetti meccanismi sanzionatori. Escluso il contrasto con la disciplina comunitaria. I Giudici di legittimità trovavano occasione per escludere il contrasto della disciplina tra il rapporto di lavoro a termine ed il diritto comunitario, richiamando l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato CES-UNICE-CEEP del 18.3.99 che, allo scopo di evitare abusi, prevedeva la sussistenza di ragioni oggettive per ricorrere al contratto di lavoro a tempo determinato, nonché l’adozione di una serie di misura di prevenzione degli abusi. Tutti questi elementi riscontrabili anche nella disciplina del diritto nazionale.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 ottobre 2015 – 21 gennaio 2016, numero 1058 Presidente Venuti – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Monza, E.E. deduceva di essere stata assunta dalla AUTOGRILL s.p.a. con due successivi contratti a termine, il primo dei quali dal marzo al maggio 2005 successivamente prorogato sino al 10.7.05 . Lamentava l'illegittimità dei contratti e della proroga, avvenuta senza forma scritta. Nella resistenza della società, il primo giudice rigettava la domanda. Avverso tale sentenza proponeva appello la E. , con esclusivo riferimento alla ritenuta non necessità della forma scritta per la proroga del primo contratto. La Corte d'appello di Milano, con sentenza depositata il 30 giugno 2009, rigettava il gravame. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la E. , affidato ad unico motivo. Resiste la AUTOGRILL s.p.a. con controricorso, poi illustrato con memoria. Motivi della decisione 1.- La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 1 e 4 del d.lgs. numero 368/01 articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. . Lamenta che la Corte di merito escluse la necessità dell'atto scritto per la proroga del contratto a tempo determinato sulla base di principi di diritto civile, ritenendo in particolare che il termine costituisse un elemento accidentale del contratto e non invece, come previsto dalla legislazione in materia di lavoro, un elemento essenziale, come doveva evincersi dalla necessità della forma scritta per la conclusione del contratto a termine e delle ragioni che ne consentono la stipula, norme dirette a tutelare l'effettività delle ragioni giustificative dell'assunzione temporanea ed il controllo su di esse. Deduce in particolare che la circostanza che l'articolo 4 del d.lgs. numero 368/01 non preveda espressamente l'obbligo di forma scritta anche per la proroga del contratto a tempo determinato, non sarebbe decisiva, posto che la proroga si traduce nell'apposizione di un nuovo termine di durata del contratto, con conseguente obbligo della forma scritta, come stabilito dall'articolo 1 del medesimo decreto. D'altro canto, considerato che la proroga può essere articolo 4 d.lgs. numero 368/01 di durata maggiore a quella del contratto iniziale, la mancanza di forma scritta si tradurrebbe in una inaccettabile incertezza sul termine di scadenza del contratto. Formula il prescritto quesito di diritto, chiedendo alla Corte se, ai sensi del combinato disposto degli articolo 1 e 4 del d.lgs. numero 368/01, per la proroga di un contratto di lavoro a tempo determinato sia o meno necessaria la forma scritta ad substantiam . Il ricorso è infondato. In effetti il d.lgs. numero 368/01 articolo 4 non prevede, a differenza di quanto stabilito dall'articolo 22, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, numero 276 in tema di somministrazione di lavoro su cui cfr. Cass. 10.10.2014 numero 21520 , che la proroga del contratto a tempo determinato debba avvenire per iscritto. Peraltro neppure nell'impianto di cui alla L. numero 230/62 era previsto che la pattuizione di una proroga dovesse avvenire con atto scritto, anche se in quel caso la mancata prescrizione di forma era superflua, posto che la prosecuzione del contratto oltre la durata iniziale comportava tout court la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato articolo 2 L. numero 230/62 , salva evidentemente la prova di una proroga concordata cfr. Cass. numero 6797/1990 . Tuttavia, con la modifica delle conseguenze sanzionatorie per la prosecuzione del rapporto oltre il termine pattuito di cui alla L. numero 196/1997 , il d.lgs. numero 368/01 ha previsto analoghi meccanismi in caso di prosecuzione del rapporto oltre il termine iniziale o quello successivamente prorogato maggiorazioni retributive , prevedendo, analogamente a quanto stabilito dalla L. numero 196/1997, la trasformazione del rapporto qualora la prosecuzione del rapporto superi di venti o trenta giorni la durata iniziale del contratto, lasciando intatto l'onere del datore di lavoro di provare l'esistenza delle ragioni obiettive che giustificano la proroga. In tale contesto deve dunque ritenersi che la mancata previsione della forma scritta per la proroga sia oggi bilanciata dai nuovi e più flessibili meccanismi sanzionatori descritti, comportanti maggiorazioni retributive per la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza iniziale, oltre alla trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato qualora tale prosecuzione superi i detti limiti di venti o trenta giorni a seconda che la durata iniziale del contratto sia inferiore o superiore a sei mesi , lasciando intatto l'onere in capo al datore di lavoro di provare l'esistenza delle ragioni obiettive che giustificano la proroga. Il meccanismo previsto non risulta dunque in contrasto con alcuna norma di legge, e neppure col diritto comunitario, ove si rammenti che il 7^ considerando dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato CES-UNICE-CEEP del 18.3.99 allegato alla Direttiva 1999/70/CE prevede solo che che l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi che la clausola 5, punto 1, del menzionato accordo quadro prevede in particolare le misure di prevenzione degli abusi nei contratti a termine derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, stabilendo che gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure inerenti a le ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti b la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi c il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. Secondo la CGUE cfr. sentenza 26 gennaio 2012, C-586/10 la clausola 5, numero 1, dell'accordo quadro mira ad attuare uno degli obiettivi perseguiti da tale accordo quadro, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti tale disposizione dell'accordo quadro impone agli Stati membri, per prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure in essa enunciate qualora il diritto nazionale non preveda norme equivalenti . Deve allora osservarsi che il nostro legislatore, con il d.lgs. numero 368/2001 anche nel testo vigente all'epoca dei fatti causa , non solo ha previsto obiettive ragioni per l'assunzione a termine articolo 1 e per la sua proroga, addossando sul datore di lavoro la prova della loro sussistenza articolo 4 , ma ha previsto altresì sempre nel testo vigente all'epoca dei fatti una durata massima del rapporto di lavoro in caso di proroga, oltre a meccanismi sanzionatori per l'ipotesi di successione di contratti articolo 5 . Al quesito proposto deve dunque darsi risposta negativa, sicché il ricorso deve essere rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.