La banca avrebbe dovuto avvisare l’ex correntista che era impossibile incassare una somma a copertura di un assegno che la banca stessa non avrebbe mai potuto pagare.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 21163, depositata il 17 settembre 2013. Il caso. Protesto di un assegno bancario effettuato illegittimamente, almeno secondo il debitore che – sostiene avanti al Tribunale, adito al fine di ottenere un risarcimento danni da parte dell’istituto di credito – aveva provveduto a «coprire» con un versamento sul proprio conto corrente. Conto chiuso. La domanda, però, viene rigettata in entrambi i giudizi di merito, perché la banca aveva provveduto, con lettera raccomandata, a comunicare all’attore il protesto dell’assegno, l’avvenuta chiusura del conto corrente, con relativo invito a restituire tutti i moduli di assegno ancora in suo possesso. All’attore, quindi, non resta che ricorrere per cassazione. Le parti devono agire in modo da preservare anche gli interessi altrui. La S.C. sostiene che la clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto opera come «criterio di reciprocità, imponendo a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico delle parti contrattuali, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge». Somma a copertura dell’assegno impossibile da incassare. Nel caso di specie, osserva ancora la Cassazione, la chiusura unilaterale di conto corrente ed il comportamento del dipendente della banca, che ha incassato la somma «esplicitamente versata» a copertura di un assegno, non sono improntati «al principio di correttezza e buona fede che deve accompagnare tutto lo svolgimento del rapporto contrattuale, compresa la fase di chiusura del conto corrente». Insomma, la banca avrebbe dovuto avvisare l’ex correntista che era impossibile incassare una somma a copertura di un assegno che la banca stessa non avrebbe mai potuto pagare. Per questo la S.C. ha accolto il ricorso, rinviando alla Corte di appello.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 giugno – 17 settembre 2013, numero 21163 Presidente Amatucci – Relatore Armano Svolgimento del processo G F. ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Roma la Capitalia S.p.a. già Banca di Roma al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni cagionatigli dal protesto di un assegno bancario, protesto che il F. assumeva esser stato illegittimamente effettuato poiché, qualche giorno prima, lo stesso attore aveva provveduto a versare sul proprio conto la somma necessaria a coprire l'assegno in questione. Il Tribunale di Roma ha rigettatola domanda, sul rilievo della legittimità del protesto perché la Banca aveva precedentemente provveduto con lettera raccomandata in data 30.10.1991, comunicata all'attore, alla chiusura del conto corrente sul quale era stato emesso l'assegno, con invito all'attore a restituire tutti i moduli di assegno in ancora in suo possesso. Con sentenza del 19-4-2007 la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado. Propone ricorso G F. con due motivi. Resiste Unicredito Italiano,società incorporante la Capitalia S.p.a Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denunzia violazione degli articolo 1175, 1178 e 1375 c.c., ex articolo 360 numero 3 c.p.c Lamenta il ricorrente l'erroneità della decisione che nel valutare la correttezza e la buona fede del comportamento tenuto dalla banca rispetto al comportamento del F. , ha utilizzato un'ottica unilaterale non considerando che a fronte del versamento effettuato dal F. della somma a copertura dell'assegno e della descrizione dello stesso fatta nella ricevuta rilasciata dalla banca e nella distinta di versamento, la banca avrebbe dovuto, tramite il suo personale, svolgere indagini al fine di ricostruire la situazione dell'appellante e informare lo stesso e rifiutare il versamento. 2.Con il secondo motivo si denunzia vizio motivazione, con riferimento alla contraddittorietà, nella parte in cui la Corte ha ritenuto il comportamento della Banca in linea con i principi di correttezza e buona fede, pur dando atto che la stessa aveva incassato la somma versata in anticipo dal F. a copertura dell'assegno, circostanza che avrebbe dovuto portare ad affermare la sussistenza della responsabilità o della corresponsabilità della banca in ordine al danno prodotto dal protesto illegittimamente effettuato. 3. I due motivi si esaminano congiuntamente per la connessione logico giuridica che li lega e sono fondati. La corte di merito ha ritenuto che il comportamento del F. , il quale ha emesso un assegno tratto su un conto corrente che sapeva bene essere chiuso, doveva reputarsi illegittimo e che doveva escludersi che in una tale condotta potessero ravvisarsi gli estremi di una buona fede tutelabile. 4. Ha reputato corretta la decisione del giudice di prime cure di attribuire esclusivamente la responsabilità dell'accaduto al F. , non potendo attribuirsi rilievo, a livello di nesso causale in ordine al danno prodotto, alla condotta della banca convenuta. L'avvenuta accettazione, da parte di quest'ultima, qualche giorno prima dell'emissione del titolo, di un versamento di importo pari a quello dell'assegno protestato, in assenza di un rapporto contrattuale che giustificasse tale dazione, è tale da determinare in capo alla banca, quale indebito oggettivo, solo l'obbligo di restituzione previsto dall'articolo 2033 c.c. ma non poteva in alcun modo fare ritenere legittimamente il F. autorizzato all'emissione di assegni sul conto corrente in questione, essendogli stata rilasciata in tale occasione una distinta di versamento che, pur indicando la dicitura per pag. assegno , risulta comunque priva di qualsiasi riferimento al conto corrente numero XXXXXXXX e che pertanto non può reputarsi in alcun modo significativa dell'avvenuta riapertura del conto corrente in questione. Si ritiene quindi che all'illegittimità del comportamento del F. e all'assenza in suo capo di una buona fede tutelabile, debba attribuirsi un'efficacia causale esclusiva nella produzione del danno asseritamente subito dall'appellante a seguito del protesto e che pertanto debba reputarsi infondato il motivo di gravame avanzato in proposito. 5. Si osserva che questa Corte di legittimità ha affermato che la clausola di buona fede nell'esecuzione del contratto opera come criterio di reciprocità, imponendo a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico delle parti contrattuali, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge ne consegue che la sua violazione costituisce di per sé inadempimento e può comportare l'obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato Cass. 11.2.2005, numero 2855 . 6. Nella specie siamo in presenza di una chiusura unilaterale di conto corrente ed il comportamento del dipendente che, a conoscenza della chiusura del conto corrente, ha incassato la somma di L. 3.500.00 esplicitamente versata a copertura di un assegno, rilasciando una ricevuta con la dicitura per pag. assegno , non è sicuramente improntato al principio di correttezza e buona fede che deve accompagnare tutto lo svolgimento del rapporto contrattuale, compresa la fase di chiusura del conto corrente. 7. Sussisteva l'obbligo per la banca, nel rispetto dell'interesse della controparte,di avvertire l'ex correntista che era impossibile incassare una somma a copertura di un assegno che la banca non avrebbe mai potuto pagare. 8. È indubbio il vizio di motivazione in cui è incorsa la sentenza impugnata che ha sostenuto la legittimità del comportamento tenuto dalla banca in presenza di una condotta anomala, che sicuramente poteva ingenerare nel F. , a cui era stata comunicata la chiusura del conto corrente per posta,la convinzione che potesse ancora operare sul detto conto. La sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.