Aggressione gratuita a poliziotto: c’è solo lesione personale

Sussiste il reato di resistenza a pubblico ufficiale solo se l’aggressione è diretta ad opporsi all’operato di quest’ultimo.

Un’aggressione del tutto gratuita, viceversa, integra il solo reato di lesioni personali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 42505/12, depositata il 31 ottobre. Il caso. Un uomo che aveva aggredito un poliziotto in un Commissariato viene condannato in entrambi i gradi di merito per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. La causa è posta allora all’attenzione della Cassazione. Solo lesioni personali? Il ricorrente denuncia essenzialmente violazione di legge e vizio motivazionale relativamente alla condanna per resistenza a pubblico ufficiale articolo 337 c.p. il suo comportamento, infatti, non sarebbe stato diretto ad opporsi al poliziotto e all’attività che stava compiendo. La fattispecie sarebbe pertanto da inquadrare nella previsione dell’articolo 582 c.p. lesioni personali cosicché, in mancanza di querela, i giudici avrebbero dovuto pronunciare sentenza di non luogo a procedere. L’aggressione gratuita non è resistenza. A giudizio degli Ermellini la censura è fondata. Dalla ricostruzione dei fatti, infatti, emerge che l’uomo, invitato dal poliziotto a presentare tre fotografie e alcuni moduli per denunciare lo smarrimento della patente, era uscito dalla stanza per poi rientravi e scaraventare il pubblico ufficiale contro una finestra, procurandogli alcune lesioni. La condotta posta in essere dall’imputato è configurabile come una gratuita aggressione nei confronti del poliziotto, non diretta ad opporsi all’operato di quest’ultimo non è dunque ravvisabile il reato previsto dall’articolo 337 c.p Quanto al reato di lesioni personali, la Cassazione conferma che l’azione penale non poteva essere promossa per difetto di querela. Per questi motivi la S.C. annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 settembre – 31 ottobre 2012, numero 42505 Presidente Di Virginio – Relatore Rotundo Fatto e diritto 1.-. A.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in data 18-4-11, la Corte di Appello di Roma ha confermato la condanna alla pena di mesi tre di reclusione a lui inflitta in primo grado, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti e con la diminuente del rito abbreviato, per i reati di cui agli articolo 81 cpv, 337, 582, 61 numero 2 c.p., commessi in omissis . Il ricorrente deduce in primo luogo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità per il reato di cui all'articolo 337 c.p., in quanto dalle risultanze acquisite sarebbe emerso che l'aggressione da lui posta in essere ai danni dei poliziotti sarebbe stata del tutto gratuita e determinata da una sua alterazione psichica ma non sarebbe stata diretta ad opporsi al pubblico ufficiale ed alla attività che questi stava compiendo. In definitiva, la sua condotta avrebbe dovuto essere inquadrata unicamente nell'ambito della fattispecie di cui all'articolo 582 c.p., sicché, in mancanza di querela, avrebbe dovuto pronunciarsi sentenza di non luogo a procedere. Con il secondo motivo di ricorso denuncia gli stessi vizi in riferimento alla mancata conversione della pena ai sensi degli articolo 53 e 58 Legge 689/1981. 2.-. Il primo motivo di ricorso è fondato. Risulta dagli atti che nel pomeriggio del 14-9-2004 l'ispettore C. stava svolgendo, all'interno del Commissariato di Ostia, la sua attività di ricezione delle denunce, quando era entrato nella stanza l'A.M. che aveva cominciato ad inveire ed insultare, sostenendo che erano ore che stava aspettando. Il C. aveva invitato l'A. ad attendere il suo turno e soltanto a fatica quest'ultimo era stato accompagnato fuori dalla stanza. Giunto il suo turno, l'A. aveva presentato una denuncia di smarrimento di una patente ed era stato invitato dall'ispettore C. a presentare tre fotografie e alcuni moduli compilati. A questo punto l'A. era uscito dalla stanza per rientrarvi subito dopo ed aggredire il C. , che era stato scaraventato contro una finestra, procurandosi le lesioni reperiate. Dalla descrizione dei fatti di cui sopra emerge con chiarezza che A.M. pose in essere una gratuita aggressione nei confronti del poliziotto evidentemente non diretta ad opporsi all'operato di quest'ultimo. Ne deriva che non è ravvisabile nel comportamento dell'A. una resistenza a pubblico ufficiale ma unicamente un fatto di lesioni ai danni del C. , per altro non più aggravato ai sensi dell'articolo 61 numero 2 c.p Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente al reato di cui all'articolo 337 c.p. perché il fatto non sussiste e relativamente al reato di cui all'articolo 582 c.p., esclusa la aggravante contestata, perché l'azione penale non poteva essere promossa per difetto di querela. P.Q.M. la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui all'articolo 337 c.p. perché il fatto non sussiste e relativamente al reato di cui all'articolo 582 c.p., esclusa la aggravante contestata, perché l'azione penale non poteva essere promossa per difetto di querela.