Legittima la verifica della Guardia di Finanza fondata su verbale d’ispezione dei funzionari Inps

È legittimo l’accertamento induttivo basato sul verbale degli ispettori dell’Inps infatti, non è necessario che i dati delle Fiamme gialle siano raccolti direttamente ma è sufficiente che questi abbiano preso per buona un’ispezione dei colleghi dell’istituto di previdenza. L’importante è che il contribuente fosse a conoscenza dell’atto.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 13027 del 24 luglio 2012. Il caso. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, affermando la legittimità della procedura seguita dalla Guardia di finanza, che aveva trasmesso agli uffici delle Entrate dei dati non raccolti personalmente ma rinvenuti in un verbale di ispezione dell’Inps, dal quale si evinceva, fra l’altro, la presenza di lavoratori in nero. Secondo la citata sentenza, in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa, consentito dall’articolo 39, comma 1, lett. d , D.P.R. numero 600/1973, sulla base del controllo delle scritture e delle registrazioni contabili, l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, sia specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio, sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacita contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla eventuale antieconomicità delle stesse, senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perché proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo. La presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del citato articolo 39, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. Pertanto in tali casi è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente Attività di controllo dell'INPS. A norma dell'articolo 36, ultimo comma, D.P.R. numero 600/1973, «i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza», come l’INPS, «che, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l'eventuale documentazione atta a comprovarli», e se la legge impone l'obbligo di fornire agli Uffici finanziari, per il tramite della Guardia di finanza, la documentazione nella specie i verbali di constatazione delle omissioni contributive previdenziali atta a comprovare fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie, significa che poi quella documentazione può essere utilizzata ai fini dell'accertamento, vale a dire che legittimamente gli atti di accertamento possono essere motivati mediante rinvio ai contenuti della documentazione extratributaria, purché questa sia conosciuta dal contribuente. Ispezioni Inps riutilizzabili. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'atto di accertamento può essere legittimamente motivato mediante rinvio ai verbali dell' Inps di constatazione delle omissioni contributive previdenziali, purchè conosciuti dal contribuente, rientrando detti verbali tra i documenti che, per il tramite della Guardia di Finanza, devono essere trasmessi - quando si profilino violazioni tributarie - anche agli uffici finanziari e che detti uffici possono utilizzare ai fini dell'accertamento. A fronte dei fatti accertati in sede ispettiva dall'INPS , i cui verbali hanno valore di atti pubblici assistiti di fede privilegiata, al pari dei verbali della Guardia di finanza, rispetto ai quali offrono anche la garanzia della «terzietà» nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, l'onere di provare il corretto adempimento degli obblighi fiscali incombe sul contribuente, che dinanzi alle contestazioni dell'Amministrazione, supportate dagli elementi acquisiti in sede ispettiva, deve provare la diversa natura dei rapporti di lavoro oggetto della controversia e, comunque, di avere effettuato nella misura prescritta dalla legge le ritenute erariali. Infine, va ricordato che l'articolo 39, comma 1, lett. c , D.P.R. numero 600/1973, prevede, fra l'altro, che l'Ufficio finanziario procede alla rettifica «se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto da atti e documenti in possesso dell'Ufficio», e quindi certamente i verbali relativi alla attività di controllo dell'INPS rientrano tra i documenti che devono essere trasmessi agli Uffici finanziari quando si profilino violazioni tributarie, e che gli Uffici stessi possono utilizzare ai fini dell'accertamento, anche mediante richiamo nella motivazione non esiste, difatti, un «monopolio» della Amministrazione finanziaria della «conoscibilità» dei fatti che possono avere rilevanza fiscale, come si evince anche dall'articolo 7, comma 2, D.Lgs. numero 546/1992, in forza del quale è possibile acquisire elementi conoscitivi di elevato contenuto tecnico richiedendo «apposite relazioni ad organi tecnici dell'Amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 6 giugno - 24 luglio 2012, numero 13027 Presidente Cicale – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna numero 93/13/2009, depositata il 17 luglio 2009, con la quale, rigettato l'appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione avverso due avvisi di accertamento e uno di contestazione di sanzioni relativi all'Irpeg, Irap ed Iva per gli anni 1997-98 emessi nei confronti della società E. srl., esercente l'attività di costruzione di edifici, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il metodo induttivo seguito non era stato regolare, atteso che gli atti impositivi si basavano su presunzioni costituite dalle rilevazioni della Guardia di finanza, la quale a sua volta aveva posto a fondamento del suo operato il verbale d'ispezione dei funzionari dell'Inps, in cui le pretese violazioni avrebbero trovato solo un vago e generico riscontro, non tale da costituire prova presuntiva. La contribuente non si è costituita. 2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che gli atti impositivi si fondavano sulla verifica svolta dalla Guardia di finanza, la quale aveva riscontrato che la E. aveva tenuto una contabilità irregolare, anche sui rilievi mossi dagli ispettori Inps, mediante la mancata registrazione di costi la non annotazione di proventi costituiti dai compensi corrisposti in nero ai due dipendenti la conoscenza delle ragioni della ripresa da parte della contribuente, posto che i verbali della GdF e dell'Inps erano conosciuti dalla medesima, per essere stati consegnati ad essa e ai quali gli avvisi facevano riferimento, sicché il ricorso al metodo induttivo era stato regolare. Il motivo è fondato, in quanto, com'è noto, in tema di accertamento induttivo dei redditi d'impresa, consentito dall'articolo 39, comma primo, lett. d del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600 sulla base del controllo delle scritture e delle registrazioni contabili, l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, sia specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio, sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l'operato degli accertatori, nel senso che null'altro l'ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla eventuale antieconomicità delle stesse, senza che sia sufficiente invocare l'apparente regolarità delle annotazioni contabili, perché proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo Cfr. anche Cass. Sentenze numero 951 del 16/01/2009, numero 11599 del 2007 . Del resto anche le vicende relative alla situazione patrimoniale del contribuente accadute in anni diversi da quello in contestazione possono costituire legittimi indici di capacità contributiva in tale materia, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi V, pure Cass. Sentenza numero 6714 del 02/06/1992 . 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacché il giudice del gravame non indicava le ragioni per le quali addiveniva al giudizio di fondatezza dell'opposizione all’accertamento. La censura, che sostanzialmente rimane assorbita dal precedente motivo, comunque va condivisa, posto che il giudice di appello in realtà non specificava le ragioni secondo cui la documentazione fornita dalla contribuente fornisse la prova della infondatezza della pretesa erariale. 4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norma di legge, poiché il giudice di appello non considerava che per alcuni cantieri la società aveva dichiarato dei costi superiori ai ricavi senza alcuna valida giustificazione, sicché era inverosimile che l'attività potesse essere svolta con criteri antieconomici in mancanza di prova al riguardo. La doglianza ha pregio, posto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell'accertamento analitico - induttivo del reddito d'impresa, ai sensi dell'articolo 39, primo comma, lett. d , del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. Pertanto in tali casi è consentito all'ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente, come nella specie Cfr. anche Cass. Sentenze numero 6337 del 03/05/2002, numero 11645 del 2001 . 5. Alla luce di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata non risulta motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto . 6. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto. 7. Quanto alle spese dell'intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna, altra sezione, per nuovo esame.