Nell’ambito degli edifici destinati ad alloggi popolari ed economici, la gestione relativa all’uso ed al godimento delle cose comuni può essere trasferita dall’ente proprietario degli alloggi ai soci assegnatari inquilini, i quali costituiscano, prima del formale trasferimento in loro favore della proprietà, un apposito «condominio di gestione» peraltro, ai fini della costituzione del condominio di gestione, occorre l’accordo di tutti gli interessati, che comunque può essere espresso senza particolari formalità.
In tal senso si pronuncia la Corte di Cassazione con la pronuncia n 11264 del 5 luglio 2012, intervenendo, nel solco della pregressa giurisprudenza in materia, nel complesso settore dell’edilizia popolare realizzata da cooperative che usufruiscono di contributi statali. I fatti di causa. La vicenda all’origine della pronuncia in commento prende le mosse dall’impugnazione, da parte degli aventi causa degli assegnatari di un alloggio, della delibera di una cooperativa di edilizia popolare che aveva disposto in ordine ad una porzione di beni comuni dell’edificio asseritamente acquistati dagli attori, nell’ambito di una transazione. Secondo gli stessi, a seguito dell’intervenuta assegnazione degli alloggi, la cooperativa non era più legittimata a gestire, e quindi deliberare, in relazione alle parti condominiali. Il Tribunale ha rigettato la domanda, sul rilievo che, fino alla stipula dei mutui frazionati erogati dall’erario, da certificarsi con apposita delibera della cooperativa, questa era legittimata a provvedere alla gestione condominale. La domanda viene del pari rigettata dalla Corte di Appello, che si richiama a sua a volta alla pronuncia di primo grado, affermando, inoltre, che nella specie non era stata provata l’assegnazione di tutti gli alloggi condominiali, con conseguente permanenza, in capo alla cooperativa, dei poteri di amministrazione del condominio. Avverso tale sentenza, viene promosso ricorso per Cassazione, all’esito dei quale il S.C. conferma, come vedremo, le argomentazione adottate dai giudici di merito. Quanto una cooperative edilizia è qualificabile come “sovvenzionata dallo Stato”. L’applicazione del r.d. 1165 del 1938, come richiamato dalla Cassazione, presuppone la qualificazione della cooperativa edilizia come sovvenzionata dalla Stato tale caratteristica si individua, nella unanime giurisprudenza in materia, solo se la stessa è effettivamente sovvenzionata dallo stato, nel senso che abbia in concreto conseguito il contributo dello stato, restando irrilevante la semplice previsione statutaria della possibilità del ricorso al finanziamento pubblico. Il ruolo del socio in genere Particolare il ruolo e la posizione del socio – assegnatario dell’immobile, nell’ambito di una cooperativa di edilizia popolare. Fino all’assegnazione definitiva dell’immobile, il socio di società cooperativa vanta solo una posizione di detenzione dell’alloggio nell’interesse della cooperativa, proprietaria dell’edificio venuta meno la qualità di socio, ad esempio, a seguito della delibera di esclusione, viene meno anche la prenotazione dell’immobile, con la conseguenza che il detentore, ormai ex socio della disciolta cooperativa, non può più vantare alcun diritto di permanenza nell’occupazione, né con riferimento alla cooperativa, né con riguardo al successivo assegnatario dell’immobile medesimo. e nelle more dell’assegnazione definitiva. Diversa, invece, la posizione del socio nel periodo transitorio fino all’assegnazione definitiva. Nelle cooperative edilizie come in precedenza individuate, la stipula del mutuo individuale - determinando l’acquisto della proprietà dell’alloggio da parte del socio assegnatario, che assume la qualità di semplice mutuatario dell’ente erogatore del mutuo - comporta la nascita del condominio fra gli assegnatari acquirenti, atteso che l’edificio passa dal regime di proprietà indivisa a quello di proprietà frazionata spetta, pertanto, al condominio, in persona dell’amministratore, il diritto-dovere di esigere, anche in sede contenziosa, i contributi dovuti dagli ex assegnatari – soci. L’acquisto della proprietà dell’alloggio quando? Sicuramente, uno degli aspetti di maggiore interesse della disciplina in tema di cooperative edilizie sovvenzionate dallo Stato, per la sua peculiarità, attiene all’individuazione del momento in cui si trasferisce il diritto di proprietà dell’alloggio in capo al socio. Al riguardo, si è precisato che nel caso di alloggio di cooperativa edilizia a contributo statale, il momento rilevante, al fine di stabilire l’acquisto della titolarità dell’immobile, va individuato in quello della stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, poiché soltanto con la stipulazione di detto contratto il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell’alloggio. In tale ambito, peraltro, l’acquisto della proprietà dell’alloggio sociale da parte del socio di cooperativa edilizia fruente del contributo erariale non si verifica per effetto di un contratto, bensì in virtù ed al termine di un complesso procedimento, plurifasico, che, improntato al perseguimento di finalità pubblicistiche ed inidoneo ad essere modellato secondo schemi civilistici, importa che i diritti e gli obblighi delle parti non derivino dal contratto ma, direttamente, dalla legge, che richiama la necessità, quindi, da un lato, dell’assegnazione e, dall’altro, della stipula del contratto di mutuo individuale. In caso di controversie, giudice civile o giudice amministrativo? La peculiarità delle cooperative edilizie come sinora descritte ha effetti anche in relazione alla giurisdizione competente in caso di controversie. In tema di cooperative edilizie, anche fruenti del contributo erariale, il riparto della giurisdizione deve ritenersi fondato sulle comuni regole correlate alla posizione soggettiva prospettata nel giudizio, e ciò alla luce sia del nuovo assetto normativo, di progressiva privatizzazione, che assegna alla cooperativa edilizia un ruolo diverso, di soggetto al quale sono riservati spazi agevolativi in favore dei cittadini per l’acquisto della prima casa, sia del superamento del criterio di delimitazione della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario basato sul principio della ripartizione della materia tenendo quindi distinta la fase pubblicistica - caratterizzata dall’esercizio di poteri finalizzati al perseguimento di interessi pubblici, e, corrispondentemente, da posizioni di interesse legittimo del privato - da quella di natura privatistica - nella quale la posizione dell’assegnatario assume natura di diritto soggettivo, in forza della diretta rilevanza della regolamentazione del rapporto tra ente ed assegnatario - sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase, mentre sono riconducibili alla giurisdizione ordinaria le controversie in cui siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o di risoluzione del rapporto, quale è quella in cui si discuta del diritto di credito vantato dal socio receduto dalla cooperativa edilizia, non dovendosi in tal caso sindacare l’esercizio di un potere pubblico.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 maggio – 5 luglio 2012, numero 11264 Presidente Plenteda – Relatore Ceccherini Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Salerno in data 1 dicembre 2003, i signori G A. e F C. proposero opposizione alla deliberazione assembleare della Cooperativa edile Vivaldi a r.l. del 17 ottobre 2003. Gli attori, aventi causa dagli assegnatari di un alloggio, e privi essi stessi della qualità di soci della cooperativa costruttrice, esposero che con l'impugnata deliberazione era stata confermata la volontà già espressa in precedenti deliberazioni, con le quali si era illegittimamente disposto di una porzione dei beni comuni da essi acquistati unitamente all'immobile principale, rendendola oggetto di transazione. Essi dedussero che, a seguito dell'avvenuta assegnazione degli alloggi, la cooperativa non era legittimata a deliberare, e denunciarono anche altre violazioni di legge nell'impugnata deliberazione. La cooperativa resistette alla domanda. Il Tribunale di Salerno, con sentenza 25 maggio 2007, premessa la genericità delle doglianze diverse dalla contestazione della legittimazione della cooperativa a seguito dell'assegnazione in proprietà di tutti gli alloggi, e ritenuta l'applicabilità in fattispecie del r.d. numero 1165 del 1938, affermò che la cooperativa era legittimata a provvedere alla gestione condominiale, e che le singole assegnazioni erano irrilevanti fino alla restituzione dei mutui frazionati erogati dall'erario, da certificarsi con apposita deliberazione della cooperativa, e respinse la domanda. La Corte d'appello di Salerno, con sentenza 30 settembre 2010, ha respinto l'appello degli attori. La corte, ribadita la genericità delle doglianze relative alla nullità della deliberazione assembleare della cooperativa per impossibilità dell'oggetto, ha osservato che la deliberazione impugnata non conteneva determinazioni relative alla dismissione di beni comuni, ma solo atti di amministrazione, sia pure straordinaria, mentre solo in altre delibere, che erano state in precedenza e separatamente impugnate, vi sarebbero stati atti di disposizione di beni comuni. La corte ha poi ritenuto che, sino a quando la società cooperativa - in mancanza di prova dell'assegnazione di tutti i beni sociali - persista, e continui a gestire e amministrare i beni comuni, il condominio speciale previsto dal t.u. del 1938 rimane in funzione. Nella specie non era stata provata l'assegnazione in proprietà di tutti gli alloggi condominiali, e il subingresso del condominio ordinario alla gestione speciale ex t.u. numero 1165/1938 non si era verificato per mancanza dell'accordo di tutti i soci, escluso dall'accesa conflittualità in atto tra di loro. Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 10 dicembre 2010, ricorrono F C. e G A. con atto notificato in data 8 febbraio 2011, affidato a quattro motivi. La cooperativa resiste con controricorso spedito il 21 marzo 2011, e con memoria. Ragioni della decisione Le eccezioni d'inammissibilità della parte controricorrente saranno esaminate in relazione ai singoli motivi. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, per violazione o falsa applicazione degli articolo 2379, 1421, 1422 e 1423 c.c., il diniego della legittimazione dei ricorrenti all'impugnazione della deliberazione della cooperativa, della quale non erano soci. Al riguardo si ripropone la tesi di merito, che la cooperativa era stata sostituita, nella gestione dei beni comuni, dal condominio, e non aveva pertanto più potere di disporre al riguardo, con la conseguenza che la deliberazione impugnata era radicalmente nulla per impossibilità e gli esponenti erano legittimati a farla valere dal richiamo dell'articolo 2379 c.c. - nel testo anteriore alla riforma e vigente ratione temporis, a norma dell'articolo 223 sexies Disp. att. c.c. - agli articolo 1420, 1421 e 1422 c.c Il motivo è inammissibile, avendo il giudice di merito negato la legittimazione degli odierni ricorrenti per l'azione di nullità solo con riferimento a ragioni diverse, e genericamente indicate, rispetto a quella della legittimazione della cooperativa a disporre dei beni comuni. Con il secondo motivo si denuncia la falsa applicazione degli articolo 202, 204, 209, 229 e 231 r.d. 28 aprile 1938 numero 1165. Si censura l'affermazione dell'impugnata sentenza, per cui nell'intervallo tra la stipulazione del mutuo individuale e il momento in cui tutti gli alloggi sono riscattati si configura un condominio speciale, la cui disciplina è dettata non già dagli articolo 1117 ss. c.c., bensì dalle norme del t.u. 28 aprile 1938 numero 1165. Il motivo è manifestamente infondato. Ferma restando la vigenza degli articolo 212, 213 e 219 del r.d. numero 1165 del 1938, che attribuiscono alla cooperativa edilizia a contributo erariale l'amministrazione del condominio nel periodo compreso tra l'assegnazione in proprietà individuale e il momento in cui tutti gli alloggi sono riscattati, è giurisprudenza consolidata di questa corte che, nell'ambito degli edifici destinati ad alloggi popolari ed economici la gestione relativa all'uso e al godimento delle cose comuni può essere trasferita dall'ente proprietario degli alloggi ai soci assegnatari inquilini, i quali costituiscano, prima del formale trasferimento in loro favore della proprietà, un apposito condominio di gestione peraltro, ai fini della costituzione del condominio di gestione, occorre l'accordo di tutti gli interessati, che può essere espresso senza particolari formalità Cass. 30 ottobre 2006 numero 2332 . A tale principio il giudice di merito si è uniformato, e la decisione è immune dal vizio di legittimità in esame. Con il terzo motivo si censura, per insufficienza di motivazione, l'affermazione del giudice d'appello, che non vi fosse prova della volontaria costituzione di un condominio di gestione dei beni comuni da parte degli assegnatari degli alloggi. I ricorrenti sostengono che nel contratto di assegnazione dell'alloggio, da loro poi subacquistato, a favore dei loro danti causa risulta il nulla osta del ministero LL.PP. e della Cassa DD.PP all'assegnazione dell'alloggio in proprietà, previa cancellazione delle ipoteche iscritte sul terreno e fabbricato sociale, e che la cancellazione delle ipoteche, con il consenso del creditore, era confermata anche nell'atto di vendita dell'alloggio agli esponenti. Questi elementi, si deduce, provano non solo l'assegnazione ma anche il riscatto dell'immobile. Si deduce ancora che la volontaria costituzione di un condominio di gestione sarebbe provata dall'articolo 40 del regolamento di condominio della società cooperativa, che prevede l'amministrazione da parte del consiglio d'amministrazione della cooperativa fino allo scioglimento della stessa, o alla ripartizione individuale o al riscatto della proprietà in godimento . Il motivo è infondato. Il trasferimento di proprietà dell'immobile, a seguito dell'assegnazione da parte della cooperativa, è subordinato al frazionamento del mutuo articolo 229 r.d. 28 aprile 1938 numero 1165 , ma non implica l'estinzione del mutuo frazionato, che è condizione per il riscatto dell'immobile e per la costituzione del condominio ordinario. Ancor meno la prova dell'integrale pagamento del mutuo o dell'avvenuta volontaria costituzione del condominio può essere desunta dalle previsioni di un regolamento predisposto dalla cooperativa. Tali elementi non contraddicono l'affermazione del giudice di merito che non vi fosse la prova né dell'avvenuta assegnazione di tutti gli immobili della cooperativa, né, comunque della volontaria costituzione di un condominio di gestione con il consenso di tutti da parte di tutti gli assegnatari necessario pur dopo le assegnazioni, fin quando gli immobili non siano interamente riscattati , che era di fatto impedita dall'accesa conflittualità tra gli assegnatari. Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli articolo 112 e 113 c.p.c Il giudice d'appello aveva rifiutato di esaminare gli altri motivi di nullità dedotti dagli appellanti, affermandone la genericità e omettendo di interpretarli. I ricorrenti non riproducono il motivo d'appello del cui omesso esame di dolgono, e ciò non consente alla corte di esaminare nel merito la doglianza di omessa pronuncia. Il motivo è inammissibile. In conclusione il ricorso è respinto. Le spese del giudizio sono a carico dei soccombenti, e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.