Studi di settore per gravi incongruenze

Nel caso in cui emergano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli attesi in base alle caratteristiche dell’attività svolta il ricorso agli studi di settore è sempre ammesso.

Quanto precede è contenuto nell’ord. 12 novembre 2012, numero 19626, della Suprema Corte da cui emerge che, in tema di accertamento induttivo, l’ufficio finanziario può fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili in base al tenore dell’attività svolta. Il presente pronunciamento appare indubbiamente in controtendenza rispetto alle ultime sentenze di giudici di legittimità che hanno mostrato una certa apertura pro-contribuente ai fini della non applicabilità degli studi di settore cfr. sent. 12 ottobre 2012, numero 17534 sent. 7 novembre 2012, numero 19223 , seppur in presenza di discordanze tra quanto dichiarato e quello risultante dall’applicazione degli standards degli studi di settore. Gi studi di settore rappresentano un metodo di rettifica di specifiche poste reddituali. Sono disciplinati dagli articolo 62 bis e 62 sexies, d.l. numero 331/1993 si configurano come mezzi di accertamento parziali rientranti nel dettato dell’articolo 39, comma 1, lett. d , D.P.R. numero 600/1973. In particolare, l’articolo 39 regolamenta il potere di accertamento dell’ufficio finanziario, il quale, in presenza di irregolarità contabili meno gravi di cui al primo comma della stessa disposizione, può procedere ad accertamento analitico, utilizzando i dati forniti dal contribuente, mentre allorché riscontri delle gravi incongruenze della contabilità può procedere, ai sensi del successivo secondo comma a procedere al metodo induttivo. Detto inquadramento nell’articolo 39, comma 1, D.P.R. 600/1973, fa si che gli studi di settore da soli, non possono sostenere un accertamento in quanto devono comunque tener presente il regime delle prove presuntive. La procedura di accertamento tributario standardizzato, basato sull’applicazione dei parametri o degli studi di settore, si configura come un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinato dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards ma si origina solo in esito al contraddittorio da instaurare obbligatoriamente con il contribuente. Con una recente circolare numero 23/E/2012 l’Agenzia delle entrate ha chiarito l’applicabilità degli studi di settore alle cd società di comodo ovvero alle società non operative o “società in perdita sistemica”. In particolare, è stato chiarito quali sono gli studi di settorea cui far riferimento per la propria attivitàe i relativiindicatori di congruità e coerenza al fine di rendere noti i termini di accesso al regime premiale. Tale regime determinerebbe la preclusione dagli accertamenti analitico-presuntivi, riducendo di un anno i termini per l’attività di accertamento e la determinazione sintetica del reddito complessivoex articolo 38. D.p.r. numero 600/1973 è ammessa solo se lo stesso eccede dialmenoun terzo quello dichiarato. Il caso. Un contribuente, gestore di un esercizio commerciale, ha impugnato l’avviso accertamento emesso ai fini Irpef, Irap ed Iva, non fornendo prova contraria posta a suo carico circa l’applicabilità degli studi settore La CTP non ha accolto il ricorso mentre i giudici tributari di appello hanno ritenuto che la contabilità fosse regolare e che la dichiarazione dei redditi nonché i ricavi fosse in linea con il complesso di affari. Le gravi incongruenze legittimano gli studi di settore. La SC ha ritenuto, premesso che l’atto impositivo conteneva l’indicazione dei parametri relativi al programma GE.RI.CO il cui scostamento è prova di grave incongruenza, che l’articolo 62 sexies, d.l. numero 331/93 consente, anche in presenza di contabilità formalmente regolare e senza obbligo di verifica, di rettificare induttivamente il reddito dichiarato allorchè emergano gravi incongruenze tra quelle risultanti dagli studi di settore e quanto risulta dall’attività svolta. Emerge poi che l’ufficio finanziario può fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dall’attività svolta sia sugli studi di settore, nel qual caso l’ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale d settore, potendosi basare su alcuni elementi ritenuti sintomatici ai fini della ricostruzione del reddito del contribuente Cass. 27 luglio 2011, numero 16430 . Del resto in tema di accertamento, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore riveli una grave incongruenza, deve ritenersi implicitamente confermata, nell’ambito del rispetto del principio della capacità contributiva, dall’articolo 10, comma 1, l. numero 146/1998 che, pur richiamando il citato articolo 62 sexies, non prevede il requisito della gravità dello scostamento. Devesi rilevare, infine, che dal testo della sentenza non emerge che il contribuente abbia posto in essere una propria difesa sugli argomenti contestati fornendo idonea prova contraria, appalesandosi, pertanto, sotto questo aspetto la legittimità dell’accertamento eseguito cfr. Cass. 15 giugno 2010, numero 14313 . Alla luce di quanto precede la SC ha accolto il ricorso dell’amministrazione finanziaria, cassando la sentenza della CTR ritenendo che non fossero necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 25 ottobre - 12 novembre 2012, numero 19626 Presidente Cicala – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Campania, sez. stacc. di Salerno, numero 24/12/10, depositata il 29 gennaio 2010, con la quale, accolto l'appello di A. R. contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione del medesimo inerente all' avviso di accertamento relativo all'Irpef, Irap ed Iva per il 2002, relative all'attività di produzione o commercializzazione di lavorati di tavolate e semilavorati grezzi di legno, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il contribuente, gestore di bar-caffé, sostanzialmente teneva una contabilità regolare, o che la dichiarazione dei redditi rispecchiava il reale complesso di affari, e quindi i ricavi, sicché l'atto impositivo, basato sugli studi di settore, era illegittimo, non riflettendo peraltro gli elementi riscontrati, senza che l'agenzia delle entrate avesse assolto l'onere di fornire la prova dei suoi assunti, onde corroborare i dati rivenienti dallo studio di settore stesso. R. resiste con controricorso, ed ha rappresentare di avere avanzato istanza di definizione della controversia per condono, che però l'agenzia ha comunicato di avere respinto. Motivi della decisione 2. Col primo motivo la ricorrente deduce vizio di omessa pronuncia, in quanto la CTR non delibava la questione preliminare relativa alla mancanza di specificità dei motivi nel ricorso in appello, posto che l'appellante aveva riproposto soltanto le censure di primo grado, senza indicare le parti della sentenza impugnate e le ragioni delle doglianze prospettate. Il motivo è inammissibile per genericità, in quanto la ricorrente non ha riportato le parti del ricorso in appello, né quelle delle controdeduzioni, con cui le censure sarebbero state proposte al giudice di secondo grado. 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di norme di legge, poiché il giudice di seconde grado non considerava che l'accertamento scaturiva dal ricarico elaborato sulla media del venduto, tenuto conto della specificità dell'esercizio dell'ubicazione in zona fortemente urbanizzata del volume di affari, e dell'indice di rotazione di magazzino, e ciò anche secondo lo studio di settore, senza che di contro il contribuente avesse fornito la prova del suo assunto, pur avendone l'onere. La doglianza è fondata, dal momento che, come non esattamente rilevato dalla CTR, l'atto impositivo conteneva l'indicazione dei parametri applicati, con riferimento al programma GE.RI.CO. Peraltro - e ciò va osservato ad abundantiam - l'articolo 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993, numero 331 [convertito in legge 29 ottobre 1993, numero 427 consente, persino in presenza di contabilità formalmente regolare e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria, la rettifica induttiva del reddito d'impresa qualora emergano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli ragionevolmente attesi in base alle caratteristiche dell'attività svolta ovvero agli studi di settore, e quindi anche al di fuori delle ipotesi previste dell'articolo 39, primo comma, lettera d, del d.P.R. numero 600 de L 1973, sicché questi come utilizzati ben non potevano costituire prova presuntiva nella specie Cfr. anche Cass. Sentenze numero 8643 del 06/04/2007, numero 5977 del 2007 , atteso tenuto anche conto della realtà economica della singola impresa oggetto d'accertamento. Peraltro, com’e noto, in tema di accertamento induttivo dei redditi, l'Amministrazione finanziaria può - ai sensi dell'articolo 39 del d.p.R. numero 500 del 1973 - fondare il proprio accertamento sia sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili < < dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta> > , come nella specie, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente V. pure Cass. Sentenza numero 16430 del 27/07/2011 . Del resto in tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una grave incongruenza , espressamente prevista dall'articolo 62-sexies del d.l. 30 agosto 1393, numero 331, aggiunto dalla legge di conversione 39 ottobre 1993, numero 427, ai fini dell'avvio della procedura finalizzata all'accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall'articolo 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, numero 146, il quale, pur richiamando direttamente l'articolo 63-sexies cit., non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento, come nel caso in esame V. pure Sez. U, Sentenza numero 26635 del 18/12/2009 . 4. Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto. 5. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al secondo motivo, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex articolo 384, comma 2 cpc., e rigetto del ricorso in opposizione del contribuente avverso l'avviso di accertamento. 6. Quanto alle spese di questo giudizio, come pure dei precedenti gradi, sussistono giusti motivi per compensarle per intero tra le parti, tenuto conto della natura della questione giuridica trattata. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo, e compensa le spese dell'intero giudizio.