La minaccia «ti taglio la testa» dell'imputato rende non punibile il testimone che dichiara il falso per oggettiva paura

Nel giudizio di falsa testimonianza le minacce subìte dal teste, che hanno causato la mendace deposizione, debbono essere contestualizzate per valutarne il valore intimidatorio. La forza della prospettazione minacciosa va commisurata alla specifica caratura e allo spessore criminale dell'autore, quale espressa e ragionevolmente percepita nella psiche del destinatario, e alla non irreale evenienza della sua agevole pratica estrinsecazione.

Il condannato ricorreva contro la sentenza della Corte di appello che aveva confermato la decisione di condanna del G.U.P. per il reato ex articolo 372 c.p. falsa testimonianza per aver l'uomo taciuto ciò che sapeva intorno ai datti sui quali veniva interrogato, sostenendo falsamente di non ricordare nulla delle circostanze, sulle quali era stato già sentito dai Carabinieri qualche tempo prima. L'imputato, di origine sarda, contro cui il teste avrebbe dovuto deporre era accusato di aver assassinato un uomo, con due colpi di fucile, e di aver tentato l'omicidio di altra persona sempre con l'utilizzo della detta arma. Sì all’esimente se vi è un « grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore» . Risultava incontestato che il testimone aveva ricevuto una minaccia da parte dell'imputato il quale proferiva l'espressione « ti segu sa conca» interpretabile come « ti taglio la testa» o «ti rompo la testa» . Dunque, il testimone sosteneva di aver mentito e di essere stato reticente sulle minacce di morte formulate dall'imputato ai danni dell'uomo successivamente assassinato perché anche egli era stato oggetto di minacce di morte. Gli Ermellini cassavano la sentenza di condanna senza rinvio poiché ritenevano applicabile la causa esimente soggettiva dell'articolo 384 c.p Precisavano, infatti, che la ragione d'essere della summenzionata circostanza di non punibilità si fonda su di una duplice esigenza 1 rispettare l'istinto di conservazione, con esplicito riferimento al principio etico-giuridico secondo cui nemo tenetur se detegere 2 rispettare la più recente interpretazione estensiva dell'esimente che abbraccia anche l'ipotesi di timore per l'incolumità fisica propria o dei familiari. Il meccanismo di valutazione, da parte del giudicante, del timore di un nocumento alla incolumità fisica. Perché possa essere applicata l'esimente ex articolo 384 c.p. occorre, innanzitutto, che il pericolo non sia solo genericamente temuto ma collegato a circostanze obiettive, attuali e concretamente determinate che ne delineino con precisione il contenuto e gli effetti. E, nel caso de quo, risultava incontestato che la fonte del pericolo l'imputato aveva già ucciso un uomo e tentato di ucciderne altro per futili motivi. Inoltre, esistevano una serie di dati a sostegno e conforto in punto di pericolosità e rischio effettivo di realizzabilità, ad opera dell'autore della minaccia il quale, proprio per età ultra ottantenne e storia criminale, nulla aveva da perdere da un'ulteriore grave condotta illecita. Il secondo elemento da vagliare è che il fatto costituente reato da scriminare si ponga, nel suo accadimento, in rapporto di consequenzialità, immediata e inderogabile, rispetto alla necessità di salvare se medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento ai beni ritenuti meritevoli di particolare tutela dalla speciale disposizione dell'articolo 384 c.p E, nella vicenda di cui si tratta, appariva ai Giudici logicamente sostenibile, nel contesto di gravità e serietà delle minacce anche nell'omicidio consumato, infatti, esisteva una identica condotta di preliminare e funzionale minaccia , la non virtualità e inefficacia delle stesse a fronte di una eventuale testimonianza a carico dell'imputato da parte del testimone.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 marzo – 16 maggio 2013, numero 21092 Presidente Milo – Relatore Lanza Ritenuto in fatto e considerato in diritto P.P. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 31 maggio 2012 della Corte di appello di Cagliari, che ha confermato la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Lanusei, di condanna per il reato di falsa testimonianza, commesso il omissis , in relazione a fatti accaduti nel omissis tra M.V. e Po.Gi. , persona quest'ultimo uccisa dal M. in data omissis . 1. l'accusa ex articolo 372 cod. penumero . A P.P. è contestato il delitto p. e p. dall'articolo 372 C.P. perché, deponendo come testimone innanzi al Tribunale penale di Lanusei, all'udienza in data 10 ottobre 2005 taceva ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali veniva interrogato e, sosteneva falsamente di non ricordare nulla delle circostanze, sulle quali era già stato sentito in data 31 agosto 1999 dai Carabinieri della Stazione di Bari Sardo, in riferimento a quanto da lui visto ed udito presso l'abitazione di Po.Gi. nel gennaio 1999 in particolare il P. sosteneva di non ricordare di essersi ivi recato per effettuare dei lavori di costruzione di un muro, salvo poi ammettere di essere stato sentito dai Carabinieri proprio su questa circostanza, all'epoca da lui pacificamente ammessa sosteneva poi di non ricordare la presenza in loco di M.V. e di aver assistito ad una discussione tra questi e Po.Gi. , salvo poi ammettere di ricordarsi della discussione in seguito rifiutava in maniera netta e categorica di confermare le sue precedenti dichiarazioni ai Carabinieri peraltro parzialmente confermate pochi istanti prima, fornendo ulteriori risposte palesemente provocatorie e di comodo al P.M. ed al Giudice che lo esaminavano, sostenendo di non essersi nemmeno recato a casa del P. ma solo alla Stazione Carabinieri di Bari Sardo, e ciò in palese contrasto con quanto da lui poc'anzi dichiarato agli stessi P.M. e Giudice, oltre che con quanto dichiarato ai Carabinieri di Bari Sardo nei seguenti termini M. ha detto a me a mio padre che se facevamo il muro ci avrebbe sparato circostanza che non rispondeva al vero ed era stata da lui inventata salvo poi tornare a sostenere di non ricordarsi nulla alla fine ritrattava tutto quanto da lui in precedenza dichiarato ai Carabinieri, sostenendo nuovamente di essersi inventato tutto, cadendo, quindi in un'ulteriore palese contraddizione con riferimento alla circostanza, da lui già ammessa in quella medesima deposizione, della programmata edificazione del muro nella proprietà del Po. . In omissis . 2. la tesi difensiva e le decisioni dei giudici di merito. Per il difensore, il comportamento ascritto a P.P. , lungi dal manifestarsi quale condotta isolata e indipendente, affondava invece le sue proprie radici e trovava la sua giustificazione, prossima e immediata, in alcuni fatti di sangue consumati proprio per mano del M. in OMISSIS nel periodo precedente a quello in cui è contestata la falsa testimonianza. I giudici di merito hanno invece escluso la ricorrenza sia della causa di giustificazione di cui all'articolo 54 cod. penumero , sia della esimente ex articolo 384 cod. penumero , sostenendo, per tale ultima norma, quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui la incolumità fisica non può rientrare nel grave ed inevitabile nocumento della libertà e dell'onore. In ogni caso la Corte di appello ha considerato che nella specie sia mancata la prova rigorosa della sussistenza del pericolo per la propria vita o incolumità fisica. Sotto tale profilo la gravata sentenza ha ritenuto a che la difesa abbia enfatizzato la pericolosità del M. ed ha considerato inverosimile che il M. , persona anziana, già condannata per omicidio, potesse avere un interesse cosi pregnante per evitare un'ulteriore condanna per le minacce da lui rivolte a Po.Gi. , nel corso di una discussione tra i due b che comunque la situazione rappresentata dall'imputato e confermata dal teste D. non configurava una situazione riconducibile negli schemi degli articolo 54 o 384 cod. penumero trattandosi di una situazione di pericolo indeterminato c che infine le gravi minacce di morte, ricollegabili alla espressione ti segu sa conca , che il primo giudice ha tradotto in ti taglio la testa , in realtà andavano contenute in quanto, in sardo, la locuzione significa ti rompo la testa . I motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della mancata applicazione dei disposti di cui agli articolo 54 e 384 cod. penumero . L'assunto difensivo, che critica la lettura parziale e frammentaria della vicenda da parte dei giudici di merito, è che la condotta contestata al P. trova la sua giustificazione in termini di prossimità ed immediatezza causale in alcuni fatti di sangue posti in essere dal M. , la cui presenza nell'abitazione di Po.Gi. e dell'avvenuto alterco tra i due, era stato oggetto della falsa testimonianza ad opera dell'imputato. In particolare P.P. aveva sostenuto di aver mentito e di essere stato reticente sulle minacce di morte formulate nel OMISSIS da M.V. nei confronti di Po.Gi. e P.P. , perché minacciato di morte dal M. , il quale pochi mesi dopo, in data 14 novembre 1999, aveva effettivamente ucciso, il Po.Gi. sparandogli due colpi con un fucile Berretta all'addome ed alla nuca , e tentato di uccidere, senza riuscire nel suo intento, p.f. attinto da un altro colpo di fucile, alle spalle, in regione emitoracica sinistra . Con un secondo motivo si lamenta l'immotivata ed inadeguata giustificazione della negazione delle circostanze attenuanti generiche. Il primo motivo è fondato, nei termini oggi illustrati dal Procuratore generale in punto di applicabilità dell'articolo 384 cod. penumero , ed il suo accoglimento esclude la possibilità di esame del secondo. Ritiene infatti questa Corte che la motivazione assunta dai giudici di merito sia basata su di una considerazione in fatto per la quale esiste in atti la prova contraria. Innanzitutto e preliminarmente va rammentato che trattasi di causa esimente di carattere soggettivo, rilevabile anche di ufficio, e che trova la sua ragione di essere nella doppia esigenza di rispettare l'istinto di conservazione, con esplicito riferimento al principio etico giuridico secondo cui nemo tenetur se detegere e di tener conto dei vincoli di solidarietà familiare cfr. in termini cass. pen sezione 6, 14 dicembre 2011 Tasso e Bertacchi inoltre trattasi di disposizione che si è ritenuto -anche di recente estensibile pure all'ipotesi di timore per l'incolumità fisica propria o dei familiari. Invero questa Corte cfr. da ultimo, Sez. 6, 10271/13 Spano ha chiarito che fra le ipotesi individuate nell'esimente prevista dall'articolo 384, comma primo, cod. penumero , va compresa anche quella del timore di un nocumento all'incolumità fisica cass. penumero sez. 6 26061/2011, Rv. 250748 , solo salvaguardando la duplice esigenza in primo luogo che il pericolo non sia solo genericamente temuto, ma sia invece collegato a circostanze obiettive, attuali e concretamente determinate, che ne delineino con precisione il contenuto e gli effetti vds. in termini Sez. 6, 8638/1999, Rv. 214315 Sez. 6, 12672/1989, Rv. 182095 Sez. 6, 10707/1985 Rv. 171081 e, in secondo luogo, che il fatto costituente il reato da scriminare si ponga, nel suo accadimento, in rapporto di consequenzialità, immediata ed inderogabile, rispetto alla necessità di salvare sé medesimo od un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento ai beni ritenuti meritevoli di particolare tutela dalla speciale disposizione dell'articolo 384 cod. penumero cass. penumero sez. 6, 47481/2007, r.v. 239263 . Tanto premesso ritiene il Collegio che l'affermazione dei giudici di merito, circa la virtualità ed inefficacia delle minacce del M. , non appaia logicamente sostenibile nel contesto di gravità e serietà delle minacce stesse, avuto peculiare riguardo alla persona che le aveva pronunciate. Va infatti sottolineato che il M. era sì soggetto invalido ed ultraottantenne, ma che, peraltro, non molti anni prima, nel 1999, per futili motivi aveva commesso un omicidio, proprio nei confronti del Po.Gi. ed un tentato omicidio nei confronti di una terza persona, e che il 27 febbraio 2005, in tempo di poco anteriore all'udienza al Tribunale di Lanusei aveva rivolto al ricorrente, testimone nel gennaio del 1999 dell'alterco e delle minacce di morte del M. al Po. ucciso poi dallo stesso M. il successivo 14 novembre 1999 , uno specifico avvertimento minatorio idoneo ad impedire la sua testimonianza. È evidente, in tale quadro, che il valore intimidatorio della prospettazione minacciosa, sia che la si interpreti come ti taglio primo giudice , oppure come ti rompo la testa Corte di appello , va commisurato, alla specifica caratura e spessore criminale dell'autore, quale espressa e ragionevolmente percepita nella psiche del destinatario, e alla non irreale evenienza della sua agevole pratica estrinsecazione, negativamente apprezzata la personalità ed i profili di aggressività di cui il M. , anche per ragioni futili, era riuscito a dare gravissima ed irrefutabile prova, per di più correlata ad identica condotta di preliminare e funzionale minaccia. Realtà questa, quindi, non solo frutto di soggettiva percezione del P. , ma correlata, come evidenziato dal Procuratore generale in udienza, ad una serie di dati di sostegno e conforto in punto di pericolosità e rischio effettivo di realizzabilità, ad opera dell'autore della minaccia il quale, proprio per età e storia criminale, nulla aveva da perdere da un'ulteriore grave condotta illecita. La gravata sentenza va quindi annullata senza rinvio, risultando il P. persona non punibile ai sensi dell'articolo 384 cod. penumero . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché trattasi di persona non punibile ai sensi dell'articolo 384 cod. penumero .