La mancanza di accordo sull’esatta posizione del muro di confine tra terreni limitrofi si risolve con il regolamento di confine. La Corte di Cassazione, con una sentenza oltremodo stringata, affronta il tema della demarcazione del confine tra due fondi confinanti. A questo punto entrano in gioco gli articolo 950 regolamento di confine e 951 apposizione di termine lapideo del codice civile.
Le norme civilistiche. L’articolo 950 c.c. stabilisce testualmente che «quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente . Ogni mezzo di prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali». L’azione di regolamento di confini, quindi, mira a demarcare la separazione tra due fondi limitrofi a prescindere dal fatto che si tratti di fondi rustici o urbani. Occorre tener ben presente che, in tale ipotesi, non è controverso il titolo di proprietà ma l’estensione del fondo proprio per questo motivo parte della dottrina parla di un conflitto di fondi e non di un “conflitto di titoli”. La vertenza può essere risolta bonariamente. Quando corrono rapporti di buon vicinato, ovvero quando le parti sono sufficientemente ragionevoli, la questione può essere risolta agevolmente, mediante apposita convenzione con cui le parti determinano l’esatta linea di confine tra le rispettive proprietà. In questo caso saremo di fronte ad un negozio di accertamento che mira, per l’appunto, ad accertare uno stato di fatto eliminando una situazione di incertezza. Raramente potremmo avere un negozio transattivo in quanto le parti, facendosi reciproche concessioni, mirano a prevenire l’insorgere di una possibile lite evitando, così, l’alea ed i costi del giudizio. Se si decide di ricorrere al Giudice. Sotto il profilo prettamente processuale potremmo affermare che l’azione ha carattere reale, la domanda giudiziale deve essere trascritta ai sensi dell’articolo 2653, numero 1, c.c L’azione è caratterizzata dalla particolare posizione delle parti che, in sostanza, si trovano su un piano di assoluta parità, sono entrambi, allo stesso tempo, attori e convenuti. Ciò comporta, sotto il profilo probatorio, che entrambi hanno l’onere di fornire la prova sull’esatto posizionamento del confine. Ammissibile qualsiasi mezzo probatorio. In tema di onere probatorio, la norma ammette qualsiasi mezzo, ivi comprese le prove tecniche e presuntive attualmente si fa spesso ricorso anche alle nuove tecnologie satellitari ma il più delle volte la causa si decide in base alle mappe gestite dal catasto. Va da se che l’ausilio di un buon consulente tecnico con esperienza nella gestione dei dati catastali è di grande importanza, ma non bisogna dimenticare che le risultanze catastali, normalmente, non sono determinanti in quanto sono state predisposte solo ai soli fini tributari. Inoltre, specie se risalenti nel tempo, non danno assoluta certezza sullo stato dei luoghi. La sentenza ha natura dichiarativa. Di norma, la sentenza, diretta ad accertare l’esatta linea di demarcazione delle proprietà confinanti ha natura prettamente dichiarativa. Secondo altra prospettiva, potrebbe avere natura di rivendica nell’ipotesi in cui l’attore chieda alla controparte il rilascio di una parte del suolo da esso detenuto. D’altronde non si può fare a meno di sottolineare che il rilascio del suolo è un effetto indiretto dell’azione che deriva, in via automatica, dall’accoglimento della domanda principale. L’azione richiede la contemporanea presenza di due diversi presupposti la contiguità tra i fondi e l’incertezza sul confine. Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre sottolineare che l’azione è proponibile solo nell’ipotesi in cui il fondi siano tra loro limitrofi per cui l’azione diventa improponibile nel caso in cui le proprietà siano fisicamente separate, per esempio, da una via pubblica. La presenza di siepi o muretti, invece, non sembrerebbe preclusiva. Il condizionale è d’obbligo in quanto, secondo alcune tesi, l’esistenza del classico muretto, escludendo la promiscuità del possesso, renderebbe improponibile l’azione. Ulteriore elemento è dato dall’incertezza del confine. In tal caso potremmo avere una incertezza oggettiva nell’ipotesi in cui manchi totalmente un limite apparente tra le proprietà. Viceversa, potremmo avere una incertezza soggettiva nell’ipotesi in cui le due proprietà limitrofe siano divise da una linea di confine ma l’attore sostenga che tale linea sia stata apposta in pregiudizio dei suoi diritti. Ma cosa succede quando i confini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili? In questo caso ciascuno dei proprietari può intraprendere la c.d. «apposizione dei termini lapidei» ex articolo 951 c.c. azione con cui il proprietario mira ad apporre o ristabilire i confini tra i fondi. Questo tipo di azione è caratterizzato da alcuni elementi. In questo caso non abbiamo incertezza sul confine diversamente cadremmo nell’ipotesi precedente ma si tratta di rendere visibile e riconoscibile il tracciato del confine tra i fondi limitrofi. Si tratta, in buona sostanza, di apporre dei segni esteriori che servano ad individuare la linea di demarcazione. Trattandosi di una operazione fatta nell’interesse comune dei proprietari confinanti, le relative spese vanno ripartite tra i proprietari dei suoli interessati. Il caso. Nel caso in esame le parti avevano perfezionato un accordo tra loro e, in virtù di tale atto, era stato realizzato un muro di confine tra le proprietà. Sta di fatto che, secondo l’attore, esso non aveva partecipato alle operazioni per la realizzazione materiale del confine per cui il vicino aveva avuto buon gioco ed aveva fatto realizzare la recinzione ben all’interno della sua proprietà. La discussione, a questo punto, si concentra su una questione di lana caprina. Si tratta di stabilire se l’azione intrapresa debba essere intesa come una azione diretta a far valere un inadempimento rispetto all’accordo inizialmente sottoscritto ovvero come una azione autonoma diretta a tracciare la linea di confine tra i suoli. L’esistenza di un accordo tra le pari, secondo il concorde parere del Tribunale e della Corte di Appello precluderebbe l’azione di regolamento di confini rendendola improponibile. L’esistenza di un accordo costituirebbe, secondo il giudice di merito, un ostacolo insormontabile. La controversia, secondo il giudice di merito, sarebbe da inquadrare alla stregua di una normale azione per inadempimento dell’accordo iniziale. ‘Vince’ il regolamento di confine. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 6476 del 24 aprile, cambia prospettiva ribaltando la decisione di merito. Le parti, in sostanza, argomentano gli Ermellini, si danno battaglia per determinare gli esatti confine delle loro proprietà. Quindi, la controversia ruota sulla indeterminatezza della linea di confine tra i fondi. Se questo è vero, com’è vero, allora la conseguenza è scontata il caso è da inquadrare come regolamento di confine.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 febbraio – 24 aprile 2012, numero 6476 Presidente Schettino – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione 17.7.2004 G.G. , L. , M. , Mo. , A. , M.R. , C. e F. e R.M. , proprietari di un fondo in omissis , in NCT f. 15 p.49, confinante con terreno di G C. , f. 15 p. 47 e 48, hanno proposto appello alla sentenza numero 63/2004 del Tribunale di rivoli che, decidendo sulla domanda di regolamento di confini e di rispetto delle distanze legali avanzata nei confronti del C. da G G. , con l'intervento di G.A. , L. , g. e L. e di R R. , nonché sulla riconvenzionale del C. , ha dichiarato improponibile l'azione di regolamento di confini e rigettato le domande anche riconvenzionali, con condanna dei soccombenti alle spese, decisione confermata dalla Corte di appello di Roma, con sentenza 3337/09, la quale rilevava che la sussistenza di un accordo, comunque preclusivo di un diverso e ulteriore regolamento, sembrava desumersi, oltre che dalle argomentazioni del tribunale, dal tenore della domanda, dovendosi interpretare non solo sulla base del petitum formale ma anche della causa petendi che la animava, qualificabile più come domanda di adempimento dell'accordo non correttamente adempiuto che come domanda di regolamento di confini. Ricorrono G.G. in proprio e quale erede di R R. , L G. in proprio e quale erede di R R. , M G. , erede di g g. , Mo Gi. , crede di g.g. , Gi.Fr. , quale erede di A G. , già erede di R R. , Gi Gi. , erede di G.A. , M.G G. , erede di A G. , G.M.R. , erede di L G. , C G. , erede di G.L. , F G. , erede di L G. , M R. , erede di L G. , con quattro motivi, resiste con controricorso C. . Le parti hanno presentato memorie. Motivi della incisione Con il primo motivo si lamenta nullità della sentenza per violazione dell'articolo 112 cpc e dei principi del giusto processo per omessa pronuncia sulle diverse domande portate all'attenzione del giudice. Col secondo motivo si deducono violazione degli articolo 115 e 116 cpc e vizi di motivazione in ordine all'esistenza dell'accordo. Col terzo motivo si lamenta violazione delle norme e dei principi richiesti per l'esistenza di accordi o contratti in relazione agli articolo 1321 e 1362 e ss. per non essere stata data prova né di accordi scritti né verbali. Col quarto motivo si deducono violazione degli articolo 1325, 1418, 1423 cc. vizi di motivazione perché al presunto accordo non hanno partecipato tutti gli aventi diritto ma, stando ad un teste, genericamente dei congiunti. Osserva la Corte La sentenza impugnata, dopo aver riportato l'atto di citazione in primo grado, ha concluso a pagina sei che non vi era alcuna incertezza circa l'esatto coniine, da tutte le parti individuato in quello preesistente e del quale vi era addirittura una indicazione nella relazione del tecnico comunale ma solo divergenza in ordine all'esatta esecuzione materiale dell'accordo e, di conseguenza, come correttamente ritenuto dal Tribunale, le contrapposte richieste di nuovo regolamento, lungi dal dimostrare l'inesistenza di un accordo configurante negozio di accertamento del confine, erano entrambe improponibili. Questa statuizione viene censurata, perché a prescindere dal fatto che l'interpretazione della domanda spetta al Giudice, questi deve pronunziarsi al riguardo e si nega l'esistenza di un accordo, quanto meno vincolante per tutti i partecipanti. Le doglianze possono esaminarsi congiuntamente. Osserva questa Corte Suprema che la sostanziale esistenza di un accordo non importa se valido o meno, o vincolante per tutti è ammessa nella stessa citazione. riportata in sentenza, pagina cinque, dove si precisa che il muro veniva costruito dallo stesso C. e da un operaio salariato dell'attrice e degli altri comproprietari l'operaio, non sapendo dove fosse il confine . segui va le istruzioni del C. , mentre i G. erano assenti . L'atto introduttivo del giudizio aveva lamentato che. contrariamente all'accordo, il muro era stato costruito, per lungo tratto, ben all'interno della proprietà attrice e la sentenza valorizza la circostanza che solo con la memoria di replica i G. . mutando inammissibilmente i fatti posti a fondamento della domanda, hanno negato un accordo per definire il confine. Resta, tuttavia, il fatto che vi era un accordo per la costruzione di un muro, con successive contestazioni in ordine alla corrispondenza al vecchio contiene. Tale situazione determinava l'incertezza del confine ed in ogni caso, anche a qualificare la domanda come di adempimento dell'accordo non correttamente eseguito, sulla stessa si doveva provvedere. In definitiva il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, altra sezione.