Il padre lo riconosce in ritardo? Il minore può conservare il cognome materno a salvaguardia della sua identità personale

I figli naturali che vivono con la madre, e che solo in un secondo momento vengono riconosciuti dal padre, hanno diritto a mantenere il cognome materno.

La vicenda. Nell’ottobre del 2009 la Corte di Appello di Caltanissetta, riformando il provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni della stessa città, attribuiva - ai sensi dell’articolo 262 c.c - al figlio naturale di una coppia, riconosciuto prima dalla madre e successivamente dal padre, il cognome di entrambi i genitori. Contro questa decisione l’uomo proponeva ricorso per Cassazione. Qual è il cognome del figlio naturale? Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, ove vi fosse stato riconoscimento paterno, al figlio spettava, sempre ed in ogni caso, il cognome del padre. Successivamente, invece, il legislatore ha stabilito che il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Soltanto nel caso in cui il riconoscimento sia stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assumerà il cognome paterno. Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. Nel caso di minore età del figlio decide il Giudice. Compete al Tribunale per i minorenni decidere, nel caso di un minore, sull'interesse di questi ad assumere o meno il cognome del padre. La giurisprudenza più volte ha ribadito la necessità per il giudice di prescindere da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome e di valutare in concreto quale sia l’interesse esclusivo del minore. Egli deve tener conto del fatto che è in gioco, oltre all'appartenenza di questi ad una determinata famiglia, il suo diritto all'identità personale, maturata nell'ambiente in cui è vissuto fino a quel momento, ossia il diritto del minore ad essere se stesso nel trascorrere del tempo e delle vicende attinenti alla sua condizione personale. La scelta del giudice non potrà essere condizionata né dal favor per il patronimico – per il quale non sussiste alcun privilegio - né dall'esigenza di equiparare l'attribuzione del cognome del figlio naturale a quello del figlio legittimo. Il minore ha diritto a salvaguardare la propria identità personale. La Cassazione, con la sentenza numero 27069, ha affermato che anche un minore in tenerissima età vanta il diritto di salvaguardare la sua identità personale. Occorrerà guardare al suo vissuto, alla sua vita trascorsa, nonché alle eventuali prospettive future. Ad avviso dei supremi giudici, dunque, poiché il minore ha sempre vissuto con la madre e non si prospetta – da parte dei genitori - il proposito di vivere stabilmente insieme, si presume che lo stesso continuerà a vivere con la madre e la famiglia di lei, pur mantenendo rapporti con il padre. Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’uomo sostenendo che corrisponde all'interesse del bambino aggiungere il cognome del padre a quello originario della madre, e garantire, anche in prospettiva, la tutela della sua identità personale, in relazione all'instaurato ambiente familiare e sociale di vita.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 settembre – 15 dicembre 2011, numero 27069 Presidente Luccioli – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo La Corte d’Appello di Caltanissetta, con provvedimento del 16 ottobre 2009, reso nei confronti di L. N. e T. A., in riforma del provvedimento del Tribunale per i minorenni di Caltanissetta del 26-5/11-6-2009, attribuiva ex articolo 262 c.c. al minore D., figlio naturale delle parti, riconosciuto prima dalla madre e poi dal padre, il cognome di entrambi i genitori. Ricorre per cassazione il T., sulla base di due motivi. Resiste, con controricorso, la L. Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 262 c.c., con il secondo, vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Non si ravvisa violazione di legge. Questa Corte ha avuto modo di precisare tra le altre, Cass. numero 2644 del 2011 che in tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale, riconosciuto non contestualmente dai genitori il giudice è investito del potere-dovere, di decidere su ognuna delle possibilità previste dall’ articolo 262, II e III comma c.c., avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all’interesse del minore, ed escludendo qualsiasi automaticità che non riguarda il patronimico, per il quale non sussiste alcun privilegio , nonché, in particolare, l’esigenza di equiparare sempre e comunque l’attribuzione del cognome del figlio naturale a quella del figlio nato nel matrimonio al riguardo, Cass. numero 12670 del 2009 . Criterio direttivo deve essere quello di salvaguardare l’identità personale del soggetto. Né si potrebbe affermare che l’identità di un minore in tenerissima età non sussista. Il relativo diritto richiama l’esigenza di essere se stessi, nella prospettiva di una compiuta rappresentazione della personalità individuale in tutti i suoi aspetti ed implicazioni, nelle sue qualità ed attribuzioni diritto alla propria identità, sottoposta ai medesimi mutamenti della personalità individuale e quindi diritto “alla personalità” e alle condizioni che ne garantiscono lo sviluppo . Si dovrà dunque guardare al vissuto” del minore, alla vita sua trascorsa, ma pure alle eventuali prospettive future. Ovviamente la valutazione concreta del giudice di merito, se sorretta da adeguata motivazione, è incensurabile in questa sede. Chiarisce il giudice a quo , che il minore, pur in tenerissima età, fino ad oggi ha vissuto con la madre, e non si prospetta da parte dei genitori il proposito di vivere stabilmente insieme. Pur mantenendo D. rapporti con il padre, continua il provvedimento impugnato è da presumere che egli vivrà prevalentemente con la madre e la famiglia di lei. Corrisponde dunque al suo interesse originario aggiungere il cognome del padre a quello della madre, e garantire, anche in prospettiva, la tutela della sua identità personale, in relazione all’instaurato ambiente familiare e sociale di vita. I motivi appaiono infondati. Va rigettato conclusivamente il ricorso. La natura del provvedimento nonché la posizione delle parti e la vicenda processuale richiedono la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità. A norma dell’articolo 52 D.L. 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri datiidentificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge.