Anche il custode è un ausiliario del giudice dell’esecuzione…

e, pertanto, avverso i provvedimenti di liquidazione del compenso al custode nominato nell’espropriazione immobiliare, va proposta l’impugnazione prevista dall’articolo 170 d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 e successive modificazioni , entro il termine perentorio di 30 giorni.

È quanto affermato dalla sentenza numero 21475/16 della Cassazione, depositata il 25 ottobre. Il caso. In qualità di creditrice procedente, una s.r.l. chiedeva alla S.C. la cassazione dell’ordinanza con cui il Tribunale aveva definito la controversia ai sensi dell’articolo 170 d.P.R. numero 115/2002 avverso la liquidazione del compenso al custode nominato nella procedura esecutiva immobiliare da essa intentata. La Corte di Cassazione dunque rimetteva alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articolo 34, comma 17, e 15, comma 2, d.lgs. numero 150/2011 per contrasto con l’articolo 76 Cost. ed in relazione ai commi 1 e 4, articolo 54 l. numero 69/2009 ovvero per contrasto con gli articolo 3, 214 e 11. comma 7, Cost., nella parte in cui ne discendeva non essere più previsto che il ricorso di cui all’articolo 170 d.P.R. numero 115/2002, fosse proposto entro 20 giorni dall’avvenuta comunicazione. Avendo la Consulta dichiarato non fondata la detta questione, il ricorso è stato nuovamente chiamato per la discussione alla pubblica udienza. La novella normativa. Anche il provvedimento di liquidazione del compenso al custode dell’espropriazione immobiliare è soggetto alla disciplina di cui all’articolo 170 d.P.R. numero 115/2002 in base agli argomenti già sviluppati da Cass. numero 1887/2007 secondo cui, a seguito dell’introduzione del T.U. numero 115/02, è stata abrogata la l. numero 319/80 – le cui disposizioni si ritenevano essere applicabili alle solo figure di ausiliari del giudice indicati nel suo articolo 1, e non in genere agli ausiliari del giudice – e, dunque, ora, l’articolo 168, comma 1, T.U. fa generale riferimento a tutti gli ausiliari del magistrato, comprendendo, oltre ai soggetti già indicati dal suddetto articolo 1, «qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge». Il custode è ausiliario del magistrato! Sulla base di ciò, anche il custode nominato a sensi dei commi 2 e ss. dell’articolo 559 c.p.c. nel corso di un’espropriazione immobiliare rientra nell’indicata nozione di ausiliario del magistrato infatti, egli ne presenta il tratto di contribuire con la propria attività ad individuare il contenuto degli atti che devono essere compiuti nel processo dall’ufficio giudiziario e, anzi, ne agevola la progressione con attività materiale sue proprie, complementari ma indispensabili e non suscettibili e essere compiute dal giudice o dal cancelliere. E gli si applica l’articolo 170 d.P.R. numero 115/02. Il custode, dunque, «occupandosi della proficua gestione del bene staggito al fine della migliore sua collocazione sul mercato, orienta utilmente la stessa prosecuzione del processo esecutivo verso il fine di ogni espropriazione, ormai codificato, nel perseguimento del soddisfacimento delle ragioni del creditore nel modo più economico possibile ed in quanto tale assume le vesti di ausiliario del giudice dell’esecuzione, indispensabile in ragione della natura dei compiti da svolgere e dell’attività materiale da porre in essere. Pertanto, avverso i provvedimenti di liquidazione del compenso al custode nominato nell’espropriazione immobiliare, va proposta l’impugnazione prevista dall’articolo 170 d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 e successive modificazioni », entro il termine perentorio di 30 giorni.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 – 25 ottobre 2016, numero 21475 Presidente Vivaldi – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1.- Nella qualità di creditrice procedente, la Monviso Finance srl chiese a questa Corte, con ricorso strutturato su tre motivi, la cassazione dell’ordinanza con cui il tribunale di Como aveva definito la controversia ai sensi dell’articolo 170 d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, avverso la liquidazione del compenso al custode - dott.ssa F.R. nominato nella procedura esecutiva immobiliare da essa intentata ai danni di P.G. ed iscritta al numero 612/10 r.g.e. di quel tribunale. 2.- Senza che alcuna delle intimate avesse svolto attività difensiva, questa Corte peraltro rimise, con ordinanza numero 6652 del giorno 1.4.15, alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articolo 34, comma diciassettesimo, e 15, comma secondo, del d.lgs. 1 settembre 2011, numero 150, per contrasto con l’articolo 76 Cost. ed in relazione ai commi primo e quarto dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69, ovvero per contrasto con gli articolo 3, 24 e 111 co. 7 Cost., nella parte in cui ne discendeva non essere più previsto che il ricorso disciplinato dall’articolo 170 d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, fosse proposto entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione. 3.- La Corte costituzionale, con sentenza 12 maggio 2016, numero 106, ha poi dichiarato non fondata - nei sensi di cui in motivazione - la detta questione ed il ricorso è stato così nuovamente chiamato per la discussione alla pubblica udienza del 6.10.16, per la quale la sola ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 4.- Col gravato provvedimento il tribunale di Como ebbe - dapprima ad ipotizzare che le previsioni dell’articolo 170 d.P.R. 115/02 si applicassero soltanto alle liquidazioni in favore del custode in caso di sequestro penale probatorio e preventivo e, in materia civile, di sequestro conservativo e giudiziario, tanto da prospettare per la liquidazione del compenso al custode nominato nell’espropriazione immobiliare quale unico e solo rimedio quello dell’opposizione agli atti esecutivi - comunque, indipendentemente da ogni statuizione in ordine al mezzo di impugnazione astrattamente pertinente alla fattispecie , a rilevare la tardività della proposizione dell’impugnazione, in rapporto alla data di conoscenza del provvedimento opposto individuata nel dì 8.2.12, giorno in cui era stata proposta un’istanza di riduzione al g.e. rispetto alla data di proposizione del procedimento individuata nel dì 1.3.12 . 5.- La ricorrente sviluppa tre motivi e - col primo rubricato ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 per violazione e falsa applicazione dell’articolo 170 D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 lamenta l’erroneità della declaratoria di tardività, invocando la carenza di termini perentori per la proposizione dell’opposizione, in dipendenza della sostituzione della disposizione ad opera dell’articolo 34, comma 17, d.lgs. 1 settembre 2011, numero 150, applicabile con decorrenza dal 6.10.11 - col secondo rubricato ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 per violazione o falsa applicazione degli articolo 168, 2 comma e 170, 1 comma, D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 deduce l’erroneità dell’individuazione della decorrenza del termine, ove ritenuto tuttora previsto, da tempo anteriore alla formale comunicazione ad opera della cancelleria, nella specie mai avutasi - col terzo rubricato ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti si duole della mancata applicazione alla fattispecie del d.m. 15.5.09, numero 80, emanato ai sensi dell’articolo 21 della legge 24 febbraio 2006, numero 52, in base alla quale il compenso non avrebbe potuto essere liquidato in misura superiore ad Euro 4.746,94, disattendendo la diversa tabella applicata nel tribunale di Como dal 2003 per intero trasfusa nel ricorso , oltretutto malamente applicata in concreto né rilevando il rigetto dell’istanza di riduzione del compenso, o la transazione intercorsa con il custode nel frattempo. 6.- Va ribadito a definitiva conferma di quanto già argomentato da Cass., ord. 1 aprile 2015, numero 6652 che anche il provvedimento di liquidazione del compenso al custode dell’espropriazione immobiliare è soggetto alla disciplina dell’articolo 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, in base agli argomenti già sviluppati da Cass. 29 gennaio 2007, numero 1887, per altro ausiliario del giudice e, pure in tal caso, del giudice dell’espropriazione immobiliare - prima del testo unico numero 115/02, le disposizioni dettate dalla L. 8 luglio 1980, numero 319, sono state interpretate da questa corte nel senso che contenessero una disciplina speciale, applicabile alle sole figure di ausiliari del giudice indicati nel suo articolo 1 - periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori - e non in genere agli ausiliari del giudice, ai quali si applicava invece la disciplina generale di cui agli articolo 54 e 55 disp. att. cod. proc. civ. - il detto testo unico ha però abrogato la L. numero 319/80 e l’articolo 168, comma 1, dello stesso testo unico fa ora generale riferimento a tutti gli ausiliari del magistrato - la portata di tale definizione è poi esplicitata nell’articolo 3 lett. n , secondo il quale essa comprende, oltre alle figure di ausiliari in precedenza indicate nella L. numero 319/80 al suo articolo 1 , qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge definizione, questa, che a sua volta ricalca il testo del primo comma dell’articolo 68 cod. proc. civ. - un simile passaggio dalla precedente formulazione a quella attuale comporta l’attrazione di ogni figura di ausiliario del giudice nell’ambito di applicazione del modulo procedimentale in origine stabilito dall’articolo 11 della L. numero 319/80 ed ora ripreso dal d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 168, e segg. ciò che risponde al criterio direttivo fissato dalla L. 8 marzo 1999, numero 50, articolo 1, comma 2, lett. d - la medesima innovazione risponde poi al condivisibile criterio di raggiungere coerenza sistematica e di conformare in un’unica disciplina, intrinsecamente capace di atteggiarsi come generale, pluralità di normative o regimi applicabili in distinti settori alla stessa materia. 7.- Sulla base di queste premesse, anche il custode nominato ai sensi dei commi secondo e seguenti dell’articolo 559 cod. proc. civ. nel corso di un’espropriazione immobiliare rientra nell’indicata nozione di ausiliario del magistrato infatti, egli ne presenta il tratto di contribuire con la propria attività ad individuare il contenuto degli atti che debbono essere compiuti nel processo dall’ufficio giudiziario ed anzi ne agevola indiscutibilmente la progressione con attività materiali sue proprie, complementari ma al contempo indispensabili e non concretamente suscettibili di essere compiute dal giudice o dal cancelliere. 8.- In definitiva il custode, occupandosi della proficua gestione del bene staggito al fine della migliore sua collocazione sul mercato, orienta utilmente la stessa prosecuzione del processo esecutivo verso il fine di ogni espropriazione, ormai codificato dall’articolo 164-bis disp. att. cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 19, co. 2, lett. b , del d.l. numero 132/14, conv. con mod. in l. 162/14 e di immediata applicazione, non applicandosi la disciplina transitoria di cui all’articolo 19, co. 6-bis, del d.l. numero 132/14 nel perseguimento del soddisfacimento delle ragioni del creditore nel modo più economico possibile ed in quanto tale assume le vesti di ausiliario del giudice dell’esecuzione, indispensabile in ragione della natura dei compiti da svolgere e dell’attività materiale da porre in essere. 9.- Pertanto, avverso i provvedimenti di liquidazione del compenso al custode che non sia il debitore medesimo nominato nell’espropriazione immobiliare va proposta l’impugnazione prevista dall’articolo 170 d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 e succ. mod. e integr. e, a seguito dell’univoca pronuncia della Corte costituzionale sopra richiamata, benché da qualificarsi come interpretativa di rigetto alla stregua della formula ivi adoperata nei sensi di cui in motivazione , che vincola l’interprete nel presente giudizio a quo ovvero, in cui la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata sulla questione della portata delle sentenze interpretative di rigetto della Corte costituzionale, v., da ultimo, Cass. Sez. Unumero , 16 dicembre 2013, numero 27986 , tale impugnazione va proposta entro il termine perentorio di trenta giorni. 10.- È peraltro irrilevante ogni ulteriore questione sull’individuazione del dies a quo nel caso in esame infatti, nella specie l’opposizione è stata proposta il giorno 1 marzo 2012, cioè il ventunesimo trattandosi di anno bisestile e quindi dovendo considerarsi anche il 29 febbraio giorno dal dì 8 febbraio 2012, data più sfavorevole per l’impugnante, ove si voglia ma lasciata impregiudicata la relativa questione - considerare quella in cui essa doveva necessariamente avere preso completa conoscenza del provvedimento, tanto da averne chiesto in via informale la revoca al g.e. 11.- La gravata sentenza va allora cassata, cogliendo nel segno i primi due primi motivi, sia pure complessivamente esaminati alla stregua della normativa come ricostruita nella specie, l’adito tribunale ha male ritenuto elasso il termine perentorio di proposizione dell’impugnazione decorsi ventuno giorni dalla data di conoscenza del provvedimento impugnato, ove potesse questa, desunta o dedotta quest’ultima da una istanza di sua revisione, porsi quale momento iniziale del relativo termine termine che invece, dovendo identificarsi, stando alla più volte citata sentenza numero 106/16 della Corte costituzionale in trenta giorni, non era affatto ancora in alcun modo elasso anche a voler considerare iniziato il suo decorso con la mera conoscenza informale dell’atto in luogo della sua formale comunicazione normalmente richiesta dal regime di impugnazione del rito sommario, sicché l’opposizione, correttamente proposta ai sensi dell’articolo 170 d.P.R. 115/02, era tempestiva e andava esaminata sotto ogni altro profilo di rito e, se del caso, nel merito. 12.- Assorbito il terzo motivo, relativo al merito dei parametri da adottare ed impregiudicata ogni relativa questione, peraltro da impostare e risolvere in base ad ovvi principi di gerarchia tra le fonti normative, tanto va dichiarato in dispositivo e il gravato provvedimento va cassato. 13.- Pertanto, va disposto il rinvio al medesimo ufficio giudiziario, in persona di diverso giudicante, affinché, qualificata tempestivamente - e ritualmente, ai sensi dell’articolo 170 d.P.R. 115/02 e succ. mod. e integr. segnatamente, l’articolo 15 d.lgs. 1 settembre 2011, numero 150 - proposta l’opposizione al provvedimento di liquidazione delle spese del custode giudiziario della procedura esecutiva già iscritta al numero 612/10 r.g.e. del tribunale di Como, la esamini sotto ogni altro profilo di rito e, se del caso, nel merito, impregiudicato - beninteso - il relativo esito, provvedendo infine pure sulle spese del giudizio di legittimità alla luce dell’esito complessivo della controversia. 14.- Per l’epoca di proposizione del ricorso, anteriore al 31.1.13, non trova infine applicazione l’articolo 13, co. 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall’articolo 1, co. 17, della l. 24 dicembre 2012, numero 228, quanto a contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione. P.Q.M. La Corte - accoglie il ricorso - cassa il gravato provvedimento - rinvia al tribunale di Como, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.