La Corte di Cassazione ribadisce alcuni importanti principi in tema di compensi professionali dell’avvocato.
Il caso in questione Cass., sentenza numero 19151 dell’1 agosto 2017 , in particolare, vedeva opposti due avvocati ed un condominio. I professionisti, in particolare, agivano in giudizio avverso lo stabile affermando di avere assistito lo stesso in alcune procedure senza essere stati pagati. Si costituiva in giudizio il condominio negando le pretese dei legali e domandando, nel peggiore dei casi, quanto meno una riduzione delle parcelle. Il giudice di primo grado riconosceva il diritto degli avvocati, seppur riducendo gli importi richiesti. Il condominio agiva quindi in grado di appello, domandando una ulteriore riduzione degli importi dovuti. La Corte di Appello, nella sentenza depositata, differenziava le posizioni dei due avvocati, riconoscendo ad uno la totalità degli importi richiesti, e diminuendo le spettanze dell’altro in ragione di un minore apporto conferito alla pratica. L’avvocato soccombente si vedeva quindi costretto ad agire in Cassazione per ottenere il riesame della questione. L’amministratore di condominio aveva l’autorizzazione dell’assemblea a promuovere il giudizio di appello? L’atto di impugnazione dell’avvocato si basava su diversi motivi di diritto. In particolare, dal punto di vista della procedura, egli lamentava come l’amministratore di condominio non avesse avuto alcuna autorizzazione dell’assemblea a promuovere il giudizio di appello sopra citato. Secondo il ricorrente, quindi, sarebbe stato compito del Giudice di Appello sincerarsi nel corso della prima udienza della regolarità del contraddittorio, domandando all’amministratore la documentazione comprovante l’autorizzazione dell’assemblea condominiale a promuovere il giudizio. Nel caso in questione, invece, nessuna autorizzazione era stata data all’amministratore prima del giudizio, ma solo una convalida dell’assemblea al suo operato intervenuta a seguito della proposizione dell’appello. Un ulteriore motivazione del ricorso era basata sul presunto errore commesso dal giudice di appello, il quale aveva accordato una riduzione degli importi domandati dal legale ricorrente. Con la sentenza in commento la Suprema Corte rigettava integralmente il ricorso proposto dall’avvocato. I motivi alla base del rigetto sono di seguito sintetizzati. In merito alla prima doglianza, concernente la presunta carenza di ius postulandi in capo all’amministratore, la Corte affermava l’inammissibilità del motivo di ricorso. In particolare, secondo la Cassazione l’amministratore non ha onere di domandare all’assemblea l’autorizzazione per compiere quegli atti che sono propri del mandato ricevuto. L’amministratore, quindi, ai sensi dell’articolo 1131, comma 2, c.c., necessita dell’autorizzazione e ratifica dell’assemblea solo per quelle cause che per loro natura e oggetto esorbitano dalle sue attribuzioni. Tali principi sono stati affermati dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite numero 18331/2010 ove si afferma il principio in ragione del quale «L'amministratore del condominio, nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre, non è legittimato a resistere in giudizio per il condominio, o ad impugnare la sentenza a questo sfavorevole, senza previa autorizzazione a tanto dell'assemblea dei condomini, fermo restando peraltro che, qualora egli si sia costituito in giudizio o abbia proposto l'impugnazione senza la detta autorizzazione, il suo operato può essere ratificato dall'assemblea» e ricavandone, al contrario, il principio in ragione del quale per le controversie attinenti alle sue attribuzioni l’amministratore non necessita di previa autorizzazione per stare in giudizio. Dal punto di vista della quantificazione delle spese legali, invece, la Cassazione era stentorea nello stabilire che gli onorari dell’avvocato devono essere basati sull’apporto effettivamente dato dall’avvocato alla pratica. Nel caso in questione la Corte aveva valutato che il secondo avvocato colui che aveva depositato il ricorso in Cassazione avesse fornito un apporto inferiore rispetto al collega i cui onorari erano stati pienamente riconosciuti in appello e in ragione di ciò fosse giustificata una riduzione della parcella. In ragione di quanto sopra riportato la Cassazione rigettava integralmente il ricorso proposto, non pronunciandosi in punto spese del giudizio stante la contumacia del condominio in grado di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 giugno – 1 agosto 2017, numero 19151 Presidente Mazzacane – Relatore Federico Esposizione del fatto Il Tribunale di Rieti decidendo sull’opposizione proposta dal Condominio omissis e da G.G. avverso i decreti ingiuntivi ottenuti dagli avv. P.G. e F. per il pagamento di onorari professionali, con la sentenza numero 548/05 pubblicata il 7.11.05, così disponeva revocava ambedue i decreti emessi nei confronti del G. , dichiarandone il difetto di legittimazione passiva confermava il decreto emesso nei confronti del Condominio, su ricorso dell’avv. P.F. in parziale accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto emesso su ricorso dell’avv. P.G. , condannando il Condominio al pagamento della minor somma di 40.000,00 Euro, oltre ad intessi legali. Avverso tale pronuncia ha proposto impugnazione il Condominio nei confronti di P.G. e F. , cui questi ultimi hanno resistito, proponendo altresì appello incidentale. La Corte d’appello di Roma, disattese le eccezioni pregiudiziali, ha respinto l’appello principale del Condominio ed, in parziale riforma della sentenza di primo grado, lo ha condannato alla refusione delle spese in favore dell’avv. P.F. . Ha altresì confermato la revoca del decreto e la condanna al pagamento di un importo inferiore nei confronti dell’avv. P.G. , compensando le spese di lite nei confronti di quest’ultimo. Il Giudice di appello, per quanto in questa sede ancora interessa, ha respinto, in particolare, l’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancanza di autorizzazione all’impugnazione, rilevando che la delibera di autorizzazione dell’amministratore a promuovere un giudizio vale per tutti i gradi del giudizio stesso, conferendogli quindi la legittimazione a proporre ogni genere di impugnazione. Ha inoltre escluso la – novità - della domanda di riduzione degli onorari dell’avv. P.F. , specificamente formulata nelle conclusioni in appello del Condominio, trattandosi di domanda rientrante nell’originario “petitum . Premesso, inoltre, che il Condominio non aveva specificamente contestato la consistenza e l’oggetto degli incarichi affidati allo studio professionale P. , limitandosi a lamentare la duplicazione di diverse voci tariffarie, ha ritenuto giustificata la consistente riduzione per l’avv. P.G. , sul presupposto della mancata dimostrazione, in modo sufficientemente certo e specifico, di alcune delle voci richieste, mentre, con riferimento ai compensi liquidati all’avv. P.F. , ha confermato la valutazione del primo giudice, di adeguatezza dell’importo riconosciuto, avuto riguardo al numero di procedimenti, al loro valore ed alla eterogeneità delle questioni trattate. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi, l’avv. P.G. , mentre il Condominio intimato non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva. In prossimità dell’udienza l’avv. P.G. ha depositato memoria ex articolo 378 cpc. Considerato in diritto Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli articolo 1130, 1131 e 1132 c.c., in relazione agli articolo 75, 82-83, 182 e 647 cpc, in relazione all’articolo 360 numero 3 codice di rito, deducendo il difetto di capacità di agire in giudizio dell’amministratore del condominio e conseguente difetto di ius postulandi dei difensori nominati da quest’ultimo, a causa della mancanza della preventiva autorizzazione dell’assemblea ad impugnare la sentenza di primo grado. Il ricorrente riferisce di aver specificamente evidenziato, nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di appello, che il primo giudice non aveva verificato ex articolo 183 cpc la regolarità del contraddittorio, omettendo di esigere la produzione della delibera dell’assemblea recante autorizzazione alla proposizione dell’opposizione, che esulava dall’ambito delle attribuzioni conferite all’amministratore, atteso che nella sua posizione processuale di attore, seppure in senso formale, il Condominio aveva l’onere di deliberare previamente l’autorizzazione all’amministratore all’impugnativa del decreto ingiuntivo, laddove la delibera prodotta, formalizzata ben oltre il termine per una valida costituzione in giudizio, non poteva avere valore di ratifica, essendo intervenuta dopo la scadenza del termine per la tempestiva proposizione dell’opposizione. Con il secondo motivo si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360 numero 5 , deducendo l’inidoneità della motivazione posta dal primo giudice a sostegno del rigetto del difetto di capacità processuale dell’amministratore, fondata unicamente sulla mancata contestazione del difetto di autorizzazione in primo grado, fermo restando l’inidoneità e tardività della delibera condominiale di autorizzazione prodotta. I motivi, che, in virtù dell’intima connessione vanno unitariamente esaminati, sono infondati, pur dovendosi correggere la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo è peraltro conforme a diritto. Deve al riguardo rilevarsi che, secondo il più recente indirizzo di questa Corte, inaugurato dalla pronuncia delle Ss.Uu. numero 18331/2010 non può ritenersi che l’amministratore del condominio sia titolare di una legittimazione processuale illimitata l’amministratore può, in via generale, costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma in tale ipotesi. onde evitare una pronuncia di inammissibilità, deve ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa. Si è peraltro precisato che, giusto il disposto dell’articolo 1131 commi 2 e 3 c.c., autorizzazione e ratifica sono necessarie nelle sole cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore Cass.1451/2014 , mentre esse non sono necessarie per quelle controversie che hanno ad oggetto parti o servizi condominiali e comunque riconducibili alle attribuzioni di cui all’articolo 1130 c.c. Cass. 10865/2016 . Da ciò consegue che l’amministratore può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ed altresì impugnare la decisione di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dall’amministratore, nell’esercizio delle sue funzioni, in rappresentanza dei partecipanti al condominio, ovvero dando esecuzione a delibere dell’assemblea o per l’esercizio dei servizi condominiali, e dunque nei limiti di cui all’articolo 1130 c.c. Cass. 16260/2016 . Orbene, nel caso di specie, il credito fatto valere in giudizio si riferiva a prestazioni professionali per assistenza legale svolte nell’interesse del condominio, come risulta dallo stesso contenuto del ricorso, in cui gli avvocati ingiungenti hanno evidenziato che l’attività da essi posta in essere è consistita nell’aver curato, per conto del Condominio, diverse procedure giudiziali. La causa in oggetto, trovando il suo fondamento nella gestione dei servizi comuni e nell’erogazione delle spese relative a tale gestione articolo 1130 c.c. commi 2 e 3 , si riferisce certamente ad obbligazioni assunte per l’esercizio dei servizi condominiali e dunque nei limiti di cui all’articolo 1130 c.c., onde non era necessaria l’autorizzazione, né la successiva ratifica da parte dell’assemblea condominiale. Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex articolo 112 cpc, in relazione all’articolo 360 numero 4 cpc, per avere la Corte omesso di rendere una specifica pronuncia sull’appello incidentale, avente ad oggetto la decurtazione dei compensi liquidati all’odierno ricorrente. Il motivo è infondato. La Corte ha infatti specificamente preso in esame e respinto l’appello incidentale dell’odierno ricorrente, con una apposita pronuncia di rigetto. confermando integralmente il capo della sentenza di primo grado che aveva ritenuto adeguato l’importo chiesto dall’avv. P.F. e ridotto invece il compenso del co-difensore avv. P.G. . Con il quarto motivo si denuncia l’omessa. insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360 numero 5 cpc, lamentando la carenza motivazionale della sentenza impugnata in ordine alla riduzione del compenso del co-difensore ed odierno ricorrente. Con il quinto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione delle norme di cui al DM 585/1994, nonché degli articolo 6 e 62 l. 794/1992, in relazione agli articolo 633 e 634 cpc ex articolo 360 numero 3 cpc. I motivi, che, in virtù dell’intima connessione, vanno unitariamente esaminati non hanno pregio. Essi infatti, attraverso la denuncia di violazione di legge ed assoluta carenza di motivazione tendono in sostanza ad una rivalutazione, non consentita in sede di legittimità, dell’apprezzamento operato dal giudice di merito in ordine alla natura ed entità dell’impegno profuso e delle prestazioni effettivamente eseguite dall’odierno ricorrente in favore del condominio apprezzamento che risulta, al contrario, adeguato e fondato su elementi idonei. Ed invero, nel caso di specie la Corte, con valutazione adeguatamente motivata, ha accertato il carattere – marginale - dell’apporto fornito dal co-difensore nella complessiva prestazione professionale resa in favore del condominio. L’ iter argomentativo, chiaramente desumibile dall’integrazione della parte motiva delle sentenze dei due gradi di merito Cass. 985/2000 , fonda infatti la decurtazione del compenso sulla duplicazione di alcuni voci tariffarie, che per loro natura avrebbero potuto essere pretese da uno solo dei difensori, nonché sulla mancanza di dimostrazione certa e specifica in ordine a determinati compensi/, giungendo alla conclusione del carattere marginale dell’attività professionale prestata dall’odierno ricorrente, rispetto a quella prestata dall’altro difensore, il cui compenso è stato interamente riconosciuto. Tale statuizione è pertanto conforme al consolidato indirizzo di questa Corte, alla cui stregua, nel caso in cui più avvocati siano incaricati della difesa in un procedimento civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente solo in base all’opera effettivamente prestata, in virtù del principio di cui all’articolo 6 della legge 13 giugno 1942, numero 794 oggi trasfuso nell’articolo 7 d.m. 5 ottobre 1994, numero 585 Cass. 22463/2010 Cass. 9242/2000 . In definitiva il ricorso dev’essere rigettato e, considerato che il condominio non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva non deve provvedersi sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.