Il giudice interno deve tenere conto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo intervenute in corso di causa, perché una volta diventate definitive, hanno natura precettiva.
La sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo ha effetti precettivi immediati assimilabili al giudicato formale e deve essere tenuta in considerazione dal giudice interno, il quale ha l'obbligo di conformarsi a tale decisione nel decidere la controversia. E' questo il principio espresso nella sentenza numero 19985 depositata il 30 settembre.Il caso. Un parlamentare chiedeva, in sede civile, il risarcimento dei danni subiti a causa di espressioni ingiuriose e diffamatorie contenute nell'intervista che un suo avversario politico aveva rilasciato in un'intervista. Il Tribunale rigettava la domanda e la Corte d'appello confermava la sentenza. Nel frattempo, però, si inseriva la Corte europea dei diritti dell'uomo, con una pronuncia a seguito del ricorso dello stesso parlamentare asseritamente diffamato, il quale proponeva, infine, ricorso per cassazione.Con il ricorso si chiede al Collegio di stabilire se le sentenze della Corte di Strasburgo abbiano efficacia immediata e diretta nell'ordinamento interno e debbano, quindi, essere applicate anche nel giudizio in corso, non ancora conclusosi.Le norme Cedu sono immediatamente applicabili e prevalgono sul diritto interno. Nelle lunghe motivazioni della sentenza in esame, la S.C. fornisce una risposta positiva. In primo luogo viene richiamato il complesso sistema instaurato dalla Cedu le norme della citata convenzione hanno immediata rilevanza nell'ordinamento interno. Il giudice ha l'obbligo di applicare direttamente le norme pattizie, che prevalgono sul diritto nazionale, all'unica condizione che esse siano conformi alla Costituzione. I diritti riconosciuti dalla Convenzione, infatti, sono inviolabili, essendo relativi a diritti fondamentali della persona, e sostanzialmente assimilabili a quelli protetti dalla Costituzione per questo le norme della Cedu possono essere qualificate come elementi costitutivi dell'ordine pubblico italiano.Anche l'elaborazione delle norme pattizie, effettuata dalla Corte di Strasburgo, deve essere applicata direttamente. Conseguenza logica di tale principio è che non solo le norme, ma anche la loro interpretazione, fornita dalla Corte di Strasburgo, deve trovare applicazione nell'ordinamento italiano ai fini della soluzione della controversia ancora pendente, il giudice italiano non può ignorare le sentenze della Corte di Strasburgo, le quali, pur avendo natura dichiarativa, una volta divenute definitive sono precettive e impongono di risarcire la vittima dell'accertata violazione del diritto tutelato.La sentenza della Corte europea ha valore di giudicato formale. La decisione definitiva ha, nell'ambito interno e in relazione al procedimento, un valore assimilabile al giudicato formale.L'intervento di Strasburgo nella controversia. Nel caso in esame, la sentenza della Corte di Strasburgo, che ha accertato la violazione dell'articolo 6, par. 1, Cedu, è intervenuta prima che il giudizio civile interno venisse definitivamente chiuso, e di ciò deve tenersi conto. Nello specifico, la pronuncia della Corte ha affermato che il denunciato fatto diffamatorio non poteva trovare la copertura dell'articolo 68 Cost., in quanto riguardante un rapporto intercorso tra privati cittadini ed estraneo alla funzione parlamentare.Rispetto a questo punto occorre concentrare l'esame della sentenza impugnata che, infatti, va emendata proprio nella parte in cui riteneva di dover fare ricorso all'operatività dell'articolo 68 Cost.Vincolante la pronuncia sull'esclusione dell'articolo 68 Cost., non quella incidentale sul contenuto diffamatorio dell'intervista. La S.C. prosegue affermando che se la sentenza della Corte di Strasburgo è vincolante in ordine alla ritenuta non operatività dell'articolo 68 Cost., non può invece vincolare il giudice interno laddove in essa si considera, solo incidentalmente, come non diffamatorio il contenuto delle espressioni usate nel corso dell'intervista. Sul punto, infatti, è necessario un nuovo esame del giudice nazionale, il quale è tenuto a valutare il merito della questione, in assenza della garanzia costituzionale sulla manifestazione del pensiero nell'esercizio delle attività parlamentari, che nel caso di specie non opera.In conclusione il Collegio respinge il ricorso, ribadendo che la decisione definitiva della Corte europea ha effetti precettivi immediati e non può essere disattesa dal giudice interno competente a pronunciarsi sulla controversia.