Per chi interviene sussiste solo l'obbligo di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi tra le parti originarie.
La preclusione ex articolo 268 c.p.c. non opera in relazione all’attività assertiva del volontario interveniente, il quale può, quindi, proporre domande nuove in seno al procedimento, fino alla precisazione delle conclusioni, con l’unico limite del rispetto delle preclusioni istruttorie già maturate per le parti originarie. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 23759 del 14 novembre. Il caso. Chiamati a pronunciarsi sulla responsabilità per un sinistro stradale, nel quale il conducente di un’autovettura tamponava il veicolo che lo precedeva, causando la morte dell’altro conducente, i giudici di merito Tribunale prima, Corte d’appello poi , giudicavano unico responsabile il primo conducente, per inosservanza delle distanze di sicurezza e per eccesso di velocità. La compagnia assicuratrice impugnava la decisione, con ricorso per cassazione, cui resistevano gli eredi dell’automobilista deceduto, nonché la trasportata, interveniente nel precedente giudizio di merito. Infondate le richieste di revisione dell’accertamento di responsabilità. Le censure della ricorrente si dimostrano infondate, perché si risolvono in una richiesta, inammissibile, di revisione dell’accertamento di fatto, compiuto dal giudice del merito e a lui riservato, relativo alla dinamica del sinistro, alle condotte dei veicoli coinvolti e, in generale, alla responsabilità del sinistro. Quali preclusioni per l’intervento in giudizio? Ciò che rileva, invece, è il motivo di ricorso con cui la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile, in violazione dell’articolo 268 c.p.c., l’intervento della terza trasportata, depositato in occasione dell’udienza di comparizione con il quale è stata avanzata una domanda risarcitoria. La S.C. ha, così, l’occasione per ribadire i principi in materia di intervento e preclusioni istruttorie. Per l’interveniente autonomo non opera il divieto di nuove domande. Secondo pacifica giurisprudenza, non sussiste l’invocata preclusione, ex articolo 268 c.p.c., «per l’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome fino all’udienza di precisazione delle conclusioni». E ciò perché la proposizione di domande nuove costituisce il fondamento stesso dell’intervento autonomo, che altrimenti non avrebbe ragion d’essere. Vanno rispettate le preclusioni istruttorie vigenti per le parti originarie. L’interventore, prosegue la S.C., incontra il limite delle preclusioni istruttorie che si siano già verificate per le parti originarie allo stato del processo, nel momento in cui interviene. Il ricorso, in conclusione, viene rigettato anche su questo punto, poiché la domanda risarcitoria, formulata dall’intervenuta terza trasportata, non può essere considerata nuova e non sono stata ravvisata alcuna attività istruttoria, essendosi rimessa l’interveniente alle altrui allegazioni. Correttamente la Corte territoriale l’ha ritenuta ammissibile.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 ottobre – 14 novembre 2011, numero 23759 Presidente Filadoro – Relatore Giacalone In fatto e in diritto 1.1. La Fondiaria Sai S.p.A. impugna, sulla base di nove motivi, illustrati con memoria, la sentenza della Corte di Appello di Genova, depositata il 4 luglio 2008, la quale, per quanto qui rileva, ha ritenuto che la responsabilità del sinistro stradale in lite dovesse essere esclusivamente ascritta a M P. ritenuto responsabile in concreto di aver tamponato, per mancata osservanza della distanza di sicurezza e per eccesso di velocità, il veicolo che lo precedeva condotto dallo Z., deceduto a seguito del sinistro . 1.2. Resistono con rispettivi controricorsi i congiunti dello Z., la loro compagnia, gli altri danneggiati nella circostanza L D. e B S., che propongono anche ricorso incidentale tardivo esplicitamente condizionato, nonché l'interveniente, anch'ella danneggiata, L E., e chiedono dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi il ricorso. Questi ultimi due controricorsi sono stati illustrati anche da memoria a norma dell'articolo 378 c.p.c 1.3. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza articolo 335 c.p.c. . 2. Nel proprio ricorso, la Fondiaria deduce i seguenti motivi 2.1.1. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 in relazione all'articolo 132 c.p.c. articolo 360 numero 3 c.p.c. e chiede alla Corte se il giudice di appello che ha omesso di statuire nel dispositivo della sentenza in ordine ad un determinato capo della domanda - nella specie, accertamento della responsabilità in capo a un soggetto, quantificazione dei danni e ammissibilità dell'intervento nel processo di una parte - incorra nel vizio di omessa pronuncia in ordine a detto capo, non potendo la relativa decisione con il conseguente giudicato desumersi dalle affermazioni contenute nella sola motivazione . 2.1.2 La censura - a prescindere dalla sua impropria formulazione sotto il profilo della violazione di cui al numero 3, anziché 4, del primo comma del'articolo 360 c.p.c. - è infondata, in quanto, ai fini della verifica del vizio di omessa pronuncia, la portata del decisum della sentenza d'appello è chiaramente desumibile dall'esame del dispositivo e della motivazione della stessa, in quanto il primo, essendo di contenuto precettivo indeterminato o incompleto , si presta ad integrazione attraverso la seconda Cass. numero 5337/07 16579/02 . Nella specie, la conferma della sentenza di primo grado rendeva superflua la ripetizione in dispositivo della pronuncia sulla responsabilità del P. e sulla quantificazione dei danni mentre l'ammissibilità dell’intervento dell’E., oltre che chiaramente espresso nella motivazione dell'impugnata sentenza, trova riscontro nella contestuale ordinanza collegiale, che dispone l'ulteriore istruttoria proprio perché la sentenza ha ritenuto tempestivo detto interveto. 2.2. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 2054 c.c. e chiede alla Corte se il giudice di appello che ha ritenuto responsabile esclusivo del sinistro il conducente tamponante nonostante il veicolo tamponante si fosse improvvisamente fermato in autostrada, all'uscita della galleria, in mezzo alla corsia di marcia e avendo un'apposita piazzola di sosta alla propria destra, abbia violato l'articolo 2054, 1 camma, c.c. non ritenendo che il conducente tamponante abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno . 2.3. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo assolvimento della prova liberatoria da parte del P. ai sensi dell'articolo 2054,1 comma, c.c. ex articolo 360 numero 5 c.p.c 2.4. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 2054, II comma, c.c., e chiede alla Corte se se il giudice di appello che ha ritenuto responsabile esclusivo del sinistro il conducente tamponante nonostante il veicolo tamponante si fosse improvvisamente fermato in autostrada, all'uscita della galleria, in mezzo alla corsia di marcia e avendo una piazzola di sosta alla propria destra, abbia violato l'articolo 2054, II camma, c.c. ritenendo vinta la presunzione di corresponsabilità dettata dalla predetta disposizione e non ritenendo sussistente un concorso di responsabilità in capo al conducente tamponato . 2.5. Omessa e/o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo applicazione dell'articolo 2054, 1 comma, c.c. ex articolo 360 numero 5 c.p.c 2.5.1. Le censure contenute nei motivi dal secondo al quinto - che possono trattarsi congiuntamente essendo tutte rivolte contro le statuizioni della sentenza impugnata riguardanti la determinazione del sinistro in lite – si rivelano tutte prive di pregio. Invero, la Corte territoriale, procedendo alla valutazione del materiale probatorio acquisito, ha ritenuto che la responsabilità del sinistro stradale dovesse essere esclusivamente ascritta a P.M. ritenuto responsabile in concreto di aver tamponato, per mancata osservanza della distanza di sicurezza e per eccesso di velocità, il veicolo che lo precedeva condotto dallo Z., deceduto a seguito del sinistro trattasi di accertamento di fatto che è riservato al prudente apprezzamento del giudice di merito. 2.5.2. Del resto, in tema di incidenti stradali la ricostruzione della loro dinamica, come pure l'accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento della esistenza o esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico - giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all'articolo 2054 c.c. tra le tantissime, Cass. 5 giugno 2007 numero 15434 10 agosto 2004 numero 15434 Cass. 14 luglio 2003, numero 11007 Cass. 10 luglio 2003, numero 10880 Cass. 5 aprile 2003, numero 5375 Cass. 11 novembre 2002, numero 15809 . Pacifico quanto precede, atteso che i ricorrenti, lungi dal prospettare con i quattro motivi ora in esame, vizi logici o giuridici posti in essere dai giudici del merito e rilevanti sotto il profilo di cui all'articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5, si limitano - contra legem e cercando di superare quelli che sono i ristretti limiti del giudizio di legittimità, il quale, contrariamente a quanto reputa la difesa di parte ricorrente non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale sottoporre a un nuovo vaglio tutte le risultanze di causa - a sollecitare una nuova lettura delle prove raccolte in causa è palese la inammissibilità dei motivi di ricorso in esame. 2.5.3. In effetti, le doglianze, sollecitando un riesame degli elementi probatori acquisiti, si risolvono nell'inammissibile censura della valutazione al riguardo compiuta dal giudice di merito ovvero nella denuncia di travisamento delle risultanze processuali che, configurando un eventuale errore revocatorio, sono sottratti al sindacato di legittimità. Come noto, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che i pretesi vizi di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione Cass. 8 giugno 2009 numero 13157, in motivazione . 2.6.1. Omessa e insufficiente motivazione in ordine alla liquidazione del danno morale. Il fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe omessa e/o insufficiente consisterebbe nella quantificazione del danno morale nei termini liquidati dalla Corte di appello, meramente confermativa a quella operata dal giudice di primo grado. 2.6.2. Insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla liquidazione del danno patrimoniale. Il fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe omessa e/o insufficiente e o contraddittoria consisterebbe nella quantificazione del danno patrimoniale nei termini liquidati dalla Corte di appello, meramente confermativa a quella operata dal giudice di primo grado. 2.7. Entrambi i motivi relativi alla quantificazione del danno morale e di quello patrimoniale si rivelano privi di pregio, stante l'inidoneità dei prescritti momenti di sintesi . Invero, quanto ai motivi con cui si deducono vizi di motivazione, a completamento della relativa esposizione, essi devono indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione a del fatto controverso b degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione c degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria Cass. 17/7/2008 numero 19769, in motivazione . Orbene, nel caso, con riferimento al sesto ed al settimo motivo del ricorso principale la parte non ha formulato idonei momenti di sintesi. Difetta, in particolare, la chiara indicazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, indicati dall'articolo 366 bis c.p.c., che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile v. Cass. 18/7/2007 numero 16002 . L'individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all'attività esegetica del motivo da parte di questa Corte. Si deve, infatti, ribadire che è inammissibile, alla stregua della seconda parte dell'articolo 366 bis cod. proc. civ., il motivo di ricorso per cassazione con cui, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., la parte si limiti a censurare l'apoditticità e carenza di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento alla valutazione d'inadeguatezza delle prove da parte del giudice del merito, in quanto la norma processuale impone la precisazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza e all'incidenza rispetto alla decisione Cass. numero 4589/09 . 2.8. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 268 c.p.c., in relazione agli articolo 183 e 166 c.p.c. e chiede alla Corte se se il giudice di appello che ha ritenuto ammissibile un intervento autonomo depositato in occasione dell'udienza di comparizione ex articolo 183 c.p.c. abbia violato l'articolo 268, secondo comma, c.p.c. . 2.9. Omessa e/o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo applicazione degli articolo 166 e 183 c.p.c. e delle conseguenti preclusioni istruttorie nell'ipotesi di intervento autonomo di ci all'articolo 268 secondo comma c.p.c. ex articolo 360 numero 5 c.p.c 2.10. Anche queste due ultime censure - da trattarsi congiuntamente essendo rivolte avverso la medesima statuizione della sentenza impegnata - sono infondate. Questa Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare che la preclusione sancita dall'articolo 268 c.p.c., nel testo introdotto dalla L. 26 novembre 1990 numero 353, non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento fino all'udienza di precisazione delle conclusioni , perché la proposizione della domanda nuova rappresenta la ragione stessa dell’intervento e che, tuttavia, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, sussiste l'obbligo di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie Cass. 16 ottobre 2008 numero 25264 8 ottobre 2007 numero 20987 8 agosto 2007 numero 17418 31 gennaio 2007 numero 2093 14 febbraio 2006 numero 3186 14 maggio 1999 numero 4771 28 luglio 2005 numero 15787 5 maggio 2006 numero 10371 . Si tratta di una scelta del legislatore della Novella di cui alla l. 26 novembre 1990 numero 353, coerente con un indirizzo, che ha trovato espressione anche nella progressiva riduzione dei casi di sospensione del processo, che tende a privilegiare la semplicità e la celerità del giudizio rispetto ad altre esigenze astrattamente meritevoli di tutela, quali l'economia dei giudizi e la prevenzione di possibili giudizi contrastanti. Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha ritenuto ammissibile la domanda autonoma della E., trasportata sul veicolo investitore, considerando inesistente nuova attività istruttoria in ordine alla causa dei danni, essendo la medesima basata solo sulle altrui allegazioni inerenti il sinistro e rimettendo la causa in istruttoria esclusivamente in ordine al quantum, ma previa adozione di sentenza in ordine alle posizioni di tutte le parti originarie. 3. S'impone, di conseguenza, il rigetto del ricorso principale, al quale consegue l'assorbimento di ogni decisione relativa al ricorso incidentale esplicitamente condizionato presentato per la notifica l'8 novembre 2009 , per violazione e falsa applicazione degli articolo 342 e 246 c.p.c. con cui chiedevano alla Corte se nel caso sia stata proposta domanda risarcitoria nei confronti di più soggetti ed il giudice abbia ritenuto solo uno di questi esclusivo responsabile dell'evento dannoso e contro questo pronunci condanna all'integrale risarcimento il danneggiato, per ottenere in appello anche la condanna di colui che il primo giudice aveva ritenuto esente da responsabilità, deve proporre appello incidentale e se, in tale caso, attesa l'impugnazione principale, l'onere della specificazione dei motivi considerarsi attenuato o può invece limitarsi ai sensi dell'articolo 346 c.p.c. a riproporre in appello domanda anche nei confronti di questi . 6. Pertanto, il ricorso principale va rigettato, assorbito l'incidentale. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. Riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore di ciascuna delle quattro parti costituite in Euro 7.400 di cui Euro 7.200 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.