Il cittadino italiano appartenente alla minoranza linguistica slovena può richiedere la multa stradale tradotta nella sua lingua previa specifica domanda successiva alla notifica ordinaria del verbale. Ma i termini per rispettare questo ulteriore adempimento da parte della pubblica amministrazione non sono quelli ristretti previsti dal codice stradale perché la PA non può individuare preventivamente il soggetto che può ed intende esercitare questa facoltà.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sez. Sesta Civile, con la sentenza numero 2417 del 9 febbraio 2015. Il caso. Un automobilista appartenente alla minoranza linguistica slovena ha ricevuto la notifica postale di un verbale per eccesso di velocità. Alla multa l’interessato ha reagito richiedendo formalmente la traduzione degli atti. A seguito del ricevimento tardivo rispetto ai termini di rito previsti per la notifica dei verbali da parte della polizia stradale della traduzione non integrale delle misure sanzionatorie l’automobilista ha esperito tutti i livelli di difesa ammessi dal codice stradale arrivando fino in Cassazione ma senza successo. Diritto alla traduzione. I cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena hanno diritto alla traduzione, su richiesta, degli atti intercorsi con la pubblica amministrazione. Quindi anche le multe e ogni relativo atto devono essere tradotti in lingua slovena, su richiesta dell’interessato. Ma senza il rispetto del termine previsto dall’articolo 201 del codice stradale. La richiesta di traduzione della multa è un atto necessitato che il destinatario della notifica ha l’onere di porre in essere «se ed in quanto intenda avvalersi della tutela che gli spetta quale appartenente ad una minoranza linguistica, ove si consideri che la PA non può individuarlo previamente». In buona sostanza, siccome l’avente diritto non è identificabile preventivamente, spetta all’interessato farsi vivo anche perché non è detto che il soggetto, pur avendone diritto, abbia interesse ad una traduzione letterale della multa. Il verbale stradale dunque deve essere sempre notificato in lingua italiana e la conseguente nuova notifica tradotta in sloveno ha un carattere meramente rinnovatorio «nel senso che non pone nel nulla la notificazione precedentemente eseguita, che ha già prodotto in maniera irretrattabile il proprio effetto tipico ai fini del procedimento sanzionatorio». Se richiesta in presenza dei requisiti di legge, conclude il Collegio, la richiesta di traduzione determina comunque l’interruzione del termine entro cui l’interessato può proporre scritti difensivi e ricorsi.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 ottobre 2014 – 9 febbraio 2015, numero 2417 Presidente Oddo – Relatore Manna Svolgimento del processo P.B. proponeva innanzi al giudice di pace di Trieste opposizione al verbale d'accertamento elevatogli dalla Polizia stradale di Trieste il 7.1.2005 e notificatogli il 21.2.2005, per la violazione dell'articolo 142, comma 9 c.d.s. Premesso di aver chiesto con lettera raccomandata del 30.3.2005 la traduzione in lingua slovena del verbale e della documentazione allegata, deduceva a sostegno dell'opposizione che nei successivi 150 gg. previsti dall'articolo 201, comma 1 c.d.s. tale adempimento non era stato eseguito integralmente, essendo mancata, nella documentazione ricevuta dalla Polstrada a mezzo lettera raccomandata ricevuta il 16.6.2005, la traduzione della relata di notifica, del modulo di versamento della somma e dell'indirizzo sulla busta. Nel resistere in giudizio la Prefettura sosteneva che la richiesta di traduzione degli atti aveva carattere interruttivo del termine di cui all'articolo 201, comma 9 c.d.s Il giudice di pace accoglieva l'opposizione con sentenza del 15.12.2006. Tale decisione era ribaltata dal Tribunale di Trieste, adito in funzione di giudice d'appello, che con sentenza del 16.1.2009 rigettava l'opposizione. Osservava il Tribunale giuliano che dalle norme l'articolo 6 Cost., lo Statuto speciale allegato al memorandum di Londra del 5.10.1954, l'articolo 3 dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, il trattato di Osimo del 10.11.1975, ratificato con legge numero 73/77 e la legge numero 15/96 e dalle pronunce della Corte costituzionale in materia si ricavava l'esistenza in favore della minoranza linguistica slovena una tutela c.d. minimale, consistente nel diritto di usare la propria lingua con le amministrazioni pubbliche, con la connessa possibilità di ottenere traduzione scritta di singoli atti. Ciò, però, secondo la giurisprudenza di legittimità, non derogava all'articolo 122 c.p.c. sull'uso della lingua italiana nel processo, con la conseguenza che non poteva configurarsi alcuna nullità se non qualora l'omessa traduzione di un atto avesse inciso sul diritto di difesa. Nello specifico tale diritto non era stato leso, dal momento che l'amministrazione aveva provveduto a notificare nuovamente in data 16.6.2005 il verbale d'accertamento dell'infrazione, cui P.B. si era opposto sia innanzi al Prefetto, sia davanti al giudice di pace utilizzando in entrambi i casi il proprio idioma. Osservava, quindi, che ad ogni modo la mancata attuazione della legge numero 38/2001 e l'omessa individuazione delle zone in cui questa doveva trovare applicazione non consentiva alle amministrazioni pubbliche di individuare a priori i nominativi degli appartenenti alla minoranza linguistica, sicché era infondata la tesi di parte opponente secondo cui il provvedimento sanzionatorio avrebbe dovuto essere tradotto sin dall'inizio in lingua slovena. Allo stesso modo era infondato l'assunto dell'appellato secondo cui il procedimento sanzionatorio sarebbe stato invalido per omesso invio nei termini della traduzione di tutta la documentazione, in quanto risultava agli atti essere stata trasmessa al P. la traduzione del verbale. Per la cassazione di tale sentenza P.B. propone ricorso, affidato a due motivi. Resiste con controricorso l'Avvocatura generale dello Stato, per conto della Prefettura di Trieste. Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo di ricorso, corredato da quesito di diritto ex articolo 36 -bis c.p.c. applicabile ratione temporis alla fattispecie, è dedotta, in relazione al numero 4 dell'articolo 360 c.p.c. l'omessa pronuncia sull'eccezione di nullità della notificazione dell'atto d'appello e d'inammissibilità di quest'ultimo per mancata notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione nel termine concesso. 1.1. - Il motivo è infondato. Il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non già nell'ipotesi di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito. Pertanto la sentenza che si assuma avere erroneamente rigettato l'eccezione di inammissibilità dell'appello non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell'articolo 112 c.p.c. Cass. nnumero 1701/09 e 22083/13 . 2. - Il secondo motivo, anch'esso munito di quesito di diritto, espone la violazione delle norme di tutela delle minoranze linguistiche, in relazione al numero 3 dell'articolo 360 c.p.c Sostiene parte ricorrente che solo con l'invio della completa documentazione tradotta in lingua slovena si può considerare compiuta la notifica della contestazione del verbale, precedentemente effettuata soltanto in lingua italiana. Pertanto, in base all'articolo 8 della legge numero 38/2001 vanno tradotti tutti gli atti in precedenza notificati e non solo alcuni a scelta discrezionale della P.A., trattandosi di un diritto avente valenza costituzionale e che, in presenza di richiesta di traduzione di un atto precedentemente notificato, i termini di notificazione in particolare quello di 150 gg. ex articolo 201, comma 1 c.d.s. nel testo vigente all'epoca dei fatti restano invariati. Deduce, inoltre, che è in gioco il rispetto non o non solo di esigenze difensive, ma di un diritto umano fondamentale di valenza costituzionale e internazionale. 2.1. - La censura è infondata. Nella presente controversia non è minimamente in questione il diritto dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena alla c.d. tutela minima , in base alla quale gli atti a loro personali in un processo o nei rapporti con la P.A. devono essere tradotti, su richiesta, in lingua slovena, idioma che a loro volta essi possono usare nei medesimi contesti. Detta tutela deriva dall'articolo 6 Cost., dalla X disp. trans, della Costituzione, dall'articolo 3 dello Statuto Speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, dagli articolo 5 ed 8 del Trattato di Osimo del 10.11.75, reso esecutivo con legge numero 73/77 Trattato all'entrata in vigore del quale ha cessato di avere effetto il Memorandum di Londra del 5.10.1954 , dalla legge numero 482/99, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, dalla legge numero 38/01, riguardante specificamente la minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia, e dalla sentenza della Corte cost. numero 62/92, emessa proprio con riferimento agli articolo 22 e 23 legge numero 689/81 ma vedi bene anche le interpretative di rigetto nnumero 28/82 e 15/96 . Al riguardo si è pronunciata più volte questa Corte Suprema, che in particolare con le sentenze nnumero 3284/01 e 4468/01 ha stabilito che l'articolo 9 della legge numero 482 del 1999, nel sancire il diritto all'uso orale e scritto della lingua ammessa a tutela negli uffici delle amministrazioni pubbliche dei Comuni di cui all'articolo 3 della stessa legge, ha prodotto l'estensione, con effetti dalla sua entrata in vigore, a tutti i rapporti con la P.A. della tutela minima che, al cittadino appartenente alla minoranza linguistica, doveva essere già da prima riconosciuta nel processo d'opposizione a sanzione amministrativa e relativamente agli atti di irrogazione e contestazione che tale procedimento abbiano ad originare. Con la conseguenza che è senz'altro riconosciuto il diritto del cittadino italiano appartenente alla minoranza linguistica slovena a ricevere, tradotto in detta lingua, il verbale di contestazione di violazione del codice della strada e ogni altro atto relativo. 2.1.1. - Punctum dolens è unicamente se entro il termine di cui all'articolo 201, comma 1 c.d.s. la contestazione debba essere non solo effettuata ma anche offerta al soggetto destinatario nella traduzione in lingua slovena. E la risposta non può che essere negativa. 2.2. - Ai sensi dell'articolo 8, comma 1 della legge numero 38/01, fermo restando il carattere ufficiale della lingua italiana, alla minoranza slovena presente nelle province di Trieste, Gorizia e Udine è riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, nonché il diritto di ricevere risposta in lingua slovena nelle comunicazioni verbali, di norma direttamente o tramite interprete, e nella corrispondenza, mediante traduzione allegata al testo redatto in lingua italiana. In base all'articolo 4, comma 1 le misure di tutela della minoranza slovena si applicano alle condizioni e con le modalità indicate nella legge stessa, nel territorio in cui la minoranza è tradizionalmente presente, individuato sulla base dei comuni e delle frazioni di essi indicati nella tabella approvata con D.P.R. 12.9.2007. Il diritto all'uso della lingua slovena diritto preesistente alle leggi numero 38/01 e numero 482/99, che si limitano a disciplinarne la concreta attuazione cfr. Cass. nnumero 3284/01 e 12239/03 , si esercita direttamente ovvero attraverso un'apposita richiesta a seconda dell'attività da compiere e della relativa iniziativa. 2.2.1. - In particolare e per quanto specificamente riguarda la materia della contestazione, mediante notificazione, d'infrazioni al codice della strada, questa Corte ha avuto modo di precisare che il cittadino appartenente alla minoranza slovena, il quale riceva un atto di contestazione ha diritto - già in forza dell'articolo 6 della Costituzione e dell'articolo 3 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia - di proporre nella sua lingua ricorso al prefetto e di chiedere con tale ricorso la traduzione del relativo verbale nella stessa lingua peraltro, l'inosservanza da parte del prefetto del dovere di esaminare il ricorso, ancorché proposto in lingua slovena, e di fornire la richiesta traduzione non implica, automaticamente e necessariamente, l'invalidità dell'atto impugnato, dato che i corrispondenti adempimenti non hanno valenza a sé stante, e restano su un piano strumentale, quali mezzi rivolti ad assicurare la parità dei diritti, con piena tutela delle posizioni sostanziali e processuali dell'appartenente alla minoranza linguistica. Ne consegue che l'inottemperanza dell'autorità amministrativa a quei doveri può essere addotta, quale ragione d'invalidità denunciabile con l'opposizione giudiziale avverso il verbale di accertamento o contro il provvedimento prefettizio di reiezione del ricorso amministrativo e di intimazione del pagamento della sanzione, se ed in quanto si alleghi un pregiudizio di facoltà difensive così, Cass. numero 12239/03 . 2.2.2. - Sostenere, come afferma parte ricorrente, che il rispetto del diritto alla traduzione degli atti prescinda dalle esigenze difensive del trasgressore, e che per la sua copertura costituzionale e internazionale di cui gode esso debba essere garantito indipendentemente da tale finalità in quanto diritto umano fondamentale, equivale ad affermare che il diritto si tuteli in base al nomen e non per il contenuto e le esigenze di vita che sottende ovvero che il suo rispetto non integrale, non minuzioso e non pedante determini una sorta di offesa alla dignità del soggetto appartenente alla minoranza linguistica. Proprio perché il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con la P.A. e con l'Autorità giudiziaria non nasce dall'articolo 8 della legge numero 38/01, che si limita a disciplinarne le modalità attuative, trovando a più alto e precedente livello il suo pieno riconoscimento, non è sostenibile che esso sia vanificato nel rapporto con lo Stato senza che il rapporto stesso sia concretamente falsato nella sua attuazione secondo legge, giacché come la tutela anche la violazione di un diritto deve essere effettiva e non astratta o, peggio, immaginaria. 2.3. - La richiesta di traduzione è un atto necessitato che il destinatario della notifica ha l'onere di porre in essere se ed in quanto intenda avvalersi della tutela che gli spetta quale appartenente ad una minoranza linguistica, ove si consideri che la P.A. non può individuarlo previamente come soggetto che vi abbia diritto. Ancorché residente in uno dei comuni o delle frazioni di cui alla tabella approvata con D.P.R. 12.9.2007, questi non è identificabile ex ante neppure in base alla residenza, poiché la tabella mira unicamente a identificare l'ambito territoriale entro cui devono essere apprestati o adeguati i presidi amministrativi occorrenti per rendere effettivi ed attuali i diritti previsti dall'articolo 8 della legge numero 38/01. Tant'è che il 4 comma di detta norma prevede che nelle zone centrali delle città di Trieste e Gorizia e nella città di Cividale del Friuli le singole amministrazioni interessate istituiscono, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorché residenti in territori non previsti dall'articolo 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e3 dell'articolo 8. Né è detto che il trasgressore destinatario della contestazione, sebbene risieda in uno dei territori in cui è tradizionalmente presente una comunità di lingua slovena ed abbia un nome e/o un cognome tipico di tale gruppo linguistico, sia effettivamente madrelingua sloveno o comunque interessato ad esercitare i diritti in oggetto. 2.3.1. - Ciò esclude che la traduzione sia requisito di validità della notifica della contestazione, che dunque è efficacemente effettuata in lingua italiana entro il termine dell'articolo 201 c.d.s. e tale efficacia non viene meno ove il destinatario appartenente alla minoranza linguistica slovena richieda la traduzione del verbale d'accertamento e di ogni altro atto allegato. La conseguente nuova notifica del verbale d'accertamento dell'infrazione e dei relativi allegati in lingua slovena ha carattere meramente rinnovatorio, nel senso che non pone nel nulla la notificazione precedentemente eseguita, che ha già prodotto in maniera irretrattabile il proprio effetto tipico ai fini del procedimento sanzionatorio. Diversamente opinando, se nel termine dell'articolo 201 c.d.s. dovesse esigersi - come pure sembrerebbe sostenere parte ricorrente - anche l'invio della traduzione scritta a seguito della richiesta dell'interessato, il trasgressore potrebbe incidere potestativamente sul rispetto del termine entro cui deve essere effettuata la notifica della contestazione. Procrastinando opportunamente la richiesta di traduzione degli atti, egli avrebbe la possibilità di ridurre a suo piacimento lo spazio temporale a disposizione dell'organo accertatore, il quale per le ragioni anzi dette non è in grado, sulla base della sola identificazione del destinatario della notifica, di stabilire se questi possieda lo status di appartenente alla minoranza linguistica slovena e se intenda avvalersi della relativa tutela. Ove richiesta nella sussistenza dei requisiti di legge, la traduzione del verbale d'accertamento e di ogni altro atto allegato determina, invece, l'interruzione del termine entro cui il trasgressore può esercitare le facoltà che la legge gli riconosce. Infatti, solo avendo la piena contezza della contestazione, dei suoi presupposti e delle sue conseguenze, il soggetto appartenente alla minoranza linguistica è in grado di valutare se effettuare il pagamento della sanzione in misura ridotta ovvero proporre ricorso al prefetto o, in alternativa, al giudice di pace, rispettivamente ai sensi degli articolo 203 e 204-bis c.d.s 2.4. - Nella specie, in disparte il fatto che alla data della notifica della contestazione 21.2.2005 non erano stati neppure determinati i territori a tradizionale presenza di minoranza linguistica slovena, va osservato che l'odierno ricorrente in esito alla ricezione degli atti tradotti ha proposto tempestivamente l'opposizione al giudice di pace. E a nulla rileva che sia mancata la traduzione anche della relata di notifica, del modulo di pagamento della somma dovuta e dell'indirizzo sulla busta, nessun concreto, specifico e intelligibile pregiudizio difensivo essendone derivato all'odierno ricorrente, che non a caso si è guardato dal chiarire quale danno ne avrebbe ricevuto. 3. - Il ricorso va, pertanto, respinto. 4. - Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 500, oltre spese prenotate e prenotande a debito.