Come ormai ben noto a tutti, la legge numero 186/14 ha introdotto nell’ordinamento italiano un importante, nonché assai discusso, reato quello di autoriciclaggio.
Tale delitto è previsto dall’articolo 648- ter.1 c.p. e viene punito con la reclusione da 2 a 8 anni e la multa da € 5mila a € 25mila, salvo prevedere, al secondo comma, una pena dimezzata reclusione da 1 a 4 anni e multa da € 2.500 a € 12.500 qualora il delitto presupposto dell’autoriciclaggio sia punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni Cfr., sugli elementi costitutivi del nuovo reato e sulle problematiche ad esso connesse, G. Gambogi, Riciclaggio e autoriciclaggio , Milano, 2015, pag. 56 e segg., nonché F. Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio , in ‘Diritto Penale Contemporaneo’ . Le condotte penalmente rilevanti. Senza entrare nel merito della contrapposizione tra coloro che ritengono l’autoriciclaggio reato proprio e coloro che invece lo ritengono reato comune tesi quest’ultima che pare preferibile , è interessante notare come l’articolo 648- ter , comma 1, c.p., a differenza di quanto avviene, ad esempio, per il riciclaggio, elenchi specificamente le condotte oggetto di incriminazione. Quest’ultime sono riferibili a tre comportamenti impiego, sostituzione o trasferimento in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative di denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto presupposto. L’oggetto del reimpiego deve infatti riguardare proventi conseguenti alla commissione del delitto presupposto e deve essere tale da ostacolarne concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa. Da quanto sopra emerge, come anticipato poco sopra, una differenza, piuttosto significativa, tra la struttura del reato di cui trattasi e quello di riciclaggio. Il legislatore, infatti, per il nuovo delitto, ha introdotto un’elencazione, tassativa, delle condotte punibili. Mentre nel riciclaggio, non solo non è prevista la condotta di impiego ma soltanto quelle di sostituzione o trasferimento , ma è presente anche una clausola generale data dalla formula “ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni” clausola che si riferisce ovviamente al denaro, ai beni e alle altre utilità . Ciò consente quindi, ai fini del reato di riciclaggio, di ricomprendere tra i comportamenti vietati, qualsivoglia condotta di ripulitura mentre ciò non è possibile nel nuovo delitto di autoriciclaggio. Con il termine impiego può ritenersi che il legislatore abbia voluto colpire l’utilizzazione del denaro, dei beni o delle altre utilità economiche, provenienti dal reato presupposto, per un determinato e specifico fine. Mentre per quanto attiene alla condotta di sostituzione si deve ritenere che essa ricomprenda tutte quelle operazioni volte a rimpiazzare il denaro, i beni o le altre utilità con altri e diversi beni. Infine, per quanto attiene al trasferimento , può ragionevolmente ritenersi che il legislatore abbia inteso lo spostamento dei proventi del reato nel patrimonio altrui. Le condotte non punibili. In merito alla condotta è da segnalare che l’articolo 648- ter. 1, comma 4, c.p., ha previsto alcuni comportamenti di autoriciclaggio non penalmente punibili. Non sono infatti soggetti ad incriminazione quelle condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità siano destinati alla mera utilizzazione o godimento personale. In attesa di analizzare la giurisprudenza che in futuro si formerà su tale previsione è, al momento, possibile ritenere che si sia comunque in presenza di una disposizione che ridimensiona, in modo significativo, l’area di rilevanza penale dell’attività di autoriciclaggio Cfr., per quanto attiene all’individuazione della condotta di utilizzazione personale o di quella di godimento personale, G. Gambogi, op. cit., pagg. 61-62, nonché F. Mucciarelli, op. cit., pag. 13 . In altre parole tutto ciò che attiene al reimpiego finalizzato ad un utilizzo o ad un godimento personale dei proventi è al di fuori della fattispecie punitiva di autoriciclaggio. Il concetto di attività economica, finanziaria, imprenditoriale o speculativa differenza rispetto a quello di operazione. Dal raffronto del reato di autoriciclaggio con quello di riciclaggio articolo 648- bis ed anche con quello di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita articolo 648- ter , emerge un ulteriore dato significativo e divergente. La condotta del riciclaggio si riferisce più propriamente ad operazioni, mentre quella dell’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, così come quella di autoriciclaggio, si riferiscono, invece, al concetto di attività peraltro nell’articolo 648- ter, si fa riferimento soltanto alle attività economiche e finanziarie . La differenza di cui sopra merita un’attenta valutazione. Non può esservi dubbio infatti che il concetto di attività sia, prima di tutto su un piano logico, più ampio di quello riferibile alla singola operazione. Può infatti ragionevolmente ritenersi che per attività il legislatore abbia inteso tutto il complesso delle operazioni poste in essere dal soggetto volte al raggiungimento di uno scopo specifico ovviamente, nel caso dei reati di cui trattasi, illecito . D’altro canto è indiscutibile che l’operazione sia invece da considerarsi un’azione o, tutt’al più, un insieme di atti tesi al raggiungimento di un fine ovviamente, illecito, nel caso del riciclaggio . Laddove si dovesse pervenire a simili conclusioni, che a dire il vero parrebbero condivisibili, dovremmo conseguentemente ammettere che ai fini della sussistenza del delitto di autoriciclaggio è richiesta una condotta che certamente non può concretizzarsi solo nell’aver posto in essere un’unica operazione o più atti. La condotta tipica deve avere caratteristiche diverse. Il concetto di attività è infatti più ampio e del resto un’indiretta conferma di questa prospettazione viene dall’indicazione specifica delle attività stesse economiche o finanziarie cioè le stesse dell’articolo 648- ter ed inoltre anche imprenditoriali o speculative. Il riferimento – specifico e proprio dell’autoriciclaggio - all’aggettivo ‘imprenditoriale’ è un indice significativo del fatto che il legislatore si riferisca proprio alle attività di un imprenditore o di un’impresa e quindi alla persona che esercita un’attività economica e organizzata, così come insegna il codice civile, oppure al fenomeno economico teso alla produzione o allo scambio di beni e servizi. Insomma il legislatore, per quanto attiene all’autoriciclaggio, non si accontenta di una condotta finalizzata ad una singola operazione ma chiede qualcosa di più. Il profilo dell’ostacolo all’accertamento. Una delle caratteristiche più significative del nuovo delitto di autoriciclaggio è quella riferita alla modalità del comportamento posto in essere dal soggetto attivo. L’impiego, la sostituzione o il trasferimento dei proventi nelle attività sopra specificate, deve essere infatti effettuato in maniera tale da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Il requisito di cui trattasi rappresenta senz’altro un momento di contatto, sebbene con tratti di diversità, con uno dei più importanti reati fiscali e, segnatamente, la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici prevista e punita dall’articolo 3, d.lgs. numero 74/00. Prova ne sia che quest’ultima norma, richiede, come noto, che il soggetto attivo, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indichi, in una delle dichiarazioni annuali obbligatorie relative a dette imposte, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi , sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie e con il ricorso a mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento Cfr., sulla struttura e sulle caratteristiche dell’articolo 3, A. Mangione, in ‘Diritto Penale Tributario’, a cura di E. Musco, Milano, 2002, pag. 73 e segg., nonché G. Bellagamba-G. Cariti, I reati tributari , Milano, 2004, pag. 40 e segg., nonché S. Gennai-A. Traversi, I delitti tributari , Milano, 2011, pag. 69 e segg. . Si è sempre correttamente ritenuto, quindi, che per la sussistenza del reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici non fosse sufficiente qualsiasi mezzo idoneo ad ostacolare l’accertamento della falsità contabile, ma fosse invece necessaria la sussistenza di un quid pluris ovvero il ricorso ad un mezzo fraudolento. Rispetto alla falsa rappresentazione offerta nelle scritture contabili obbligatorie è necessaria quindi una condotta connotata da una particolare insidiosità derivante proprio dall’impiego di artifici idonei Cfr., su questo aspetto, Cass. Penumero , Sez. V, numero 36859/2013 . I mezzi fraudolenti di cui trattasi possono identificarsi, in via meramente esemplificativa, con l’interposizione fittizia di persone, fisiche e giuridiche, la simulazione dei negozi giuridici, l’intestazione fittizia di conti correnti, la tenuta di una contabilità nera, l’utilizzo di buste paga sovramanifestanti e qualsiasi altro espediente volto a nascondere in tutto o in parte redditi imponibili. Alla luce di quanto sopra è logico ritenere che, per quanto attiene al nuovo delitto di autoriciclaggio, il legislatore abbia fatto una scelta diversa non è infatti richiesto che il soggetto si avvalga di un mezzo fraudolento. Ne consegue che, a differenza della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, nell’autoriciclaggio è sufficiente porre in essere, da parte del soggetto attivo, un qualunque mezzo diretto alle condotte tipiche e cioè all’impiego, alla sostituzione o al trasferimento di denaro, beni o altre utilità, purché idoneo ad ostacolare, in concreto, l’accertamento sulla loro provenienza. Il raffronto tra questi due reati, sebbene limitato all’aspetto sulle modalità di ostacolo all’accertamento, consente di introdurre le altre considerazioni sul problematico rapporto tra l’autoriciclaggio e i reati fiscali in genere, soprattutto con quelli in tema di dichiarazione articolo 2, 3, 4 e 5, d.lgs. numero 74/00 . La configurabilità del reato fiscale quale illecito presupposto dell’autoriciclaggio una inconciliabilità di non facile superamento. Se è vero infatti che è ormai pacifico e indiscutibile che i reati fiscali siano suscettibili di essere considerati presupposto del reato di riciclaggio, rimane da verificare se ciò sia possibile anche per quanto attiene al reato previsto e punito dall’articolo 648- ter. 1 c.p. Cfr., sul rapporto tra reati fiscali e riciclaggio, R. Cordeiro Guerra, Reati fiscali e riciclaggio, in ‘Rivista di diritto tributario’, fascomma 12, 2013, pag. 1163, nonché F. D’Arcangelo, Frode fiscale e riciclaggio , in ‘Rivista dottori commercialisti’, fascomma 2, 2011, pag. 331 . Non v’è dubbio infatti che il rapporto tra reati fiscali e autoriciclaggio è senz’altro più complesso. Un primo profilo di preoccupazione riguarda il rischio, evidenziato da attento autore, che allorquando il delitto fonte dell’autoriciclaggio sia un reato fiscale, forte è il rischio di sanzionare in modo automatico due volte il medesimo comportamento Cfr., A. Iorio, Il nuovo delitto di autoriciclaggio e i reati tributari , in ‘Quotidiano giuridico’, 7/10/14 . Una simile eventualità potrebbe infatti verificarsi laddove il vantaggio economico derivante dall’illecito fiscale venga trasferito o impiegato in attività economiche o finanziarie, circostanza non così improbabile tenuto conto che è assai difficile che il reo di un delitto fiscale trattenga le somme sottratte all’imposizione erariale sul proprio conto corrente. Il profilo è quindi meritevole di attenta considerazione poiché laddove una simile intuizione fosse condivisa dalla giurisprudenza che si occuperà in futuro di questo rapporto, si finirebbe per escludere un nesso tra l’autoriciclaggio e i reati fiscali. D’altro canto è altrettanto innegabile che, come evidenziato da altro autore, i reati tributari, nella maggior parte dei casi, non comportano un vero e proprio ingresso di denaro nuovo nella disponibilità del soggetto e quindi, concretizzandosi in un risparmio d’imposta, difficilmente potrebbero diventare presupposto dell’autoriciclaggio Cfr., sul punto, I. Caraccioli, L’incerta definizione del reato di riciclaggio , in ‘Il fisco’, numero 4/15, pag. 356 . Entrambi i rilievi sono significativi anche se, stando alla giurisprudenza che si è formata in tema di rapporto tra delitti fiscali e riciclaggio, può ritenersi che il nesso non è escluso, e quindi il reato fiscale può essere senz’altro presupposto del riciclaggio, dal fatto che si realizzi un vantaggio consistente nel risparmio d’imposta e quindi nel versare al fisco meno di quanto dovuto. Vi è semmai un ulteriore profilo di problematicità quello connesso al momento consumativo dei reati fiscali in tema di dichiarazione Cfr., sul punto, G. Gambogi, op. cit. , pag. 69 . Sappiamo bene infatti che i reati in materia di dichiarazione articolo 2, 3, 4 e 5 del D.Lgs. numero 74/00 sono di tipo istantaneo e coincidono con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi articolo 2, 3 e 4 oppure con lo spirare del termine di tolleranza di 90 giorni successivi alla scadenza di presentazione articolo 5 . E’ di tutta evidenza, quindi, che i suddetti reati verranno ad esistere solo e soltanto nel momento indicato e quindi nell’anno successivo al conseguimento del profitto illecito. Circostanza quest’ultima che non pare priva di importanza tenuto conto che laddove la sostituzione, l’impiego o il trasferimento del provento avvenga, com’è pensabile, in un periodo antecedente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, difficilmente si potrà configurare un’ipotesi di autoriciclaggio proprio perché in quella fase il delitto presupposto non sarebbe venuto a compimento. Riflessioni conclusive. Le perplessità riguardo a questo delicato rapporto non si esauriscono certamente nei rilievi sopra indicati. Prova ne sia che altra e diversa problematica può essere evidenziata in merito al rapporto tra l’autoriciclaggio e l’infedele dichiarazione dei redditi articolo 4 del D.Lgs. numero 74/00 . Spesso, infatti, il maggior reddito imponibile, non dichiarato, che caratterizza l’infedele dichiarazione, viene ad essere accertato sulla base di particolari strumenti presuntivi. Quel che è certo però è che nell’infedeltà dichiarativa dell’articolo 4, il contribuente non ha realizzato – in nessun caso - comportamenti di natura fraudolenta, prova ne sia che il tratto distintivo principale tra il reato in questione e quello richiamato in precedenza della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici articolo 3 , sta proprio nel fatto che l’infedeltà dichiarativa è scevra da quel particolare mendacio caratteristico dell’artificio fraudolento Cfr., sul punto, A. Traversi-S.Gennai, Codice della legislazione penale tributaria , Milano, 2000, pag. 26 . L’assenza del requisito in questione rende quindi credibile la circostanza che difficilmente si potrà configurare, in caso di infedeltà dichiarativa, l’autoriciclaggio poiché, a prescindere da ogni e qualsivoglia altra circostanza, è logico e ragionevole ritenere che il risparmio d’imposta, proprio per l’assenza di comportamenti fraudolenti, sarà finalizzato ad un utilizzo e ad un godimento personale e comunque sarà reimpiegato senza nessun ostacolo all’accertamento della provenienza. Si deve quindi ritenere, in ossequio ad un criterio di prudenza sempre preferibile allorquando si interpretano nuove e complesse norme penali, quale certamente è quella di autoriciclaggio, che i profili problematici sopra evidenziati consentiranno valutazioni più appropriate solo alla luce della giurisprudenza che si formerà sulle questioni di cui trattasi. Non sarà comunque facile risolvere i problemi evidenziati e non è quindi da escludere che le aspettative di coloro che tanto credevano nella necessità di introdurre il reato di autoriciclaggio, rimarranno, almeno per quanto attiene ai rapporti con i reati fiscali, deluse.