A seguito dell’entrata in vigore del d.l. numero 19/2020, il mancato rispetto delle misure di contenimento adottate per fronteggiare lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del COVID-19 è stato depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo. La condanna nel frattempo pronunciata, deve dunque essere annullata.
Così la Corte di Cassazione con la sentenza numero 7988/21 depositata il 1° marzo. Il Tribunale di Bergamo applicava a due imputati la pena patteggiata ex articolo 444 c.p.p. per inosservanza della norma di cui all’articolo 4, comma 2, d.p.c.m. 8 marzo 2020, recante ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, numero 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. La pronuncia è stata impugnata con ricorso in Cassazione dalla difesa che lamenta erronea applicazione della norma in quanto il fatto non è previsto come reato. A seguito dell’entrata in vigore del d.l. numero 19/2020 la condotta contestata è infatti divenuta illecito amministrativo, anche se commessa anteriormente. La censura risulta fondata. Il Collegio coglie l’occasione per ricordare che «la disposizione del D.L. 23 febbraio 2020, numero 6, articolo 3, comma 4, - che qualificava reato punibile ai sensi dell’articolo 650 c.p., il mancato rispetto delle misure di contenimento emanate per fronteggiare lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del Covid-19 - è stata sostituita dal D.L. 25 marzo 2020, numero 19, articolo 4, comma 1, in vigore dal giorno successivo e convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, numero 35, che ha depenalizzato, trasformandola in illecito amministrativo, la condotta di mancato rispetto delle citate misure di contenimento». Per questi motivi, la Corte dispone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e rinvia gli atti al Tribunale per l’ulteriore corso del procedimento.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 febbraio – 1 marzo 2021, numero 7988 Presidente Piccialli – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., in data 25 marzo 2020, il Tribunale di Bergamo applicava a F.F. e C.M. la pena concordata tra le parti in relazione ai reati di cui agli articolo 81 cpv. e 110 c.p., articolo 61 c.p., numero 5, articolo 624 bis, 650 e 497 c.p., e L. numero 110 del 1975, articolo 4. 2. Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati. Il difensore di F.F. lamenta con un unico motivo, erronea applicazione della legge penale, per mancata assoluzione dalla contravvenzione di cui all’articolo 650 c.p., richiamata dal D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 4, comma 2, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Osserva che il Tribunale di Bergamo è pervenuto alla declaratoria di responsabilità dell’imputato anche con riferimento al reato di cui all’articolo 650 c.p., in applicazione di quanto disposto dal D.P.C.M. richiamato secondo cui Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 c.p., come previsto dal D.L. 23 febbraio 2020, numero 6, articolo 3, comma 4 , senza considerare che a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 25 marzo 2020, numero 19, in applicazione del combinato disposto dai commi 1 e 8 dell’articolo 4, la condotta attribuita al ricorrente è divenuta illecito amministrativo, anche con riguardo alle condotte antecedenti l’entrata in vigore del decreto medesimo, ossia il 26 marzo 2020. La difesa di C.M. deduce invece erronea interpretazione ed applicazione dell’articolo 61 c.p., numero 5, mancata esclusione dell’aggravante della minorata difesa ed erronea qualificazione giuridica del fatto ex articolo 448 c.p.p., comma 2 bis. 3. Il Procuratore Generale in sede, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso del F. è fondato. 2. La disposizione del D.L. 23 febbraio 2020, numero 6, articolo 3, comma 4, - che qualificava reato punibile ai sensi dell’articolo 650 c.p., il mancato rispetto delle misure di contenimento emanate per fronteggiare lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del Covid-19 - è stata sostituita dal D.L. 25 marzo 2020, numero 19, articolo 4, comma 1, in vigore dal giorno successivo e convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, numero 35, che ha depenalizzato, trasformandola in illecito amministrativo, la condotta di mancato rispetto delle citate misure di contenimento. Poiché nella sentenza impugnata non è dato comprendere la porzione di pena applicata dal Tribunale per tale condotta e comunque non vi è possibilità di modificare il patto intervenuto tra le parti, la sentenza medesima deve essere annullata senza rinvio e gli atti restituiti al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso. 3. Quanto al ricorso della C. , se ne deve rilevare la originaria inammissibilità. Giova infatti ricordare che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’articolo 448 c.p.p., comma 2 bis, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza, è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato. Deve trattarsi cioè di un caso in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendosi in particolare escludere l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione Sez. 7, ord.numero 39600 del 10/09/2015, Rv.264766 e ord.numero 3108 del 08/01/2018, Rv.272252 Sez.5, numero 33145 del 08/10/2020, Rv.279842 . Tuttavia, il motivo di ricorso del F. riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della coimputata. Ciò per due considerazioni. La prima riguarda l’interpretazione data dalla Corte di legittimità all’articolo 609 c.p.p., comma 2, secondo cui L’inammissibilità del ricorso per cassazione, per qualunque causa essa sia ritenuta, non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta Sez.2, numero 48552 del 10/09/2018, Rv.274241 , così da superare, nel caso di specie, la disparità di trattamento che altrimenti si attuerebbe tra i due coimputati. La seconda attiene al principio generale di cui all’articolo 587 c.p.p., intitolato alla estensione dell’impugnazione, secondo cui, ai fini della operatività di tale istituto deve considerarsi non ricorrente anche il coimputato presente nel giudizio di cognizione che non abbia impugnato il punto della decisione annullata dalla Suprema Corte in accoglimento di motivi non esclusivamente personali proposti da altro imputato Sez.2, numero 41 59 del 12/11/2019, Rv.278226 . 4. Ne deriva l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di entrambi gli imputati e la restituzione degli atti al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso. Motivazione semplificata.