L’illegittimo spossessamento non trasferisce la proprietà alla p.a., ma la espone a responsabilità risarcitoria

L’illecito spossessamento del privato da parte della p.a. e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, nemmeno quando vi sia una dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte dell’amministrazione. Il privato ha dunque il diritto di chiederne la restituzione o, in alternativa, ha la possibilità di abdicare al suo diritto chiedendo il risarcimento del danno, al quale si somma il diritto di vedersi risarcito per la perdita delle utilità ricavabili dal terreno per il periodo dell’illegittima occupazione.

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 4477/15 depositata il 5 marzo. Il fatto. Il proprietario di un terreno sito nel Comune di Calatafimi agiva in giudizio a fronte dell’irreversibile trasformazione dell’immobile, occupato dall’amministrazione comunale su decreto prefettizio emanato nel dicembre 1970 per l’esecuzione di lavori di sistemazione di una via pubblica, senza tuttavia che fosse stato emesso il decreto di esproprio. La domanda attorea veniva rigettata sia dal Tribunale di Trapani che dalla Corte d’appello di Palermo sostenendo che non era possibile considerare quale rinuncia alla prescrizione la delibera del gennaio 1983 con cui il Consiglio Comunale aveva riapprovato i lavori, ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, in quanto atto meramente interno e non seguito da provvedimenti esterni. Avverso la pronuncia di secondo grado, il proprietario del terreno propone ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, lamentando in particolare l’erroneità della motivazione nella parte in cui afferma l’intervento della prescrizione. Considerando infatti che l’illecito in questione aveva natura di occupazione usurpativa di carattere permanente, il termine di prescrizione avrebbe dovuto decorrere dalla data in cui il proprietario aveva chiesto l’integrale risarcimento, abdicando al suo diritto di proprietà del terreno occupato. L’illegittimo spossessamento è illecito di diritto comune. Su queste basi i Supremi Giudici, dopo aver richiamato precedenti pronunce conformi, affermano il principio di diritto secondo il quale, ove il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, lo spossessamento di beni immobili di un privato da parte della p.a. costituisce un illecito di diritto comune, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità. Conseguentemente non si ha un trasferimento della proprietà in capo all’amministrazione ed il privato ha il diritto di chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto, chiedendo il risarcimento del danno. Al privato deve inoltre riconoscersi il diritto al risarcimento per il periodo dell’occupazione illegittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della sua restituzione o della richiesta di risarcimento del danno per equivalente, ove abbia rinunciato al suo diritto di proprietà. La decorrenza della prescrizione per la richiesta di risarcimento. Ne consegue che il termine quinquennale per la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, per quanto riguarda il danno da perdita di godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente. Per questi motivi la Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, che dovrà attenersi al principio di diritto formulato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 novembre 2014 – 5 marzo 2015, numero 4477 Presidente Salvago – Relatore Di Amato Ritenuto in fatto e in diritto - che, con sentenza del 27 febbraio 2008, la Corte di appello di Palermo confermava, salvo che per le spese che compensava, la sentenza in data 26 maggio 2005 con cui il Tribunale di Trapani aveva rigettato la domanda proposta da D.G. , nei confronti del Comune di Calatafimi e dei componenti della giunta municipale, ed intesa ad ottenere il risarcimento dei danni per l'irreversibile trasformazione di un terreno di sua proprietà, occupato il 19 gennaio 1972 in forza di decreto prefettizio del 22 dicembre 1970, per l'esecuzione dei lavori di sistemazione della via omissis , senza tuttavia che fosse emesso il decreto di esproprio. In particolare, la Corte territoriale osservava che 1 non si poteva attribuire valore di rinuncia alla prescrizione alla delibera in data 31 gennaio 1983 con cui il Consiglio comunale di Calatafimi aveva riapprovato i lavori, ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, ed aveva incaricato il sindaco “di perfezionare gli atti espropriativi e le occupazioni d'urgenza , provvedendo alla determinazione e all'offerta ai proprietari espropriati dell'indennità di esproprio” nella specie, infatti, la delibera era un mero atto interno, destinato soltanto al sindaco, e non era stata seguita da provvedimenti a rilevanza esterna quali l'offerta o il deposito di somme a titolo d'indennizzo - che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.G. , deducendo 1 la violazione degli articolo 4 e 81 della legge della Regione Siciliana nonché il vizio di motivazione poiché la delibera del Comune di Calatafimi non poteva considerarsi atto interno in quanto diventata esecutiva a seguito del vaglio di legittimità da parte del Comitato provinciale di controllo ed in quanto conteneva la dichiarazione di pubblica utilità dei lavori 2 il vizio di motivazione laddove la sentenza aveva affermato che la prescrizione era già compiuta alla data del 31 gennaio 1983 infatti, l'illecito in questione aveva natura di occupazione usurpativa e carattere permanente con la conseguenza che il termine di prescrizione poteva decorrere soltanto dalla data in cui il proprietario aveva chiesto l'integrale risarcimento del danno, abdicando al suo diritto di proprietà 3 la violazione della disciplina in tema di prescrizione ed il vizio di motivazione poiché erroneamente la prescrizione era stata fatta decorrere dal primo atto della procedura espropriativa, rimasta incompiuta, e non dal giorno della percezione della irreversibile trasformazione 4 la violazione della disciplina in tema di prescrizione ed il vizio di motivazione poiché la Corte di appello, nel ritenere maturata la prescrizione, non aveva precisato se il termine di prescrizione applicabile era quello quinquennale o quello decennale - che il secondo motivo, da esaminare per primo per ragioni logiche, è fondato questa Corte a sezioni unite, con decisione adottata il 21 ottobre 2014 e pubblicata il 19 gennaio 2015 col numero 735, ha infatti affermato che alla luce della costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell'Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. La sentenza impugnata deve essere, pertanto cassata in relazione all'accoglimento del motivo in esame, con rinvio alla Corte di appello di Palermo che dovrà attenersi al seguente principio di diritto “l'illecito spossessamento del privato da parte della p.a. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno. Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente” - che gli altri motivi restano assorbiti. P.Q.M. accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara gli altri assorbiti cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.