Spetta al richiedente dimostrare la propria condizione di non abbienza

Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all’articolo 2729 c.c

Costituisce presunzione semplice l’avere l’imputato riportato una serie di condanne per reati contro il patrimonio o per motivi di lucro, attestanti una condizione di abbienza incompatibile con il patrocinio gratuito. Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 10125, depositata il 15 marzo 2012. Il patrocinio a spese dello Stato L’istituto del patrocinio a spese dello Stato originariamente denominato «gratuito patrocinio» trova il proprio fondamento giuridico nell’articolo 24, comma 3, Cost., a norma del quale sono assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La ratio di tale disposizione costituzionale è ovviamente da rapportarsi con il principio di uguaglianza sostanziale, sancito dall’articolo 3, comma 2, della Carta Fondamentale, ed è appunto quella di garantire condizioni di generale uguaglianza nella tutela in giudizio dei diritti e degli interessi legittimi. La disciplina vigente è contenuta negli articolo 74 e seguenti del d.p.r. numero 115/2002 e nelle successive modifiche ed integrazioni di quest’ultimo, il quale è anche noto sotto il nome di Testo Unico delle Spese di Giustizia. Condizione primaria e necessaria per l’ammissione, ai sensi dell’articolo 76 d.p.r. citato, è la titolarità di un reddito imponibile non superiore ad € 10.628,16 importo aggiornato ai sensi del D.M. 20 gennaio 2009 . ed i limiti all’ammissione. Il Testo Unico delle Spese di Giustizia prevede peraltro anche limitazioni all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In particolare, risultano esclusi da tale istituto gli imputati per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Inoltre, a seguito dell’integrazione al d.p.r. 115/2002, avvenuta con l’entrata in vigore del d.l. numero 92/2008 convertito nella legge numero 125/2008 , all’articolo 76 d.p.r. citato è stato aggiunto il comma 4- bis . Tale disposizione introduce una presunzione di reddito superiore ai limiti previsti per l’accesso al beneficio del gratuito patrocinio, per i soggetti condannati per reati di associazione mafiosa o per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. La predetta disposizione è stata peraltro recentemente oggetto di declaratoria di incostituzionalità la sentenza della Corte costituzionale numero 139/2010 ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’articolo 76, comma 4- bis , nella parte in cui, stabilendo che, per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati indicati nella stessa norma, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non ammette la prova contraria. L’accertamento dei redditi illeciti può ricavarsi anche da presunzioni semplici. Confermando un orientamento ormai consolidato, con la sentenza in commento la Suprema Corte ribadisce che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte, vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite, ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto l’illegittimità del provvedimento con il quale il giudice di merito aveva accolto la domanda di ammissione al gratuito patrocinio, pur facendo menzione di un’imponente serie di reati e la loro cospicua valenza economica, dimostrativi della circostanza che l’interessato aveva disponibilità reddituali superiori ai limiti stabiliti dalla legge per la fruizione del beneficio.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 gennaio – 15 marzo 2012, numero 10125 Presidente Brusco – Relatore D’Isa Fatto e diritto Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Acqui Terme ricorre in cassazione avverso l'ordinanza, in data 11.05.2011, dello stesso Tribunale di rigetto della opposizione, ex articolo 84 d.P.R. 115/2002, proposta avverso il decreto di liquidazione di competenze professionali per la difesa in regime di patrocinio a spese dello Stato in favore di P.N. , difeso dall'avv. C.R. . Il ricorrente espone che il suo Ufficio aveva chiesto, in sede di opposizione ex articolo 84 DPR numero 115/2002, la revoca del decreto di liquidazione dei compensi e dello stesso decreto di ammissione ai gratuito patrocinio di cui alla premessa, trattandosi di imputato che all'evidenza trae dal crimine i proventi per mantenersi un tenore di vita che fa venir meno la condizione necessaria per il riconoscimento del patrocinio a spese dello Stato . Evidenziava che se si fosse appunto tenuto conto del certificato del casellario del P. , si sarebbe rilevato che trattasi di imputato con una mole ingente di precedenti penali, tant'è che nel procedimento in esame gli viene contestata la recidiva reiterata specifica anche infraquinquennale per tutta una serie di condanne per reati contro il patrimonio, reati dalla cui commissione trae ovviamente notevoli ricavi, che investe tra l'altro anche nell'attività di acquisto e vendita si sostanze stupefacenti. Chiedeva altresì la riduzione dei compensi liquidati, in quanto dovendosi tener conto della natura dell'impegno professionale richiesto,in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa , è evidente che nel caso di specie la somma complessiva liquidata é erronea in relazione alle voci non dovute e riconosciute ripetutamente ed eccessiva con riferimento ai valori . Il Presidente del Tribunale, nell'impugnato provvedimento, pur dando atto che l'imputato risulta avere numerosi precedenti penali anche per reati contro il patrimonio , ha ridotto parzialmente la somma liquidata per i compensi, ha compensato le spese tra le parti ed ha rigettato il primo motivo di opposizione con motivazione contraddittoria ed erronea. Si denuncia relativamente alla richiesta di revoca dell'ammissione dell'imputato patrocinio a spese dello Stato Inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 96 DPR 115/2002, nonché dell'articolo 2729 c.c Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Si deduce che ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato il giudice deve tenere conto anche dei redditi da attività illecite posseduti dall'istante, la cui esistenza può essere provata con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all'articolo 2729 c.c E costituisce senz'altro presunzione semplice ai fini della esclusione del beneficio - per chiara volontà del Legislatore - l'avere l'imputato riportato una serie di condanne - ovviamente per reati contro il patrimonio o per motivi di lucro - indicate nel casellario, che depongono per una condizione di abbienza incompatibile con il patrocinio gratuito. E se trattasi di presunzione semplice, legislativamente prevista, non è richiesta nessuna specifica ulteriore disposizione normativa che legittimi - come mostra invece di ritenere il Tribunale - l'inversione dell'onere della prova, inversione che discende appunto dalla presunzione. Si argomenta, inoltre, che palesemente erroneo è nel caso di specie sostenere, in contrasto con la certificazione penale, che non si ravvisa una sequenza così elevata di reati, locuzione francamente poco comprensibile, né sostenere altresì che dagli atti non emerge l'entità dei profitti illeciti tratti dall'attività delittuosa, il che equivale a svuotare di significato il riferimento alle risultanze del casellario di cui all'articolo 96 DPR 115/2002, inciso appositamente inserito dall'articolo 12 ter comma 1 lett. d del D.L. 23.05.2008 numero 92. Se infatti si dovesse in ogni caso richiedere la prova rigorosa e specifica dell'entità complessiva dei profitti illeciti, che non risulta mai dal casellario, ma da altri elementi di prova, il riferimento alle risultanze del casellario sarebbe stata una aggiunta assolutamente inutile. Con richiesta scritta il Procuratore Generale, nella persona del Dott. Mario Fraticelli, ha chiesto accogliersi il ricorso. Il ricorso va accolto. Si concorda con il ricorrente in ordine at principio di diritto affermato da questa Suprema Corte da epoca ben antecedente alla Legge di Conversione del 24 luglio 2008, numero 125, del D.L. 23 maggio 2008, che ha introdotto il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 76, comma 4-bis , che ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all'articolo 2729 c.c. ex ceteris , Sez. 6, 17 aprile 1998, numero 1390 Sez. 4, 4 ottobre 2005, numero 45159 . Nella fattispecie in esame non rileva la recente sentenza della Corte Costituzionale del 14-16 aprile 2010, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale del precitato D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 76, comma 4-bis, nella parte in cui, stabilendo che per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati indicati nella stessa norma il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non ammette la prova contraria . Il Giudice delle leggi, difatti, ha ritenuto che ciò che contrasta con i principi costituzionali è il carattere assoluto di tale presunzione , come introdotta da quel precitato comma, e che la norma censurata sia costituzionalmente illegittima nella parte in cui non ammette la prova contraria mentre l'introduzione, costituzionalmente obbligata, della prova contraria, non elimina dall'ordinamento la presunzione prevista dal legislatore, che continua dunque ad implicare una inversione dell'onere di documentare la ricorrenza dei presupposti reddituali per l'accesso al patrocinio. Spetterà al ricorrente dimostrare, con allegazioni adeguate, il suo stato di non abbienza, e spetterà al giudice verificare l'attendibilità di tali allegazioni, avvalendosi di ogni necessario strumento di indagine . Nella fattispecie che occupa, come rileva il Procuratore Generale, il Presidente del Tribunale ha considerato le condanne risultanti dal certificato penale del P. per reati, consumati e tentati, contro il patrimonio ed i conseguenti redditi illeciti pervenuti al medesimo, ma ha ritenuto che tali proventi non siano quantificabili ed in tal senso non opera quella presunzione cui ha fatto riferimento il ricorrente, basata unicamente sulla lettura del certificato penale, di superamento dei limiti reddituali previsti dal d.P.R. 115/2002 ostativo al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Il ricorrente non ha dimostrato, con allegazioni adeguate, il suo stato di non abbienza, a fronte delle legittime presunzioni circa i suoi illeciti arricchimenti. Il provvedimento impugnato, va pertanto annullato con rinvio al Tribunale di Acqui Terme per nuovo esame. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Acqui Terme per nuovo esame.