Oltre 30 giorni di inabilità temporanea totale, eppure il danno da lucro cessante non viene riconosciuto. Non basta la presentazione di tre diverse dichiarazioni dei redditi la produttività del libero professionista è aleatoria.
Strada pericolosa, anche per gli avvocati. E se l'incidente è serio con inabilità temporanea al 100% , può risentirne anche l'attività, soprattutto in tempi di crisi. Eppure, il riconoscimento del «danno patrimoniale futuro da lucro cessante» non è affatto scontato come da sentenza della Cassazione, numero 23761/2011, Terza sezione Civile, depositata ieri . Nonostante il confronto tra diverse dichiarazioni dei redditi attesti un calo di produttività, legato, presumibilmente, all'inattività post incidente. Un mese di stop. L'incidente si verifica a fine agosto, il ritorno in attività solo ai primi di ottobre. Oltre 30 giorni di stop per l'attività. Obbligato a restare inattivo, anche professionalmente, praticamente per tutto il mese di settembre. Conseguenziale è la richiesta di liquidazione del «danno patrimoniale futuro da lucro cessante». Ma la risposta prima del Tribunale e poi della Corte d'Appello è negativa, perché il riconoscimento di quel danno «non può discendere automaticamente dall'accertata esistenza di un'invalidità temporanea». L'ottica dei giudici d'Appello è precisa «poteva escludersi un'apprezzabile contrazione della possibilità di lavoro e di guadagno, poiché per i liberi professionisti l'invalidità temporanea può comportare solo un mero differimento temporale dell'esecuzione delle prestazioni». E anche la presentazione, da parte dell'avvocato, di tre diverse consecutive dichiarazioni dei redditi è stata ritenuta insufficiente. Per una ragione «la diversità dei redditi» è «sintomatica dell'aleatorietà dei redditi del professionista». Prova provata? Eppure, proprio il richiamo al differente 'peso' delle dichiarazioni dei redditi è utilizzato dall'avvocato anche in Cassazione, a sostegno del ricorso finalizzato ad ottenere il riconoscimento del «danno patrimoniale futuro da lucro cessante». Anche perché «in ipotesi di inabilità temporanea totale era necessario e sufficiente» il deposito della «dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni». Anche in Cassazione, però, la visione proposta dall'avvocato viene rigettata. Vengono ritenute legittime, e condivisibili, le motivazioni della Corte d'Appello. Più chiaramente, «dall'accertata esistenza di una invalidità temporanea, peraltro protrattasi per soli 17 giorni oltre la ripresa dell'attività giurisdizionale all'esito del periodo feriale, non poteva automaticamente discendere la presunzione di esistenza di un danno da lucro cessante», mancando «le circostanze di fatto idonee ad autorizzare l'ammissione delle ragionevoli presunzioni idonee al riconoscimento della voce di danno in questione». Allargando l'orizzonte, «tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non esiste alcun rigido automatismo», come testimonia anche la giurisprudenza. E tornando a bomba, ovvero al caso specifico, deve risultare «una riduzione della capacità di guadagno e del reddito effettivamente percepito» per considerare come ipotizzabile il risarcimento del «lucro cessante». Ma la 'prova provata' è a carico del danneggiato - l'avvocato, in questo caso -, può essere «presuntiva», ma deve essere «certa la riduzione della capacità di lavoro specifica». E, come detto, il confronto tra tre dichiarazioni dei redditi non è elemento di prova pieno. Ecco perché il ricorso presentato dall'avvocato viene rigettato, con conseguente abbandono della speranza di vedere risarcito il danno subito per gli oltre 30 giorni di stop.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 ottobre – 14 novembre 2011, numero 23761 Presidente Filadoro – Relatore Giacalone In fatto e in diritto 1. Il ricorrente impugna la sentenza della Corte di Appello di Roma, depositata il 23 luglio 2008, la quale. confermando sul punto che qui rileva quella di primo grado, ha ritenuto non provata la richiesta di liquidazione del danno patrimoniale futuro da lucro cessante. non potendo la presunzione di esistenza dello stesso discendere automaticamente dall'accertata esistenza di un’invalidità temporanea pur essendo ammissibile la prova per presunzioni, il danneggiato non può eludere il proprio onere di allegare le circostanze di tatto idonee all'ammissione delle ragionevoli presunzioni l’incidente si era verificato il 8.8.1991 e le sue conseguenze protratte al 3.10.1991 epoca di poco successiva alla ripresa dell'ordinaria attività giurisdizionale di primo acchito, poteva escludersi un’apprezzabile contrazione della possibilità di lavoro e di guadagno l’avvocato poiché per i liberi professionisti l’invalidità temporanea può comportare solo un mero differimento temporale dell’esecuzione delle prestazioni, per verificare l’effettivo decremento patrimoniale è opportuno tener conto di un ampio periodo di osservazione, onde acclarare se alla riduzione degli introiti nel tempo immediatamente successivo al sinistro non corrisponda un aumento degli incassi in seguito ascrivibile ragionevolmente all'attuazione degli impegni assunti ante fatto dannoso Pertanto. la Corte territoriale riteneva che la valutazione del Tribunale. che aveva negato la possibilità di ritenere “automaticamente provato” il danno patrimoniale solo perché erano state presentate le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni la diversità dei redditi lavorativi del 1991 rispetto a quelli del 1992 era per la Corte territoriale sintomatica, non dell'asserita contrazione dei redditi professionali nel periodo di invalidità temporanea, ma dell'aleatorietà dei redditi del professionista come dimostrava anche il dato relativo ad un altro degli anni in considerazione il mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte del danneggiato. 1.1. L'infortunato ricorre per cassazione con unico motivo articolato in tre profili resiste la compagnia assicuratrice con controricorso, illustrato con memoria, mentre l’altro intimato non ha Svolto attività difensiva. 2. Questi i profili di censura dedotti dal ricorrente 2.1. violazione e falsa applicazione dell’articolo 4 d.lg. numero 857/1976 come modificato dalla l. numero 39/1977, rispetto al quale chiede alla Corte 2.1.a. se vi è violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 del D.L. 23 dicembre 1976 numero 587 convertito e modificato con legge numero 39 del 26 febbraio 1977, allorquando, come nella specie, la Corte territoriale dovendo procedere ad esaminare e decidere la domanda di risarcimento del danno per lucro cessante proposta dal lavoratore autonomo nella specie avvocato conseguente e correlata alla inabilità temporanea pari al 100% di giorni 40, accertata dal Giudice di primo grado con statuizione definitiva, in relazione ad un sinistro stradale, ha rigettato la suddetta domanda, ritenendola non adeguatamente provata da parte del danneggiato, senza considerare, quindi, che in ipotesi di inabilità temporanea totale era necessario e sufficiente, ai fini della individuazione e quantificazione del lamentato danno patrimoniale lucro cessante e, quindi, ai fini di assolvere l’onere probatorio di spettanza dello stesso danneggiato, depositare in atti, come avvenuto nella fattispecie, la dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni, così come previsto dal precitato articolo 4 2.1.b. se, alla stregua del precitato articolo 4, in ipotesi di inabilità temporanea totale 100% , il professionista lavoratore autonomo debba addurre elementi di prova specifici ulteriori rispetto alle dichiarazioni dei redditi relativi agli ultimi tre anni, ovvero se, in considerazione dell’entità di detta inabilità 100% , si deve dedurre automaticamente una perdita di guadagno proporzionata alla durata e al grado di inabilità, ritenendo, quindi, sufficiente ai fini della individuazione e quantificazione del danno l’allegazione delle dichiarazioni dei redditi di cui si è detto 2.2. violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 e 2729 c.c. e chiede alla Corte 2.2.a. se vi è violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 e dell’articolo 2729 c.c. e più in generale dei principi e norme che disciplinano l’onere della prova in ipotesi di domanda di risarcimento del danno patrimoniale lucro cessante conseguente e correlata alla inabilità temporanea totale 100% che ha colpito il lavoratore autonomo avvocato in conseguenza di sinistro stradale, allorquando come nella specie la Corte territoriale, facendo applicazione dei principi sanciti da codesta Suprema Corte in ipotesi lucro cessante in presenza di menomazione di lieve entità, ha ritenuto che fosse onere del danneggiato, non solo allegare le dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre anni, ma allegare, altresì, circostanze di fatto idonee a dimostrare, anche a livello presuntivo, che l’invalidità temporanea, che ebbe a colpire il lavoratore, ha, in concreto, inciso sulla sua capacità di produrre reddito, con conseguente danno patrimoniale risarcibile 2.2.b. se, quindi, vi può essere equiparazione, anche con riferimento alle regole che governano l’onere della prova, tra l’ipotesi di domanda di risarcimento del danno per lucro cessante conseguente a microinvalidità fino al 9% permanente e l’ipotesi di domanda di risarcimento del danno per lucro cessante conseguente a inabilità temporanea totale 100% . 2.3. Insufficiente ed erronea motivazione su punto decisivo e chiede alla Corte 2.3.a. se ricorre il vizio di insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversia allorquando, come nella specie, la Corte territoriale, chiamata a decidere su una domanda di risarcimento del danno patrimoniale lucro cessante correlata e conseguente alla accertata inabilità temporanea totale 100% che ha colpito il lavoratore autonomo avvocato , in conseguenza di sinistro stradale, ha ritenuto operanti i principi sanciti da codesta Suprema Corte con la sentenza numero 19357/07, pronunciata nella diversa fattispecie in cui era stato riconosciuto ad un avvocato un danno biologico permanente minimo e si dibatteva sulla possibilità o meno di riconoscere al medesimo anche il lucro cessante 2.3.b. se, quindi, possa ritenersi sufficientemente e correttamente motivata la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale, benché consapevole della diversità delle due fattispecie quella di cui è causa e quella contemplata nella sentenza di codesta Suprema Corte numero 19357/07 , abbia proceduto ad una loro equiparazione, limitandosi a statuire che detta sentenza della Suprema Corte “appariva istruttiva” e che, pertanto, in applicazione dei principi enunciati nella predetta sentenza, si doveva negare automatismo nella risarcibilità del danno patrimoniale fondato sulla legge numero 39 del 1977. 3. I quesiti ed i momenti di sintesi sono idonei, diversamente da quanto ritenuto dal P.G. sul punto dovendosi condividere le osservazioni scritte della difesa del ricorrente . Tuttavia, le censure – da trattarsi congiuntamente data l’intima connessione, avendo tutte ad oggetto il medesimo punto della decisione impugnata – sono infondate. La Corte territoriale ha motivato perché, nel caso di specie, dall’accertata esistenza di una invalidità temporanea, peraltro protrattasi per soli 17 giorni oltre la ripresa dell’attività giurisdizionale all’esito del “periodo feriale”, non poteva “automaticamente” discendere la presunzione di esistenza di un danno da lucro cessante, dando atto che anche in primo grado esso era stato escluso, non avendo l’attore allegato le circostanze di fatto “idonee ad autorizzare l’ammissione delle ragionevoli presunzioni” idonee al riconoscimento della voce di danno in questione. 3.1.Ciò dimostra che la decisione adottata non incorre negli indicati vizi motivazionali, essendo stata congruamente motivata, né nelle dedotte violazioni di legge, avendo, peraltro dichiaratamente, fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non sussiste alcun rigido automatismo, per cui in presenza di una lesione della salute, anche di non modesta entità, non può ritenersi ridotta in egual misura la capacità di produrre reddito, ma il soggetto leso ha sempre l’onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni, che l’invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno Cass. 10 luglio 2008 numero 18866 29 aprile 2006 numero 10031 . In altri termini, mentre l’invalidità permanente totale o parziale concorre di per sé a dar luogo a danno biologico, la stessa non comporta necessariamente anche un danno patrimoniale, a tal fine occorrendo che il giudice, oltre ad accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di svolgimento dell’attività lavorativa specifica e questa, a sua volta, sulla capacità di guadagno, accerti se ed in quale misura in tale soggetto persista o residui, dopo e nonostante l’infortunio subito, una capacità ad attendere ad altri lavori, confacente alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte. Solo se dall’esame di detti elementi risulti una riduzione della capacità di guadagno e del reddito effettivamente percepito, questo è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante. La relativa prova incombe al danneggiato e può essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di lavoro specifica Cass. 29 gennaio 2010 numero 2062 23 gennaio 2006 numero 1230 . La liquidazione di tale danno, peraltro, non può essere effettuata in modo automatico in base ai criteri dettati dall’articolo 4 della legge 26 febbraio 1977, numero 39, norma che non comporta alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, che comunque incombe al danneggiato e che può essere data anche in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di capacità di lavoro specifica Cass. 20 gennaio 2006 numero 1120 . Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra le parti costituite, secondo la liquidazione di cui al dispositivo P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti della contro ricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per onorario, oltre alle spese generali ed accessori di legge.