In tema di interpretazione dei contratti aziendali, il criterio letterale è quello prioritario laddove il significato letterale delle parole, secondo la loro connessione, si presenti esaustivo nel disvelare l’effettiva volontà dei contraenti.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20599, depositata il 30 settembre 2014. Se il turno impedisce di consumare i pasti, il dipendente ha comunque diritto al buono pasto. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso dai dipendenti di una società di trasporto pubblico, addetti al turno rotativo pomeridiano dalle 13 alle 21 , per vedersi riconosciuto il diritto alla fruizione di due buoni pasto giornalieri, con condanna della parte datoriale al pagamento del relativo controvalore. La Corte territoriale, nel riconoscere la fondatezza delle pretese fatte valere dai lavoratori, ha motivato tale pronuncia interpretando le norme contrattuali regolanti la concessione dei buoni pasto in questione, nel senso che, allorché i turni di servizio impediscono di consumare i pasti nelle fasce orarie contrattualmente previste 12-14 e 19-21 , il lavoratore ha diritto al buono pasto indipendentemente dalla distanza dell’abitazione dal luogo di lavoro, mentre, allorché l’inizio del turno interviene nel mezzo della fascia, deve farsi riferimento alla presunzione, contrattualmente prevista, di una distanza tra posto di lavoro e dimora del lavoratore superiore a 20 chilometri. Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la datrice ha proposto ricorso per cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione di diverse norme di legge e contrattuali collettive. Il CCNL deve essere applicato, in sede di interpretazione, anche se rinvia al contratto aziendale. La pronuncia in commento esamina la normativa contrattuale di riferimento e, nello specifico, l’articolo 46 del CCNL di settore del 16 aprile 2003. Il primo profilo di censura, con il quale si addebita alla Corte territoriale di avere tenuto conto della previsione di cui all’articolo 46 CCNL di settore è infondato. La circostanza che tale disposizione rinvii, per le modalità applicative, alla contrattazione aziendale, non esclude affatto, anzi, presuppone, che detta contrattazione aziendale debba svolgersi, appunto perché di natura applicativa, in conformità delle previsioni generali ivi contenute, di cui è dunque doveroso tener conto, ove necessario, in sede interpretativa. Interpretazione del contratto aziendale il criterio letterale non è affatto secondario. La decisione in esame passa, poi, ad esaminare la disciplina contenuta nel contratto aziendale. A tale proposito, la Suprema Corte conferma il suo costante orientamento in tema di interpretazione dei contratti, ribadendo che l’articolo 1362 c.c., pur prescrivendo all’interprete di non limitarsi, nell’attività di ermeneutica negoziale, all’analisi del significato letterale delle parole, non relega tale criterio al rango di strumento interpretativo del tutto sussidiario e secondario, collocandolo, al contrario, nella posizione di mezzo prioritario e fondamentale per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti cfr., ex plurimis , Cass., numero 2372/1996, numero 5715/1997 e numero 10106/2000 . Il criterio di interpretazione letterale è, dunque, quello prioritario laddove il significato letterale delle parole, secondo la loro connessione, si presenti esaustivo nel disvelare l’effettiva volontà dei contraenti. Il che è quanto si verifica nel caso di specie, posto che la previsione contrattuale che riguarda i casi in questione garantisce il diritto al buono pasto a coloro i quali inizino o terminino il turno in orari che non consentano la fruizione del pasto presso la propria dimora «nelle fasce orarie concordate», senza minimamente distinguere il caso dell’impossibilità di tale fruizione in una sola ovvero in entrambe le suddette fasce orarie. Il diritto al buono pasto spetta tanto per il pranzo che per la cena. Né a diverse conclusioni può condurre il rilievo che la clausola contrattuale utilizzi la parola «pasto» al singolare ma non indicando affatto il diritto a fruire di «un solo pasto» , atteso che, sotto il profilo grammaticale e sintattico, l’uso del termine «pasto» al singolare sta semplicemente a significare che il lavoratore impossibilitato a consumarlo presso la propria dimora per la coincidenza con un turno lavorativo abbia diritto al corrispondente pasto aziendale. Tale interpretazione letterale appare, poi, coerente con lo scopo della norma pattizia, diretta a garantire il diritto al pasto aziendale a coloro i quali, per il turno lavorativo espletato, si trovino nell’impossibilità di assumerlo presso la propria dimora di tal che, non si comprenderebbe per quale ragione tale diritto dovrebbe venire conculcato laddove la suddetta impossibilità di mangiare a casa propria si verifichi tanto a pranzo quanto a cena, considerato anche che con ciò, a parità di condizioni, si verrebbe irragionevolmente a differenziare la disciplina applicabile ai cosiddetti turnisti semplici rispetto a quella dettata per i cosiddetti turnisti in terza vale a dire per il personale che espleta il proprio servizio nel I e III turno ed ha come intervallo il II turno .
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 giugno – 30 settembre 2014, numero 20599 Presidente Stile – Relatore Bandini Svolgimento del processo La Corte d'Appello di Ancona, con sentenza del 25.2-26.4.2011, rigettò il gravame, proposto dalla Rete Ferroviaria Italiana spa nei confronti di L.G. , S.A. e Sc.Ca. , avverso la pronuncia di prime cure che aveva riconosciuto ai suddetti lavoratori, addetti al turno rotativo pomeridiano pomeriggio dalle 13 alle 21 , nel periodo dedotto in causa, il diritto alla fruizione di due buoni pasto, con condanna della parte datoriale al pagamento del relativo controvalore. La Corte territoriale motivò tale pronuncia interpretando le norme contrattuali regolanti la concessione dei buoni pasto in questione, nel senso che, allorché i turni di servizio impediscono di consumare i pasti nelle fasce orarie contrattualmente previste 12-14 e 19-21 , il lavoratore ha diritto al buono pasto indipendentemente dalla distanza dell'abitazione dal luogo di lavoro, mentre, allorché l'inizio del turno interviene nel mezzo della fascia, deve farsi riferimento alla presunzione, contrattualmente prevista e ricorrente nei casi all'esame, di una distanza tra posto di lavoro e dimora del lavoratore superiore a 20 chilometri. Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la Rete Ferroviaria Italiana spa così dovendosi intendere, per i motivi in prosieguo indicati, la ragione sociale della ricorrente, indicata in ricorso come Trenitalia spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su un solo mezzo. Gli intimati L.G. , S.A. e Sc.Ca. hanno resistito con unico controricorso. Motivi della decisione 1. Preliminarmente deve rilevarsi che nella rubrica del ricorso e nel suo svolgimento la parte ricorrente è indicata quale Trenitalia spa, anziché Rete Ferroviaria Italiana spa. Reputa tuttavia il Collegio che tale indicazione sia frutto di mero errore materiale, come si evince dal fatto che il mandato a margine è stato rilasciato dalla Rete Ferroviaria Italiana spa in persona dell'institore avv. Antonino Russo e che in persona del predetto institore la ricorrente ha svolto l'impugnazione. Né, del resto, tale erronea indicazione ha ingenerato incertezze negli intimati sulla provenienza dell'atto, avendo i medesimi proposto controricorso appunto nei confronti della Rete Ferroviaria Italiana spa, senza eccepire alcunché al riguardo. 2. Con l'unico motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di plurime norme di legge e contrattuali collettive, nonché vizio di motivazione articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5, cpc , deduce che - l'articolo 46 CCNL di settore, di cui la Corte territoriale aveva tenuto conto, costituisce soltanto una disposizione di natura programmatica, come tale inidonea a fondare il riconoscimento di un diritto alla fruizione di un doppio buono pasto - la normativa contrattuale applicabile in particolare l'articolo 19 del Contratto Aziendale di Gruppo Ferrovie dello Stato del 16.4.2003 prevede per il personale addetto ai turni rotativi la fruizione di un solo pasto aziendale, a differenza dell'espressa previsione della possibile fruizione di più pasti aziendali contemplata per i cosiddetti turnisti in terza - e non già anche per i cosiddetti turnisti semplici, quali gli originari ricorrenti -, nonché per il personale di scorta - in via subordinata, nei casi di specie non poteva farsi applicazione della presunzione della distanza chilometrica tra posto di lavoro e dimora, siccome prevista soltanto per i cosiddetti turnisti in terza e non già per i cosiddetti turnisti semplici. 2. Avuto riguardo al contenuto delle censure svolte deve preliminarmente rilevarsi che non è contestato il diritto alla fruizione del buono pasto corrispondente alla cena essendo la fascia oraria concordata, dalle 19 alle 21, ricompresa interamente nel turno pomeridiano praticato , bensì quello della contemporanea fruizione del buono pasto corrispondente al pranzo essendo la fascia oraria concordata, dalle 12 alle 14, ricompresa solo parzialmente nel turno pomeridiano praticato . Un tanto premesso, giova ricordare la normativa contrattuale di riferimento. A mente dell'articolo 46 Pasti aziendali CCNL di settore del 16.4.2003 “1 I lavoratori che si trovino nelle condizioni previste nei punti sottoelencati usufruiranno del pasto aziendale, per le giornate in cui prestano servizio, nelle mense aziendali o nei servizi sostitutivi o alternativi alla mensa aziendale A Nelle fasce orarie dalle ore 12 alle 14 e/o dalle 19 alle 21 1 lavoratori che effettuano l'orario di lavoro su prestazione unica giornaliera con orario spezzato 2 lavoratori addetti ai turni avvicendati. B Nelle fasce orarie dalle ore 11 alle 15 e/o dalle 18 alle 22 1 lavoratori addetti ai turni non cadenzati nelle 24 ore ad es. personale che svolge attività di condotta o di assistenza a bordo 2 lavoratori quando effettuano viaggi di sorveglianza e lavoratori addetti ai mezzi speciali quando operano su tali mezzi. 2 Considerata la specificità del settore e la grande varietà di situazioni che rendono difficile una regolamentazione generale dell'istituto, le parti convengono che a livello aziendale saranno definite le modalità applicative del presente articolo. Il Contratto Aziendale di Gruppo Ferrovie dello Stato del 16.4.2003 prevede infatti, all'articolo 19, che Il lavoratore che si trovi nelle condizioni previste nei punti sottoelencati fruirà del pasto aziendale, limitatamente alle giornate in cui presta servizio, nelle mense aziendali o nei servizi sostitutivi di mensa aziendale 1.1 Nelle fasce orarie dalle 12.00 alle 14.00 e/o dalle 19.00 alle 21.00. A personale che effettua l'orario di lavoro su prestazione unica giornaliera con orario spezzato - quando l'intervallo di tempo assegnato per la refezione tra il primo e secondo periodo, ai sensi delle norme sulla disciplina dell'orario di lavoro, non sia superiore a due ore B personale addetto ai turni - quando espleta il proprio servizio nel I e III turno ed ha come intervallo il II turno. In tal caso può consumare sia il pranzo che la cena qualora sia impossibilitato a raggiungere la propria abitazione dimora e consumare i pasti nelle fasce orario 12.00-14.00 e 19.00 - 21.00 rima di ritornare in servizio. Si presume che non vi sia possibilità di rientro quando il tempo occorrente per i viaggi di andata e ritorno dal posto di lavoro alla dimora sia superiore a due ore oppure quando la distanza per l'andata e ritorno tra posto di lavoro e dimora sia superiore a 20 km - quando inizia o termina il turno in orari che, tenendo conto dei tempi di percorrenza, non gli consentano di consumare il pasto presso la propria abitazione dimora nelle fasce orarie concordate 12.00/14.00 e 19.00/21.00. 1.2 Nelle fasce orario dalle 11.00 alle 15.00 e/o dalle 18.00 alle 22.00 A personale addetto alla condotta e scorta treni - quando è in riposo di servizio fuori residenza, in tal caso può consumare il pasto sia a pranzo che a cena - quando inizia o termina il turno di servizio in orari che, tenuto conto dei tempi di percorrenza, non gli consentano di consumare il pasto presso la propria abitazione dimora entro le fasce orarie 11,00 / 15,00 e 18,00/22,00 - quando abbia espletato la sua attività fuori della normale residenza di servizio o in sussidio temporaneo presso altri impianti, e non possa, a causa della distanza, rientrare in tempo utile nella propria abitazione dimora - quando il servizio viene espletato in un periodo che comprende interamente la fascia 11.30/14.30 e/o la fascia 18.30/21.30. B personale quando effettua viaggi di sorveglianza e personale addetto ai mezzi speciali quando opera su tali mezzi è ammesso a fruire del pasto aziendale alle stesse condizioni previste per il personale di cui al punto 1.2.A. Indipendentemente dai casi contemplati nel precedente punto 1, le aziende possono autorizzare il dipendente, con motivata dichiarazione scritta del responsabile della struttura interessata, a fruire del pasto nella mensa aziendale, ove istituita, o in locali convenzionati, per particolari situazioni di impiego, anche comportanti svolgimento di funzioni diverse da quella di normale competenza, che non consentano di fatto, occasionalmente, ai singoli dipendenti, di rientrare nella propria abitazione per consumare il pasto. Le aziende, in mancanza della mensa aziendale o di servizi sostitutivi della stessa locali convenzionati erogheranno al personale che ne debba fruire, per ciascun pasto, ticket restaurant di valore pari a Euro 6.20 . 3. Il primo profilo di censura, con il quale si addebita alla Corte territoriale di avere tenuto conto della previsione di cui all'articolo 46 CCNL di settore è infondato. La circostanza che tale disposizione rinvii, per le modalità applicative, alla contrattazione aziendale, non esclude affatto, anzi, presuppone, che detta contrattazione aziendale debba svolgersi, appunto perché di natura applicativa, in conformità delle previsioni generali ivi contenute, di cui è dunque doveroso tener conto, ove necessario, in sede interpretativa. 3.1 In ordine al secondo profilo, deve osservarsi che i casi all'esame investono precisamente l'interpretazione della disposizione di cui al ridetto articolo 19, comma 1, punto 1.1 1.1 Nelle fasce orarie dalle 12.00 alle 14.00 e/o dalle 19.00 alle 21.00 Omissis B personale addetto ai turni - quando espleta il proprio servizio nel I e III turno ed ha come intervallo il II turno. In tal caso può consumare sia il pranzo che la cena qualora sia impossibilitato a raggiungere la propria abitazione dimora e consumare i pasti nelle fasce orarie 12.00 - 14.00 e 19.00 - 21.00 prima di ritornare in servizio. Si presume che non vi sia possibilità di rientro quando il tempo occorrente per i viaggi di andata e ritorno dal posto di lavoro alla dimora sia superiore a due ore oppure quando la distanza per l'andata e ritorno tra posto di lavoro e dimora sia superiore a 20 km - quando inizia o termina il turno in orari che, tenendo conto dei tempi di percorrenza, non gli consentano di consumare il pasto presso la propria abitazione dimora nelle fasce orarie concordate 12.00/14.00 e 19.00/21.00 . Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di interpretazione dei contratti, l'articolo 1362 cc, pur prescrivendo all'interprete di non limitarsi, nell'attività di ermeneutica negoziale, all'analisi del significato letterale delle parole, non relega tale criterio al rango di strumento interpretativo del tutto sussidiario e secondario, collocandolo, al contrario, nella posizione di mezzo prioritario e fondamentale per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti cfr, ex plurimis, Cass., nnumero 2372/1996 5715/1997 10106/2000 il criterio di interpretazione letterale è dunque quello prioritario laddove il significato letterale delle parole, secondo la loro connessione, si presenti esaustivo nel disvelare l'effettiva volontà dei contraenti. Il che è quanto si verifica nel caso di specie, posto che la previsione di cui alla lettera B, seconda parte quella che riguarda proprio i casi all'esame , garantisce il diritto al buono pasto a coloro i quali inizino o terminino il turno in orari che non consentano la fruizione del pasto presso la propria dimora nelle fasce orarie concordate , senza minimamente distinguere il caso dell'impossibilità di tale fruizione in una sola ovvero in entrambe le suddette fasce orarie. Il che, per di più, trova riscontro nell’ incipit della clausola, laddove, analogamente a quanto previsto dal già ricordato articolo 46 CCNL di settore, si contempla, attraverso l'utilizzo della congiuntiva/disgiuntiva e/o , che possano venire in rilievo entrambe le fasce orarie, e, quindi, la fruizione di entrambi i corrispondenti buoni pasto. Né a diverse conclusioni, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, può condurre il rilievo che la clausola in parola utilizzi la parola pasto al singolare ma non indicando affatto il diritto a fruire di un solo pasto , posto che, sotto il profilo grammaticale e sintattico, l'uso del termine pasto al singolare sta semplicemente a significare che il lavoratore impossibilitato a consumarlo presso la propria dimora per la coincidenza con un turno lavorativo abbia diritto al corrispondente pasto aziendale. L'indicata interpretazione letterale appare poi coerente con lo scopo della norma pattizia, diretta a garantire il diritto al pasto aziendale a coloro i quali, per il turno lavorativo espletato, si trovino nell'impossibilità di assumerlo presso la propria dimora di tal che non si comprenderebbe per quale ragione tale diritto dovrebbe venire conculcato laddove la suddetta impossibilità di mangiare a casa propria si verifichi tanto a pranzo quanto a cena, considerato anche che con ciò, a parità di condizioni, si verrebbe irragionevolmente a differenziare la disciplina applicabile ai cosiddetti turnisti semplici rispetto a quella dettata per i cosiddetti turnisti in terza vale a dire per il personale che espleta il proprio servizio nel I e III turno ed ha come intervallo il II turno . Non appare inoltre conferente il raffronto con la disciplina specificamente dettata per il personale addetto alla condotta o scorta dei treni infatti, come già questa Corte ha avuto modo di rilevare in una fattispecie similare, anche in disparte che la non equivocità della soluzione basata sulla lettera della previsione contrattuale esclude il ricorso a canoni ermeneutici ulteriori, la specificità della prescrizione relativa al personale addetto alla condotta o scorta dei treni trova una spiegazione nel fatto che, in quel caso, le fasce di orario indicate per fruire dei pasti 11.00 - 15.00 e 18.00 - 22.00 sono diverse da quelle ordinarie, con la conseguente necessità della esplicitazione di una previsione che altrimenti rimane interna alla norma generale cfr, Cass., numero 14941/2009, in motivazione . 3.2 Quanto al terzo profilo di doglianza, deve rilevarsi che la clausola pattizia secondo cui Si presume che non vi sia possibilità di rientro quando il tempo occorrente per i viaggi di andata e ritorno dal posto di lavoro alla dimora sia superiore a due ore oppure quando la distanza per l'andata e ritorno tra posto di lavoro e dimora sia superiore a 20 km ha la finalità di stabilire, a favore dei lavoratori, la presunzione dell'impossibilità di rientro a casa nelle ipotesi espressamente considerate. Tale presunzione è basata sulla ricorrenza di circostanze fattuali del tutto analoghe sia per i turnisti in terza che per i turnisti semplici, sicché deve ritenersi applicabile, secondo un criterio di ragionevolezza ed in mancanza di una espressa contraria disposizione, ad entrambe le ipotesi. La collocazione topografica della suddetta previsione nella parte i della clausola relativa ai turnisti in terza non ne esclude quindi l'applicabilità anche ai turnisti semplici, dovendo anzi ritenersi che ad essa rimandi l'inciso, previsto per questi ultimi, tenendo conto dei tempi di percorrenza se ed in quanto, ovviamente, ciò si renda necessario al fine di valutare la possibilità o meno di consumare il pasto a casa propria in coincidenza con le fasce orarie concordate . 3.3Deve dunque convenirsi che l'interpretazione della normativa di riferimento seguita nella sentenza impugnata è stata resa in corretta applicazione delle regole ermeneutiche, onde la censura svolta, nei distinti profili in cui si articola, non può trovare accoglimento. 4. In definitiva il ricorso va quindi rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 2.100,00 duemilacento , di cui Euro 2.000,00 duemila per compenso, oltre accessori come per legge.