Il fenomeno del “cash trapping” al vaglio della Corte di Cassazione

La Suprema Corte chiarisce, in primis, i caratteri fondamentali dell’aggravante ex articolo 625 comma 8-ter nell’ipotesi del furto tramite l’alterazione del meccanismo di erogazione delle banconote presso uno sportello bancomat fornisce poi indicazioni sulla natura del reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche articolo 617-quinquies .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 23604/2016, depositata il 7 luglio. Il fatto e i motivi del ricorso. La Suprema Corte viene invitata a pronunciarsi su una sentenza della Corte d’appello di Bologna che confermava la condanna dell’imputato per più reati di furto aggravato ex articolo 625 comma 2 e comma 8, 617- quinquies , e uso illecito della carta di credito articolo 55 comma 9 d.lgs. numero 231/2007 . In uno dei casi oggetto di pronuncia, l’imputato era riuscito ad impossessarsi del denaro oggetto di un tentativo di prelievo, presso uno sportello bancomat. Ciò grazie alla previa istallazione di un meccanismo inserito all’interno della bocchetta di erogazione del denaro in grado di impedire la fuoriuscita le banconote sino al momento dello sblocco del meccanismo ad opera dell’imputato stesso, a seguito dell’allontanamento dell’utente. Le considerazioni fondamentali della Corte. Sottrazione, spossessamento e utilizzo dello sportello bancomat. I ricorrenti lamentano in primis che in prossimità del bancomat non si sarebbe realizzata la condotta di furto, non potendosi applicare quindi l’aggravante prevista dall’articolo 625 comma 8- ter riguardante l’ipotesi in cui il fatto sia stato commesso «nei confronti della persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali, sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro». Il fruitore del servizio – lamenta la difesa - non sarebbe stato vittima di un vero e proprio spossessamento, non essendo il denaro entrato nella sua disponibilità. La Corte si sofferma sul significato dei due elementi costitutivi del reato di furto la sottrazione del bene, quale condotta tipica e lo spossessamento, vero e proprio evento che deve essere causalmente ricollegabile alla sottrazione. Se, come ritiene orientamento consolidato della Cassazione, la sottrazione consiste nel privare il detentore della signoria di fatto sulla cosa, quest’ultima condotta sarebbe – nel caso de quo – realizzata, tramite l’utilizzo del meccanismo di trapping, con il blocco delle banconote. La Corte mostra di ritenere, dunque, condotta rilevante ex articolo 624 c.p. il mero impedimento della potenziale disponibilità materiale del bene. Profilo questo forse criticabile della pronuncia in esame. Lo spossessamento consiste, invece, nella sostituzione dell’altrui dominio sulla cosa mobile con il proprio evento questo realizzatosi nel caso in esame con la materiale apprensione del denaro, tramite lo sblocco della bocchetta di erogazione, in un momento successivo – ma causalmente ricollegabile – a quello della sottrazione. In tale contesto, la Corte ritiene pacificamente applicabile l’aggravante dell’articolo 625 comma 8- ter c.p. l’utilizzo dello sportello bancomat è stata infatti condizione necessaria peraltro precostituita del furto così come realizzatosi nel caso concreto. Soltanto sfruttando la specifica situazione delineata dalla fattispecie aggravante in esame, si è realizzato l’illecito che – dunque – merita, secondo la Corte, l’aggravio sanzionatorio previsto dal Legislatore. La realizzazione del reato previsto dall’articolo 617-quinquies. La Corte, affrontando il secondo motivo di ricorso, chiarisce poi la natura della fattispecie dell’articolo 617- quinquies c.p., che incrimina la condotta di chi «al di fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrente tra più sistemi». Pacifico come il congegno avesse interrotto la comunicazione telefonica riguardante il prelievo, la Corte chiarisce come ciò sia sufficiente ad integrare l’elemento oggettivo del reato, trattandosi di fattispecie a forma libera irrilevanti le modalità di interruzione . Si tratta inoltre, chiarisce il Giudice, di un reato di pericolo sufficiente è l’idoneità concreta della condotta ad interrompere o alterare le comunicazioni. Tale considerazione ha un riflesso decisivo sulla configurazione del dolo l’elemento soggettivo la rappresentazione e volizione deve infatti abbracciare la condotta così come delineata nella fattispecie. Se, dunque – ragiona la Cassazione nel caso de quo – l’offensività tipica si realizza, anticipatamente, con la sola idoneità interruttiva delle comunicazioni informatiche o telematiche non essendo necessario l’evento lesivo , è sufficiente – per la configurazione del dolo in capo all’imputato - la rappresentazione e volizione dell’idoneità lesiva delle proprie condotte, a prescindere dalle conseguenze e dai fini ulteriori delle stesse.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 febbraio – 7 giugno 2016, numero 23604 Presidente Palla – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado nei confronti dell'imputato, che lo aveva condannato alla pena di giustizia per più reati di furto aggravato ex art 625 co 2 e 8 ter cp, 617 quinquies cp ed uso illecito di carta di credito, compiuti nel Luglio 2012. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, lamentando col primo motivo la violazione di legge ex art 625 co 8 ter cp. 1. Ha evidenziato in proposito il ricorrente che la sentenza avrebbe errato non considerando che il denaro non era mai entrato in possesso di colui che aveva cercato di usare il bancomat, essendo pacifico che le banconote rimasero incastrate nell'apparecchio, per poi essere prelevate in un momento successivo tramite forzatura della bocchetta del bancomat quindi il fruitore del servizio non sarebbe vittima dell'impossessamento e l'aggravante non potrebbe ravvisarsi. 1.1 Col secondo motivo il ricorrente ha censurato l'erronea applicazione dell'art 617 quinquies cp e la manifesta illogicità della motivazione, poiché l'imputato non poteva avere avuto la volontà di impedire le comunicazioni informatiche tra utente ed azienda bancaria, pena la mancata erogazione del denaro la sentenza sarebbe stata illogica poiché aveva considerato sia il finto prelievo di banconote, sia la segnalazione di mancata erogazione delle banconote, come eventi rilevanti ai fini della ritenuta interruzione delle comunicazioni del sistema informatico, mentre soltanto la seconda lo sarebbe ma in questa caso era impossibile ravvisare il dolo nell'imputato. 1.2 Col terzo motivo si è criticata l'erronea applicazione dell'art 55 co 9 Dlvo 231/07, poichè la Corte avrebbe preteso da parte dell'imputato la dimostrazione dell'autorizzazione all'uso della carta di credito da parte dei titolari. All'odierna udienza il PG dr Birritteri ha concluso per l'inammissibilità. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. La sentenza impugnata ha chiarito che l'azione dell'imputato di sottrazione del denaro dallo sportello bancomat era complessa e presupponeva l'alterazione del meccanismo di erogazione delle banconote, l'attesa che l'utente si fosse allontanato, e l'impossessamento del denaro subito dopo il tentativo di prelievo. 2. II primo motivo di ricorso, pertanto, non coglie nel segno, poiché trascura che la sottrazione del bene appartiene alla condotta dell'agente mentre lo spossessamento riguarda l'evento del delitto e nel caso di specie la prima è stata realizzata tramite il blocco delle banconote prima che uscissero dalla bocchetta del bancomat ed il secondo con la materiale apprensione delle stesse dopo che l'utente si era allontanato. Nella fattispecie concreta, quindi, i due elementi del reato risultano verificati a distanza di un breve tempo l'uno dall'altro ma ciò non toglie che il detentore del denaro abbia subito la sottrazione/spossessamento nell'atto di fruire o di aver appena fruito del servizio bancomat, così intendendosi le due locuzioni della norma incriminante non in senso strettamente temporale ma, nel significato di una situazione in cui l'uso dello sportello automatico da parte dell'utente abbia costituito occasione adatta - nel caso di specie precostituita dagli imputati - per la consumazione del furto. 3. Quanto al secondo motivo è necessario premettere che la sentenza ha operato una opportuna sintesi dei modi di realizzazione del delitto, consistiti nell'inserimento da parte degli imputati di un congegno meccanico all'interno della bocchetta di erogazione del bancomat, che - secondo quanto pacificamente acquisito al processo - interrompeva la comunicazione telefonica riguardante il prelievo di banconote in atto e la corretta comunicazione informatica tra utente ed azienda bancaria. In punto di diritto ha correttamente qualificato il delitto come reato a forma libera, ritenendolo integrato dalla suddetta azione che interrompeva, anche in modo non totale, la comunicazione col sistema centrale. 3.1 Date tali premesse fattuali va osservato che il motivo di ricorso, incentrato sul profilo dell'assenza di dolo, non ha tenuto presente la natura di reato di pericolo del delitto in parola, che, quindi, prevede una soglia di punibilità anticipata, nell'ambito della quale l'elemento psicologico dell'agente deve riguardare le condotte di intercettare, impedire o interrompere le comunicazioni informatiche o telematiche e non, come lascia intendere il ricorso, il fine ulteriore di esse, che nella fattispecie è individuabile nell'erogazione del denaro. In proposito Sez. 5, Sentenza numero 36601 del 09/07/2010 Ud. dep. 13/10/2010 Rv. 248430 Integra il reato installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche articolo 617 quinquies cod. penumero la condotta di colui che installi, all'interno del sistema bancomat di un'agenzia di banca, uno scanner per bande magnetiche con batteria autonoma di alimentazione e microchip per la raccolta e la memorizzazione dei dati, al fine di intercettare comunicazioni relative al sistema informatico. Trattandosi di reato di pericolo, non è necessario accertare, ai fini della sua consumazione, che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati. 4. II terzo motivo appare frutto di un parcellizzato esame della motivazione, che alla pagina sette ha ben chiarito - in coerenza con i dati processuali a disposizione - che l'imputato aveva usato a scopo di profitto più carte di prelievo intestate a terzi. In mancanza di ogni spiegazione sulle cause di tale disponibilità, che eventualmente la difesa aveva onere di dedurre ed allegare, tanto era sufficiente ad integrare il delitto. Tale conclusione è corrispondente alla lettera della norma incriminante, che così recita Chiunque, al fine di trarne profitto per sè o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito 4.1 La sentenza, del resto, è in linea con l'interpretazione data da questa Corte alla norma in questione, che ne ha individuato gli elementi tipici nell'uso indebito della carta e nell'ovvio fine di profitto, in assenza di una qualsivoglia legittima relazione tra l'usuario e la carta stessa. In proposito Sez. 2, Sentenza numero 34528 del 20/06/2014 Ud. dep. 05/08/2014 Rv. 259988 integra il reato previsto dall'articolo 12 D.L. 3 maggio 1991, numero 143, convertito nella legge 5 luglio 1991, numero 197, in tema di uso illecito di carte di credito o di pagamento, la condotta di chi utilizza indebitamente una tessera “smart card” per il noleggio di film in dvd, smarrita dal legittimo detentore, trattandosi di documento analogo che abilita all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi . In motivazione, la Corte ha ritenuto irrilevante la circostanza che l'utilizzazione della tessera fosse ristretta ad una singola attività commerciale, in quanto finalità della norma è quella di tutelare tutti gli strumenti alternativi ali' uso del contante nelle transazioni . Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.