Uscire per la pausa pranzo senza timbrare è reato

Usciva in pausa pranzo e non effettuava la timbratura del cartellino marca tempo, facendo apparire, falsamente, di aver lavorato per un numero di ore superiore a quello ordinario.

Usciva in pausa pranzo e non effettuava la timbratura del cartellino marca tempo, facendo apparire, falsamente, di aver lavorato per un numero di ore superiore a quello ordinario. Così un medico si è visto rigettare, con sentenza numero 17096/11, del 3 maggio, dalla Corte di Cassazione, il ricorso presentato avverso la condanna inflittagli per i reati di truffa continuata ai danni di ente pubblico e di interruzione di pubblico servizio.Il caso. Un medico usciva per la pausa pranzo senza effettuare la timbratura e, anche se i suoi colleghi ne erano a conoscenza e sovente lo sostituivano nei momenti di assenza o ritardo, veniva condannato, in primo e secondo grado, per truffa continuata ai danni di ente pubblico l'azienda ospedaliera e per interruzione di pubblico servizio articolo 640 e 340 c.p. .Secondo il ricorrente mancano i presupposti del reato. L'imputato ricorreva per cassazione, in quanto, avendo lavorato 38 ore settimanali, pari al numero minimo di ore secondo il contratto collettivo di categoria, gli sarebbe comunque spettata l'intera retribuzione. Compensava, quindi, le assenze in pausa pranzo con le presenze pomeridiane.Non potevano configurarsi, a parere del ricorrente, neanche gli artifici e i raggiri visto che i suoi colleghi erano a conoscenza delle sue abitudini.In merito alla contestazione del reato di interruzione di pubblico servizio, inoltre, affermava che i ritardi e le assenze durante la pausa pranzo non turbavano in maniera rilevante il servizio.Si tratta di censure di merito. In primis, la S.C. osserva che, in sede di legittimità, non è consentito prospettare una diversa valutazione delle prove e dei fatti rispetto a quella effettuata dai giudici di merito.Manca la prova del lavoro straordinario. Il lavoro effettuato oltre l'orario stabilito, per un numero pari alle ore di assenza, non è provato. In più, la conoscenza dei fatti, da parte dei colleghi e dei superiori, non esclude la sussistenza degli artifici e raggiri, oltre all'ingiusto profitto con altrui danno, tenuto conto che l'ente pubblico è spersonalizzato, che la frode era diretta contro l'ente pubblico e che il pagamento delle retribuzioni avveniva in forma automatica, da parte della direzione amministrativa, con la lettura dei cartellini orari da parte di un elaboratore .Le supplenze non fungono da scriminante. Essersi fatto sostituire nei momenti di assenza o di ritardo, non pregiudica la configurabilità del reato di interruzione di pubblico servizio. Infatti, la Cassazione, ricordando un suo orientamento Cass. numero 44845/2007 , sostiene che, ai fini della sussistenza dell'elemento oggettivo, non ha rilievo che l'interruzione sia stata solo temporanea.Il ricorso viene rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese di giudizio e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 marzo 3 maggio 2011, numero 17096Presidente Sirena Relatore NuzzoSvolgimento del processoD G., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste,in data 5.5.2010,confermativa della sentenza 17.5.08 del Tribunale di Udine che lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione ed Euro 500,00 di multa con i doppi benefici di legge, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita,da liquidarsi in separata sede, per i reati di truffa continuata ai danni di ente pubblico e di interruzione di pubblico servizio, concesse le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulla contestata aggravante. Il ricorrente deduceva 1 manifesta illogicità della motivazione in ordine agli artifici e raggiri ed al danno del reato di truffa perché il G., in qualità di dirigente medico in servizio presso il reparto oncologia dell'Azienda Ospedaliera omissis , abbandonava abitualmente il reparto prima della fine del proprio turno di servizio senza effettuare, in uscita, la timbratura del cartellino marca tempo . facendo apparire falsamente di aver prestato la propria opera per un numero di ore giornaliere superiore a quello ordinario i giudici di appello avevano ritenuto che la timbratura del cartellino avesse costituito un espediente per simulare il rispetto dell'orario di lavoro allo scopo di ottenere indebitamente il pagamento dell'intera retribuzione in realtà l'intera retribuzione sarebbe/comunque, spettata al G. per aver lavorato 38 ore settimanali, pari al numero di ore minimo secondo il contratto collettivo, a prescindere dal rispetto di un orario continuato o spezzato per l'assenza durante la pausa pranzo ne conseguiva l'assenza del danno, avendo fra l'altro, il G. compensato l'assenza in pausa pranzo con la presenza pomeridiana, come risultava dagli atti processuali 2 inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 640 c.p. in relazione al requisito degli artifici e raggiri e del danno della persona offesa La Corte territoriale era incorsa in errore di diritto, avendo qualificato come artificio o raggiro una condotta neutra da cui non era derivata alcun danno per la persona offesa in quanto il G. aveva titolo per ottenere l'intera retribuzione per aver espletato il minimo di ore previste dal contratto collettivo,senza che rilevasse l'aver osservato l'ordine di servizio relativo all'orario continuato 3 contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza della interruzione di pubblico servizio ex articolo 340 c.p.,avendo la Corte d'Appello fatto riferimento ad elementi che non trovavano conferma negli atti processuali da cui non emergeva un apprezzabile turbamento del servizio incorrendo in errore di diritto, i giudici di appello avevano qualificato come interruzione di pubblico servizio i ritardi dell'imputato e gli allontanamenti per la pausa pranzo,nonostante che da tali condotte non fosse derivato un turbamento non irrilevante del servizio. Con memoria difensiva, in data 17.2.2011, la parte civile, Azienda Ospedaliera omissis , di Udine, in persona del direttore generale, contestava i motivi di ricorso sulla base della motivazione della sentenza impugnata e chiedeva dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.Motivi della decisioneIl ricorso è infondato.Sotto il profilo apparente del vizio di motivazione, in realtà, il ricorrente propone censure di merito, prospettando una valutazione delle prove e dei fatti, diversa da quella effettuata dai giudici di merito e non consentita in sede di legittimità in quanto le argomentazioni della Corte territoriale, poste a fondamento della decisione, sono esenti dal vizio di manifesta illogicità e sono compatibili con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.I giudici di appello hanno dato conto, in particolare, sulla base della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di prime cure, non contestati nella loro materialità, come affermato nella sentenza impugnata l'imputato non ha contestato di essersi assentato abitualmente dal lavoro, nell'orario di pranzo, senza timbrare il cartellino in uscita e al rientro della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di truffa continuata in danno di ente pubblico.In particolare, i giudici di merito hanno evidenziato che il G. non ha provato di aver lavorato oltre l'orario stabilito e per un numero di ore esattamente pari a quelle in cui si è indebitamente assentato senza timbrare il cartellino peraltro, se pure i diretti superiori ed i colleghi del ricorrente erano a conoscenza del fatto che egli usciva dall'ospedale per la pausa pranzo, non nascondendo il fatto di non timbrare il cartellino in uscita e al rientro, non poteva escludersi la sussistenza degli artici e raggiri, oltreché dell'ingiusto profitto con altrui danno, tenuto conto che l'ente pubblico è spersonalizzato, che la frode era diretta contro l'ente pubblico e che il pagamento delle retribuzioni avveniva in forma automatica, da parte della direzione amministrativa, con la lettura dei cartellini orari da parte di un elaboratore . Ne consegue che, correttamente, la mancata timbratura del cartellino è stato ritenuto un espediente idoneo ad evitare che l'azienda ospedaliera, attraverso i sistemi automatizzati di calcolo delle retribuzioni, non si accorgesse delle anomalia e continuasse a pagare al G. l'intera retribuzione, come in concreto avvenuto. La configurabilità del reato di cui all'articolo 340 c.p. è stata pure adeguatamente motivata, in conformità alla giurisprudenza in materia della S.C., avuto riguardo alla sistematicità dei ritardi dell'imputato all'inizio delle visite mediche ed all'assenza alle riunioni del reparto. Occorre poi ribadire che l'eventuale disponibilità da parte dei colleghi del G. a supplire alle assenze e ritardi di quest'ultimo non rileva ai fini della condotta penalmente sanzionata il turbamento non irrilevante del servizio è stato, peraltro, contestato con riferimento alla interruzione del servizio medico del reparto ospedaliero, per completa scopertura del servizio di guardia attiva, non essendovi, in tal casi, altri medici presenti presso la struttura . Va, comunque, rammentato che, la S.C. ha ravvisato la ratio del reato di cui all'articolo 340 c.p. nella tutela non solo dell'effettivo funzionamento di un servizio pubblico, ma anche nell'ordinato svolgimento di esso, sicché, ai fini della sussistenza dell'elemento oggettivo non ha rilievo che la interruzione sia stata solo temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel regolare svolgimento del servizio stesso Cass. numero 44845/2007 numero numero 24068/2001 .Il ricorso, alla stregua di quanto osservato, va rigettato. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile costituita, liquidate come da dispositivo.P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile,Azienda Ospedaliera Universitaria, omissis , liquidate in complessivi Euro 3.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA.