In tema di infiltrazioni in condominio, e quindi di responsabilità per cose in custodia, il singolo condomino ha diritto ad ottenere l’intervento del condominio, legittimato passivo, a titolo di responsabilità oggettiva.
E’, così, legittima la sentenza con cui, dedotto il fatto che la parte pone a fondamento del proprio diritto ed accertati i fatti ed il nesso di causalità mediante c.t.u. disposta in sede di appello, viene condannato il condominio che non abbia fornito la prova liberatoria ad hoc ed abbia sostenuto, senza specificarne l’incidenza sui propri diritti e sul processo, il mero vizio procedimentale. Il principio si argomenta dalla sentenza numero 17268, depositata il 10 ottobre 2012. Il caso. Due coniugi lamentavano copiose infiltrazioni d’acqua nella loro cantina e chiedevano al condominio l’esecuzione delle opere necessarie all’eliminazione del problema. In primo grado, il condominio otteneva la chiamata in giudizio della società cooperativa che, all’epoca, aveva assegnato gli appartamenti ed aveva riconosciuto i vizi lamentati ciascun chiamato in giudizio chiamava, così, un altro soggetto e, quindi, il consorzio, incorporante per fusione la cooperativa, la società appaltatrice dell’edificio, il direttore dei lavori, l’impresa subappaltatrice delle opere di impermeabilizzazione ed, infine, due assicurazioni. La domanda dei condomini veniva, però, respinta in quanto essi avevano concluso soltanto nei confronti del condominio. In secondo grado, i coniugi-condomini chiedevano ed ottenevano l’ammissione della prova tecnica così, respinte la domanda attorea di risarcimento e le varie domande di garanzia delle controparti, il condominio veniva condannato ad eseguire le opere analiticamente descritte nella consulenza tecnica d’ufficio la quale accertava la precaria situazione della muratura perimetrale, adiacente il giardino condominiale e dei pozzetti, e macchie d’umidità nella cantina. Il caso in esame verte in tema di condominio, infiltrazioni in appartamento di proprietà esclusiva, danni, cose in custodia, legittimazione, consulenza tecnica d’ufficio, chiamata di terzi e domande di garanzia, responsabilità professionale, responsabilità oggettiva. In particolare, bisogna stabilire, sotto il profilo sostanziale, se e quali delle quattro situazioni giuridiche soggettive relative al condominio ed al condomino sussistano e, cioè, rispettivamente il dovere del primo di effettuare le opere ed il correlativo diritto del secondo a chiederne ed ottenere l’intervento del medesimo o, viceversa, il diritto del condominio ad andare esente da responsabilità e l’obbligo del condomino a provvedere personalmente ciò, quindi, al fine di valutare se sia configurabile l’obbligo, a carico del condominio, di eseguire le opere necessarie ed, altresì se sussista il diritto del condomino ad ottenere il risarcimento dei danni subìti. Necessita, pertanto, focalizzare sul concetto di condominio e di autonomia o dipendenza dei rapporti giuridici ed, in primis , accertare, sul piano formale, se sussista legittimazione passiva del condominio e se siano, o meno, invocabili situazioni di decadenza e/o prescrizione e, sotto il profilo sostanziale, valutare se la relazione peritale del c.t.u. possa, o meno, costituire prova in senso tecnico. Sulla responsabilità oggettiva. La responsabilità oggettiva, prevista per far fronte alle molteplici fonti di pericolo ravvisabili in particolari situazioni di fatto, determina, sulla base dell’esistenza del solo effettivo nesso causale, la responsabilità del danneggiante per il danno cagionato rectius , verificatosi come conseguenza immediata e diretta della propria condotta. L’unica possibilità per liberarsi dalla responsabilità è dimostrare l’assenza del rapporto di causalità tra la condotta e l’evento ovvero provare positivamente il fatto estraneo alla propria sfera di controllo avente impulso causale autonomo si configura, invece, la responsabilità qualora persista l’incertezza sull’individuazione della causa concreta. Segnatamente, il semplice rapporto con la cosa in custodia ed il nesso causale tra la res ed il nocumento arrecato si pone, in via genetica, a carico di chi si trova in una relazione di fatto con la medesima cosa che gli consenta di prevedere e controllare i rischi ad essa inerenti. La natura giuridica del condominio le parti comuni ed il difetto-fonte del danno. Il condominio è qualificabile come successore, a titolo particolare, del costruttore-venditore tuttavia, esso non subentra nella personale responsabilità di quest’ultimo e, pertanto, non è invocabile, a carico del condominio, la norma di cui all’articolo 1669 c.c. Così, si configura responsabilità oggettiva del condominio quando il danno si ravvisi cagionato non da un comportamento del custode il condomino bensì dalla cosa in custodia ovvero quando il danno sia riconducibile nell’ambito del dinamismo connaturale alla res medesima all’uopo, il condominio, quale ente, può liberarsi da tale responsabilità esclusivamente superando la presunzione codicistica di colpa e, cioè, provando il caso fortuito. In altri termini, il condominio è responsabile in via originaria, autonoma ed oggettiva nel caso in cui il fenomeno dannoso, verificatosi su un bene di proprietà esclusiva del singolo condomino, sia originato da difettosa realizzazione delle parti comuni dell’edificio. Il CTU e la consulenza tecnica d’ufficio posizione, funzione ed efficacia probatoria. Il consulente è un ausiliario tecnico, nel campo della propria particolare esperienza, del magistrato e può ricevere l’incarico di valutare i fatti accertati dal magistrato o dati per esistenti funzione deducente ed, altresì, di accertare i fatti stessi funzione percipiente in tale secondo caso, la consulenza può costituire fonte oggettiva di prova. Ciò nonostante, le parti sono, comunque, tenute all’onere probatorio, deducendo almeno il fatto che pongono a fondamento del proprio diritto, e non possono, invece, rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del c.t.u peraltro, la nomina del c.t.u. è necessaria e la consulenza tecnica è ammissibile quando il magistrato ritenga che il fatto sia possibile, rilevante e tale da lasciare tracce accertabili o, comunque, da poter essere ricostruito dal medesimo c.t.u., quando l’accertamento richieda cognizioni tecniche che il giudice non possiede ed il c.t.u. indaghi sui fatti prospettati dalle parti e non su fatti sostanzialmente differenti. La consulenza tecnica d’ufficio assurge, così, a valido fondamento di condanna se ha consentito di accertare, visivamente ed in termini eziologici, il problema ed i conseguenti lavori da eseguire. In tal senso, quindi, in mancanza della contro-prova, a nulla vale affermare che nella c.t.u. le infiltrazioni fossero valutate come non attuali e non copiose e che i rimedi fossero soltanto consigliati così, non può sostenersi la tesi dell’inesistenza di un danno attuale onde configurare il danno come futuro e, dunque, ipotizzare l’illegittimità della configurazione della responsabilità oggettiva per danni, ritenuti, non ancora verificatisi e della condanna ad un facere sulla base di una, ritenuta, mera eventualità di danno futuro. La validità delle prove ed i vizi processuali l’onere espositivo. L’impugnazione, in sede di legittimità, della sentenza di merito, invocando un vizio del processo/procedimento, è ammissibile, ed idonea a determinare l’annullamento del relativo provvedimento giurisdizionale, se si prospettino, ritualmente e specificamente, le ragioni es. lesione del diritto di difesa per cui tale vizio/violazione abbia comportato l’ingiustizia del processo stesso. In altri termini, il condominio, onde sostenere la tesi dell’ eventuale tardività delle prove articolate dal condomino-danneggiato, non può limitarsi a denunciare presunti vizi di attività del magistrato, poiché ciò non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, bensì deve precisarne la sussistenza e l’incidenza sulla determinazione della competenza, sul contraddittorio, sui diritti della difesa o sul regime delle prove. Il condominio, quale custode, deve intervenire per eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria, anche se di esclusiva proprietà del condomino. In ambito di rapporti tra condomini e condominio, a fronte degli oneri e degli obblighi gravanti sui singoli condomini, il condominio è titolare di una posizione mista ed giuridicamente endogena per cui grava, su di esso, una responsabilità intrinseca, primaria ed oggettivamente estesa non elaborata e non duplicata , in via ordinaria, sui proprietari partecipanti. Peraltro, sotto il profilo formale, l’eventuale travisamento, da parte del giudice di merito, dei fatti accertati dal c.t.u. costituisce motivo di revocazione e non di ricorso per cassazione, quest’ultimo rimedio esperibile invece quando si invochi l’errata valutazione dei fatti.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 giugno - 10 ottobre 2012, numero 17268 Presidente Triola – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 12 aprile 2000 i coniugi G.M. e M.C. evocavano, dinanzi al Tribunale di Milano, il Condominio di numero 17 – Milano deducendo copiose infiltrazioni d'acqua nella loro cantina, per cui ne chiedevano la condanna all'esecuzione delle opere necessarie all'eliminazione degli inconvenienti lamentati, oltre al ristoro dei danni subiti. Instaurato il contraddicono, nella resistenza del Condominio, che in via preliminare chiedeva ed otteneva di chiamare in giudizio la COOPIND s.c.r.l., la quale aveva a suo tempo assegnato gli appartamenti e che aveva riconosciuto i vizi lamentati, attivandosi in parte per eliminarli, costituita anche la terza chiamata CO.R.Ab. Consorzio Regionale Cooperative di Abitazione Lombardia , incorporante per fusione la COOPIND, che eccepiva la decadenza degli attori e del Condominio dalla garanzia, nonché la maturata prescrizione, chiedendo ed ottenendo di chiamare a sua volta in causa la s.r.l. Ing. P.C., appaltatrice dell'edificio, la quale nel costituirsi eccepiva la propria carenza di legittimazione, nonché la decadenza e prescrizione ex articolo 1669 c.c., oltre a chiedere ed ottenere di chiamare in causa anche l'arch. D.A., quale direttore dei lavori e l'Impresa Ing. A.A., quale società subappaltatrice delle opere di impermeabilizzazione, e quest'ultima nel costituirsi, a sua volta, chiedeva ed otteneva di chiamare in giudizio la R.A.S. e la WINTERTHUR per essere dalle stesse manlevata, le quali nel costituirsi sostenevano l'estraneità dell'evento dannoso al rischio assicurato, il Tribunale adito, rilevato che gli attori avevano concluso solo nei confronti del Condominio, rigettava la domanda attorea e dichiarava cessata la materia del contendere rispetto alle numerose domande di garanzia e di manleva dei terzi chiamati. In virtù di appello interposto dai M-C., i quali invocavano l'applicazione dell'articolo 2051 c.c., la Corte di appello di Milano, nella resistenza del condominio, integrato il contraddittorio nei confronti delle restanti parti, accoglieva il gravame e in riforma della sentenza impugnata condannava il Condominio ad eseguire le opere analiticamente descritte nella c.t.u. respingeva la domanda attorea di risarcimento respingeva la domanda di garanzia spiegata dal condominio nei confronti della COR.CA.B. già COOPIND per mancata denuncia dei vizi respingeva anche la domanda in manleva spiegata dalla COR.CA.B. nei confronti della Impresa P. per essere la denuncia dei difetti de quibus oltre il termine di giorni 60 di cui all'articolo 1667 c.c. del pari veniva respinta la domanda in garanzia spiegata nei confronti della Impresa M. per decorrenza dei termini previsti dagli articolo 1667 e 1669 c.c., da cui discendeva anche il rigetto delle domande di garanzia da quest'ultima spiegata nei confronti delle assicurazioni RAS e WINTERTUR infine, pure infondata veniva ritenuta la domanda spiegata dalla P. nei confronti dell'arch. \D, quale direttore dei lavori, non emergendo dalla documentazione in atti elementi idonei a fondare una responsabilità autonoma di detto professionista. A sostegno della adottata decisione la corte distrettuale evidenziava che dal tenore della c.t.u., diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, andava ravvisata la responsabilità del Condominio ai sensi dell'articolo 2051 c.c. dovendosi il danno ritenere cagionato non da un comportamento del custode, ma dalla cosa in custodia, ossia nell'ambito del dinamismo connaturale alla cosa medesima, responsabilità superabile solo dalla prova liberatoria avente ad oggetto il superamento della presunzione di colpa ovvero il caso fortuito. Avverso la indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Condominio, che risulta articolato su sette motivi, al quale hanno resistito i coniugi M-C e l'AURORA ASSICURAZIONI con separati controricorsi. Il Condominio ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697, comma 1, c.c. in relazione all'articolo 2051 c.c. e agli articolo 115, comma 1, 116, 163, comma 3, numero 5, c.p.c., nonché il vizio di motivazione per avere la corte di merito accolto la domanda attorea pur in assenza di prova, in entrambi i gradi di giudizio, delle continue infiltrazioni e dei continui allagamenti esistenti nella cantina di loro proprietà, come emergeva dalla stessa consulenza tecnica di ufficio, di cui il giudice del gravame avrebbe estrapolato alcune frasi per basare il suo convincimento. Conclude il motivo il seguente quesito Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi è stata violazione o falsa applicazione della norma di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 s/o insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo del giudizio ex articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. in relazione a al violato articolo 2697, comma 1, c.c., disapplicato dalla Corte di appello per omesso onere della prova da parte degli attori - appellanti M-C in entrambi i gradi del giudizio di merito b al violato articolo 2051 c.c., erroneamente applicato dalla Corte di appello, nonostante l'inesistenza del danno cagionato alle cose in custodia e nonostante gli eseguiti interventi del condominio nel corso del 1999 c al violato articolo 155, comma 1, c.p.c. per avere la Corte di appello fondato la sua decisione su prove inesistenti e mai proposte dagli attori d al violato articolo 166 c.p.c. per avere la Corte di appello valutato senza alcun prudente apprezzamento la consulenza tecnica d'ufficio e al violato articolo 163, comma 3, numero 5 c.p.c. per avere la Corte di appello pronunciato la sentenza appellata stante l'omessa specifica indicazione dei mezzi di prova e l'omessa produzione documentale da parte degli attori appellanti . Con il secondo motivo viene dedotta la omessa pronuncia su espressa domanda del Condominio con violazione dell'articolo 112 c.p.c., nonché il vizio di motivazione per avere la corte di merito evidenziato che il ricorrente fin dalle sue prime difese aveva sostenuto la carenza di legittimazione passiva, ma poi non aveva speso alcuna argomentazione sul punto. In ragione di ciò, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi è stata violazione o falsa applicazione della norma di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 e/o omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio di cui all'articolo 360, comma 1, numero 5, in relazione al violato articolo 112 c.p.c. avendo la corte di appello omesso di motivare sulla domanda formulata dal Condominio di via di numero 17 di Milano e relativa atta carenza di legittimazione passiva . Con il terzo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., degli arti 115 e 116 c.p.c., anche per vizio di motivazione per avere la corte di merito riconosciuto [a responsabilità del Condominio sulla base della relazione peritale, nonostante questa non costituisca prova in senso tecnico. Il ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi sia stata violazione o falsa applicazione della norma di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo del giudizio ex articolo 360, comma 1, numero 5 in relazione a al violato articolo 2697 c.c. per avere la corte di appello considerato la relazione del c.t.u. quale prova documentale a favore degli attori, nonché per avere mal valutato ed interpretato il reale contenuto letterale della menzionata relazione del c.t.u. b al violato articolo 115 c.p.c. per avere la corte di appello fondato la sua decisione su prove inesistenti e mai proposte dagli attori c al violato articolo 116 c.p.c. per avere la corte di appello valutato senza alcun prudente apprezzamento la consulenza tecnica di ufficio e l'inesistenza delle prove attoree . Con il quarto motivo viene dedotta la omessa pronuncia su una espressa domanda degli appellanti, con violazione dell'articolo 112 c.p.c, nonché vizio di motivazione, relativa all'ammissione della prova di appello dagli stessi dedotta solo nell'atto di appello, il motivo culmina nel seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi sia stata violazione o falsa applicazione ella norma di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo del giudizio ex articolo 360, comma 1, numero 5 in relazione al violato articolo 112 c.p.c. avendo la corte di appello omesso di motivare sulla domanda di ammissione del capito di prova articolato dai coniugi appellanti nel giudizio di secondo grado . Con il quinto motivo nel denunciare la violazione dell'articolo 112 c.p.c., il ricorrente insiste nella censura sull'interpretazione della relazione peritale adottata dalla corte di merito, giacché ad avviso del Condominio il c.t.u. avrebbe accertato che le infiltrazioni non erano attuali, né copiose ed i rimedi prospettati erano solo consigliati, terminando con il seguente quesito Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi sia stata violazione o falsa applicazione della norma di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. in relazione ai violato articolo 112 c.p.c. essendosi la corte di appello pronunciata oltre i limiti della domanda degli appellati nel giudizio di secondo grado, in particolare per avere gli appellanti domandato la condanna del convenuto sulla base e in conseguenza di un accertamento di fatti rivelatisi insussistenti e per essersi, ciononostante, la corte di appello ugualmente pronunciatasi sulla domanda di condanna . Con il sesto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli articolo 2043 e 2051 c.c. e questo il quesito conclusivo Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi sia stata violazione o falsa applicazione della norma di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., in relazione ai violati articolo 2043 e 2051 c.c. avendo la corte di appello condannato a un tacere sulla base di una mera eventualità di danno futuro, in assenza di una danno attuale, anzi con la prova della inesistenza di un danno . Con il settimo ed ultimo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2051 c.c., nonché dell'articolo 112 c.p.c., anche per vizio di motivazione per avere la corte di merito condannato il Condominio ad un tacere per modificare lo stato dei luoghi, onde prevenire eventuali danni futuri, mentre il giudice del gravame ha fondato tutta la motivazione sulla nozione di responsabilità oggettiva, che non può sussistere per danni non ancora verificatisi. Questo il quesito conclusivo Dica la Suprema Corte di Cassazione se vi sia stata violazione o falsa applicazione della norma di diritto di cui all'articolo 2051 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., nonché violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., per motivazione contraddittoria, per avere la Corte di appello di Milano erroneamente applicato la norma di cui all'articolo 2051 c.c. relativamente alla responsabilità oggettiva, e non la regola generale che impone la sussistenza quanto meno dell'elemento soggettivo della colpa a una fattispecie nella quale non è stato ravvisato alcun danno attuale inoltre per avere la corte di appello di Milano accolto la domanda svolta ai sensi dell'articolo 2051 c.c. nonostante non fosse presente l'elemento oggettivo del danno attuale , essendosi la corte di appello pronunciata oltre i limiti della domanda degli appellati nel giudizio di secondo grado, in particolare per avere gli appellanti domandato la condanna del convenuto sulla base e in conseguenza di un accertamento di fatti rivelatisi insussistenti e per essersi, ciononostante, la corte di appello ugualmente pronunciatasi sulla domanda di condanna . È pregiudiziale l'esame del secondo motivo che attiene alla legittimazione del Condominio. La responsabilità del condominio è stata in entrambi i gradi prospettata esclusivamente in relazione alla presenza di vizi che gli attori avevano ab origine ricondotto a difetti di progettazione e realizzazione del manufatto edilizio da parte del costruttore. Nell'individuare la norma applicabile al caso di specie, sia il giudice di primo grado sia quello di secondo grado, hanno sussunto la fattispecie nell'ambito applicativo dell'articolo 2051 c.c., pur traendone i due giudici conseguenze diverse. Una volta chiaramente esposto che il fatto generatore del danno era da individuarsi nei vizi di progettazione ed esecuzione imputabili al costruttore, non altra situazione giuridica soggettiva che quella della proprietà comune delle parti dell'edificio, i cui vizi ingeneravano il danno, poteva essere stata dedotta dagli attori a fondamento della pretesa fatta valere nei confronti del condominio, per cui non sussiste la lamentata violazione dell'articolo 112 c.p.c Del resto la corte di merito si è correttamente attenuta al consolidato principio affermato da questa corte secondo cui qualora il fenomeno dannoso lamentato dal singolo condomino sui beni di proprietà esclusiva sia originato da difettosa realizzazione delle parti comuni dell'edificio nella specie precaria situazione della muratura perimetrale adiacente il giardino condominiale e dei pozzetti , nei confronti di questi è responsabile, in via autonoma ex articolo 2051 c.civ., il Condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria cfr. Cass. 12 luglio 2011 numero 15291 Cass. 15 aprile 1999 numero 3753 Cass. 21 giugno 1993 numero 6856 Cass. 25 marzo 1991 numero 3209 Cass. 9 maggio 1988 numero 3405 . Non si tratta di una responsabilità a titolo derivativo il Condominio, pur successore a titolo particolare del costruttore venditore, non subentra nella sua personale responsabilità, legata alla sua specifica attività e fondata sull'articolo 1669 c.civ. , bensì di autonoma fonte di responsabilità ex articolo 2051 c.civ. cfr. Cass. 6856/93, cit. . La doglianza è, dunque, infondata. Del pari non è accoglibile la prima censura con il quale viene lamentato il mancato assolvimento dell'onere probatorio gravante sui condomini resistenti. La Corte d'appello di Milano ha accertato che c'erano delle macchie di umidità nella cantina dei condomini controricorrenti, i lavori da eseguire per porre ad esse rimedio e la causa che le ha prodotte, facendo proprio quanto ha ritenuto che il consulente tecnico di ufficio aveva esposto al riguardo nella sua relazione. Il ricorrente sostiene in buona sostanza che in tale relazione il consulente tecnico ha affermato fatti diversi da quelli che la corte territoriale in essa ha letto, estrapolandone alcune frasi per basare il suo convincimento denunzia quindi non una errata valutazione dei fatti accertati dal consulente, ma il travisamento di quanto da questi riferito. Tale travisamento, se davvero è stato commesso, costituisce motivo di revocazione, non di ricorso per cassazione v., tra le tante, Cass. 13 gennaio 1990 numero 92 Cass. 22 febbraio 1999 numero 1477 . Anche se si volesse prescindere dall'osservazione che precede, resterebbe comunque insuperabile il rilevo che il Condominio ricorrente ha certamente inteso censurare gli apprezzamenti di merito espressi dada corte distrettuale con argomentazioni esaustive e prive di vizi logici e giuridici, dopo avere accertato la presenza di macchie di umidità nella cantina dei condomini resistenti. Pure privo di pregio è da ritenere il terzo motivo che denuncia cattivo governo delle fonti di prova, considerando tale anche la consulenza tecnica di ufficio. L'articolo 61 c.p.c. consente al giudice di farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. Il consulente è dunque un ausiliario tecnico del giudice e lo assiste nei suoi compiti di acquisizione e di vantazione delle prove. Come è stato detto, non si pone di fronte al giudice, ma collabora con esso, accanto ad esso, per assisterlo e consigliarlo nel campo della propria particolare esperienza. Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti consulente deducente , ma anche quello di accertare i fatti stessi consulente percipiente . Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova cfr Cass. 1 ottobre 1999 numero 10871 Cass. 31 marzo 1990 numero 2629 Cass. 4 aprile 1989 numero 1620 Cass. 19 aprile 1988 numero 3064 . Naturalmente ciò non significa che le parti possano sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente, è necessario, invece, che la parte deduca quanto meno il fatto che pone a fondamento del proprio diritto che il giudice ritenga che il fatto sia possibile, rilevante e tale da lasciare tracce accertabili o, comunque, da poter essere ricostruito dal consulente che l'accertamento richieda cognizioni tecniche che il giudice non possiede che il consulente indaghi sui fatti prospettati dalle parti e non su fatti sostanzialmente diversi. Nel caso in esame il giudice ha affidato al c.t.u. l'incarico di accertare a l'origine, la natura e l'entità dei fenomeni dannosi lamentati dagli attori b le cause che li hanno prodotti, con indicazione del nesso di causalità con i vizi riscontrati c l'entità dei danni subiti, i rimedi per la loro eliminazione e per il ripristino. La consulenza ha avuto dunque per oggetto l'accertamento di fatti che presuppongono particolari competenze tecnico - costruttive che il giudice normalmente non ha e pertanto essa deve ritenersi perfettamente ammissibile e regolarmente espletata. Quanto ai quesiti di cui alle lett. b e c , riproducendo gli stessi le circostanze di cui al primo motivo, vale quanto sopra esposto. Non è accoglibile neanche il quarto motivo. Per consolidato orientamento di questa corte la denuncia di vizi di attività del giudice non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l'eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza della denunciata violazione. Sicché, non potendosi configurare un generico ed astratto diritto alla regolarità del processo fine a se stesso, è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare a fondamento dell'impugnazione stessa le ragioni per le quali tale violazione abbia comportato l'ingiustizia del processo stesso, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette cfr Cass. 19 agosto 2003 numero 12122 . Nella specie il ricorrente lamenta meri vizi formali del procedimento, relativi ad omessa pronuncia su espressa richiesta di prove articolate peraltro dagli appellanti odierni resistenti , senza prospettare alcuna lesione al proprio diritto di difesa, con la conseguenza che l'addotta violazione non acquista rilievo idoneo a determinare l'annullamento della sentenza impugnata cfr Cass. 20 novembre 2009 numero 24532 Cass. 28 gennaio 2005, numero 1820 Cass. 8 febbraio 2003, numero 1915 Cass. 14 febbraio 2000, numero 1619 , non essendo stato esposto ritualmente e specificamente che l'asserito vizio omessa pronuncia su prove articolate dai controricorrenti, che si assumono tardive abbia inciso sulla determinazione della competenza, sul contraddittorio, sui diritti della difesa o sul regime delle prove. L'infondatezza del quinto motivo discende dalla considerazione che la domanda attorea è stata accolta nei limiti in cui la consulenza tecnica di ufficio ne ha accertato la sua fondatezza, argomentando proprio dai rilievi effettuati dall'ausiliario del giudice mentre quella del sesto è correlata al rilievo che la critica si appunta sulla valutazione di merito della corte di appello, in sé insindacabile in questa sede e comunque fondata su accertamenti tecnici, che hanno verificato l'esistenza di macchie di umidità e del cui risultato si da conto in sentenza. È da rigettare, infine, anche il settimo motivo posto che, per un verso non si rilevano né le violazioni di legge alle quali è fatto riferimento per quanto già esposto ai motivi uno e due né i vizi della motivazione e che, per altro verso, attraverso quegli stessi motivi la parte tende inammissibilmente ad ottenere da questa corte di legittimità una ulteriore valutazione del merito della causa. Il ricorso va conclusivamente respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il Condominio ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida per ciascuna parte resistente in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge.