L’eventuale ammissione al rito abbreviato condizionato in sede dibattimentale è comunque subordinata alla identità della nuova richiesta rispetto a quella già formulata al Giudice dell’udienza preliminare.
Il caso. Il Tribunale di Sciacca condannava S.B. alla pena di anni nove di reclusione, ritenendolo colpevole, ex articolo 609-bis, co. 1, c.p., di tredici episodi di violenza sessuale. In particolare, l’imputato, dirigente scolastico, abusando dell’autorità ad esso derivante dal ruolo ricoperto all’interno dell’istituto, avrebbe costretto le studentesse a subire atti sessuali. La Corte di Appello di Palermo confermava la pronuncia di prime cure, fatte salve le lievi riduzioni della pena e delle somme risarcitorie in favore delle parti civili. Avverso tale sentenza, i difensori di S.B. ricorrevano per Cassazione, deducendo plurimi motivi di gravame. Tra gli stessi, particolare rilievo hanno quelli afferenti la violazione di legge ed il vizio di motivazione delle norme processuali disciplinanti il giudizio abbreviato condizionato, considerata la richiesta in tal senso formulata in sede di udienza preliminare e, poi, reiterata dinanzi al Giudice del dibattimento. La seconda parte dei motivi di gravame si concentra, invece, sulla mancata concessione di possibili attenuanti, nello specifico quelle di cui agli articolo 609 bis, comma 3, 62, comma 1, numero 6, e 62 bis, c.p La possibilità di reiterare la richiesta di rito alternativo. La difesa dell’imputato, in sede di udienza preliminare, aveva formulato richiesta di rito abbreviato condizionato all’espletamento di perizia psichiatrica nei confronti dello stesso, ed all’esame del consulente tecnico di parte. Il GUP aveva rigettato la medesima, ritenendo tale attività, da un lato, non necessaria, considerato che non erano emersi elementi da cui ricavare la sussistenza di patologie in capo all’imputato e, dall’altro, incompatibile con le esigenze di economia processuale del rito, stante la sua complessità. La difesa riproponeva la richiesta di rito alternativo al Giudice del dibattimento, il quale, tuttavia, rigettava la medesima, rilevando che la stessa era stata formulata in termini diversi da quella prospettata in sede preliminare. In effetti, la nuova richiesta di giudizio abbreviato era stata condizionata alla sola escussione del ctp, e non anche alla perizia psichiatrica. Ora, pronunciandosi sui relativi motivi di ricorso, la Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza di legittimità in materia, ha chiarito due profili anzitutto, la condizione cui viene subordinata la richiesta di rito alternativo deve essere, contemporaneamente, necessaria e compatibile, dovendo la stessa, sulla scorta del proprio carattere integrativo, e non sostitutivo, del materiale probatorio già acquisito ed utilizzabile ai fini della decisione, fornire un contributo essenziale alla stessa. Inoltre, la Corte ha avuto modo di precisare come il sindacato di legittimità sulla decisione con cui il GUP ha rigettato l’originaria richiesta non è concretamente attuabile nel caso de quo, a causa della parziale differenza tra la stessa e quella formulata successivamente in sede dibattimentale. In effetti, statuiscono i Supremi Giudici, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario in materia – che prende le mosse da una pronuncia costituzionale del 2003 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 438, comma 6, c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la possibilità, in caso di rigetto in sede di udienza preliminare, di reiterare la richiesta di abbreviato condizionato davanti al giudice dibattimentale di primo grado – prevede, ad substantiam, che la nuova richiesta sia identica a quella illo tempore proposta al GUP. Infatti, nel caso di difformità tra le stesse – come nel caso di specie – la nuova richiesta andrà rigettata processualmente, ovvero senza neppure entrare nel merito. Rigidi criteri per la concessione delle attenuanti. Nel rigettare anche i motivi di gravame afferenti la mancata concessione delle attenuanti, la Corte di Cassazione ha, in primis, chiarito come la circostanza di cui al comma 3 dell’articolo 609 bis c.p., si applica solo ove, avuto riguardo a mezzi, modalità e circostanze del fatto, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compromessa in maniera non grave. In secundis, con precipuo riguardo all’attenuante di cui all’articolo 62, numero 6, c.p., il Supremo Consesso ha precisato come il risarcimento del danno, per produrre un effetto riduttivo della pena, deve essere integrale, ovvero deve riguardare la riparazione di ogni effetto dannoso, sia materiale che morale, in favore della vittima e, in presenza di più persone offese, il risarcimento deve essere effettuato in favore di ciascuna di esse. Quanto, infine, alle attenuanti generiche, la Corte di legittimità ha statuito la correttezza della scelta dei giudici di merito di non concedere tale beneficio, considerando la sussistenza di precisi elementi ritenuti ostativi, tra cui l’abuso del ruolo ricoperto dall’imputato all’interno dell’istituto scolastico e la molteplicità degli atti di violenza.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 luglio - 3 ottobre 2012, numero 38507 Presidente De Maio – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sciacca, con sentenza del 28.10.2010, condannava S B. , riconosciuta la circostanza attenuante dell'avvenuto risarcimento del danno in ordine ai soli reati di cui ai capi c ed e , alla pena di anni nove di reclusione per tredici episodi di violenza sessuale ex articolo 609 bis co. 1 c.p. per avere, abusando della posizione autoritativa derivante dall'esercizio della funzione di dirigente dell'Istituto IPSCT, costretto le studentesse di quell'istituto a subire atti sessuali. La Corte di Appello di Palermo, in data 5.10.2011, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Sciacca, riduceva la pena inflitta in primo grado ad anni sette di reclusione riduceva altresì il risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili. Riteneva, innanzitutto, la Corte territoriale corretta la decisione del primo giudice che aveva rigettato la richiesta di giudizio abbreviato condizionato. La richiesta riproposta in dibattimento era, infatti, completamente diversa rispetto a quella avanzata all'udienza preliminare si chiedeva infatti l'audizione del consulente di parte e non più l'espletamento di perizia d'ufficio . Andava, poi, disattesa la richiesta di rinnovazione del dibattimento per l'espletamento di perizia, risultando già dagli atti elementi di giudizio per ritenere la capacità di intendere e di volere dell'imputato. Tale capacità emergeva, invero, dalle dichiarazioni rese dalle minori, dalle riprese video e dalle dichiarazioni della dr.ssa A S. in ordine alla lucidità e determinazione del prevenuto nel momento in cui veniva posta in essere la condotta. La prova dei reati contestati si evinceva, indiscutibilmente, dalle dichiarazioni delle parti offese, dalle riprese video effettuate dalle stesse minori, e dalle parziali ammissioni rese dall'imputato in sede di interrogatorio assumeva di avere avuto dei momenti di debolezza con le ragazze . Il reato era stato correttamente qualificato, risultando che l'imputato, avvalendosi della posizione di supremazia derivantegli dal suo ruolo di vertice all'interno della scuola, aveva posto in essere atti di aggressione alla sfera sessuale delle studentesse. Non poteva, infine, essere riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 609 bis co.3 c.p., avendo la condotta posta in essere dall'imputato determinato una grave violazione della sfera sessuale delle vittime né andavano riconosciute le circostanze attenuanti generiche, non ricorrendo alcun elemento di segno positivo idoneo a giustificare siffatto beneficio. 2. Ricorre per cassazione B.S. a mezzo dei difensori. L'avv. Aldo Rossi denuncia, con il primo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'articolo 442 c.p.p Dopo aver richiamato la pronuncia della Corte Costituzionale numero 169/2003 in relazione alla sindacabilità da parte del giudice dibattimentale del provvedimento del GIP di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, si trattava della medesima richiesta. La diversità riguardava solo la sintesi o l'articolazione orale, essendo identico il contenuto sostanziale attinente al difetto di imputabilità. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 438 co. 5 c.p.p., avendo il GIP ritenuto di non poter accogliere la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, risultando troppo complessa l'attività richiesta e non essendo emersa alcuna patologia dell'imputato. Ai contrario, le patologie dell'imputato erano emerse già in sede di applicazione della misura cautelare e l'accertamento richiesto non era complesso ed era decisivo ai fini della decisione. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 88 e/o 89 c.p., la mancata assunzione di una prova decisiva, il vizio di motivazione. Dopo aver richiamato la sentenza delle Sezioni Unite numero 9163 del 25.1.2005, secondo cui anche i disturbi della personalità possono rientrare eccezionalmente nel concetto di infermità ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, rileva che sia il consulente della P.M. che quello della difesa concordano su una ipoevoluzione della sfera affettiva. La Corte territoriale senza alcuna valutazione di carattere scientifico ha ritenuto di risolvere ogni problema sulla base di propri convincimenti, preconcetti e dati comuni. Con il quarto motivo denuncia il vizio della motivazione nella parte in cui travisa la consulenza della dr.ssa S. ed omette di valutare la consulenza del prof. C. . I consulenti concordavano su molti aspetti fondamentali della personalità dell'imputato, ritenendo che il predetto soffra di un disturbo della personalità riguardante la sfera affettiva una psicosi che lo induce in uno stato di fissazione della libido . In ogni caso la consulenza del prof C. risulta più convincente, dal momento che il consulente dei P.M. non ha mai incontrato l'imputato ed ha solo visionato i test somministrati dal prof. C. . Con il quinto motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di inquadrare i fatti nella ipotesi di minore gravità. Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità, evidenzia che i fatti non concernono azioni di penetrazione, né sono caratterizzati da particolare invasività, per cui la libertà sessuale delle persone offese è stata compressa in modo del tutto lieve. La Corte ha omesso di esaminare la fattispecie in relazione ai criteri di cui all'articolo 133 c.p., essendosi limitata ad affermare che la reiterazione delle condotte ed il ruolo di dirigente scolastico erano ostativi al riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità di cui all'articolo 609 bis co. 3 c.p Con il sesto motivo denuncia a violazione di legge in relazione all'articolo 62 numero 6 c.p. ed il vizio di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ritiene non congrue le somme offerte a titolo di risarcimento dei danni. Con il settimo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 62 bis c.p., nonché agli artt.81 e 133 c.p., ed il vizio di motivazione. Con l'ottavo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt.81, 62 numero 6 e 133 c.p. in ordine alla quantificazione dell'aumento di pena apportato per la continuazione. Con il nono motivo, infine, denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 1228 c.comma nella parte in cui la Corte di merito ha proceduto alla liquidazione equitativa in assenza di prova dell'esistenza di un danno o, comunque, della difficoltà di dimostrazione del preciso ammontare ed il vizio di motivazione nella parte in cui non indica adeguatamente le ragioni per l'applicazione dell'articolo 1226 c.p 2.1. Con altro ricorso a firma congiunta del medesimo avv. Aldo Rossi e dell'avv. Claudio Gallina Montana si propongono sostanzialmente le stesse doglianze in tema di capacità di intendere e di volere, di mancato riconoscimento della ipotesi di minore gravità, delle circostanze attenuanti generiche, della circostanza attenuante di cui all'articolo 62 numero 6 c.p., di quantificazione della pena. 2.2. Con motivi aggiunti del 21.6.2012, in relazione ai primo motivo di ricorso ed in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso medesimo, si ribadisce che l'istanza di rito abbreviato condizionato, riproposta davanti al Tribunale, non era diversa, né sotto il profilo quantitativo, né sotto quello qualitativo, e si allegano la richiesta di rito abbreviato del 2.11.2009, la reiterazione della richiesta davanti al Tribunale e l'ordinanza del Tribunale dell'8.2.2010. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 2. In relazione alla eccepita violazione delle norme sui rito abbreviato ex articolo 438 e ss. c.p.p., risulta pacificamente come emerge dalla stessa documentazione allegata dal ricorrente ai motivi aggiunti che davanti al GIP era stato richiesto il giudizio abbreviato condizionato all'espletamento di perizia psichiatrica ed all'esame del consulente di parte. Con l'istanza in data 2 novembre 2009, dopo aver premesso che occorreva procedere ad un'indagine psichiatrica sul B.S. , necessaria ai fini della decisione, compatibile con te finalità di economia processuale, si chiedeva ai sensi degli artt.458 co. 1 e 438 co. 5 c.p.p., per le ragioni indicate, il giudizio abbreviato condizionato all'accertamento della capacità di intendere e di volere nonché all'esame del consulente tecnico di parte prof. G C. . li GIP rigettava la richiesta perche la complessa attività istruttoria risultava incompatibile con il rito e, comunque, perche non necessaria. La richiesta di rito abbreviato condizionato veniva riproposta davanti al Tribunale, in limine litis, all'udienza del 20 gennaio 2010. Si legge nel verbale di udienza che il difensore così si esprimeva Volevo reiterare Presidente, la richiesta di definizione dell'odierno procedimento, con le forme del rito abbreviato condizionato all'esame del professore G C. , che è tecnico di parte . Il Tribunale, con ordinanza dell'8.2.2010, rigettava la richiesta, assumendo che l'istanza di rito condizionato proposta in sede dibattimentale è diversa da quella depositata dinanzi al GIP in quanto ha ad oggetto esclusivamente l'esame del suo consulente, Professore C. , senza comprendere anche la richiesta di perizia psichiatrica contestualmente avanzata dal GIP in sede . 2.1. La formulazione davanti ai Tribunale era chiarissima, venendo la richiesta di giudizio abbreviato condizionata al solo esame del consulente di parte. Che poi nella illustrazione della richiesta medesima si facesse riferimento alla necessità di accertare l'imputabilità del ricorrente è perfettamente irrilevante. È del tutto evidente, invero, che si voleva far accertare la sussistenza o meno della capacità di intendere e di volere dell'imputato rilevante ai fini della decisione sull'accoglimento o meno della richiesta di rito abbreviato condizionato era, invece, il mezzo istruttorie che si chiedeva di espletare per conseguire tale finalità. Non può certo dirsi che l'espletamento di una perizia e l'esame di un consulente di parte possano, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, essere equiparati al solo esame del consulente di parte. L'espletamento di una perizia avrebbe richiesto, sotto il profilo dell'impegno processuale, la nomina di un perito, il conferimento dell'incarico, l'espletamento degli accertamenti nel contraddittorio delle parti, il deposito della relazione, l'esame del perito e dei consulenti in udienza. Ben meno dispendioso era il solo esame del consulente, risolvendosi esso in un'attività processuale relativamente semplice. Ineccepibilmente rilevava, pertanto, il Tribunale, nel rimarcare la diversità delle due richieste, che il GIP aveva rigettato la precedente istanza ritenendo incompatibile la complessa attività istruttoria che ne costituiva oggetto proprio sul presupposto che essa fosse anche subordinata all'espletamento della perizia psichiatrica pag. 6 sent. Trib. . Sotto altro e diverso profilo l'espletamento di una perizia di ufficio, benché più complessa in relazione alla speditezza del rito, offriva indiscutibili maggiori garanzie alle parti, a differenza dei solo esame del consulente di parte dell'imputato che avrebbe introdotto nel processo solo elementi a sostegno della tesi difensiva. Anche in punto di valutazione della necessità della integrazione probatoria richiesta le differenze erano notevoli, risultando già in atti la consulenza del prof. C. era, quindi, necessario sottoporre al Giudice argomenti tali da far ritenere l'assoluta necessità dell'esame del consulente medesimo. 2.2. L'articolo 438 comma 5 c.p.p. stabilisce che l'imputato può subordinare la richiesta di definizione dei processo allo stato degli atti ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulti necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. È necessario, dunque, perché possa farsi luogo a giudizio abbreviato condizionato che, tenuto conto delle risultanze già acquisite, la richiesta di integrazione appaia necessaria e compatibile . Tali requisiti debbono pacificamente ricorrere entrambi, per cui in difetto anche di uno solo di essi il giudice deve rigettare la richiesta. Quanto alla compatibilità con le finalità di economia processuale, il legislatore, pur allargando con la L16.12.1999 numero 479 le maglie del rito abbreviato si è preoccupato, comunque, di non snaturare le finalità proprie del rito. Evidentemente la semplificazione del meccanismo processuale e [Intento deflativo perseguiti a fronte del meccanismo premiale della riduzione di un terzo della pena verrebbero inevitabilmente compromessi dall'espletamento di integrazioni probatorie defatiganti e non celeri. Quanto alle caratteristiche dell'altro presupposto, occorre premettere che il legislatore della riforma, mediante il meccanismo delle ulteriori acquisizioni probatorie, necessarie per completare una piattaforma investigativa inadeguata, ha inteso superare lo scoglio dell'indecidibilità conseguente all'Insufficienza o incompletezza delle indagini preliminari, nel segno di quella tendenziale completezza delle stesse già indicate dalla Corte costituzionale sent. numero 88 del 1991 come premessa per l'incentivazione del rito semplificato. Un'attenta lettura del complessivo quadro normativo segna, tuttavia, il limite naturale delle ulteriori acquisizioni probatorie, nel senso che esse debbano essere soltanto integrative, non sostitutive, del materiale già acquisito ed utilizzabile come base cognitiva Cass., Sez. 6^, 8/4/2003, Bonasera, rv. 225678 , ponendosi, siccome circoscritte e strumentali ai fini della decisione di merito, quale essenziale e indefettibile supporto logico della stessa. Ne consegue che, per l'identificazione del carattere di necessità della integrazione probatoria richiesta, debba farsi riferimento ad un titolo specifico della prova, più stringente di quella provvista dei tradizionali requisiti di pertinenza/rilevanza e non superfluità previsti dall'articolo 190.1 del codice di rito, a norma del quale il giudice può escludere solo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue e irrilevanti . li valore probante dell'elemento da acquisire, cui fa riferimento l'articolo 438.5 c.p.p., va sussunto piuttosto nell'oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell'ambito dell'intero perimetro disegnato per l'oggetto della prova dalla disposizione generale di cui al l'articolo 187 c.p.p Di talché, la doverosità dell'ammissione della richiesta integrazione probatoria ne riflette il connotato di indispensabilità ai fini della decisione e trova il suo limite nella circostanza che un qualsiasi aspetto di rilievo della regiudicanda non rimanga privo di solido e decisivo supporto logico-valutativo Cass. Sez.Unumero numero 44711 del 27.10.2004 . La giurisprudenza successiva si è attestata su tale indirizzo interpretativo, sottolineando che la necessità dell'integrazione probatoria .presuppone da un lato l'incompletezza di un'informazione probatoria in atti, dall'altro, una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il tramite dell'attività integrativa, valutazione insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata cfr. cass. sez. 2 numero 43329 del 18.10.2007 . È significativo, inoltre, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che è abnorme il provvedimento del giudice dell'udienza preliminare che accolga solo in parte la richiesta di giudizio abbreviato dell'imputato subordinata ad integrazione probatoria, in quanto al giudice non è riconosciuta altra soluzione tra quella dell'accoglimento o quella del rigetto dell'Istanza cfr. ex multis Cass. penumero sez. 5 numero 15091 del 19.2.2003 . Sicché il GIP, davanti al quale era stata proposta la richiesta di rito abbreviato condizionato all'espletamento di perizia psichiatrica, per accertare la capacità di intendere e di volere dell'imputato, ed all'esame del consulente di parte doveva valutare la richiesta medesima nella sua interezza sotto il profilo della necessità e della compatibili nei termini sopra delineati. Tale valutazione il GIP effettuava negativamente, rigettando come si è visto la richiesta. 2.4. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 169 del 19.5.2003, la decisione dei GIP è soggetta a controllo giurisdizionale. Con tale sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell'articolo 438 c.p.p., comma 6, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinato ad un'integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado ed il giudice possa disporre il giudizio abbreviato. La necessità di un adeguamento costituzionale della norma è stata ravvisata dal giudice delle leggi nella violazione di ogni garanzia difensiva derivante dalla sottrazione della richiesta di giudizio abbreviato condizionato a qualsiasi forma di sindacato. Ed è stato infatti, tra l'altro, affermato nella parte motiva della sentenza che Alla luce del nuovo quadro normativo non vi è d'altro canto alcun ostacolo a che, qualora l'imputato riproponga prima dell'apertura del dibattimento la richiesta di giudizio abbreviato condizionata, sia lo stesso giudice del dibattimento, ove ritenga ingiustificato il rigetto della precedente richiesta, a disporre e celebrare il giudizio abbreviato . Sicché l'intervento della Corte Costituzionale non è finalizzato a consentire genericamente che la richiesta di rito alternativo possa essere nuovamente proposta, ma esclusivamente a far sì che quella richiesta di giudizio abbreviato condizionato, che è stata respinta dai giudice dell'udienza preliminare, sia sottoposta al vaglio del giudice del dibattimento, affinché valuti la necessità e compatibilità della prova richiesta con le finalità di economia processuale proprie del procedimento speciale ed eventualmente ammetta 'imputato al giudizio abbreviato condizionato. È stato, infatti, già affermato da questa Suprema Corte sui punto che in tema di giudizio abbreviato, dopo la notifica del decreto di giudizio immediato, la facoltà di riproporre, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, la richiesta subordinata ad un'integrazione probatoria, prima rigettata, implica che essa non sia mutata nel contenuto, sicché è preclusa sia la possibilità di proporre al giudice del dibattimento l'assunzione di prove diverse che di trasformare la richiesta da condizionata ad incondizionata V. Corte cost., numero 169 del 2003 . sez. 1,19.4.2006 numero 27778, Lombardi, RV 234964 . Peraltro, la ragione giustificatrice della necessità che la richiesta di rito abbreviato condizionato, respinta dal giudice, possa essere riproposta solo se formulata negli stessi termini deve ravvisarsi nel fatto che con fi rigetto della richiesta vengono meno i motivi di economia processuale che giustificano il trattamento premiale dell'imputato. Pertanto, la tardiva ammissione dell'imputato al rito alternativo ed al trattamento premiale può essere giustificata solo da una nuova valutazione della richiesta a suo tempo formulata da questi, che rilevi l'erroneità della decisione che non ha ammesso il giudizio abbreviato condizionato, e non certamente dal ripensamento dello stesso imputato in ordine al tipo di giudizio oggetto della ulteriore richiesta. Alla luce di tali rilievi è evidente che la formulazione, dopo il rinvio a giudizio, nella fase delle indagini preliminari di una richiesta di rito abbreviato non condizionato o subordinato ad una diversa integrazione probatoria, rende tale richiesta tardiva per essere stata formulata oltre il termine di decadenza stabilito dall'articolo 438 c.p.p., comma 2 così Cass. Sez. 3 numero 1851 del 2.12.2010 conf. Cass. Sez. 1 numero 21219 del 27.4.2011 Cass. sez. 2 numero 139 del 23.9.2011 . 2.4.1. Il Tribunale, davanti al quale era stata riproposta l'istanza, rilevato che essa, per i motivi in precedenza esposti, era diversa sia quantitativamente che qualitativamente, ha, applicando I principi sopra richiamati, correttamente rigettato la richiesta di rito abbreviato condizionato in quanto il parziale mutamento in dibattimento delle pregresse richieste rispetto a quelle originariamente presentate al GIP si appalesa tardivo in quanto compiuto oltre il termine di cui al secondo comma dell'articolo 438 c.p.p. e preclude, comunque, una disamina di legittimità del provvedimento impugnato, la cui decisione rimane ancorata e fondata su argomentazioni correlate alle originarie istanze istruttorie proposte proprio dinanzi al GIP pag. 5 sent.Trib. . Non essendosi limitato a rinnovare la richiesta già presentata al GIP, il ricorrente ha, quindi, Impedito al Tribunale di sindacare la correttezza del percorso logico giuridico dell'ordinanza di rigetto. Per altro verso la nuova richiesta di rito abbreviato avanzata davanti al Tribunale non poteva che incorrere nella censura di tardi vita ex articolo 438 co. 1 c.p.p Il che preclude anche in questa sede ogni sindacato in ordine alla legittimità dell'originaria richiesta di rito abbreviato condizionato all'espletamento di perizia ed all'esame del consulente di parte. 2.5. Altra e diversa questione riguarda il denunciato mancato espletamento, da parte della Corte territoriale, di perizia psichiatrica in parziale rinnovazione del dibattimento. Va, innanzitutto, ricordato che, indubitabilmente, in un sistema processuale come quello vigente, caratterizzato dalla dialettica dette parti, alle quali compete l'onere di allegare le prove a sostegno delle rispettive richieste, il giudice debba limitarsi a valutare soprattutto la pertinenza della prova al thema decidendum. Ogni diversa vantazione, collegata alla attendibilità della prova e quindi al risultato della stessa, esula dai poteri del giudice l'articolo 190 prevede invero che le prove sono ammesse a richiesta di parte e finirebbe per espropriare le parti del diritto alla prova. Tale diritto alla prova non è, però, assoluto , ponendo lo stesso legislatore dei limiti il giudice è tenuto Infatti ad escludere le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti articolo 190 comma 1 cod.proc.penumero . Tali principi sono stati reiteratamente ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il diritto all'ammissione della prova Indicata a discarico sui fatti costituenti oggetto della prova a carico, che l'articolo 495 comma secondo cod.proc.penumero riconosce all'Imputato incontra limiti precisi nell'ordinamento processuale, secondo il disposto degli artt.188,189,190 cod.proc.penumero e, pertanto, deve armonizzarsi con il potere-dovere, attribuito al giudice del dibattimento, di valutare la liceità e la rilevanza della prova richiesta, ancorché definita decisiva dalla parte, onde escludere quelle vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti cfr. Cass. penumero sez. 2 numero 2350 del 21.12.2004 . Per quanto riguarda il giudizio di secondo grado è altrettanto indubitabile che il giudice d'appello, dinanzi al quale sia dedotta la violazione del l'articolo 495, comma secondo, cod.proc.penumero deve decidere sull'ammissibilità della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall'articolo 190 stesso codice, mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dal successivo articolo 603 in ordine alla valutazione di ammissibilità delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado cfr. Cass. sez. 6 numero 761 del 10.10.2006 . Laddove, invece, non venga dedotta la violazione dell'articolo 495 c.p.p., il giudice di appello, in presenza di una richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, a norma dell'articolo 603 comma 1 c.p.p., dispone l'integrazione istruttoria solo se ritenga che il processo non possa essere deciso allo stato degli atti. Il sistema delineato dal legislatore è, quindi, assolutamente lineare e coerente. La parte che non abbia fatto richiesta dei mezzi di prova nei limiti e nei termini di cui all'articolo 495 può a parte li caso di ammissioni di prove ex articolo 507 c.p.p. cui non può non far seguito l'ammissione delle eventuali prove contrarie , successivamente, vedersi riconosciuto il diritto alta prova soltanto se si tratti di prove nuove o scoperte dopo il giudizio di primo grado. In tal caso e solo in tal caso vi è una sorta di restituzione in termini venendo la parte rimessa nella situazione preesistente sicché il giudice deve decidere sull'ammissione della prova secondo i criteri di cui al combinato disposto degli artt.495 comma 1 richiamato dall'articolo 603 comma 2 c.p.p. e 190 c.p.p., potendola quindi rigettare soltanto se manifestamente superflua o irrilevante . La rinnovazione del dibattimento nella fase di appello ha, infatti, carattere eccezionale, dovendo vincere la presunzione di completezza dell'indagine probatoria del giudizio di primo grado. Ad essa può, quindi, farsi ricorso solo quando il giudice la ritenga necessaria ai fini dei decidere. La richiesta di espletamento di perizia non era stata avanzata nel giudizio di primo grado neppure dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato, come si è visto, all'esame del consulente di parte per cui non può certo parlarsi di violazione dell'articolo 495 c.p. né si trattava di prova sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado. Sicché si rientrava nella previsione di cui all'articolo 603 comma 1 c.p.p., secondo cui la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale viene disposta dai Giudice di appello soltanto se ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. 2.5.1. La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha dato conto delle ragioni per cui non era necessario disporre, in parziale rinnovazione del dibattimento, perizia psichiatrica, risultando dalle emergenze processuali la piena capacità di intendere e di volere dell'imputato e potendo, quindi, il processo essere definito allo stato degli atti. La Corte di merito, rinviando legittimamente alla motivazione della sentenza di primo grado, ha evidenziato come dagli atti emergesse che il B. fosse assolutamente lucido e determinato nel suo intento di aggredire sessualmente” e si rendesse perfettamente conto del disvalore della condotta posta in essere. Ed è pacifico che, nell'ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile ai quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorché, quindi, le due sentenze concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo cfr. ex multis Cass. sez. 1 numero 8868 del 26.6.2000-Sangiorgi cfr. anche Cass. sez. unumero numero 6682 del 4.2.1992 Cass. sez. 2 numero 11220 del 13.1.1997 Cass. sez.6 numero 23248 del 7.2.2003 Cass. sez.6 numero 11878 del 20.1.2003 . In effetti già il Tribunale aveva ampiamente argomentato in proposito, esaminando sia la consulenza del P.M. che quella della difesa ed escludendo che il B. fosse affetto da un disturbo mentale idoneo ad integrare le ipotesi previste dagli artt.88 e 89 c.p Non c'è dubbio, come premette anche il Tribunale, che anche i disturbi della personalità, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possano rientrare nel concetto di infermità, è necessario però che siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale cfr. sent. Sez. Unumero numero 9163 del 25.1.2005 - Raso . Ma tali condizioni non emergevano certo dalle risultanze processuali. Assumeva il Tribunale che era decisamente da disattendere la tesi esposta dal consulente della difesa, secondo il quale la capacità di intendere e di volere dell'imputato era gravemente compromessa da un processo psicopatologico di “fissazione” disturbo dal quale si attiverebbero comportamenti cognitivo - relazionali tipici della età adolescenziale che avrebbero sospeso il suo sviluppo evolutivo sessuale ad una fase prepuberale . Dopo aver richiamato i condivisibili rilievi, in proposito, del consulente del P.M. rilevava il Tribunale a che nessun comportamento psicotico ipoevolutivo era emerso nelle relazioni sociali dell'imputato b che, essendosi sposato ed avendo anche procreato, aveva acquisito una piena maturità anche sul piano sessuale e i comportamenti tenuti durante gli abusi sessuali non erano certo determinati da una ludica e inconsapevole scelta prepuberale , ma piuttosto frutto di una programmata ideazione criminosa. Le condotte poste in essere erano quindi determinate da una lucida e determinata scelta volitiva , piuttosto che da un impulso irrefrenabile . Del resto lo stesso consulente della difesa laureato peraltro in scienze politiche con indirizzo sociale e non in psicologia e/o psichiatria aveva finito per riconoscere che il B. aveva delle opportunità di contenimento pag.24 sent. Trib. . 2.6. Tenuto conto dei sopra indicati rilievi dei Giudici di merito non può certo parlarsi, in relazione al mancato espletamento di perizia psichiatrica, di omessa assunzione di una prova decisiva. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, per prova la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo quella che, confrontata con le ragioni poste a sostegno della decisione, risulti determinante per una diversa conclusione del processo, e non anche quella insuscettibile di incidere sulla formazione del convincimento del giudice, in quanto costituente una diversa prospettazione valutativa della normale dialettica tra differenti tesi processuali Cass. sez. 1 sent. numero 17284 del 15.4.2003 . li vizio di mancata assunzione di una prova decisiva rileva, quindi, quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a sostegno della decisione, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa decisione cfr.Cass.sez.4, 8.5.2007 numero 27738 . Bisogna, peraltro, tener conto, che, trattandosi di perizia, la mancata assunzione non può essere dedotta come vizio della sentenza, stante la tradizionale considerazione della perizia quale mezzo di prova rientrante nel potere discrezionale di disposizione del giudice, come tale estranea al tipico contraddicono tra le parti In tema di diritto alla prova e giustificata solo in caso di necessità di indagini postulanti specifiche competenze tecniche. cfr. Cass. sez. 1, 15.12.1997 numero 11538 . La giurisprudenza, anche più recente, di questa Corte è quindi concorde nel ritenere che la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 comma primo lett.d c.p.p., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova neutro , sottratto alla disponibilità della parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove il citato articolo 606, attraverso il richiamo all'articolo 495 comma secondo c.p.p., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività X cfr.Cass.penumero sez.4 numero 4981 del 5.12.2003 conf.Cass.penumero sez.4 numero 14130 del 22.1.2007 . 3. Quanto all'invocata attenuante di cui all'articolo 609 bis ultimo c.p., questa Corte ha ripetutamente affermato che essa deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell'azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima bene-interesse tutelato dalla norma sia stata compressa in maniera non grave. Deve quindi farsi riferimento ad una vantazione globale del fatto, quali mezzi, modalità esecutive, grado di coartazione esercitato sulla vittima, condizioni fisiche e mentali di questa, caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, così da poter ritenere che la libertà sessuale sia stata compressa in modo non grave, come, pure, il danno arrecato anche in termini psichici cfr.Cass.penumero sez.3 numero 5002 del 7.11.2006 Cass.penumero sez.3 numero 45604 dell3.11.2007 . Bisogna tener conto cioè, oltre che della materialità del fatto, di tutte le modalità della condotta criminosa e del danno arrecato alla parte lesa ovvero degli elementi indicati dal comma primo dell'articolo 133 c.p., ma non possono venire in rilievo gli ulteriori elementi di cui al comma secondo dello stesso articolo 133, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena Cass.penumero sez.3 numero 2597 del 25.11.2003 . Anche più di recente questa Corte ha ribadito che ai fini del riconoscimento dell'attenuante della minore gravità non rileva di per sé la natura e l'entità dell'abuso, essendo necessario valutare il fatto nel suo complesso Cass.sez.3 numero 10085 del 5.2.2009 . Irrilevante, quindi, ai fini del riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità è che le condotte poste in essere dall'imputato non siano state particolarmente invasive della sfera sessuale delle parti offese. I Giudici di merito, come emerge dalla complessiva motivazione delle sentenze di primo e secondo grado, hanno correttamente valutato il fatto nel suo complesso, evidenziando sia il ruolo ricoperto dall'imputato, che gli consentiva di esercitare nei confronti delle studentesse una indubbia violenza psicologica con minacce addirittura di bocciature , sia della reiterazione della condotta che delle modalità e circostanze della stessa anche all'interno dell'istituto scolastico, con utilizzo del dispositivo elettrico della porta di accesso alla presidenza , sia, infine, il danno anche psicologico cagionato a ragazze in una delicata fase del loro sviluppo fisiopsichico. 4. Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all'articolo 62 numero 6, comma primo, numero 6 cod.penumero . Il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, ivi compreso il danno morale, e la valutazione In ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, finanche ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa cfr. Cass. Sez. 4 numero 34380 del 14.7.2011 conf. tra le altre precedenti Cass. Sez. 1 numero 11207 del 29.9.1994 . Il Tribunale aveva riconosciuto la circostanza attenuante in questione in relazione ai soli reati sub C ed E , avendo le vittime di tali reati accettato le somme offerte dall'Imputato quale ristoro del danno sofferto. Con i motivi di appello si lamentava esclusivamente che il Tribunale, pur riconoscendo l'attenuante per detti capi, non avesse poi operato la riduzione pag.45 app. . Non vi era quindi alcuna censura in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante in relazione agli altri capi, per cui le deduzioni contenute in proposito nel terzo motivo del ricorso a firma congiunta degli avv. Rossi e Gallina Montana sono inammissibili perché proposte per la prima volta in sede di legittimità. Peraltro, la Corte territoriale, pur non essendovi alcuna deduzione, interpretando estensivamente il motivo di appello, ha comunque ritenuto che te somme offerte ad alcune persone offese fossero assolutamente esigue per le ragioni esposte in precedenza in tema di liquidazione del danno. Non essendo stata concessa la circostanza attenuante di cui all'articolo 62 numero 6 c.p. in relazione al reato più grave, individuato nel capo M , non andava ovviamente apportata alcuna riduzione sulla pena base. Del riconoscimento dell'attenuante in relazione ai soli capi C ed E i Giudici di merito hanno, invece, implicitamente tenuto conto nella determinazione dell'aumento per la continuazione. In tema di reato continuato, infatti, le circostanze vanno valutate riguardo a ciascuna violazione e non in relazione al complesso delle varie infrazioni. Sicché la circostanza aggravante o diminuente ha effetto sulla pena, solo se si riferisce alta violazione più grave, mentre ha effetto sulla misura dell'aumento derivante dalla continuazione , allorquando venga riconosciuta in relazione ad altro illecito cfr. ex multis Cass.penumero sez.2, 27.7.1990 numero 10757 e di recente Cass.penumero sez.5 numero 12260 del 9.3.2012 . 5. Quanto alle censure in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, non è necessaria una analitica vantazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri. Non è necessario, quindi, scendere alla valutazione di ogni singola deduzione difensiva, dovendosi, invece, ritenere sufficiente che il giudice indichi, nell'ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti. Il preminente e decisivo rilievo accordato all'elemento considerato implica infatti il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati. Sicché anche in sede di impugnazione il giudice di secondo grado può trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame quando abbia individuato, tra gli elementi di cui all'articolo 133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell'imputato e le deduzioni dell'appellante siano palesemente estranee o destituite di fondamento cfr.Cass.penumero sez. 1 numero 6200 del 3.3.1992 Cass.sez.6 numero 34364 del 16.6.2010 . L'obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può, purché congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato cfr.Cass.penumero sez.6 numero 7707 del 4.12.2003 . 5.1. Già il Tribunale, oltre che evidenziare la estrema gravità dei fatti commessi con abuso della funzione di dirigente scolastico in danno di ragazze nei confronti delle quali avrebbe dovuto esercitare vigilanza e protezione, sottolineava che la molteplicità degli abusi e l'ampio arco temporale dal 2006 al 2009 denotava una condotta criminosa sistematica e rivelatrice di una rilevante capacità a delinquere pag.25 sent. Trib. . In presenza di motivi di appello sesto motivo , con cui si deduceva genericamente che non vi erano ragioni ostative al fini dell'applicazione della circostanza attenuante ex articolo 62 bis c.p., non avendo il Tribunale tenuto conto dei disturbi di personalità del B. e del suo stato di incensuratezza, e che la pena irrogata era comunque eccessiva, la Corte territoriale si è, correttamente, limitata, rinviando alla sentenza di primo grado, ad affermare che non ricorrevano elementi favorevoli tali da contrastare quelli assolutamente negativi, ampiamente evidenziati in motivazione, e da giustificare, quindi, il riconoscimento dell'invocato beneficio. La pena conseguentemente, già determinata, per quella base in relazione al reato più grave, in misura corrispondente al minimo edittale e quindi non suscettibile di riduzione alcuna , veniva rideterminata, in accoglimento dell'appello dell'imputato settimo motivo , irrogando un aumento, assolutamente contenuto per la continuazione mesi due di reclusione per ciascuna delle altre dodici fattispecie contestate 6. Infine, quanto alle statuizioni civili, secondo la giurisprudenza di questa Corte è legittimo il ricorso del giudice a criteri equitativi nella quantificazione del danno risarcibile ove non siano rinvenibili componenti patrimoniali suscettibili di precisa determinazione Cass. penumero sez. 5 numero 43053 del 30.9.2010 e la liquidazione del danno morale, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione Cass. sez. 3 numero 34209 del 17.6.2010 . I giudici di merito hanno adeguatamente e logicamente motivato sia in relazione all’esistenza del danno, sia in ordine alla necessità di ricorrere a criteri equitativi, sia in ordine alla quantificazione peraltro, la Corte territoriale, in accoglimento dell’appello sul punto, ha congruamente ridotto la determinazione delle somme liquidate sicché tali valutazioni di fatto sono sottratte al sindacato di legittimità. 7. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili che si liquidano in complessivi Euro 4.400,00 la richiesta “base” di Euro 2.000,00 va aumentata del 20% per ciascuna delle altre sei oltre IVA e accessori di legge per la parte civile N.S. e T.A. , ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la liquidazione va effettuata a favore dello Stato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla refusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili che liquida in complessivi Euro 4.400,00 oltre IVA e accessori di legge, di cui Euro 628,57 in favore dello Stato in relazione al patrocinio delle parti civili N.S. e T.A. . Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa all’Amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico – Ministero dell’Istruzione.