Niente social network per chi è agli arresti domiciliari

Facebook, Twitter e tutti i social network sono banditi agli imputati sottoposti agli arresti domiciliari. L’uso di internet, però, non è vietato se assume una mera funzione conoscitiva.

Il caso. Il Tribunale di Lecce - in accoglimento dell’appello proposto contro il rigetto della richiesta di aggravamento - disponeva, nei confronti di un giovane imputato, la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere. I motivi? L’imputato aveva violato il divieto di comunicare con persone diverse da quelle con lui coabitanti o che lo assistono, essendo stato colto in collegamento telematico via web con il coimputato del delitto di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti articolo 73 d.p.r. numero 309/90 . L’imputato, nel ricorso per cassazione, lamenta che nella prescrizione del divieto di comunicare non era specificato «che in esso era compreso anche quello della comunicazione “a distanza”». Arresti domiciliari e niente social network La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 4064/2012 depositata il 31 gennaio, dichiara inammissibile il ricorso. Rifacendosi ad una sentenza della stessa Corte citata, tra l’altro, dal ricorrente sent. numero 37151/2010 , gli Ermellini sottolineano che «il divieto di comunicare con terze persone, estranee ai familiari conviventi vale anche per le comunicazioni tramite internet sul sito Facebook, ma l'uso di internet non è illecito quando assume una mera funzione conoscitiva». soprattutto se utilizzati per parlare di programmi criminosi da attuare. Nella fattispecie il Tribunale ha valutato correttamente il tenore illecito della conversazione telematica svoltasi tra due complici, «vertendo sul programma criminoso da attuare in occasione della liberazione di altro complice ristretto in carcere, traendone elementi per apprezzamento della gravità della condotta». No alle rivalutazioni delle condizioni soggettive. Inoltre – prosegue la S.C. - «riguardo ai limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti “de libertate”, secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, tra cui la rivalutazione delle condizioni soggettive dell'indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame». Insomma, ricorso inammissibile e ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende di euro 1.000,00.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 dicembre 2011 – 31 gennaio 2012, numero 4064 Presidente Marzano – Relatore Massafra In fatto e in diritto Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di L.A. avverso l'ordinanza del Tribunale di Lecce in funzione ex articolo 310 c.p.p., che, in accoglimento dell'appello del P.M. avverso l'ordinanza di rigetto di aggravamento emessa dal GIP del Tribunale di Brindisi in data 21.4.2011, disponeva la sostituzione nei confronti di L.A. della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere, a seguito dell'accertata violazione della divieto di comunicare con persone diverse da quelle con lui coabitanti o che lo assistono, essendo stato colto in collegamento telematico via Web con il coimputato del delitto di cui all'articolo 73 dPR 309/90 T. . Deduce il vizio motivazionale con riferimento alla valutazione della gravità della condotta di cui all'articolo 276 c.p.p Assume che nella prescrizione del divieto di comunicare si sarebbe dovuto specificare che in esso era compreso anche quello della comunicazione a distanza e che comunque sul punto il L. aveva fornito una spiegazione della trasgressione compiuta, tramite una missiva prodotta nel corso dell'udienza camerale, sulla quale il Tribunale non aveva inteso spendere nemmeno una parola. Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate. Invero, è lo stesso ricorrente a richiamare la pronuncia di questa Corte Sez. II, numero 37151 del 29.9.2010, non massi ma ta nel CED , secondo la quale Il divieto di comunicare con terze persone, estranee ai familiari conviventi vale anche per le comunicazioni tramite internet sul sito Facebook, ma l'uso di internet non è illecito quando assume una mera funzione conoscitiva . Il Tribunale ha correttamente valutato il tenore illecito della conversazione telematica svoltasi tra il T. ed il L. vertendo sul programma criminoso da attuare in occasione della liberazione di altro complice ristretto in carcere, traendone elementi per apprezzamento della gravità della condotta. Né il giudice a quo aveva bisogno di dare una risposta anche al contenuto della missiva del ricorrente prodotta nel corso dell'udienza, in quanto, Cass. penumero Sez. IV, 24 ottobre 2005, numero 1149, Rv. 233187 nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata e ravvisare, quindi, la superfluità delle deduzioni suddette . Del resto, riguardo ai limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti de libertate , secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, tra cui la rivalutazione delle condizioni soggettive dell'indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all'esame del contenuto dell'atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall'altro, l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento Cass. penumero Sez. VI numero 2146 del 25.5.1995, Rv. 201839 . Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00. Si deve disporre, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale Distrettuale del riesame perché provveda a quanto stabilito dall'articolo 92 Disp. att. c.p.p. e mandare alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale Distrettuale del riesame perché provveda a quanto stabilito dall'articolo 92 Disp. att. c.p.p Manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.