Giustizia ingolfata, alleggerire macchina e procedimenti. Perché «il futuro è qui»

Tutti concordi, a partire da Lupo e Severino, sulla necessità di una riorganizzazione. Diversi i nodi da sciogliere i troppi processi i tempi lunghissimi i detenuti ancora in attesa di giudizio l’economicità il numero eccessivo di avvocati. Ma il richiamo fondamentale è alla ‘casa comune’, quella della capacità di rispondere alle richieste di riconoscimento dei diritti da parte dei cittadini.

«Dichiaro aperto l’anno giudiziario». La formula è quella tradizionale, of course, così come solito è lo scenario – quello del Palazzo di Giustizia a Roma, abbellito da una piazza Cavour rimessa a nuovo –, ma l’aria che si respira è diversa, resa più densa dalla prospettiva di una riforma complessiva della giustizia e dalle tensioni sul fronte delicatissimo della professione forense. Anche per questo, le presenze del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del Premier Mario Monti e del Ministro della Giustizia, Paola Severino, hanno avuto ancora più senso, oltre il rituale e la forma Priorità. Come da programma, ovviamente, è stato il primo presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, ad aprire la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario, sottolineando il valore della «giustizia-servizio» e richiamando «crisi economica» e «atmosfera politica e istituzionale», e mostrando, infine, di condividere le priorità fissate dall’attuale governo, ovvero «giustizia civile, geografia giudiziaria, depenalizzazione e situazione carceraria». Tutto ciò, ha spiegato Lupo, in una cornice precisa, quella della «consapevolezza che la giurisdizione è una risorsa limitata, delicata, costosa e preziosa». Cornice più ampia, poi, è quella europea, diventata un refrain non solo in ambito economico rispetto a tale contesto, difatti, risaltano, ancora una volta, i tempi lunghi della giustizia italiana, e, tanto per gradire, l’alto tasso di litigiosità, «primato superato solo dalla Russia», ha ricordato Lupo. Conseguenze? «I magistrati italiani lavorano schiacciati dalla montagna di quasi nove milioni di cause pendenti, eppure continuano a detenere primati di produttività in Europa». Eppoi esiste un altro fattore, un’altra «anomalia», la quantità di avvocati, «quasi duecentoquarantamila, di cui oltre cinquantamila abilitati all’esercizio dinanzi alle giurisdizioni superiori. Questi numeri continuano a crescere essi, se non costituiscono un diretto fattore di incentivazione del contenzioso, certamente non contribuiscono a deflazionarlo», ha chiosato Lupo, non nascondendo «la perdurante crisi di funzionamento della giustizia». Mai rinunciare alla ragione. E dubbi e preoccupazioni sono emerse anche nelle parole del Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito, commosso all’ultima partecipazione alla cerimonia. A maggior ragione, quindi, ha sottolineato il rischio di lasciare alle generazioni future «un processo con gravi incognite», ovvero «ingente numero di procedimenti che grava sulle strutture giudiziarie» e «giustizia incompiuta», e ha evidenziato «una crisi di sistema acuita dalla crisi economica-finanziaria». Come porre rimedio? Senza rinunciare alla «ragione», ma puntando sulla «razionalizzazione degli interventi» e sul «contenimento della spesa», con l’obiettivo di «migliorare l’efficienza e la qualità del servizio giustizia». E in questa ottica il Procuratore Esposito ha messo il dito in una piaga, quella esemplare del «rimedio normativo previsto per la non ragionevole durata dei procedimenti», ovvero la legge Pinto «fonte di sovraccarico degli uffici giudiziari e di oneri economici insostenibili per il Paese». Esempio quanto mai calzante, come confermato anche dall’Avvocatura generale dello Stato, guidata da Ignazio Caramazza il contenzioso per l’eccessiva durata dei processi, difatti, ha dato luogo, paradossalmente, anche una branca ulteriore, ovvero una sorta di ‘legge Pinto sulla legge Pinto’, perché vengono aperti contenziosi sui tempi troppo lunghi dei processi aperti, a loro volta, per indennizzare le parti di ‘procedimenti lumaca’. Basta coi cahiers de doleance. Stessa falsariga anche per Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il quale ha auspicato meno lamentele e più rigore per «una giustizia tempestiva», facendo riferimento, tra l’altro, alla geografia giudiziaria – «di due secoli fa», ha chiosato –, a una visione non più ‘tribunale-centrica’ – chiaro il riferimento alla mediazione –, al problema della durata dei processi. Obiettivo principale, ha ribadito Vietti, è il miglioramento della giustizia, come efficacia ed efficienza, come detto, ma anche come etica «condannare chi ha torto, dare ragione a chi ce l’ha», all’interno di un quadro di valori condiviso. Casa comune. Last but not least, ovviamente, le parole del Ministro della Giustizia, Paola Severino, che ha richiamato, in apertura, il valore di una ‘casa comune’, quella della giustizia. Un edificio da risistemare, comunque, considerando, non solo, le indicazioni dell’Europa ma anche problemi più stringenti, come «le condizioni delle nostre carceri e degli ospedali psichiatrici» e la vita di oltre ventottomila persone «detenute in attesa di giudizio», ovvero il 42% delle persone detenute in Italia! E inevitabile è stato il riferimento alla depenalizzazione e alla «introduzione nel Codice Penale degli istituti della sospensione, con messa alla prova, e della sospensione del processo per assenza dell’imputato» e alle «pene detentive non carcerarie». Allo stesso tempo, però, la Severino ha affermato la convinzione – condivisa col premier Monti – che «le interazioni tra economia e giustizia siano fortissime e che sia indispensabile assicurare tempi ragionevoli per il processo» ecco spiegata la nascita del Tribunale delle imprese. Ma la strategia dovrà essere più ampia, secondo il ministro della Giustizia, e fondata su azioni concrete, ovvero «diminuire il flusso di entrata nel sistema giudiziario della domanda di giustizia, incoraggiando il ricorso a forme di mediazione garantire la specializzazione dei giudici aggredire con decisione l’arretrato procedere alla razionalizzazione organizzativa e tecnologica dell’intera struttura amministrativa dei servizi giudiziari». E tutto dovrà essere fatto velocemente perché, ha sottolineato la Severino, «il futuro della giustizia è già qui ».