Numeri di ‘squillo’ forniti a diversi uomini, receptionist condannato

Nessun dubbio sulla responsabilità penale dell’uomo, il quale ha favorito la propria posizione professionale, favorendo e sfruttando il lavoro esercitato da alcune donne. Egli, difatti, ha fornito i numeri di telefono delle prostitute a diversi uomini, ricevendo, poi, da questi ultimi alcune regalie.

‘Cortesie’ eccessive, quelle del ‘receptionist’ di un albergo, nei confronti di diversi uomini. A questi ultimi, difatti, egli ha fornito numeri di telefono ‘caldi’ – quelli cioè di alcune prostitute –, ricevendo in cambio numerose ‘regalie’. Quadro chiarissimo, e di facile lettura condannato l’uomo, a lui è addebitato il reato di “favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione” Cassazione, sentenza numero 20536, terza sezione penale, depositata oggi . Albergo hot. Linea di pensiero comune per i giudici di merito, i quali ritengono evidente la «responsabilità penale» del ‘receptionist’ di un albergo. L’uomo, in sostanza, è colpevole di «avere sistematicamente favorito e sfruttato», utilizzando la propria posizione professionale, «l’attività di prostituzione attuata» presso la struttura alberghiera «da più donne». Più precisamente, egli ha procacciato alle donne «soggetti» con cui «intrattenere rapporti sessuali a pagamento», e «lucrando dai clienti una percentuale sulla prestazione sessuale». Lapalissiano, ad avviso dei giudici, il ruolo di «intermediatore» tra «clienti e prostitute» svolto dal ‘receptionist’. Prostituzione. E ora la visione tracciata in Appello viene ritenuta legittima e condivisa anche dai giudici della Cassazione, i quali, difatti, confermano la «condanna» nei confronti dell’uomo. Decisiva la ricostruzione, come delineata nei giudizi di merito, della vicenda. Da essa, difatti, emerge che l’uomo era «consapevole dell’attività di prostituzione svolta dalle ragazze», e egli ammette di «avere fornito il loro numero di telefono ai clienti» e di «avere ricevuto» proprio dai clienti «non meglio precisati ‘regali’ per tali prestazioni». Ciò è sufficiente per ritenere acclarata la «responsabilità penale» dell’uomo, soprattutto tenendo presente che, da un lato, «la condotta consistente nel fornire il numero della prostituta ad alcuni soggetti è attività che, a tutti gli effetti, è riconducibile all’ipotesi di favoreggiamento della prostituzione», e, dall’altro, che «lo sfruttamento non necessariamente consiste nell’attività professionale di arricchimento in conseguenza del meretricio altrui, ma può consistere, più semplicemente, nella percezione di regalie».

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 febbraio – 19 maggio 2015, numero 20536 Presidente Squassoni – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 2 luglio 2013, la Corte d'appello di Milano ha confermato, quanto alla responsabilità penale - rideterminando la pena in diminuzione - la sentenza del Tribunale di Milano del 17 luglio 2011, con la quale l'imputato era stato condannato, per il reato di cui agli articolo 81, secondo comma, cod. penumero , 3, numero 8 e 4, numero 7 , della legge numero 75 del 1958, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, utilizzando la sua attività professionale di addetto alla sicurezza di un hotel, sistematicamente favorito e sfruttato l'attività di prostituzione abitualmente attuata presso tale albergo da più donne e, in particolare, per avere favorito e sfruttato la prostituzione di tali Greta e Anita , procacciando alle stesse soggetti con i quali intrattenere rapporti sessuali a pagamento, lucrando dai clienti una percentuale sulla prestazione sessuale, svolgendo attività di intermediazione nei rapporti sessuali tra i richiedenti e le prostitute con circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante dell'avere agito in danno di più persone. 2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si deduce la violazione delle disposizioni incriminatrici, sul rilievo che, per integrare la condotta di favoreggiamento della prostituzione, sarebbe necessario un effettivo contatto tra la presunta prostituta e il presunto cliente, sicché possa concretamente ipotizzarsi un'intermediazione tra domanda e offerta. In particolare, mancherebbe la prova del fatto che i contatti procurati dall'imputato fossero andati a buon fine. Mancherebbe, altresì, la prova del fatto che gli ipotetici incontri sarebbero stati finalizzati alla consumazione di rapporti sessuali e non al mero accompagnamento del cliente. 2.2. - In secondo luogo, si deducono la mancanza della manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alle doglianze difensive del quadro probatorio. Non si sarebbero valutate, in particolare, alcune intercettazioni, dalle quali sarebbe emersa la contrarietà dell'imputato al contesto degradato che caratterizzava la gestione dell'hotel in quel periodo. Non sarebbero state considerate, inoltre, le dichiarazioni rese da una delle presunte prostitute nota come Greta , la quale avrebbe escluso la sussistenza di contatti finalizzati ad attività di prostituzione con l'imputato. Sul punto - osserva la difesa - il Tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero in relazione al reato di falsa testimonianza, solo con riferimento all'allegazione da parte della testimone di svolgere attività di prostituzione e non anche con riferimento ai suoi rapporti con l'imputato, cosicché avrebbe potuto essere operata una valutazione frazionata della testimonianza stessa. Considerato in diritto 3. - Il ricorso non è fondato. La motivazione della sentenza impugnata deve, infatti, essere ritenuta pienamente sufficiente e logicamente coerente in punto di ricostruzione del fatto, nonché corretta nella definizione giuridica della fattispecie. Quanto alla deduzione difensiva secondo cui l'indicazione dei clienti non aveva avuto in concreto alcun effetto, posto che i medesimi non avevano avuto contatti con le prostitute, la Corte d'appello precisa che la stessa si basa sull'unica allegazione di una telefonata del 13 aprile 2010, nel corso della quale tale Anita riferisce all'imputato che il cliente che aveva ricevuto il suo numero dall'imputato stesso non l'aveva ancora chiamata. Del resto, neppure l'imputato nega di essere stato consapevole dell'attività di prostituzione svolta dalle ragazze Anita e Greta Né nega di avere fornito il loro numero ai clienti e di avere ricevuto non meglio precisati regali per tali prestazioni. In punto di diritto, il Tribunale e la Corte d'appello correttamente ritengono che anche la condotta consistente nel fornire il numero della prostituta ad alcuni soggetti è attività che, a tutti gli effetti, è riconducibile all'ipotesi di favoreggiamento della prostituzione. E lo sfruttamento non necessariamente consiste nell'attività di professionale arricchimento in conseguenza del meretricio altrui, ma può consistere, più semplicemente, nella percezione di regalie non meglio precisate percezione ammessa dallo stesso imputato nel caso di specie. Così argomentando, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione delle definizioni di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione fornite dalla costante giurisprudenza di legittimità. È sufficiente qui ricordare, sul punto, che lo sfruttamento consiste nel trarre un diretto vantaggio dall'altrui prostituzione e che sussistono gli estremi del reato di favoreggiamento della prostituzione nel caso in cui la condotta materiale concreti oggettivamente un aiuto all'esercizio di tale attività ex multis, sez. 3, 22 maggio 2012, numero 36595, rv. 253390 . 4. - Ne deriva l'infondatezza di entrambi i motivi del ricorso, con conseguente rigetto dei ricorso stesso e condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.