Dirigente bancario licenziato, la riorganizzazione aziendale può essere un motivo valido, ma da verificare

La possibilità che il licenziamento di un dirigente possa considerarsi giustificato anche se derivante da esigenze di riorganizzazione aziendale non esime il giudice dal controllare che esse siano effettivamente sussistenti - e siano tali da coinvolgere la posizione del dirigente licenziato - e non meramente enunciate nel corso di una procedura di riduzione di personale ex l. numero 223/1991, procedura inapplicabile ai dirigenti.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 9796, depositata il 13 maggio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Roma rigettava la domanda di un dirigente, volta ad ottenere la condanna della società bancaria per cui lavorava a pagargli l’indennità supplementare prevista dal CCNL dei dirigenti di aziende di credito, in conseguenza del licenziamento, asserito come ingiustificato, che gli era stato intimato. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver ritenuto giustificato il licenziamento, nel quadro di una più ampia procedura di riduzione del personale, in quanto il dirigente era in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità o di vecchiaia al contrario, poiché la l. numero 223/1991 è inapplicabile ai dirigenti, il licenziamento di un dirigente non può essere giustificato da generali ragioni di riduzione di personale, ma deve essere motivato da ragioni specificamente attinenti alla posizione del singolo. Normativa applicabile. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di licenziamento di dirigente di azienda bancaria non trovano applicazione né la disciplina prevista dagli articolo 4 e 24 l. numero 223/1991, né la tutela in materia di licenziamento individuale, bensì le disposizioni del CCNL del 1° dicembre 2000 questo richiama il d.m. numero 158/2000 che, all’articolo 7, prevede, riguardo agli assegni straordinari di sostegno del reddito ed ai versamenti contributivi correlati ai processi di ristrutturazione o per le situazioni di crisi, la salvezza delle norme di legge e del contratto collettivo, il quale prevede l’attribuzione al dirigente ingiustificatamente licenziato di un’indennità supplementare, che varia a seconda dell’anzianità. Riorganizzazione aziendale. Il licenziamento individuale di un dirigente d’azienda può basarsi non solo sul venir meno del particolare rapporto di fiducia, ma anche su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, le quali non per forza coincidono con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa tale continuazione. Infatti, il principio di correttezza e buona fede, parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica articolo 41 Cost. . Nel momento, però, in cui si nega l’applicabilità della l. numero 223/1991 al dirigente, si ammette che, in relazione all’indennità suppletiva prevista dal CCNL, il controllo giudiziale non sia più solo procedurale, bensì sostanziale. Nel caso di specie, i giudici territoriali non avevano svolto tale verifica, limitandosi a ritenere che il ricorso ad una riduzione di personale ai sensi della l. numero 223/1991 fosse di per sé idoneo a dimostrare l’esistenza di un’adeguata giustificazione del licenziamento di alcuni dirigenti, tra cui il ricorrente, sostituendo così alla verifica sostanziale una solo procedurale. Controllo del giudice. Anche se il licenziamento di un dirigente può considerarsi giustificato nonostante derivi da esigenze di riorganizzazione aziendale, il giudice non può esimersi dal controllare che esse siano effettivamente sussistenti, e siano tali da coinvolgere la posizione del dirigente licenziato, e non meramente enunciate nel corso di una procedura di riduzione di personale ai sensi della l. numero 223/1991, inapplicabile ai dirigenti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 gennaio – 13 maggio 2015, numero 9796 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 18.11.11 la Corte d'appello di Roma, in totale riforma della pronuncia numero 22802/06 del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda di R.P. volta ad ottenere la condanna di Intesa Sanpaolo S.p.A. a pagargli l'indennità supplementare di cui all'articolo 13 CCNL dirigenti di aziende di credito in conseguenza del licenziamento, asserito come ingiustificato, intimatogli il l'.3.04. Per la cassazione della sentenza ricorre R.P. affidandosi a due motivi. Intesa Sanpaolo S.p.A. resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione 1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell'ari. 4 co. 9 legge numero 223/91 e degli articolo 12 e 13 CCNL per i dirigenti di aziende di credito del 1°.12.2000, in combinato disposto con l'articolo 7 co. 4 d.m. numero 158/2000, per avere la sentenza impugnato ritenuto giustificato il licenziamento, nel quadro di una più ampia procedura di riduzione del personale, essendo il ricorrente in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità o di vecchiaia obietta invece il ricorso che, essendo la legge numero 223/91 inapplicabile ai dirigenti, il licenziamento d'un dirigente non può essere giustificato contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale da generali ragioni di riduzione di personale, ma deve essere motivato da ragioni specificamente attinenti alla posizione del singolo, il che non è avvenuto nel caso dell'odierno ricorrente. Censura sostanzialmente analoga viene svolta con il secondo motivo sotto forma di vizio di motivazione. 2- I due motivi - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - sono fondati. Come questa S.C. ha già avuto modo di statuire in analoga controversia v. Cass. numero 24340/2010 , in tema di licenziamento di dirigente di azienda bancaria non trovano applicazione né la disciplina di cui agli articolo 4 e 24 della legge 23 luglio 2001, numero 223, né la tutela in materia di licenziamento individuale, bensì le disposizioni del CCNL del 1 dicembre 2000, che all'articolo 26 richiama espressamente il D.M. numero 158 del 2000 il quale, all'articolo 7, prevede, quanto agli assegni straordinari per il sostegno del reddito ed i versamenti contributivi correlati ai processi di ristrutturazione o per le situazioni di crisi, la salvezza delle norme di legge e del contratto collettivo che, all'articolo 29, prevede l'attribuzione al dirigente ingiustificatamente licenziato di una indennità supplementare, proporzionata all'anzianità. È pur vero che il licenziamento individuale del dirigente d'azienda può fondarsi non solo sul venir meno del particolare rapporto di fiducia che lo caratterizza, ma anche su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, che non debbono necessariamente coincidere con l'impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall'articolo 41 Cost. cfr. Cass. numero 3628/12 Cass. numero 21748/10 Cass. numero 17013/06 . Tuttavia, nel momento in cui si nega l'applicabilità della legge numero 223/91 al dirigente, si ammette che, in relazione all'indennità suppletiva di cui al cit. CCNL, il controllo giudiziale non sia più meramente procedurale come nell'ottica della citata legge numero 223/91 , ma sostanziale. Quest'ultima verifica è stata omessa dalla Corte territoriale, che si è limitata a ritenere che il fatto stesso del ricorso ad una riduzione di personale ex lege numero 223/91 fosse idoneo a dimostrare l'esistenza d'una adeguata giustificazione del licenziamento di taluni dirigenti, fra cui l'odierno ricorrente, in tal modo sostituendo alla doverosa verifica giudiziale di ordine sostanziale una meramente procedurale. In altre parole, la possibilità che il licenziamento d'un dirigente possa considerarsi giustificato anche se derivante da esigenze di riorganizzazione aziendale non esime il giudice dal controllare che esse siano effettivamente sussistenti - e siano tali da coinvolgere la posizione del dirigente licenziato - e non meramente enunciate nel corso di una procedura di riduzione di personale ex lege numero 223/91 inapplicabile, come s'è detto, ai dirigenti . 3- In conclusione, il ricorso è da accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto La possibilità che il licenziamento d'un dirigente possa considerarsi giustificato anche se derivante da esigenze di riorganizzazione aziendale non esime il giudice dal controllare che esse siano effettivamente sussistenti - e siano tali da coinvolgere la posizione del dirigente licenziato - e non meramente enunciate nel corso di una procedura di riduzione di personale ex lege numero 223/91, procedura inapplicabile ai dirigenti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.