Disciplina del cumulo tra pensioni e retribuzioni a carico delle finanze pubbliche

Il Tribunale Amministrazione Regionale per il Lazio, con 20 ordinanze, 11 delle quali emesse in giudizi promossi da Consiglieri della Corte dei Conti e 9 emesse in giudizio promossi da Consiglieri di Stato di nomina governativa, ha investito la Corte Costituzionale dubitando della legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 489, legge numero 147/2013, norma che vieta alle Amministrazioni e agli Enti pubblici di erogare, a beneficio di soggetti già titolari di trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche, trattamenti economici omni comprensivi che, sommati al trattamento pensionistico, superino il limite di 240 mila euro annui lordi.

Il nucleo delle censure sollevate dal TAR Lazio risiede nel fatto che i ricorrenti, proprio per effetto della disciplina censurata, che impedisce di cumulare pensioni e retribuzioni a carico delle finanze pubbliche oltre il tetto di 240 mila euro lordi annui, non beneficiano di alcuna retribuzione per le funzioni di consiglieri della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato. La Corte Costituzionale con la sentenza numero 124 del 22 marzo – 26 maggio 2017, riuniti i giudizi, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate. È interessante seguire il ragionamento fatto dalla Corte Costituzionale per la quale - la disciplina del limite massimo, sia alle retribuzioni nel settore pubblico sia al cumulo tra retribuzioni e pensioni, si iscrive in un contesto di risorse limitate, che devono essere ripartite in maniera congrua e trasparente - il limite delle risorse disponibili, vincola il legislatore a scelte coerenti, preordinate a bilanciare molteplici valori di rango costituzionale, come la parità di trattamento articolo 3 Cost. , il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e comunque idonea a garantire un’assistenza libera e dignitosa articolo 36, primo comma, Cost. , il diritto a un’adeguata tutela previdenziale articolo 36, secondo comma, Cost. , il buon andamento della Pubblica Amministrazione articolo 97 Cost. - anche la disciplina del cumulo tra pensioni e retribuzioni interferisce con molteplici valori di rango costituzionale, con il diritto al lavoro articolo 4, Cost. , il diritto a una prestazione previdenziale proporzionata all’effettivo stato di bisogno articolo 38, secondo comma, Cost. , la solidarietà tra le diverse generazioni che interagiscono nel mercato del lavoro articolo 2, Cost. , in una prospettiva volta a garantire un equo ed effettivo accesso alle opportunità di occupazione che si presentano - nel settore pubblico non è precluso al legislatore dettare un limite massimo alle retribuzioni e al cumulo tra retribuzioni e pensioni, a condizione che la scelta, volta a bilanciare i diversi valori coinvolti, non sia manifestamente irragionevole - l’indicazione precisa di un limite massimo alle retribuzioni pubbliche non confligge con i principi appena richiamati, infatti la disciplina in esame, pur dettata dalla difficile congiuntura economica e finanziaria, trascende la finalità di conseguire risparmi immediati e si inquadra in una prospettiva di lungo periodo - in questa prospettiva si deve considerare il vincolo di destinazione che il legislatore imprime alle risorse derivanti dall’applicazione delle norme censurate, stabilendo che siano destinate annualmente al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato - la disciplina del limite alle retribuzioni pubbliche si configura come misura di contenimento della spesa, assimilabile agli altri capillari interventi che il legislatore ha scelto di apportare negli ambiti più disparati - tale contenimento della spesa è avallato dalla Corte dei Conti nella relazione sul lavoro pubblico dell’anno 2012 - l’imposizione di un limite massimo alle retribuzioni pone rimedio alle differenziazioni, talvolta prive di una chiara ragion d’essere, fra i trattamenti retributivi delle figure di vertice dell’Amministrazione - la portata generale della disciplina, che non si indirizza specificamente alla Magistratura, quale ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere articolo 104 Cost. , e non mira a delinearne il rapporto con lo Stato nei termini di una mera dialettica contrattuale e a compromettere le garanzie di una retribuzione adeguata all’importanza della funzione svolta, fa perdere consistenza alle censure di violazione dell’autonomia e della indipendenza della funzione giurisdizionale - a fronte di una disciplina che persegue obiettivi generali di razionalizzazione dell’intero comparto pubblico e individua il limite ai compensi nella retribuzione del primo presidente della Cassazione, non si ravvisa alcuna indebita interferenza con l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura - il limite reddituale, così previsto dal legislatore, non è inadeguato, in quanto si raccorda alle funzioni di una carica di rilievo e prestigio indiscussi proprio in virtù di tali caratteristiche, la norma censurata non viola il diritto al lavoro e non svilisce l’apporto professionale delle figure più qualificate, ma garantisce che il nesso tra retribuzione e quantità e qualità del lavoro svolto sia salvaguardato anche con riguardo alle prestazioni più elevate - nell’ambito della sua discrezionalità, il legislatore ben potrebbe, secondo un ragionevole contemperamento dei contrapposti interessi, modificare nel tempo il parametro prescelto, in modo da garantirne la perdurante adeguatezza alla luce del complessivo andamento della spesa pubblica e dell’economia - la non irragionevolezza delle scelte operate dal legislatore si riscontra anche con riguardo alla disciplina del cumulo tra retribuzioni e pensioni a carico delle finanze pubbliche, che rappresenta lo sviluppo della disciplina del limite retributivo fin qui esaminata - dal punto di vista oggettivo, la norma censurata include tutte le pensioni erogate nell’ambito di gestioni previdenziali obbligatorie, gli stessi vitalizi e tutte le voci del trattamento economico stipendiale a carico di uno o più organismi e amministrazioni e numerati nell’elenco ISTAT - qualora il limite di 240 mila euro annui sia superato, la riduzione dovrà essere operata dall’amministrazione che eroga il trattamento economico e non dall’amministrazione che si occupa del trattamento previdenziale - anche con riguardo al cumulo tra retribuzioni e pensioni a carico delle finanze pubbliche, il legislatore è chiamato a garantire una tutela sistemica, non frazionata, dei valori costituzionali in gioco. In questo orizzonte si colloca anche il principio di proporzionalità tra le retribuzioni e la quantità e la qualità del lavoro prestato - il carattere limitato delle risorse pubbliche giustifica la necessità di una predeterminazione complessiva e modulata su un parametro prevedibile certo delle risorse che l’amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni - tale ratio ispira, del resto, anche le disposizioni dell’articolo 5, comma 9, d.l. numero 95/2012, che vietano l’attribuzione di incarichi di studio o di consulenza ai lavoratori pubblici o privati collocati in quiescenza e a tali lavoratori consente di ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi o in organi di governo delle amministrazioni, solo a titolo gratuito - il principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto deve essere valutato, dunque, in un contesto peculiare, che non consente una considerazione parziale della retribuzione e del trattamento pensionistico inquadrata in queste più ampie coordinate e ancorata a una cifra predeterminata, che corrisponde alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione la norma censurata attua un contemperamento non irragionevole dei principi costituzionali e non sacrifica in maniera indebita il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto.