Lavoro domenicale: danno da usura psico-fisica presunto in mancanza dei riposi compensativi

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema del lavoro domenicale e della mancata fruizione dei riposi compensativi, fornendo alcuni importanti chiarimenti sul tema danno da usura psico-fisica che ne deriva.

Se ne è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza numero 21225/15, depositata il 20 ottobre. Il caso. La Corte d’appello, in parziale accoglimento del gravame proposto da un dipendente comunale, condannava il Comune al pagamento in favore dell’uomo di una somma di denaro, a titolo di retribuzione e di risarcimento del danno da usura psico–fisica per il mancato godimento dei riposi compensativi. Avverso tale sentenza ricorre per Cassazione il Comune. Il mancato riposo compensativo va tenuto distinto da quello fruito oltre i sette giorni. Gli Ermellini hanno in primo luogo richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la fattispecie di prestazione di lavoro domenicale senza riposo compensativo va tenuta distinta da quella del riposo compensativo goduto oltre l’arco di sette giorni, dal momento che una cosa è la definitiva perdita del riposo agli effetti sia dell’obbligazione retributiva che del risarcimento del danno per lesione di un diritto della persona, mentre altra cosa è il semplice ritardo della pausa di riposo. In questa seconda ipotesi laddove non sia consentita dalla legge e dal contratto una deroga al principio che impone la concessione di un giorno di riposo dopo sei di lavoro , il compenso sarà dovuto a norma dell’articolo 2126, comma 2, c.c., che espressamente gli attribuisce natura retributiva, salvo restando il risarcimento del danno subito, per effetto del comportamento del datore di lavoro, a causa del pregiudizio del diritto alla salute o di altro diritto di natura personale. Il danno da usura psico-fisica è cosa diversa dal danno alla salute ulteriore. Non solo, i Giudici di Piazza Cavour hanno ulteriormente chiarito che, secondo l’insegnamento del Supremo Collegio, in relazione al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, va tenuto distinto il danno da usura psico-fisica che deriva dalla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro dall’ulteriore danno alla salute o danno biologico che si concretizza, invece, in un’infermità del lavoratore determinata dall’attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Nella prima ipotesi, il danno sull’an deve ritenersi presunto e il risarcimento può essere determinato spontaneamente, in via transattiva, dal datore di lavoro con il consenso del lavoratore, tramite ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive nella seconda ipotesi, invece, il danno alla salute o biologico, concretizzandosi in un’infermità del lavoratore, non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve essere dimostrato sia quanto alla sussistenza, sia quanto al nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale. A giudizio del Supremo Collegio, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione di questi principi, riconoscendo al dipendente comunale l’importo non già a titolo di risarcimento del danno biologico o esistenziale, bensì a titolo di risarcimento del danno per la mancata fruizione dei riposi compensativi. La Corte di nomofilachia, inoltre, condivide l’affermazione secondo cui, per un verso, il riposo dopo sei giorni di lavoro consecutivo costituisce un diritto irrinunciabile del dipendente, garantito dall’articolo 36 Cost. e dell’articolo 2109 c.c. e, per altro verso, risponde ad una nozione di comune esperienza che l’attività lavorativa se protratta senza interruzioni, risulta via via più onerosa con il trascorrere delle giornate e il riposo che sopraggiunge dopo un arco di tempo più ampio rispetto alla normale cadenza settimanale non può di per sé compensare tale crescente disagio. In virtù della ricostruzione sopra illustrata, la Corte ha rigettato il ricorso del Comune.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 giugno – 20 ottobre 2015, numero 21225 Presidente Roselli – Relatore Doronzo Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con sentenza depositata in data 14 luglio 2010 la Corte d'appello di Napoli, in parziale accoglimento dell'appello proposto da I.L. , lavoratore dipendente del Comune di Afragola con la qualifica e le mansioni di custode, condannava il Comune al pagamento in suo favore della somma di Euro 6.123,97, oltre interessi legali dalla maturazione dei singoli crediti sino all'effettivo pagamento. 2. La Corte osservava che non vi era contestazione sul fatto che il dipendente avesse svolto attività di custodia in favore del Comune nelle domeniche e nei giorni festivi e che non avesse goduto dei riposi compensativi. Riteneva che, ai sensi dell'articolo 17 del d.p.r. 13/5/1987, numero 268, relativo alla disciplina del comparto degli enti locali, al lavoratore spettava la maggiorazione del 20% sul lavoro domenicale svolto, nonché la retribuzione per i giorni di riposo compensativo non fruiti che, nel regolamentare la remunerazione della giornata destinata al riposo settimanale con la retribuzione ordinaria unitamente alla maggiorazione del 20%, la norma assolveva unicamente ad una funzione retributivo-corrispettiva, e non anche risarcitoria, con la conseguenza che al lavoratore spettava la retribuzione per i riposi compensativi non fruiti, parametrati al lavoro svolto di domenica con la maggiorazione del 20%, nonché il risarcimento del danno da usura psico-fisica per il mancato godimento dei riposi compensativi, che liquidava ex articolo 1226 facendo ricorso all'importo della paga giornaliera, non contestata nella sua entità, per ogni giornata di riposo non goduta. 3. Contro la sentenza il Comune di Afragola propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, cui resiste con controricorso lo I. . 4. Con il primo di ricorso il Comune censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 c.c., 115 c.p.c. e 17 d.p.r. 13/5/1987, numero 268, nonché per contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Reputa che l'assunto della Corte territoriale circa la natura non risarcitoria della maggiorazione sancita dall'articolo 17 del d.p.r. citato non rispetta il dettato normativo e, comunque, non è stato adeguatamente motivato. 5. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione delle medesime norme di diritto, cui aggiunge l'articolo 36 Cost., e la contraddittorietà della motivazione, assume l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il danno alla salute derivante dalla mancata fruizione del riposo compensativo oltre il sesto giorno consecutivo di lavoro non ha necessità di essere provato. 6. Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 2697 c.c. e 115 c.p.c. , nonché la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto non contestati i conteggi allegati dal lavoratore e sulla cui base ha determinato l'importo al cui pagamento l'ha condannato. 8. I primi due motivi, che si affrontano congiuntamente in quanto involgono la medesima questione della disciplina legale e contrattuale del riposo oltre il sesto giorno lavorativo, sono infondati. La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di ribadire che la fattispecie di prestazione di lavoro domenicale senza riposo compensativo non può essere equiparata a quella del riposo compensativo goduto oltre l'arco dei sette giorni, atteso che una cosa è la definitiva perdita del riposo agli effetti sia dell'obbligazione retribuiva che del risarcimento del danno per lesione di un diritto della persona, altra il semplice ritardo della pausa di riposo e, in questa seconda ipotesi ove non sia consentita, dalla legge e dal contratto, una deroga al principio che impone la concessione di un giorno di riposo dopo sei di lavoro , il compenso sarà dovuto a norma dell'articolo 2126 c.c., comma 2, che espressamente gli attribuisce natura retribuiva, salvo restando il risarcimento del danno subito, per effetto del comportamento del datore di lavoro, a causa del pregiudizio del diritto alla salute o di altro diritto di natura personale cfr. Cass., 26 novembre 2013, numero 26398, che richiama Cass., 3 luglio 2001, numero 9009 . 9. Nello stesso solco, si è poi affermato che, in relazione al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, va tenuto distinto il danno da usura psicofisica , conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall'ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una infermità del lavoratore determinata dall'attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Nella prima ipotesi, il danno sull' an deve ritenersi presunto e il risarcimento può essere determinato spontaneamente, in via transattiva, dal datore di lavoro con il consenso del lavoratore, mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive nella seconda ipotesi, invece, il danno alla salute o biologico, concretizzandosi in una infermità del lavoratore, non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall'illecito contrattuale Cass., 20 agosto 2004, numero 16398 Cass., 16 gennaio 2004, numero 615 Cass., 3 aprile 2003, numero 5207 Cass., 4 marzo 2000, numero 2455 3 luglio 2001, numero 9009 Cass., 12 marzo 1996, numero 2004 . 10. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di questi principi, dal momento che ha riconosciuto la somma di Euro 2.824,23 non già a titolo di risarcimento del danno biologico o esistenziale, bensì a titolo di risarcimento del danno per la mancata fruizione dei riposi compensativi, dovendosi inoltre condividere l'affermazione secondo cui, per un verso, il riposo dopo sei giorni di lavoro consecutivo costituisce un diritto irrinunciabile del dipendente, garantito dall'articolo 36 Cost. e dall'articolo 2109 c.c., e, per altro verso, risponde ad una nozione di comune esperienza che l'attività lavorativa, come qualsiasi impegno delle energie psicofisiche, se protratta senza interruzioni, risulta via via più onerosa con il trascorrere delle giornate e il riposo che sopraggiunge dopo un arco di tempo più ampio rispetto alla normale cadenza settimanale non può, di per sé, compensare tale crescente disagio in tal senso Cass., 30 maggio 2001, numero 7359 . 11. Il terzo motivo è inammissibile. Premesso che la Corte ha ritenuto di liquidare il danno da mancata fruizione dei riposi compensativi usando come paramente la retribuzione giornaliera, ritenuta non contestata , era onere del ricorrente indicare con esattezza in che termini ed in quale atto difensivo o verbale di causa avrebbe contestato tale specifico dato - e non genericamente in toto il prospetto contabile allegato al ricorso -, precisando altresì dove l'atto o il verbale sarebbero attualmente rinvenibili nel presente giudizio. Con tali omissioni non risulta assolto il duplice onere imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall'articolo 366, primo comma, numero 6, c.p.c., e, a pena di improcedibilità, dall'articolo 369, secondo comma, numero 4, c.p.c. di indicare esattamente in quale fase processuale ed in quale fascicolo si trovi l'atto in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all'esame dei fascicoli d'ufficio o di parte v. da ultimo, Cass., 12 dicembre 2014, numero 26174 Cass., 7 febbraio 2011, numero 2966 . 12. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, da distrarsi in favore del difensore dell'intimato, per la dichiarazione resa ex articolo 93 c.p.c P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 100,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali e altri accessori di legge, disponendone l'integrale distrazione in favore dell'avvocato Ferdinando Del Mondo, anticipatario.