La pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici ex articolo 317-bis c.p. applicata a due imputati per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della l. numero 3/2019 c.d. Legge Spazzacorrotti si rivela illegale in virtù del principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole.
Così la VI Sezione Penale della Cassazione con la sentenza numero 21868/20, depositata il 21 luglio. IL GIP del Tribunale di Como applicava ex articolo 444 c.p.p. la pena della reclusione di un anno e 10 mesi a due imputati per i reati di cui agli articolo 110, 319 e 312 c.p., nonché la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per 5 anni ex articolo 317-bis c.p Con ricorso per cassazione, i due imputati lamentano l’applicazione della pena accessoria in quanto la nuova disciplina introdotta dalla c.d. Legge Spazzacorrotti l. numero 3/2019 era entrata in vigore dopo la commissione del fatto. L’articolo 317-bis, difatti, non prevedeva all’epoca alcuna sanzione accessoria. Il ricorso risulta fondato. La Legge Spazzacorrotti è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in data 16 gennaio 2019 ed è entrata in vigore il 31 gennaio e quindi dopo la commissione dei fatti per cui si procede. Nel caso di specie, si assiste dunque ad una pena illegale e in quanto tale censurabile dinanzi alla Corte di legittimità ai sensi dell’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p In base al principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole di cui all’articolo 2, comma 4, c.p. le modifiche introdotte con la Spazzacorrotti, essendo relative all’applicazione di una pena accessoria e attenendo dunque al trattamento sanzionatorio, non possono che applicarsi ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore. La violazione di tale principio porta all’accoglimento del ricorso e all’annullamento parziale della sentenza impugnata senza rinvio.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 – 21 luglio 2020, numero 21868 Presidente Petruzzellis – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Como su richiesta degli imputati T.A. e T.M.A. ha applicato ex articolo 444 c.p.p., in relazione ai reati di cui agli articolo 110, 319 e 321 c.p., la pena della reclusione di un anno e mesi dieci di reclusione, nonché la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ex articolo 317-bis c.p., disponendo la confisca della somma di denaro in sequestro, con il beneficio della sospensione condizionale della pena per la sola pena principale. 2. Con atto a firma del comune difensore di fiducia, A. e T.M.A. ricorrono avverso il provvedimento e ne chiedono l’annullamento, limitatamente alla disposta applicazione della pena accessoria per violazione di legge penale e processuale, avendo il giudice applicato una pena illegale sulla scorta della nuova disciplina introdotta dalla L. 9 gennaio 2019, numero 3 c.d. Legge Spazzarorrotti , entrata in vigore dal 31 gennaio 2019, senza tenere conto che il reato per cui si procede è stato commesso dall’ OMISSIS , e quindi prima dell’entrata in vigore della citata riforma. Si rileva al riguardo che l’articolo 317-bis c.p., prima della riforma, non prevedeva per il reato de quo ex articolo 321 c.p., alcuna pena accessoria. Inoltre, prima della riforma in forza del disposto di cui all’articolo 166 c.p., comma 1, il beneficio della sospensione condizionale della pena si estendeva inderogabilmente anche alle pene accessorie, essendo stata prevista solo dopo l’entrata in vigore della L. numero 3 del 2019 la facoltà per il giudice di non disporre la sospensione della pena accessoria per alcuni reati contro la pubblica amministrazione, tra cui anche quelli previsti dagli articolo 318, 319 e 321 c.p Si precisa, infine, che nell’accordo delle parti non era stata prevista l’applicazione della pena accessoria, sollecitata separatamente dal pubblico ministero. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato La L. 9 gennaio 2019, numero 3 c.d. Legge Spazzarorrotti , pubblicata sulla GU numero 13 del 16/01/2019, è entrata in vigore con decorrenza dal 31 gennaio 2019, e quindi dopo la commissione dei reati per cui si procede. Nel caso in esame risulta a carico degli imputati contestato il reato di corruzione ex articolo 321 c.p., in relazione alle ipotesi di cui agli articolo 318 e 319 c.p., nella qualità di privati corruttori, commesso fino al 31/12/2018. Non è revocabile in dubbio che l’applicazione della pena accessoria disposta in violazione dell’articolo 2 c.p., comma 4, configuri una ipotesi di pena illegale e, dunque, in quanto tale, censurabile dinanzi a questa Corte ai sensi dell’articolo 448 c.p.p., comma 2-bis. Effettivamente l’articolo 317-bis c.p., prima della riforma introdotta con la L. 9 gennaio 2019, numero 3, prevedeva l’applicazione dell’interdizione dai pubblici uffici esclusivamente per i reati di cui agli articolo 314, 317, 319 e 319-ter, distinguendo tra interdizione perpetua ed interdizione temporanea a seconda che fosse inflitta una pena per un tempo non inferiore o inferiore a tre anni. Il nuovo testo dell’articolo 317-bis stabilisce ora che La condanna per i reati di cui agli articolo 314, 317, 318, 319, 319-bis e 319-ter, articolo 319-quater, comma 1, articolo 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, Nondimeno, se viene inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323 bis, comma 1, la condanna importa l’interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni nè superiore a sette anni . Quindi, per quello che qui interessa, in relazione all’articolo 321 c.p., che estende per il corruttore le pene previste per il corrotto nelle ipotesi degli articolo 318 e 319 c.p., la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici poteva essere applicata solo in forza dell’articolo 29 c.p. e quindi, nel caso di superamento delle soglie di pena della reclusione, per un tempo non inferiore a tre anni per l’interdizione della durata di anni cinque e della reclusione non inferiore ad anni cinque per l’interdizione perpetua. Inoltre, sempre per effetto della L. numero 3 del 2019 è stato modificato l’articolo 445 c.p.p., con l’introduzione dell’articolo 445, comma 1-ter che, a fronte del divieto di applicazione delle pene accessorie per il patteggiamento di una pena detentiva non superiore ai due anni, ha introdotto la possibilità di applicare la pena accessoria prevista dall’articolo 317-bis c.p., per gli stessi reati contemplati da detto articolo. Non vi è dubbio che le modifiche introdotte dalla L. numero 3 del 2019, relative all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, essendo norme che aggravano il trattamento sanzionatorio, ampliando i casi in cui se ne deve o può disporre anche in sede di patteggiamento l’applicazione, non possono che applicarsi ai reati commessi dopo la entrata in vigore della legge, in base al principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole previsto dall’articolo 2 c.p., comma 4. La violazione di tale principio, incidendo sulla pena, integra una ipotesi di illegalità della pena, che rientra tra i casi tassativamente previsti in cui è ammesso il ricorso per cassazione ex articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, contro la sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ex articolo 317-bis c.p., che deve essere eliminata perché non prevista dalla legge vigente all’epoca del commesso reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria che elimina