Il subingresso del cessionario nei rapporti di lavoro dei dipendenti dell’azienda ceduta non si verifica solo se tali rapporti siano stati legittimamente risolti in epoca anteriore al trasferimento. In caso contrario, i rapporti proseguono ope legis con l’acquirente ed i lavoratori conservano nei suoi confronti tutti i diritti maturati verso il cedente.
Il caso. Una lavoratrice adiva il Tribunale di Roma lamentando l’illegittimità del licenziamento comunicatole dal suo precedente datore di lavoro, esclusivamente in ragione di un imminente trasferimento di azienda. Chiedeva quindi, attesa la violazione dell’articolo 2112, comma 4, c.c. ed indipendentemente dal requisito dimensionale del suo precedente datore di lavoro, la riammissione in servizio presso il cessionario della suddetta azienda. Con sentenza successivamente confermata dalla Corte di Appello, il Tribunale dichiarava l’illegittimità del licenziamento, applicando tuttavia la sola tutela risarcitoria prevista dall’articolo 8 Legge numero 604/1966, rilevando come il rapporto fosse cessato un mese prima del trasferimento e che pertanto, non vertendosi in ipotesi di nullità del licenziamento, le conseguenze della condotta del cedente non potevano ricadere sul cessionario. Il licenziamento in violazione dell’articolo 2112 c.c. è sempre nullo. La lavoratrice ricorreva quindi alla Corte di Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c., da parte della pronuncia di merito, nella parte in cui aveva escluso la nullità quale necessaria conseguenza della violazione di una norma imperativa di legge. La Corte di Cassazione, accogliendo l’interpretazione della ricorrente, chiarisce come l’effetto estintivo del licenziamento illegittimo – pur intimato in epoca anteriore al trasferimento – in quanto destinato ad essere travolto dalla sentenza dichiarativa della nullità del recesso, comporta che il rapporto di lavoro si trasferisca ex articolo 2112 c.c. in capo al cessionario. Tale interpretazione, rileva la Corte, è anche l’unica conforme alla Direttiva Comunitaria numero 77/187/CE, a mente della quale i lavoratori licenziati in violazione della Direttiva stessa devono essere considerati dipendenti del cessionario. La conseguenza è sempre la riammissione in servizio, senza applicazione dell’articolo 18 Stat. lav Poste queste premesse, la Corte rileva come dall’accertata nullità del licenziamento per violazione di norma imperativa, discenda la ricostituzione del rapporto e la sua prosecuzione in capo al cessionario, indipendentemente dai requisiti numerici del datore di lavoro. A tal proposito, la Corte si richiama ad un suo stesso precedente ove chiariva che «il licenziamento, fondato unicamente sul fatto del trasferimento, è affetto da nullità, che va dichiarata dal giudice, il quale emette una sentenza di mero accertamento della prosecuzione del rapporto ed eventualmente condanna il datore, o i datori succedutisi, a risarcire al prestatore il danno, derivato dall'allontanamento dal posto di lavoro, secondo le norme codicistiche sull'illecito contrattuale articolo 1218 c.c. ss. e non già secondo la disciplina speciale posta dall'articolo 18 stat. lav. ovvero dall'articolo 8 della l. numero 604 del 1966» Cass. numero 2521/1998 . Ê irrilevante la non conoscibilità da parte del cessionario. Ad avviso della Corte, infine, nemmeno risultano decisive le eccezioni mosse dal cessionario sulla sua non conoscenza - né conoscibilità – del licenziamento della ricorrente, posto che tale requisito previsto nell’originaria formulazione dell’articolo 2112 c.c. è venuto meno già con la modifica operata dalla Legge numero 428/1990, e mai più ripristinato nei numerosi interventi che nel tempo si sono succeduti.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 - 28 febbraio 2012, numero 3041 Presidente Canevari – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 30.9.03 il Tribunale di Roma, accogliendo parzialmente la domanda proposta da , accertata l'illegittimità del licenziamento che le aveva intimato il 5.9.2000 in ragione della cessione d'azienda ad , applicava a vantaggio dell'attrice la sola tutela di cui all'articolo 8 legge numero 604/66 ed escludeva ogni responsabilità del cessionario perché il rapporto di lavoro era cessato un mese prima del trasferimento, non vertendosi - ad avviso del primo giudice - in ipotesi di nullità del licenziamento con la stessa sentenza il Tribunale rigettava la domanda della intesa ad ottenere la retrodatazione al 10.5.93 della decorrenza del rapporto lavorativo con la e quella volta ad ottenere il superiore inquadramento contrattuale IV livello CCNL settore terziario con le relative differenze retributive. Con sentenza depositata il 10.12.09 la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame della finalizzato a far dichiarare la nullità del licenziamento e la continuazione del rapporto di lavoro con il terzo cessionario dell'azienda - vale a dire con il - mentre accoglieva l'appello riguardo al superiore inquadramento contrattuale, riconoscendo alla il rivendicato IV livello e condannando la sola a pagarle le conseguenti differenze retributive, quantificate in complessivi euro 3.607,46 come calcolato dal CTU. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il . La è rimasta intimata. Motivi della decisione Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 2112 c.c. per avere l'impugnata sentenza negato la nullità del licenziamento e la conseguente continuazione del rapporto di lavoro in capo ad cessionario dell'azienda della . Il motivo è fondato. Per costante insegnamento di questa S.C., cui va data continuità, l'effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento d'azienda, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dagli effetti retroattivi dalla sentenza di annullamento o dichiarativa della nullità del recesso, fa sì che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisca, ai sensi dell'articolo 2112 c.c., in capo al cessionario né osta a tale soluzione l'applicazione della direttiva 77/187/CE, la quale prevede - secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di giustizia CE cfr. sentenze 12.3.98, C-319/94, 11.7.85, C-105/84, e 7.2.85, C-19/83 - che i lavoratori licenziali in contrasto con la direttiva medesima devono essere considerati dipendenti del cessionario alla data del trasferimento cfr., ex aliis, Cass. 8.3.11 numero 5507 Cass. 12.4.10 numero 8641 . In altre parole, il subingresso del cessionario nei rapporti di lavoro dei dipendenti dell'azienda ceduta non si verifica soltanto se tale rapporto sia stato legittimamente risolto in tempo anteriore al trasferimento medesimo in caso contrario, il rapporto prosegue ope legis con l'acquirente e il lavoratore conserva nei suoi confronti tutti i diritti che aveva verso il cedente cfr. Cass. 28.8.2000 numero 11272 . Dunque, in un caso come quello odierno, vale a dire di licenziamento basatosi unicamente sul fatto del trasferimento, deve riconoscersi la nullità del recesso per violazione della nonna imperativa contenuta nell'articolo 2112 co. 4° c.c. tale nullità comporta la prosecuzione del rapporto nei confronti del cessionario cfr. Cass. 6.3.98 numero 2521 . Non può opporsi, in contrario, la non conoscenza o non conoscibilità, da parte del cessionario , dell'illegittimità del licenziamento intimato dalla secondo quanto si legge nell'impugnata sentenza premesso che il licenziamento per cui è causa è stato intimato il 5.9.2000, si tenga presente che il requisito della conoscenza o conoscibilità dei crediti vantati dal lavoratore verso il cedente, di cui all'originario co. 2° dell'articolo 2112 c.c., è venuto meno già con la novella di detta disposizione attuata con l'articolo 47 co. 3° legge numero 428/90 e non è stato più ripristinato nelle successive modifiche della norma. Con il secondo motivo si deduce contraddittorietà della motivazione laddove l'impugnata sentenza, pur accertando che la ha diritto di essere inquadrata nel IV livello cit. CCNL, le ha però attribuito le differenze retributive di cui al prospetto contabile del CTU relativo all'inferiore V livello il CTU era stato officiato del computo delle differenze retributive a credito della lavoratrice secondo una prospettazione alternativa facente riferimento al IV e al V livello in breve, conclude la ricorrente, la Corte territoriale ha erroneamente individuato l'importo calcolato dall'ausiliario prendendo come tabella di riferimento quella del V livello anziché quella del IV, pur riconosciuto. Il motivo è inammissibile in questa sede poiché esso - se del caso - potrebbe astrattamente farsi valere solo in via di revocazione ex articolo 395 numero 4 c.p.c. e non mediante ricorso per cassazione giurisprudenza costante cfr., da ultimo, Cass. Sez. IlI numero 15702 del 2.7.10 e Cass. Sez. IlI numero 213 del 9.1.07 . trattandosi sostanzialmente di una denuncia di travisamento del fatto piuttosto che di un vizio di contraddittorietà della motivazione. Invero, sussiste quest'ultimo quando nella motivazione si riscontrino due affermazioni logicamente incompatibili fra loro, mentre nel caso di specie l'impugnala sentenza ha attribuito alla il IV livello e le conseguenti differenze retributive, salvo commettere s’intende, secondo quanto lamenta la stessa ricorrente, il che questa S.C. non può verificare - un errore meramente percettivo nell'individuare la tabella delle differenze retributive di cui al computo effettuato, in prospettazione alternativa, dal CTU. In conclusione, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.