L’intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali integra gli estremi dell’interposizione reale di persona per effetto della quale l’interposto acquista la titolarità delle partecipazioni medesime ed è tenuto, in virtù del rapporto interno con l’interponente, a ritrasferirgliele ad una scadenza concordata ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 3481/16, depositata il 23 febbraio, si sofferma sulla portata e sugli effetti di un complesso negoziale intercorso fra un padre ed i suoi figli avente ad oggetto l’intestazione fiduciaria di azioni della holding di un importante gruppo societario. La controversia. Un imprenditore, titolare del capitale sociale della holding di un articolato gruppo societario, stipulava con i tre figli alcune scritture private ove questi ultimi assumevano l’impegno a prestarsi, in via fiduciaria, all’intestazione indiretta delle azioni della holding ed a compiere – per conto del padre e con i mezzi finanziari da costui messi a disposizione – gli atti necessari al perseguimento di un programma avente ad oggetto una complessa operazione finanziaria. Veniva ivi stabilito che il padre, in qualsivoglia tempo, anche senza preavviso ai figli, avrebbe potuto far procedere all’intestazione a sé o alla cessione a terzi delle azioni della holding. In esecuzione di queste scritture private, i figli, quali formali fiducianti, conferivano distinti mandati ad una società fiduciaria aventi ad oggetto le azioni della holding. I figli rilasciavano infine al padre una procura generale irrevocabile a compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, nonché ad impartire istruzioni alla fiduciaria. Dopo circa quindici anni di gestione, il padre, operando in nome e per conto dei figli in forza della procura generale, impartiva alla fiduciaria l’istruzione di estinguere i mandati fiduciari formalmente in essere con i figli aventi ad oggetto le azioni della holding. Contestualmente egli affidava alla fiduciaria un nuovo mandato quale fiduciante e proprietario delle azioni della holding, chiedendo poi che i venissero annullati i certificati azionari intestati alla fiduciaria ii venissero emessi due nuovi certificati azionari iii uno dei due nuovi certificati azionari venisse a sé intestato con iscrizione nel libro soci dell’intervenuta girata a suo nome. Seguiva un contenzioso arbitrale fra il padre ed i figli definito con lodo ove veniva accertata la piena ed esclusiva proprietà in capo al padre delle azioni della holding, nonché la validità ed efficacia delle istruzioni da costui impartite alla fiduciaria volte ad ottenere la girata a proprio favore delle medesime azioni. Il lodo veniva impugnato dai figli innanzi alla Corte di appello di Milano la quale respingeva il gravame. I figli proponevano quindi ricorso per cassazione. La Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Sul trasferimento di azioni intestate fiduciariamente. Col primo motivo i ricorrenti sostengono che l’estinzione del mandato fiduciario germanistico dagli stessi stipulato con la fiduciaria e la contemporanea accensione di distinto mandato fiduciario germanistico stipulato dal padre con la fiduciaria medesima siano atti inidonei a produrre l’effetto giuridico del trasferimento della proprietà delle azioni della holding dai figli al padre. In particolare, ad avviso dei figli, la proprietà delle azioni – ai sensi degli articolo 922 e 1376 c.c. – avrebbe potuto trasferirsi soltanto a mezzo di atti idonei per legge, integrando invece il meccanismo posto in essere dal padre una violazione di ordine pubblico. La Corte di Cassazione respinge detto motivo osservando come il negozio fiduciario si realizzi mediante il collegamento di due distinti negozi, l’uno di carattere esterno ed efficace verso i terzi, l’altro inter partes ed obbligatorio diretto a modificare il risultato finale del primo Cass. 17785/2015 Cass. 146595/2015 Cass. 11314/2010 . Per tale ragione l’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista diversamente dal caso di interposizione fittizia o simulata la titolarità delle partecipazioni medesime, pur essendo tenuto, in virtù di un rapporto interno con l’interponente, a restituirgliele ad una scadenza concordata ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario. Sulla base di questo principio, rileva la Corte che, nella fattispecie, essendo i figli proprietari delle azioni, l’esercizio, da parte del padre, del diritto al trasferimento non avrebbe potuto avvenire con un mero fatto appropriativo, richiedendo invece un atto a ciò idoneo posto in essere per volontà dei fiduciari. Atto questo che la Corte ritiene già giudizialmente accertato avendo i figli prestato il proprio consenso al trasferimento a favore del padre della proprietà delle azioni quale effetto immediato del diritto potestativo a costui attribuito nelle scritture private fra loro intercorse. Precisa infine la Corte che le istruzioni impartite dal padre alla società fiduciaria valgono quale applicazione di quanto convenuto con i figli i quali l’avevano autorizzato a procedere all’intestazione a sé medesimo ovvero alla cessione a terzi delle azioni e quindi integrano l’atto idoneo al trasferimento della proprietà delle azioni della holding. Le norme sulla prescrizione non sono di ordine pubblico. Col secondo motivo i ricorrenti deducono che il diritto potestativo del padre di intestare a sé stesso le azioni si sarebbe estinto per intervenuta prescrizione. Ad avviso dei ricorrenti gli arbitri dapprima e la Corte di appello poi non avrebbero valutato la questione di diritto della decorrenza del termine di prescrizione integrante disciplina di ordine pubblico. La Corte rigetta anche questo motivo attribuendo all’istituto della prescrizione, in continuità al suo precedente orientamento Cass. 1084/2011 Cass. S.U. 10955/2002 , finalità di tutela di interessi sostanzialmente privati quello del soggetto passivo del rapporto giuridico a ritenersi libero da vincoli in conseguenza del decorso del tempo stabilito dalla legge quello del soggetto attivo a impedire il realizzarsi dell’effetto estintivo attraverso la dichiarazione di volontà di esercitare il proprio diritto. La Corte conferma che le norme sulla prescrizione non possono essere considerate di ordine pubblico e che, per tale ragione, non poteva essere impugnato al riguardo il lodo. Sui residuali motivi di ricorso. La Corte di Legittimità respinge anche i restanti motivi compensando le spese di lite attesa la complessità delle questioni trattate.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 gennaio – 23 febbraio 2016, numero 3481 Presidente Forte – Relatore Di Virgilio