Irragionevole fissare in un giorno dalla notifica il termine di esecuzione di un provvedimento: paga Comune negligente

In sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento.

Lo ha stabilito la Sesta Sezione della Cassazione Civile nell’ordinanza numero 4903, depositata l'11 marzo 2015 e decisa in camera di consiglio per manifesta infondatezza del ricorso. Il caso. A seguito dell'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione con cui il Comune aveva disposto la sospensione della licenza di ristorazione ad una attività commerciale a decorrere dal giorno successivo alla notifica della predetta ordinanza-ingiunzione ove non ottemperata in 24 ore! , la società aveva svolto domanda di risarcimento dei danni causati dal Comune per la chiusura temporanea. Se il tribunale aveva rigettato la domanda, questa era stata invece accolta dalla Corte d'Appello. Presentato ricorso da parte dell'amministrazione comunale, la causa giungeva quindi all'attenzione della Sesta Sezione, che la decideva in camera di consiglio. Il giudicato non impedisce l'azione amministrativa. Anzitutto viene ricordato come nel giudizio di opposizione a sanzione che nel caso di specie costituisce la premessa per la richiesta di risarcimento nei confronti del Comune sia “eccezionalmente attribuito al giudice ordinario, in deroga alle regole generali, il potere di annullare gli atti amministrativi emessi al fine di sanzionare gli autori di illeciti amministrativi” e ciò a prescindere dal tipo di vizio da cui tali atti siano affetti. Peraltro l'eventuale formarsi di giudicato a seguito, come avvenuto, di mancanza di impugnazione della sentenza di annullamento non impedisce all'amministrazione di rinnovare il provvedimento, ovviamente privo dei difetti formali e fatto salvo l'effetto decadenziale o prescrizionale causato dallo trascorrere del tempo di tale possibilità non si è giovato il Comune, nella vicenda in commento. I requisiti per la responsabilità aquiliana della P.A I giudici della Sesta Sezione ricordano la copiosa giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità aquiliana della P.A. per provvedimento illegittimo, che può essere dichiarata a condizione che sussistano i seguenti requisiti 1 un evento dannoso per il destinatario dell'atto dichiarato illegittimo 2 che tale danno sia ingiusto 3 il nesso di causa tra l'evento dannoso e il provvedimento impugnato 4 il dolo o la colpa dell'amministrazione ravvisabile nella violazione delle “sacre” regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione 5 l'insussistenza in capo alla p.a. della scriminante dell'errore scusabile per contrasti giurisprudenziali ovvero per la complessità dei fatti ovvero ancora per il comportamento delle parti del procedimento amministrativo . D'altra parte sul privato non incombe chissà quale diabolico onere probatorio, potendo limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto e spettando invece all'Amministrazione la dimostrazione di essere incorsa in un errore scusabile. In questo senso, aver fissato, da parte del Comune, un termine di esecuzione del provvedimento di un solo giorno dalla notifica significa, secondo la Sesta Sezione, aver negligentemente ignorato il diritto di difesa della società. Per quanto attiene, poi, la quantificazione del danno da provvedimento illegittimo, il giudice di merito ben può provvedere con il criterio equitativo, espressamente previsto dall'articolo 2056 del codice civile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 13 novembre 2014 – 11 marzo 2015, numero 4903 Presidente Bianchini – Relatore Falaschi Considerato in fatto Con citazione notificata il 06-03-2003, la Elidra s.r.l., titolare della discoteca omissis e del ristorante omissis siti in frazione omissis , evocava in giudizio il Comune di Assisi PG , chiedendone la condanna, ex articolo 2043 c.c., al risarcimento del danno sofferto in ragione della chiusura del proprio ristorante in data 27-05-1999, in esecuzione dell'ordinanza-ingiunzione numero 8012/1999, dichiarata illegittima con sentenza numero 108/2000 del Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi PG , con la quale l'amministrazione convenuta, a seguito di contestazione della violazione dell'articolo 14 l. numero 283/1962 a parte attrice, disponeva nei confronti della medesima la sospensione della licenza di ristorazione numero 634/1997 per la durata di un giorno, decorrente dal giorno successivo alla notifica. Costituitosi, il Comune di Assisi PG eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore di quello amministrativo, ai sensi dell'articolo 7, 3 comma l. numero 1034/1971, come modificato dalla l. numero 205/2000 quindi, contestata nel merito la domanda avversa, chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna di controparte ex articolo 96 c p.c Il Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi PG , con sentenza numero 4/2007 rigettava sia la domanda principale, sia quella riconvenzionale. Avverso tale decisione, la Elidra s.r.l. interponeva appello, chiedendo la totale riforma della sentenza impugnata. Resisteva il Comune di Assisi PG , proponendo, a sua volta, appello incidentale, con il quale insisteva per la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo e per la condanna di controparte ex articolo 96 c.p.c Espletata attività istruttoria, la Corte d'Appello di Perugia, con sentenza numero 213/2011, rigettato l'appello incidentale, accoglieva, invece, il gravame principale, rilevando 1 l'avvenuta formazione di una preclusione da giudicato in ordine all'illegittimità dell'ordinanza-ingiunzione numero 8012/1999, già dichiarata dal Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi, con la sentenza numero 108/2000 non impugnata 2 l'effettiva sussistenza del danno lamentato dall'appellante 3 l'ingiustizia del suddetto danno, derivante dall'esecuzione obbligatoria di un provvedimento amministrativo dichiarato illegittimo. Per la cassazione della sentenza d'appello, il Comune di Assisi PG ha proposto ricorso affidato ai seguenti 3 motivi 1. Violazione e falsa applicazione degli ara. 2043 e 2909 c.c., in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c. nonché vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c 2. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c., in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c. nonché vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c. nonché nullità della sentenza o del relativo procedimento, in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 4 c.p.c 3. Subordinatamente e condizionatamente al rigetto dei motivi sub 1 e sub 2 , violazione e falsa applicazione degli articolo 2043 e ss., 1223, 1226 e 1127 c.c., in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c. nonché vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c La Elidra s.r.l., pur regolarmente intimata, non ha spiegato difese nel presente grado di giudizio. Il consigliere relatore, nominato a norma dell’articolo 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'articolo 380 bis c.p.c. proponendo la reiezione del ricorso. Ritenuto in diritto Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che di seguito sì riporta Con il primo motivo di ricorso, il Comune di Assisi PG si duole dell'erronea ed insufficientemente motivata rilevazione, da parte del giudice a quo, di una preclusione da giudicato nell'accertamento della propria responsabilità ex articolo 2043 c.c. Infatti, il giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione numero 8012/1999, in ragione della specialità del rito applicato, della peculiarità dell'oggetto e delle consistenti limitazioni alle facoltà difensive del resistente, si sarebbe concluso con l'emissione di una sentenza [numero 108/2000 del Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi PG ] idonea ad affermare unicamente l'illegittimità della pretesa sanzionatoria dell'amministrazione comunale, e non l'illegittimità del provvedimento opposto. Da quanto sopra esposto, nonché dalla giurisprudenza di legittimità invocata, deriverebbe, a giudizio del ricorrente, l'impossibilità di attribuire efficacia esterna di giudicato agli accertamenti contenuti nella sentenza numero 108/2000. Sul punto occorre preliminarmente ricordare che, secondo un consolidato orientamento di questa corte, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, è eccezionalmente attribuito al giudice ordinario, in deroga alle regole generali, il potere di annullare gli atti amministrativi emessi al fine di sanzionare gli autori di illeciti amministrativi, indipendentemente dal tipo di vizio da cui i medesimi atti risultino affetti. Da ciò deriva logicamente che anche nell'ipotesi di vizio nella fissazione del termine di esecuzione di provvedimento, con conseguente impossibilità di svolgere qualsiasi sindacato giurisdizionale sulla meritevolezza della pretesa sanzionatoria, la sentenza di annullamento emessa dal giudice acquisterà, ove non ritualmente impugnata, efficacia di giudicato, sebbene limitatamente alla sussistenza del vizio in questione. Da quanto affermato discende, in ossequio ai principi sui limiti oggettivi del giudicato, l'impossibilità, in altro giudizio, di rimettere in discussione la legittimità del provvedimento annullato c.d. efficacia esterna del giudicato . A contrario, la formazione del giudicato sull'accertamento di vizi formali o procedurali del provvedimento sanzionatorio, non impedisce all'amministrazione, salvo comunque la maturazione medio tempore di decadenze o prescrizioni della pretesa punitiva, di rinnovare, con contenuto sostanziale identico, il provvedimento, emendandolo dai vizi formali e procedimentali accertati in sede giudiziale cfr., Cass., 01-03-2005, numero 4293 Cass., 11-09-2001, numero 11582 Cass., 10-03-1997, numero 2140 . Nel caso di specie, il Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi PG , ha rinvenuto nell'ordinanza-ingiunzione numero 8012-1999 del Comune di Assisi PG un vizio logicamente preliminare alla meritevolezza della sanzione, consistente nella fissazione di un termine di esecuzione del provvedimento de quo un giorno dalla sua notificazione irragionevolmente ristretto, non giustificato da alcuna, obiettiva ragione di urgenza ed indifferibilità, e tale da impedire alla ricorrente qualsiasi difesa, anche in sede cautelare. Il suddetto vizio è stato, quindi, ritenuto dal giudice perugino sufficiente ad inficiare la legittimità del provvedimento opposto, indipendentemente dall'effettiva sussistenza dell'infrazione contestata e della sua imputabilità all'Elidra s.r.l. Conseguentemente, il medesimo giudice ha annullato l'ordinanza-ingiunzione de qua con la sentenza numero 108/2000, che, non essendo stata impugnata dinanzi a questa corte nei termini di cui all'articolo 23, 12 comma, l. numero 689/1981 ratione temporis applicabile, ha acquistato efficacia di giudicato, formale e sostanziale, in ordine all'illegittimità del provvedimento in questione per mero vizio nell'esecuzione, e non per insussistenza della violazione contestata o per non riferibilità della medesima alla società intimata. Ciò premesso, alla luce anche dell'indirizzo giurisprudenziale sopra illustrato, non sembra a questo relatore che le ragioni, allegate dal ricorrente, di specialità del rito, di peculiarità dell'oggetto e di asserita limitazione delle facoltà difensive nel giudizio di opposizione ostino alla formazione, nel presente giudizio, di una preclusione da giudicato esterno. Al contrario, l'esistenza di tale limite sembra ulteriormente confermata dal rapporto di pregiudizialità - dipendenza sussistente tra l'illegittimità dell'ordinanza-ingiunzione de qua e il danno sofferto dall'intimata, nonché dall'identità tra le parti del giudizio di opposizione e quelle dell'attuale giudizio risarcitorio. Non sembra, infine, conferente la giurisprudenza di legittimità invocata dal Comune di Assisi, giacché questa, escludendo la differente ipotesi della formazione di una preclusione da giudicato amministrativo nel processo civile, non appare applicabile analogicamente al caso di specie. Il Comune di Assisi PG , piuttosto, avrebbe potuto sanzionare egualmente la Elidra s.r.l. semplicemente rinnovando la menzionata ordinanza-ingiunzione e stabilendo un termine di esecuzione rispettoso del diritto di difesa della società intimata. Pertanto, il primo motivo è da ritenersi infondato. Con il secondo motivo, il ricorrente censura l'erronea affermazione, da parte della corte territoriale, della propria responsabilità ex articolo 2043 e. e. sotto i distinti profili a del mancato accertamento dell'elemento soggettivo dell'illecito commesso b dell'omessa valutazione della meritevolezza della sanzione irrogata con l'ordinanza-ingiunzione numero 8012/1999 c dell'accertata sussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito commesso unicamente sulla base dell'illegittimità del sopra menzionato provvedimento, dichiarata nella sentenza numero 108/2000 del Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi PG , da ritenersi affetta, a giudizio del ricorrente, dai vizi di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato ex articolo 101 e 112 c.p.c., nonché da abnormità. Non sembra contestabile, a questo relatore, l'ormai consolidata e condivisa giurisprudenza di questa corte sulla responsabilità aquiliana della pubblica amministrazione per lesione sia di diritti soggettivi, sia di interessi legittimi. In merito, numerose pronunzie della Suprema Corte hanno, infatti, inequivocabilmente affermato che la responsabilità della pubblica amministrazione ex articolo 2043 c.c. da provvedimento illegittimo può essere dichiarata dal giudice esclusivamente sulla base a dell'accertamento circa la sussistenza dell'evento dannoso prospettato dal destinatario dell'atto impugnato b della qualificazione del ridetto danno come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su interessi rilevanti per l'ordinamento a prescindere dalla qualificazione formale come diritti soggettivi o interesse legittimi c dell'accertamento, sotto il profilo causale, della riferibilità dell'evento dannoso all'adozione, da parte dell'amministrazione resistente, dell'atto impugnato d della valutazione sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa dell'amministrazione, configurarle qualora il provvedimento de quo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, alle quali deve ispirarsi l'esercizio della funzione amministrativa cfr., ex multis, Cass., 15-03-2012, numero 4172 Cass., 10-11-2011, numero 23496 Cass., 28-10-2011, numero 22508 Cass., 08-03-2010, numero 5561 Cass., 23-02-2010, numero 4326 Cass., 27-05-2009, numero 12282 Cass. 17-10-2007, numero 21850 Cass., 15-03-2007, numero 6005 Cass., 29-07-2003, numero 11672 Cass., 16-01-2003, numero 555 Cass., 07-08-2002, numero 11914 Cass., 29-11-2001, numero 15188 Cass., 28-11-2001, numero 15113 Cass., 04-09-2001, numero 11396 Cass., SS.UU., 27-01-2000, numero 15 Cass., SS.UU., 22-07-1999, numero 500 . Altrettanto qualificato e radicato indirizzo interpretativo di questa corte specifica che il diritto del privato al risarcimento del danno prodotto dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica, salvo che il danneggiato non deduca espressamente la violazione di obblighi comportamentali sorti da contatto diretto , prescinde dalla qualificazione formale della posizione di cui è titolare il soggetto danneggiato in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo, dato che la tutela risarcitoria è fatta dipendere ed è riconosciuta in funzione dell'ingiustizia del danno conseguente alla lesione di interessi giuridicamente riconosciuti. Differisce, piuttosto, la tecnica di accertamento della lesione, a seconda della natura dell'interesse legittimo azionato. Se, infatti, questo è pretensivo, la cui lesione, cioè, si manifesta in ragione del diniego o del ritardo nell'emissione di un provvedimento amministrativo, occorre valutare, per mezzo di un giudizio prognostico, la fondatezza o meno della richiesta della parte, onde stabilire se la medesima fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un'effettiva soddisfazione. Al contrario, però, se l'interesse è oppositivo, è sufficiente accertare se l'illegittima attività dell'amministrazione abbia concretamente leso l'interesse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio cfr., ex multis, Cass. 13-10-2011, numero 21170 Cass., 29-01-2010, numero 2122 Cass., 08-02-2007, numero 2771 Cass., 06-04-2006, numero 8097 Cass., 04-11-2000, numero 14432 . In ragione di quanto appena esposto, non sembra al presente relatore che, nel caso di specie, la sentenza impugnata abbia erroneamente affermato la responsabilità del Comune di Assisi PG , giacché l'interesse azionato dalla Elidra s.r.l nel presente giudizio appare palesemente di natura oppositiva, essendo rivolto alla conservazione della propria immagine commerciale e del proprio livello medio di profitto. Ne consegue, quindi, che la corte distrettuale ha correttamente ritenuto l'amministrazione locale responsabile ex articolo 2043 c.c. del danno cagionato all'intimata unicamente in ragione dell'illegittimità dell'ordinanza-ingiunzione numero 8012/1999, ex se idonea a ledere gli interessi sopra indicati. Del resto, non sembra difficile ipotizzare che il Comune ricorrente abbia agito quantomeno con colpa, giacché la suddetta amministrazione, avendo fissato un termine di esecuzione del provvedimento sanzionatorio di un solo giorno dalla sua notifica, sembra aver negligentemente ignorato il diritto della Elidra s.r.l. alla difesa, anche in sede cautelare, delle proprie posizioni giuridiche. Né, tantomeno, sarebbe plausibile affermare che la sentenza numero 108/2000 del Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Assisi PG , sia abnorme o sia stata emessa in palese ultra o extrapetizione. Il primo vizio, infatti, sembra radicalmente escluso dall'effettiva illiceità dell'attività procedimentale posta in essere dal Comune di Assisi, in quanto conclusasi con l'adozione di un provvedimento manifestamente lesivo del diritto di difesa dell'intimata. La violazione degli articolo 101 e 112 c.p.c., infine, non appare sussistente, ben potendo il giudice dell'opposizione ad atti amministrativi sanzionatori dichiarare l'illegittimità degli stessi per qualsiasi vizio riscontrato, come già precisato nella giurisprudenza richiamata subito dopo l'esposizione della doglianza prospettata. Pertanto, anche il secondo motivo di ricorso è da ritenersi infondato. In ragione del rigetto delle precedente censure, appare necessario procedere all'esame del terzo ed ultimo motivo. Con esso il Comune di Assisi PG denunzia preliminarmente plurime violazioni di legge ed un vizio di contraddittoria motivazione commessi dal giudice a quo con riferimento a all'esclusione del concorso di colpa dell'Elidra s.r.l. nell'esecuzione, asseritamente volontaria, dell'ordinanza-ingiunzione numero 8012/1999 b all'erronea ed eccessiva liquidazione del danno sofferto dalla controparte, sulla base di criteri contestati dall'amministrazione ricorrente l'impossibilità per Elidra s.r.l. di svolgere adeguatamente il servizio di ristorazione pur in presenza di autonoma licenza di ristorazione per l'albergo, la lesione dell'immagine commerciale dell'intimata, la perdita di reddito anche nei giorni successivi alla chiusura, come documentata nelle dichiarazioni dei redditi esibite in grado d'appello . L'amministrazione locale, quindi, conclude dolendosi di un vizio di motivazione apparente in ordine al rigetto, da parte della corte distrettuale, dell'appello incidentale in relazione alla domanda di condanna di controparte per responsabilità processuale aggravata ex articolo 96 c.p.c A parere del ricorrente, infatti, la pretesa appena illustrata sarebbe stata giustificata dalla sproporzione fra l'ammontare del risarcimento richiesto dalla Elidra s.r.l Euro 40.000 in primo grado, Euro 35.000 in appello e il quantum effettivamente liquidato dai giudici del merito Euro 3.500 per ciascun grado di giudizio . Da tale squilibrio, infatti, si sarebbe dovuta desumere la volontà della società intimata di coltivare causa temeraria. La censura mossa non parrebbe meritevole di accoglimento sotto nessuno dei profili dedotti. Occorre preliminarmente osservare che il richiamo all'articolo 2043 c.c. non appare pertinente. Non sembra, infatti, a questo relatore che l'amministrazione ricorrente si dolga dell'erronea valutazione del giudice a quo sull'an della pretesa risarcitoria avversa, bensì sul quantum della medesima. Ne consegue, quindi, che il Comune di Assisi PG , dolendosi anche della violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c., censura la ratio della decisione impugnata in modo talmente generico da sfociare nell'inammissibilità del profilo dedotto. Costituisce, infatti, principio pacifico della giurisprudenza di questa corte l'inammissibilità, nel ricorso per Cassazione, di qualsiasi censura o profilo di doglianza attinente ad argomentazioni che non costituiscono la ratio della sentenza impugnata. Tali statuizioni, non spiegando alcuna influenza sul dispositivo della decisione d'appello, non producono alcun effetto giuridico, così che l'eventuale doglianza proposta avverso il capo che le contiene non può ritenersi sorretto da adeguato interesse cfr., ex multis, Cass., 22-11-2010, numero 23635 Cass. 05-06-2007, numero 13068 Cass., 23-11-2005, numero 24591 . Pur prescindendo, eventualmente, da quanto illustrato, il ricorrente non sembra comunque avvedersi che la corte perugina ha liquidato il danno di controparte in via equitativa, in applicazione degli arti. 1223 e seguenti c.c Del resto, la giurisprudenza amministrativa ammette pacificamente che il danno da provvedimento illegittimo possa essere liquidato in applicazione dei criteri di cui agli arti. 1223 e seguenti c.c., stante la natura extracontrattuale del danno in questione e il rinvio ai suddetti criteri contenuto nell'articolo 2056 c.c. cfr., Cons. Stato, sez. VI, 16-02-2005, numero 499 Cons. Stato, sez. VI, 19-11-2003, numero 7473 . Da ciò discende, quindi, la piena applicabilità del criterio della risarcibilità dei soli danni che siano conseguenza immediata e diretta dell'attività illegittima posta in essere dall'amministrazione, ai sensi dell'articolo 1223 c.c, nonché la facoltà del giudice di liquidare il danno anche in via equitativa ove esso non sia provabile o non sia stato provato nel suo preciso ammontare, come disposto dall'articolo 1226 c.c Nel caso di specie, la corte territoriale ha ritenuto necessaria una valutazione equitativa del quantum da risarcire sulla base dei due criteri della dichiarazione dei redditi temperata e della perdita di reddito nei giorni successivi alla chiusura del ristorante gestito dall'intimata, come ampiamente provata dalle deposizioni rese dai testimoni in sede di appello. Alla luce di ciò, sembra che in questa sede il Comune di Assisi PG si dolga non di un vizio di contraddittoria motivazione, bensì del malgoverno da parte del giudice a quo del proprio potere equitativo nell'individuazione del quantum debeatur. Appare, tuttavia, opportuno ricordare il principio, espresso in un risalente ed ormai consolidato orientamento di questa corte, secondo il quale la valutazione delle risultanze probatorie, involgendo apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, non sono deducibili in sede di legittimità, se non nei limiti dell'omissione, insufficienza o contraddittorietà di motivazione cfr., ex multis, Cass. 24-05-2013, numero 12988 Cass., 05-10-2006, numero 21412 Cass., 24-07-2007, numero 16346 Cass., 26-02-2007, numero 4391 Cass. 28-01-2004, numero 1554 Cass. 14-11-2002, numero 16034 Cass. 29-04-1999, numero 4347 Cass. 14-04-1994, numero 3498 Cass. 09-02-1982, numero 766 . La giurisprudenza di questa Corte, poi, ha ripetutamente evidenziato che il vizio di motivazione contraddittoria della sentenza impugnata può consistere solo in una evidente illogicità delle argomentazioni adoperate, ossia nell'attribuzione agli elementi di giudizio di un significato fuori dal senso comune, od ancora nella mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte, quindi ancora nell'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l'insanabile contrasto degli stessi. Ne discende logicamente che non è possibile far valere, tramite il ricorso per Cassazione, vizi motivazionali consistenti nella mera non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al convincimento delle parti, ed, in particolare, nella prospettazione di un asseritamente migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Infatti, tali aspetti del giudizio, il cui apprezzamento rientra nel pieno potere discrezionale di valutazione degli elementi di prova, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento, rilevanti ai sensi dell'articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c Del resto, ove si ammettesse il sindacato di legittimità di codesta corte sulla rispondenza delle valutazioni probatorie del giudice a quo alle ricostruzioni di parte, il motivo di ricorso di cui alla citata norma si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione degli apprezzamenti e dei convincimenti discrezionali del giudice del merito cfr., Cass., 17-04-2004, numero 7341 Cass., 05-05-2003, numero 6753 Cass., 09-03-2001, numero 3519 . Alla luce di tale orientamento, il profilo dedotto non sembra cogliere nel segno, essendosi l'amministrazione locale limitata a censurare, oltretutto in modo alquanto generico, le modalità di valutazione delle prove documentali e testimoniali assunte nel precedente grado di giudizio. Né sembra possibile rinvenire nella sentenza impugnata argomentazioni palesemente illogiche o intrinsecamente incoerenti. Ugualmente, non coglie nel segno neppure il profilo concernente l'asserita violazione dell'articolo 1227, 1 comma c.c La norma de qua, infatti, prescrivendo la diminuzione del risarcimento in caso di concorso della condotta del danneggiato nella verificazione del danno, non è applicabile laddove il medesimo danno sia stato cagionato da una condotta obbligata del danneggiato, come quella che necessariamente deve essere tenuta dal destinatario di un provvedimento amministrativo, cioè di un atto intrinsecamente di natura autoritativa, come nel caso di specie. Non merita miglior sorte neppure il profilo attinente alla violazione dell'articolo 96 c.p.c. Si osserva, infatti, che la responsabilità ex ari 96 cod. proc. civ. integra una particolare forma di responsabilità processuale aggravata a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, e si atteggia diversamente a seconda dei gradi del giudizio, atteso che, mentre in primo grado essa è volta a sanzionare il merito di un'iniziativa giudiziaria avventata, nel secondo grado, regolato dal principio devolutivo, essa deve specificamente riferirsi alla pretestuosità dell'impugnazione. In ogni caso, però, il presupposto della condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria è la totale soccombenza, con la conseguenza che non può farsi luogo all'applicazione dell'articolo 96 c.p.c., quando tale requisito non sussista cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. I 27-08-2013, numero 19583 Cass. Civ., Sez. II, 12-10-2009, numero 21590 del 12-10-2009 . Nel caso di specie, quindi, non sembrano ricorrere i presupposti affinché il ricorrente possa pretendere la condanna per lite temeraria della controparte, che, invece, è risultata totalmente vittoriosa nel precedente grado di giudizio. Pertanto, anche il terzo motivo è da ritenersi manifestamente infondato . Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio e le critiche formulate dal Comune ricorrente nella memoria ex articolo 378 c.p.c. non hanno alcuna incidenza su dette conclusioni, giacché la questione della mancanza di un giudizio prognostico circa l'esito che avrebbe avuto la linea difensiva della Elidra s.r.L con riferimento al merito dell'atto annullato, seppure per vizio formale, risulta coperto dal giudicato del medesimo giudizio amministrativo. Né l'assunto secondo cui il giudicato amministrativo riguarderebbe l'atto e non anche la vicenda, sul presupposto che quello amministrativo si forma in relazione ai soli motivi di gravame e non alle eventuali affermazioni incidentali contenute nella sentenza in quanto l'autorità dello stesso è circoscritta oggettivamente, in conformità alla funzione della pronunzia giudiziale che è diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande hic ed inde proposte , può comportare la non responsabilità dell'Amministrazione per gli atti adottati dal momento che i diritti del privato possono venire meno solo di fronte ad un atto amministrativo legittimo. Un'ormai del tutto consolidata giurisprudenza afferma che ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della Pubblica Amministrazione non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa. Si deve quindi verificare se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, con la conseguenza che può affermarsi la responsabilità dell'amministrazione per danni conseguenti a un atto illegittimo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato così, ad es., e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 26 marzo 2013 numero 1669 . Detto altrimenti, l'ingiustizia del danno non può considerarsi in re ipsa nella sola illegittimità dell'esercizio della funzione amministrativa o pubblica in generale, dovendo in realtà il giudice procedere a verificare e giudicare che sussista un evento dannoso che il danno sia qualificabile come ingiusto in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l'ordinamento che l'evento dannoso sia riferibile, sotto il profilo causale, ad una condotta della pubblica amministrazione che l'evento dannoso sia imputabile a responsabilità della Pubblica Amministrazione anche sotto il profilo soggettivo del dolo o della colpa e che la responsabilità possa e debba essere negata quando l'indagine presupposta conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giurisprudenziali, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto cfr. al riguardo, ex plurimis e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2013 numero 798 . In sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può comunque limitarsi ad invocare l’illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento. Al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo non è dunque richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell'Amministrazione, potendo egli limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto e dovendosi fare applicazione, al fine della prova dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all'articolo 2727 c.c. a questo punto spetta all'amministrazione dimostrare, se del caso, di essere incorsa in un errore scusabile così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2013 n, 1773 . Nella specie peraltro non può trovare applicazione l'ulteriore orientamento del Consiglio di Stato secondo cui la domanda di risarcimento del danno causato da un illegittimo provvedimento, annullato in sede giurisdizionale per difetto di motivazione, non può essere accolta ove persistano in capo all'Amministrazione significativi spazi di discrezionalità in sede di riesercizio del potere così, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 30 giugno 2011 numero 3887 e 8 febbraio 2011 numero 854, nonché Sez. IV, 15 gennaio 2009 il 148 e 30 giugno 2006 numero 4234 - adombrata dal ricorrente - dal momento che la immediata esecuzione dell'atto amministrativo, poi annullato - con vizio rilevabile ictu oculi - ha precluso qualsiasi difesa ed aspirazione della società Elidra. Conclusivamente il ricorso va respinto. Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità in mancanza di difese da parte dalla società intimata. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.