L’avvocato può chiedere il proprio compenso solo se dimostra l’avvenuto conferimento di incarico

Per ottenere la condanna al pagamento dovuto per l’espletamento della propria attività professionale, l’avvocato deve dimostrare di esserne stato incaricato, non essendo sufficiente a tal fine la produzione in giudizio di una bozza di atto processuale da lui redatta e non sottoscritta dal presunto cliente.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 13106 depositata il 24 giugno 2015. Il fatto. Un avvocato, premettendo di aver svolto un incarico stragiudiziale conferito da un cliente in nome proprio e della figlia, allora minorenne, con l’obiettivo di conseguire il risarcimento dei danni subiti da quest’ultima a causa di un incidente stradale, rilevava di aver dovuto rinunciare al completamento dell’incarico per il disinteresse dei clienti, convenendoli in giudizio per la liquidazione dei compensi spettanti. Il Tribunale adito rigettava le richieste di condanna, pronuncia confermata dalla Corte d’appello che affermava come dalla corrispondenza intercorsa tra le parti non emergesse alcun conferimento di incarichi professionali all’avvocato. Questi ricorre per la cassazione della sentenza di seconde cure. La prova del conferimento dell’incarico. In primo luogo, il ricorrente denuncia l’omessa verifica dell’efficacia probatoria della documentazione presentata a sostegno della propria domanda. La censura si rivela inammissibile e infondata agli occhi della S.C. che sottolinea come il motivo di ricorso così articolato è inidoneo a far valere la presenza di uno dei profili contemplati dall’articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c La motivazione della Corte territoriale è infatti logica e congruente nell’osservare come l’espletamento dell’attività professionale di cui il ricorrente chiedeva la remunerazione non trova alcun fondamento, in termini di conferimento di incarico, nella documentazione da lui fornita e relativa alla prima fase dell’attività stragiudiziale, consistente in una bozza di citazione a giudizio che però non era stata sottoscritta dal cliente. Il divieto di nuove prove in appello. Ugualmente priva di fondamento è al seconda doglianza con cui viene denunciato il ritenuto ritardo della produzione dei verbali del giudizio sul cui presupposto sarebbe emersa la partecipazione del ricorrente ad un numero maggiore di udienze afferma il ricorrente che il divieto di prove nuove in appello si applicherebbe solo alle prove costituende e non a quelle precostituite come nel caso di specie. L’infondatezza del motivo così articolato risiede nella costante affermazione con cui la giurisprudenza esclude ogni rilevanza della differenza tra prove precostituite e prove costituende ai fini del divieto di cui all’articolo 345 c.p.c Inoltre, precisa la S.C., l’eventuale lesione del diritto di difesa, lamentata dal ricorrente, non ha formato oggetto di appello. Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 maggio – 24 giugno 2015, numero 13106 Presidente Bucciante – Relatore Bianchini Svolgimento del processo 1 L'avvocato L.D.S., premesso di aver svolto un incarico stragiudiziale in fa vore di G.M., che glielo aveva conferito in nome proprio e della figlia allora minore V. rilevato che aveva dovuto rinunciare a proseguire nella prestazione d'opera professionale, pur dopo aver compiuto delle attività preparatorie all'appressamento di una citazione per i danni subiti da detta minore a seguito di inci dente stradale e dopo aver redatto la citazione in giudizio che G.M. non a veva inteso sottoscrivere rilevato altresì che V. M. , raggiunta la maggiore età, gli aveva conferito autonomo incarico che aveva determinato l'inizio di un procedimen to al quale aveva partecipato a sei udienze che era receduto anche da tale incarico per il dimostrato disinteresse della cliente, evocò i predetti Minudlli innanzi al Tribunale di Roma e chiese che gli venissero liquidati separati compensi per l'opera svolta. G.M. si costituì negando di aver mai conferito incarico in proprio la figlia V. concluse per la infondatezza delle domande. 2 Il Tribunale di Roma rigettò le richieste di condanna nei confronti di G.M. e condannò la figlia di costui al pagamento di euro 1073,00 oltre interessi dalla domanda compensò le spese tra costei ed il D.S. e pose a carico di quest'ultimo quelle attinenti a G.M 3 La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 24 febbraio 2009, respinse il gravame del D.S. in relazione alla ribadita domanda di liquidazione nei confronti di G.M. giudicando che dalla corrispondenza intercorsa tra l'appellante ed il predetto non sarebbe emerso il conferimento dell'incarico in proprio e rilevò che sa rebbe stata irrilevante la redazione dell'atto di citazione in cui si facevano valere diritti risarcitori propri del genitore, in quanto non sottoscritto dal predetto quanto poi alla posizione di V. M. accolse in parte la richiesta di liquidazione di compensi superiori a quelli riconosciuti in prime cure condannando la predetta alla correspon sione di euro 1961,00 oltre interessi ed accessori di legge , negando peraltro che fosse stata fornita rituale prova della partecipazione del legale a tutte e sei le udienze prece denti la rinuncia al mandato, rilevando, sul punto, la inammissibilità della produzione di alcuni verbali di quel giudizio , posti a corredo dell'atto di appello. 4 Per la cassazione di tale decisione l'avv. D.S. ha proposto ricorso, affidandolo a due motivi, illustrati da successiva memoria i M. hanno risposto con controricor so. Motivi della decisione I Con il primo motivo. vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli articolo 2697 2702 2712 cod. civ. in relazione all'articolo 116 cpc nonché un vizio di motiva zione in cui sarebbe incorsa la Corte romana nel non verificare la efficacia probatoria della documentazione posta a corredo della citazione prima di concludere per l'assenza del conferimento dell'incarico in proprio. I.a Il motivo presenta dei profili di inammissibilità ed è complessivamente infondato. Ia.1 Quanto ai primi il mezzo si appunta su un'erronea valutazione della valenza di mostrativa della documentazione prodotta e quindi conduce in via primaria all'esistenza di un vizio di motivazione ma, come proposto, non è idoneo a far valere la presenza di uno dei tre profili contemplati nella formulazione dell'articolo 360, I comma numero 5 cpc, ante riore alla riforma di cui al decreto legge numero 83/2012, stante la presenza di un'argomentata esposizione delle ragioni del convincimento espressa nella gravata deci sione. La.2 Circa la congruenza della motivazione in sé giova osservare che, pur se fosse sta to dimostrato che G.M. avesse formalmente speso anche il proprio no me nel conferimento dell'incarico, tuttavia ciò non avrebbe provato l'espletamento di autonoma attività defensionale che l'avv. D.S. vorrebbe che gli fosse remunerata dal momento infatti che sono stati riconosciuti a carico della figlia del cliente compensi anche per l'opera stragiudiziale prestata quando la stessa era minorenne, la richiesta a vanzata dal difensore avrebbe dovuto specificare e documentare la riferibilità di altre at tività defensionali stragiudiziali, relative al solo G.M., espletate in epoca an teriore alla prima rinuncia al mandato a riprova del fatto sta la constatazione che, pur evidenziando il ricorrente che G.M. avrebbe con ciò fatto valere il diritto al rimborso delle spese sostenute in proprio per le cure della figlia e per danni da lui stesso subiti a seguito del sinistro stradale, nessuna documentazione diretta alla quantificazione ed alla richiesta di tale voce è stata richiamata in ricorso, idonea a dimostrare l'espletamento di tale autonomo incarico irrilevante è la condotta tenuta dal M. al lorchè rilasciò, senza sollevare contestazioni, ricevuta della documentazione formatasi nella prima fase dell'incarico, tra cui sarebbe stata compresa una bozza di citazione ap prontata dal ricorrente, in cui il M. figurava agente anche in proprio, atteso che la mancata contestazione di detta bozza era priva di valore significativo dell'esistenza di un incarico per la liquidazione dei danni afferenti al M. e non alla figlia, in quanto la ricevuta documentava ed era diretta a provare non già l'effettività di un incarico bensì la corrispondenza degli atti riconsegnati a quelli illustrati nella nota di trasmissio ne nessun rilievo confessorio dell'incarico conferito in proprio può altresì trarsi dalla disponibilità del M. a liquidare il dovuto al professionista, stante il fatto che il compenso andava in ogni caso corrisposto, sia che fosse riferito all'attività in favore del la sola figlia sia che fosse indirizzato anche a compensare un'attività professionale svol ta, in ipotesi, anche in favore del M. in proprio. II Con il secondo motivo relativo alla posizione di V. M. viene denun ciata la violazione dell'aft. 345 cpc nonché l'omesso esame di un punto decisivo della controversia, là dove la Corte del merito ritenne tardivamente prodotti i verbali del giu dizio presupposto dai quali sarebbe emersa la partecipazione del ricorrente ad un nume ro maggiore. di udienze rispettg a quelle riconosciutegli assume il D.S. che il divieto di nuove prove in appello si applicherebbe solo alle prove costituende sostiene altresì che sarebbe stato impedito dall'acquisire quei verbali per il rifiuto del giudice istruttore di concedere termine per il deposito di documenti a' sensi dell'articolo 184 cpc, così de terminando l'insorgenza della impossibilità di previa produzione, costituente eccezione del divieto di nuovi depositi documentali in appello. Ma Il motivo è infondato a perché la differenza tra prove precostituite e prove co stituende è stata ritenuta irrilevante ai fini dell'applicazione solo alle seconde del divieto di cui all'articolo 345 cpc dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza numero 8203/2005 b perché l'eventuale lesione del diritto di difesa determinata dalla mancata concessione del termine di cui all'articolo 184 cpc non appare aver formato oggetto di appello circo stanza questa di risolutiva importanza tanto più se fosse riscontrato quanto dedotto a fol 19 del controricorso, secondo cui il Tribunale avrebbe motivato espressamente in ordine alla mancata concessione del predetto termine, assumendo che l'avv. D.S. non avrebbe chiesto in precedenza la concessione dei termini di cui all'articolo 183, comma quinto, cpc c perché non è spiegato, in ricorso, per quale ragione vi sarebbe stata una intenzionale perché riferentisi ad attività già prestate produzione parziale dei docu menti attinenti il giudizio presupposto d perché in ogni caso non è stata fatta valere la violazione dell'articolo 345 cpc sotto il profilo della indispensabilità della documentazione del resto neppure predicabile in astratto, perché il concetto afferisce al valore dimostra tivo della documentazione in sé e non già al rilievo qui messo in evidenza della non frazionabilità della sua produzione nei vari gradi di giudizio . II.b Inconferente è poi la dedotta presunzione di veridicità delle voci di parcella in quanto la presente causa è sorta, per quanto riguarda la rappresentata V. Minucilli, proprio a contestazione di detta presunzione. III Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo quanto indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giu dizio che liquida in complessivi curo 2.700,00 di cui 200,00 per esborsi.