La Consulta conferma la pignorabilità di un quinto dello stipendio

La tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di negare in radice la pignorabilità degli emolumenti, ma di attenuarla per particolari situazioni la cui individuazione è riservata alla discrezionalità del legislatore.

Lo ha ribadito la Corte Costituzionale, con l’ordinanza numero 70, depositata il 5 aprile 2016. Il caso. Nell’ambito di una procedura di pignoramento di crediti presso terzi, il giudice a quo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 545, comma 4, c.p.c., nella parte in cui non prevede l’impignorabilità assoluta di quella parte della retribuzione necessaria a garantire al lavoratore i mezzi indispensabili alle sue esigenze di vita, ed, in via subordinata, nella parte in cui non prevede le medesime limitazioni in materia di pignoramento di crediti tributari disposte dall’articolo 72-ter, d.P.R. numero 602/1973, come introdotto dall’articolo 3, comma 5, lett. b , d.l. numero 16/2012 convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, l. numero 44/2012 . Il giudice rimettente evidenzia un contrasto con gli articolo 3 e 36 Cost., rilevando che, nonostante la particolare esiguità degli stipendi pignorati nella fattispecie, in base alla disposizione impugnata tali somme sarebbero pignorabili fino ad un quinto se, invece, fosse applicabile il limite di cui all’articolo 72-ter del d.P.R. numero 602/1973, essendo le somme dovute a titolo di stipendio inferiori a 2.500 euro mensili, le stesse sarebbero pignorabili nel limite di un decimo e non di un quinto. Il giudice a quo deduce, inoltre, la violazione del principio di eguaglianza per disparità di trattamento sia in relazione al diverso regime riguardante i pensionati, quale consolidatosi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 506/2002 con la quale è stata riconosciuta l’impignorabilità delle pensioni per l’intera parte indispensabile alle elementari esigenze di vita del pensionato , sia, in via subordinata, in relazione al regime della riscossione dei crediti erariali fissato dal citato articolo 72-ter, d.P.R. numero 602/1973. Il giudice a quo solleva dubbi analoghi a quelli del 2015 la questione è manifestamente inammissibile. Con la pronuncia in commento, la Consulta, rilevata l’identità di contenuto tra le ordinanze di rimessione odierne e quella da cui è derivata la sentenza numero 248 del 2015, dichiara la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata e manifestamente inammissibile. Ed infatti, con la richiamata decisione del 2015, il giudice delle leggi aveva già avuto modo di dichiarare la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 545, comma 4, c.p.c., in riferimento agli articolo 3 e 36 Cost., posto che la tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di negare in radice la pignorabilità degli emolumenti, ma di attenuarla per particolari situazioni la cui individuazione è riservata alla discrezionalità del legislatore. I limiti della pignorabilità sono rimessi alla discrezionalità del legislatore. Come chiarito dalla Corte Costituzionale in altre occasioni, lo scopo dell’articolo 545 c.p.c. è quello di contemperare la protezione del credito con l’esigenza del lavoratore di avere, attraverso una retribuzione congrua, un’esistenza libera e dignitosa. La facoltà di escutere il debitore non può essere sacrificata totalmente, anche se la privazione di una parte del salario è un sacrificio che può essere molto gravoso per il lavoratore scarsamente retribuito. Con l’articolo 545 c.p.c., il legislatore si è dato carico di contemperare i contrapposti interessi, contenendo la somma pignorabile e graduando il sacrificio in misura proporzionale all’entità della retribuzione. Chi ha una retribuzione più bassa, infatti, è colpito in misura proporzionalmente minore non è vero, quindi, che siano state “parificate” situazioni diverse, né si può ritenere arbitraria la norma impugnata sol perché non ha escluso gli stipendi e i salari più esigui cfr. Corte Cost., numero 248/2015 , numero 260/1987, numero 12/1977, numero 209/1975, numero 102/1974 e numero 20/1968 . La scelta del criterio di limitazione della pignorabilità e l’entità di detta limitazione rientrano, per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, nel potere insindacabile del legislatore cfr., ex plurimis , Corte Cost., numero 225/2002 . In sostanza, la tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di negare in radice la pignorabilità degli emolumenti ma di attenuarla per particolari situazioni la cui individuazione è riservata alla discrezionalità del legislatore. Conseguentemente, è sempre stata respinta la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’articolo 36 Cost., dell’articolo 545, comma 4, c.p.c. nella parte in cui non prevede l’impignorabilità della quota di retribuzione necessaria al mantenimento del debitore e della famiglia cfr. Corte Cost., numero 248/2015, numero 434/1997, numero 209/1975, numero 102/1974, numero 38/1970 e numero 20/1968 . Retribuzione e pensione hanno regimi differenziati. Sempre con la richiamata sentenza numero 248 del 2015, la Corte aveva espressamente escluso la configurabilità di una disparità di trattamento, sia in relazione al regime di impignorabilità delle pensioni, sia ai limiti di pignorabilità dei crediti tributari, in ragione dell’eterogeneità dei tertia comparationis rispetto alla disposizione impugnata, verificata alla luce di un esame obiettivo del contesto normativo complessivo e dalla sua evoluzione differenziata. Con particolare riferimento agli emolumenti da pensione, l’orientamento della Consulta è nel senso che, pur mantenendosi il limite del quinto del percepito, debba essere sottratta al regime generale di pignorabilità la parte necessaria a soddisfare le esigenze minime di vita del pensionato Corte Cost., numero 506/2002 . Ciò in quanto il regime dei crediti pensionistici non è assimilabile a quello dei crediti da lavoro mentre l’articolo 38, comma 2, Cost. enuncia un precetto che, essendo espressione di un principio di solidarietà sociale, ha come destinatari tutti i consociati, l’articolo 36 Cost. indica parametri ai quali deve conformarsi l’entità della retribuzione nei rapporti lavoratore-datore di lavoro, senza che ne scaturisca, quindi, alcun vincolo per terzi estranei a tale rapporto, oltre quello del limite del quinto della retribuzione quale possibile oggetto di pignoramento.

Corte Costituzionale, sentenza 10 febbraio – 5 aprile 2016, numero 70 Presidente Criscuolo – Redattore Carosi Ordinanza Nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, promossi dal Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con due ordinanze del 18 febbraio 2015, rispettivamente iscritte ai nnumero 108 e 151 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 24 e numero 34, prima serie speciale, dell’anno 2015. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2016 il Giudice relatore Aldo Carosi. Ritenuto che il Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con due ordinanze di analogo contenuto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, per violazione degli articolo 1, 2, 3, 4 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l’impignorabilità assoluta di quella parte della retribuzione necessaria a garantire al lavoratore i mezzi indispensabili alle sue esigenze di vita, e, in via subordinata, nella parte in cui non prevede le medesime limitazioni in materia di pignoramento di crediti tributari disposte dall’articolo 72-ter Limiti di pignorabilità del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 602 Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito , come introdotto dall’articolo 3, comma 5, lettera b , del decreto-legge 2 marzo 2012, numero 16 Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento , convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, numero 44 che, secondo quanto riferito dal giudice a quo, le questioni sono sorte nell’ambito di due procedure esecutive, la prima promossa da Banca Suasa Credito Cooperativo spa, ai danni del signor P.G., debitore della somma complessiva di euro 7.720,61, oltre alle spese della procedura esecutiva, e la seconda promossa da R.E. ai danni della signora M.E., debitrice della somma complessiva di euro 2.044,72, oltre alle spese della procedura esecutiva che i terzi pignorati hanno reso dichiarazioni positive dei rispettivi obblighi di corrispondere ai rispettivi debitori uno stipendio mensile rispettivamente di euro 299,00 ed euro 450,00 al netto delle ritenute previste dalla legge e quindi, poiché a mente dell’articolo 545, quarto comma, cod. proc. civ. «Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito», secondo il Tribunale rimettente gli stipendi degli esecutati sarebbero pignorabili fino ad un quinto, ammontante nei casi di specie rispettivamente ad euro 59,50 ed euro 90,00, per cui resterebbero nella disponibilità dei medesimi euro 239,50 ed euro 360,00, non risultando agli atti che essi dispongano di altre fonti di sostentamento. Al riguardo, osserva il Tribunale ordinario di Viterbo che se, invece, fosse applicabile alle fattispecie oggetto dei giudizi il limite indicato dall’articolo 72-ter del d.P.R. numero 602 del 1973, essendo le somme dovute a titolo di stipendio inferiori ad euro 2.500,00 mensili, le stesse sarebbero pignorabili nel limite di un decimo e non di un quinto che il rimettente dubita quindi della legittimità costituzionale dell’articolo 545, quarto comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede l’impignorabilità assoluta di quella parte della retribuzione necessaria a garantire al lavoratore i mezzi indispensabili alle sue esigenze di vita che lo stesso giudice deduce anche la violazione del principio di eguaglianza per disparità di trattamento sia in relazione al diverso regime afferente al pensionato, quale consolidatosi a seguito della sentenza di questa Corte numero 506 del 2002, sia, in via subordinata, in relazione al regime della riscossione dei crediti erariali fissato dall’articolo 72-ter del d.P.R. numero 602 del 1973, come introdotto dall’articolo 3, comma 5, lettera b , del d.l. numero 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della l. numero 44 del 2012 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per eccepire la non fondatezza della questione. Considerato che deve essere disposta la riunione dei giudizi, attesa la coincidenza dei parametri e dell’oggetto degli atti di rimessione che le questioni sollevate risultano analoghe a quelle di cui è stata dichiarata la non fondatezza in riferimento agli articolo 3 e 36 della Costituzione, con sentenza di questa Corte numero 248 del 2015 che tale sentenza precisava, tra l’altro che «la tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di negare in radice la pignorabilità degli emolumenti ma di attenuarla per particolari situazioni la cui individuazione è riservata alla discrezionalità del legislatore», mentre, con riguardo alla questione sollevata in riferimento all’articolo 3 Cost., sia in relazione al regime di impignorabilità delle pensioni, sia – in via subordinata – all’articolo 72-ter del d.P.R. numero 602 del 1973, le argomentazioni del giudice rimettente non sono state condivise in ragione della eterogeneità dei tertia comparationis rispetto alla disposizione impugnata, tanto più verificata alla luce di «un esame obiettivo del contesto normativo complessivo e dalla sua evoluzione differenziata» che invece, relativamente alla norma impugnata con riferimento agli articolo 1, 2 e 4 Cost., la predetta decisione ha ritenuto l’inammissibilità delle censure per la loro apoditticità in quanto prive di un’argomentazione esaustiva sulle ragioni del preteso contrasto con le norme invocate che – stante l’identità di contenuto tra l’ordinanza di rimessione oggetto della richiamata pronuncia del 2015 e quelle odierne – la questione da queste ultime reiterata va, conseguentemente, a sua volta, dichiarata manifestamente infondata con riferimento agli articolo 3 e 36 Cost., e manifestamente inammissibile con riguardo agli articolo articolo 1, 2 e 4 Cost., per le stesse ragioni. Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per Questi Motivi la Corte Costituzionale riuniti i giudizi, 1 dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento agli articolo 1, 2 e 4 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con le ordinanze indicate in epigrafe 2 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 545, quarto comma, cod. proc. civ., sollevata, in riferimento agli articolo 3 e 36 Cost., dal Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.