In tema di reati edilizi-paesistici, integra il reato previsto dall'articolo 181, d.lgs. numero 42/2004, la realizzazione su aree vincolate di interventi precari o facilmente amovibili in difetto di autorizzazione paesaggistica, anche in caso di occupazione temporanea del suolo per un periodo inferiore a 120 giorni, trattandosi di attività da svolgere previo necessario assenso dell'Autorità amministrativa competente, sebbene all'esito di procedura semplificata.
Lo ha ribadito la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 6703/16, depositata il 19 febbraio. Le opere edilizie precarie L'articolo 3, comma 1, lett. e del testo unico sull'edilizia annovera tra gli interventi di nuova costruzione - come tali soggetti al permesso di costruire - tra gli altri, l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati ed in genere l'installazione di strutture di qualsiasi tipologia, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, a condizione che siano utilizzate come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi, magazzini, ecc. e siano tese a soddisfare esigenze durevoli nel tempo in definitiva il concetto di costruzione non postula necessariamente l'ancoraggio al suolo del fabbricato, ove sussistano le condizioni dianzi evidenziate. Ad esempio, nel caso di struttura adibita a campeggio, sussiste il fumus del reato di lottizzazione abusiva laddove essa, sia pure debitamente autorizzata, venga radicalmente mutata per effetto di opere edilizie non autorizzate e di roulotte posizionate stabilmente a terra e, pertanto, non più agevolmente trasportabili, dando luogo ad uno stabile insediamento abitativo di rilevante impatto negativo sull'assetto territoriale. Sempre in tema di attività di campeggio, la Suprema Corte ha altresì stabilito che integra il reato di lottizzazione abusiva la realizzazione, all'interno di una area adibita a campeggio, di una struttura ricettiva che presenta le caratteristiche di uno stabile insediamento residenziale, posto che il “campeggio” presuppone allestimenti e servizi finalizzati ad un soggiorno occasionale e limitato nel tempo in quanto previsto dalla legge in funzione di turisti in prevalenza provvisti di propri mezzi mobili di pernottamento. e la procedura semplificata di autorizzazione paesaggistica. Il dato letterale dell'allegato 1, punto 38 del d.P.R. numero 139/2010, in applicazione dell’articolo 146, comma 9, d.lgs. numero 42/2004, sembra prevedere la procedura diretta al conseguimento dell'autorizzazione paesaggistica semplificata solo in caso di «occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni», con la conseguenza che, oltre tale termine, sarebbe richiesta l'autorizzazione paesaggistica semplificata mentre l'occupazione temporanea di durata inferiore al predetto termine inferiore cioè ai 120 giorni non sarebbe soggetta ad alcuna autorizzazione, configurandosi perciò come intervento paesaggisticamente libero . Orbene, è stato ipotizzato che, per mero errore materiale nella formulazione del punto 38 dell’allegato 1 del regolamento numero 139/2010, sia stato omesso l'avverbio non e che conseguentemente la norma assume perciò un significato diametralmente opposto a quello effettivamente voluto dal legislatore. Sul punto, va osservato come, volendo rimanere ancorati alla lettera della norma e al significato stesso delle parole utilizzate nella disposizione, non sia corretto valorizzare nell'economia della fattispecie esclusivamente il dato cronologico di riferimento 120 giorni sottostimando il segno linguistico occupazione temporanea , che costituisce il vero contenuto precettivo della fattispecie e che per ciò stesso esclude ogni possibilità di ricorso ad interventi incertus quando perchè senza uno sbarramento circa il termine finale dies ad quem l'occupazione, contrariamente all'intento del legislatore, può assumere connotati di non temporaneità e quindi non rientrare nel novero degli interventi lievi, i soli che giustificano il ricorso ad una procedura semplificata, il che da il senso di una antinomia interna alla fattispecie che consente una interpretazione conforme al sistema come in precedenza delineato riportando alla coerenza la disposizione, nel senso che l'autorizzazione paesaggistica semplificata sarebbe consentita per le occupazioni temporanee inferiori a 120 giorni mentre per quelle superiori sarebbe necessario il ricorso alla procedura ordinaria. In passato, la Suprema Corte ha escluso che l'allegato 1 al d.P.R. numero 139/2010, il quale individua gli interventi di lieve entità al fine di semplificare il procedimento per conseguire l'autorizzazione paesaggistica, possa estendere l'ambito degli interventi paesaggisticamente liberi ai casi non previsti dall'articolo 149 del d.lgs. numero 42/2004, includendovi anche le nuove costruzioni di durata temporanea. Peraltro, il reato di pericolo previsto dall'articolo 181 del d.lgs. numero 42/2004 è integrato anche dalla realizzazione di manufatti precari e facilmente amovibili nella specie, una struttura in ferro con copertura superiore e laterale in plastica di mq. 36 , essendo assoggettabile ad autorizzazione ogni intervento modificativo, con esclusione delle condotte che si palesino inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 novembre 2015 – 19 febbraio 2016, numero 6703 Presidente Franco – Relatore Mocci Ritenuto in fatto 1.Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Reggio Calabria ha annullato il provvedimento di convalida ed emissione dei sequestro preventivo disposto dal GIP della stessa città nei confronti di D.L. il 19 gennaio 2015, con riguardo al reato di cui all'articolo 44 comma 1 lett. by D.P.R. numero 380 del 2001, confermando invece il provvedimento con riguardo all'articolo 181 D. Lgs. numero 42 del 2004. Ha sostenuto il Tribunale che i manufatti in sequestro erano stati realizzati conformemente a quanto richiesto dall'articolo 6 comma 2° DPR numero 380/2001, giacché vi era stata una previa rituale comunicazione al Comune con la dichiarazione di mantenere le opere per un periodo non superiore ai 90 giorni. Tuttavia - con riguardo al capo confermato - la procedura semplificata di autorizzazione paesaggistica, sicuramente applicabile al caso di specie, non avrebbe però potuto condurre all'affermazione che il punto 38 dell'allegato I° avesse determinato una deroga alla disciplina di cui all'articolo 149 D.L. 22 gennaio 2004 numero 42, nonostante il sicuro difetto di coordinamento fra le due norme. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, sulla scorta di due motivi erronea applicazione dell'articolo 1 del DPR numero 139 del 2010, in relazione all'articolo 146 comma 9° d. I. numero 42 del 2004, in relazione all'allegato 1° punto 38 esercizio da parte del giudice di una potestà riservata ad organi legislativi od amministrativi, ovvero non consentita ai pubblici poteri . Considerato in diritto 1. Con il primo rilievo, la prevenuta ha dedotto la violazione dell'articolo 606 lett. b per inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 1 DPR 9 luglio 2010 numero 139, giacché il legislatore avrebbe escluso - per le strutture destinate a permanere un tempo inferiore a 120 giorni - qualunque ottenimento preventivo dell'autorizzazione paesistica. 2. Con la seconda censura, ha osservato che, anche a voler ritenere la non corretta articolazione normativa, il giudice non avrebbe potuto - se non violando l'articolo 606 lett. a - sostituirsi al legislatore al fine di integrare ipotesi di reato nella specie, sia il criterio letterale, sia il criterio sistematico avrebbero condotto ad escludere dalla previsione penale la posa in opera di strutture temporanee per un periodo inferiore a 120 giorni, anche perché il tempo ridotto avrebbe impedito qualunque effettiva modifica dell'ambiente circostante. Il ricorso è fondato, nei limiti che seguono. L'articolo 1 del D.P.R. numero 139 del 9 luglio 2010 afferma Sono assoggettati a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42, e successive modificazioni, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di seguito denominato Codice , gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice, sempre che comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, indicati nell'elenco di cui all'allegato I che forma parte integrante del presente regolamento . A sua volta l'allegato 1°, al punto 38 testualmente recita occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni . E' evidente che una lettura logico-sistematica delle due norme consente di affermare che, se la procedura semplificata è prevista per occupazioni temporanee di più di 120 giorni, per le opere destinate a restare in essere per un tempo inferiore al predetto, la anzidetta procedura non debba essere necessaria. Ed allora, una volta ritenuto dal giudice di merito che la costruzione era destinata ad essere eliminata dopo 90 giorni, non può reputarsi che costituisca ipotesi di reato, di fatto equiparandola alle fattispecie di occupazione per un periodo superiore a 120 giorni. In ciò sta l'illogicità dell'ordinanza impugnata, prima ancora che il portato di un'erronea interpretazione della disciplina di legge. Occorre però rilevare che il problema deve essere affrontato in un'ottica differente, che il Tribunale non ha colto appieno. Infatti, trattandosi nella specie di una violazione determinata dal mancato rilascio dell'autorizzazione paesistica, la L. avrebbe in ogni caso dovuto domandare il permesso di installare il manufatto, e sarebbe stato compito dell'amministrazione competente - e non del privato o dei giudice - in esito alle verifiche dei caso, valutare se l'intervento progettato fosse esonerato dall'autorizzazione paesaggistica oppure assoggettato al regime ordinario. Tanto si può argomentare dall'articolo 4 del D.P.R. 139 del 2010, che, appunto, imponendo l'onere della domanda, attribuisce alla sola amministrazione il compito di stabilire, caso per caso, l'esenzione o l'assoggettamento all'autorizzazione paesaggistica. In altri termini, nelle aree vincolate alla tutela dei beni paesaggistici - secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.L. 22 gennaio 2004 numero 42 - il privato è sempre tenuto a chiedere l'autorizzazione, anche se la struttura sia destinata ad una permanenza inferiore a 120 giorni. Diverso è la questione, incidentalmente sollevata dal secondo motivo, circa l'esistenza del periculum in effetti, sul punto l'ordinanza è carente di motivazione, soprattutto allorquando, pur dando atto della cessazione della permanenza, giustifica la misura cautelare con una tautologia la libera disponibilità dei manufatti sottoposti a sequestro dalla P.G. determina necessariamente una persistente lesione dell'interesse paesistico e, quindi, una protrazione degli effetti e conseguenze del reato . Alla luce di quanto precede, la Corte di merito - alla quale il procedimento va rinviato per un nuovo e più approfondito esame - dovrà verificare se permane il periculum, nonostante la rimozione della struttura. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame.