La trasformazione dei fondi bancari c.d. «esonerativi» dall’Assicurazione Generale Obbligatoria, cui erano iscritti i dipendenti degli istituti di credito in servizio alla data del 31 dicembre 1990, in fondi c.d. «integrativi» ne determina l’inclusione nell’ambito della previdenza complementare, quali fondi «preesistenti» all’entrata in vigore del D.Lgs. numero 124/93. Conseguentemente, le modifiche statutarie deliberate prima dell’iscrizione nella sezione speciale per le «forme di previdenza complementare preesistenti» dell’Albo dei Fondi Pensione tenuto presso la COVIP, non sono soggette, ai fini della loro efficacia, all’approvazione né del Ministero del Lavoro né della Commissione prevista dal citato D.Lgs.
Il quadro normativo. Attesa la complessità del quadro normativo, sembra opportuna una breve premessa ricostruttiva per rendere, per quanto possibile nel ridotto spazio che ci è concesso, maggiormente fruibili i principi espressi dalla pronuncia in commento. Sino all’entrata in vigore della Legge numero 218/1990, i contributi obbligatori dei lavoratori del settore credito non venivano versati all’Assicurazione Generale Obbligatoria istituita presso l’INPS c.d. «AGO» , bensì presso appositi fondi c.d. «esonerativi» costituiti dagli istituti di credito/datori di lavoro. A seguito dell’entrata in vigore della suddetta norma, tali fondi esonerativi venivano trasformati in fondi c.d. «integrativi», ossia integrativi della pensione erogata dall’AGO. A detti fondi erano iscritti, ex D.Lgs. numero 357/1990, i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1990 e non coloro che sarebbero stati assunti in data successiva. Lo stesso D.Lgs. numero 357/1990 prevedeva che le modifiche agli statuti di tali fondi, per essere efficaci, dovessero essere approvate dal Ministero del Lavoro. Successivamente, il D.Lgs. numero 124/1993 prevedeva - per le sole forme di «previdenza complementare» - un diverso regime delle approvazioni, demandate ad una apposita Commissione prevista e disciplinata dagli articolo 16 e 17 dello stesso decreto. Notevoli dubbi, quindi, hanno riguardato il regime delle autorizzazioni alle modifiche statutarie, opinabile in funzione dell’inclusione o meno dei fondi esonerativi tra le forme di previdenza complementare. Il caso. Due ex dipendenti di un istituto di credito, cessati dal servizio nella fine del 1994, adivano il Giudice del Lavoro chiedendo la condanna del «Fondo Pensioni per il Personale» del proprio ex datore di lavoro al pagamento della differenza tra la pensione integrativa erogata e quella, teoricamente dovuta, includendo nella relativa base di calcolo l’indennità di vacanza contrattuale prevista con effetto retroattivo dal CCNL del 19 dicembre 1994. In un quadro normativo molto complesso e stratificato, confermando la pronuncia di primo grado la Corte di Appello di Torino riteneva che al Fondo convenuto dovesse applicarsi uno statuto approvato con D.P.R. numero 469/1973, in quanto unico statuto sottoposto all’approvazione di una Autorità Pubblica. Avverso tale sentenza promuoveva ricorso alla Corte di Cassazione il Fondo pensioni. La natura dei «vecchi» fondi esonerativi. Sulla base dell’impugnazione promossa dal Fondo, il giudizio di legittimità verteva principalmente su due aspetti a se la pensione integrativa erogata dal Fondo ai due pensionati dovesse o meno comprendere l’indennità di vacanza contrattuale introdotta dal CCNL del 19 dicembre 1994 che, in estrema sintesi, rinviava sul punto a quanto previsto nello statuto del Fondo e b quale fosse lo statuto da applicare secondo il Fondo ricorrente doveva applicarsi lo statuto del 1994, efficace dal gennaio 1993, che espressamente escludeva dalla base di calcolo della pensione integrativa l’indennità di vacanza contrattuale, a differenza dello statuto del 1973, la cui applicazione era stata invocata dagli ex dipendenti, che invece includeva i suddetti importi . Quesito, quest’ultimo, che passava necessariamente per la classificazione – o meno – del Fondo ricorrente tra i fondi di previdenza complementare c.d. « preesistenti ». I poteri di vigilanza della Commissione sui fondi di previdenza complementare. Preliminarmente, la Corte di Cassazione rileva come, alla data di approvazione dello Statuto del 1994, non fosse normativamente chiaro se le modifiche statutarie dei fondi esonerativi dovessero essere ancora sottoposte all’approvazione del Ministero del Lavoro o della Commissione istituita presso lo stesso Ministero come previsto per i Fondi di previdenza complementare istituiti prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 124/93 tale incertezza, rileva la Corte, veniva tuttavia superata dalla L. 335/95 che espressamente estendeva l’applicazione della normativa in tema di previdenza complementare ai fondi già esonerativi dei dipendenti bancari. Circostanza che, secondo la ricostruzione dei due pensionati, avrebbe comunque reso necessaria, ai fini dell’efficacia dello statuto del Fondo, l’approvazione da parte della succitata Commissione circostanza, questa, condivisa dai Giudici di merito . Di diverso avviso risulta la Cassazione secondo cui, una volta accertata l’inclusione dei Fondi esonerativi tra le forme di previdenza complementare, deve trovare applicazione l’articolo 59, comma 40, Legge numero 449/1997, a mente del quale le «modifiche statutarie relative alle forme pensionistiche preesistenti deliberate prima della iscrizione nella sezione speciale dell’albo [ ] non si applicano [ ] procedure di autorizzazione». La ratio della disposizione, prosegue la Corte, era quella di conferire efficacia alle modifiche statutarie che i fondi di previdenza complementare avevano deliberato, ancorché in tempi remoti, e che erano rimaste prive del provvedimento di approvazione e, quindi, inefficaci a causa delle «vicissitudini normative» conseguenti alla introduzione della previdenza complementare.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 gennaio – 7 febbraio 2012, numero 1715 Presidente De Luca – Relatore La Terza Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata del 23 settembre 2009, la Corte d'appello di Torino confermava la statuizione di primo grado con cui il Fondo Pensioni per il Personale della Cassa di Risparmio di Torino era stato condannato ad erogare a A A.B. e D.S., cessati dal servizio rispettivamente il 31 dicembre 1994 e il 30 novembre 1994, la differenza della pensione integrativa tra quanto erogato e la maggior somma spettante con l'inclusione della indennità di vacanza contrattuale. La Corte adita osservava che il CCNL del 19.12.94 prevedeva la indennità di vacanza contrattuale anche per il personale cessato dal servizio nel 1993, ma ne escludeva il computo ai fini del trattamento di previdenza e quiescenza, salvo diversa previsione dello Statuto che lo Statuto del Fondo, approvato con dpr e 469/73, aveva incluso nella retribuzione pensionabile gli importi dovuti per contralti o accordi aventi effetto retroattivo articolo 31 numero 12 e qualunque altra indennità corrisposta con carattere continuativo articolo 31 numero 11 che era controversa tra le parti proprio l'applicazione del predetto Statuto, poiché il Fondo sosteneva che era invece applicabile quello successivo, approvato il 26 maggio 1994, sottoposto a referendum tra gli iscritti e decorrente dal primo gennaio 1993, il quale non riproduceva le previsioni di cui ai citati nnumero 11 e 12 dell’articolo 31, per cui nella pensione integrativa non doveva essere computata l'indennità di vacanza contrattuale. La Corte territoriale rilevava che il fondo esonerativo dell'AGO, cui erano stati iscritti i dipendenti degli istituti di credito, aveva mutato la sua natura giuridica ad opera del d.lgs. 357/90, il quale aveva disposto la iscrizione dei medesimi dipendenti all’AGO, presso una gestione speciale dell’Inps, e la soppressione e la contestuale trasformazione del fondo esonerativo in fondo integrativo, prescrivendo altresì che le modificazioni statutarie del nuovo fondo integrativo dovessero essere sottoposte all’approvazione del Ministero del Lavoro articolo 5 comma 5 d.lgs. 357/90 . Osservava la Corte adita che il nuovo Statuto del Fondo del 1994 non era mai stato approvato dal Ministero del lavoro ed escludeva poi che detta approvazione fosse stata abolita dalla legislazione successiva in materia di previdenza complementare. Era vero infatti che anche per i fondi integrativi ex esonerativi, come quello in causa, era stata prevista l’inclusione nell'albo delle forme di previdenza complementare già esistenti, ai sensi dell'articolo 18 d.lgs. 124/93, successivamente modificato dal l'articolo 14 della legge 335/95, ed era vero altresì che, ancora successivamente, l’articolo 59 comma 40 legge 449/97 con l'aggiunta del comma 6 bis all'articolo 18 del d.lgs. 124/93 aveva eliminato la necessità di qualunque previa autorizzazione alle modifiche statutarie dei fondi di previdenza complementare, ma detta disposizione - affermava la Corte - riguardava solo i fondi di previdenza complementare già esistenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 124/93, non già quelli in esame, i quali erano passati da esonerativi ad integrativi. La prova che il fondo di cui è causa era diverso da quelli effettivamente complementari era anche dimostrato dal fatto che un vero fondo di previdenza complementare era stato poi istituito con Taccuino tra la Banca e le 00.SS. del 24 novembre 1993. In ogni caso, soggiungevano i Giudici d'appello, anche a ritenere che l'abolizione di ogni approvazione delle modifiche statutarie di cui al citato articolo 59 comma 40 legge 449/97, riguardasse anche i fondi ex esonerativi, detta abolizione non poteva che operare a partire dall'entrata in vigore della legge di abolizione, ossia dal primo gennaio 1998 e quindi non poteva incidere sulla posizione del pensionato attore in giudizio, che era cessato dal servizio in epoca ben precedente. Da ciò discendeva l'operatività delle previsioni statutarie del 1973 e quindi il diritto alla inclusione, nella pensione integrativa, della indennità di vacanza contrattuale. Nessuna incidenza aveva poi l'accordo sindacale del 24 novembre 1993. Questo, infatti, era intervenuto per mantenere ferme le disposizioni statutarie del 1973 in relazione al ragguaglio della pensione integrativa alla retribuzione dell'ultimo anno, in deroga al peggioramento disposto dall'articolo 9 del d.lgs. 503/92 retribuzione media degli ultimi cinque anni , senza toccare però la retribuzione pensionabile, perché le parti avevano convenuto a tal fine di pervenire ad una concorde ristesura dello Statuto del fondo, ponendo come principio solo l'inclusione dell'indennità di rischio e delle indennità ad personam . Avverso detta sentenza il Fondo soccombente ricorre con sette motivi. Resiste il pensionato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Vanno preliminarmente rigettate le eccezioni sollevate dalla parte contro ricorrente sulla idoneità dei quesiti di diritto, perché l'articolo 366 bis cod. civ., inserito dall'articolo 6 d.lgs. numero 40/2006. che ne prevedeva la necessità, è stato abrogato ad opera dell'articolo 47 comma 1 lett. d della legge numero 69/2009, per l'impugnazione delle sentenze pubblicate dopo il 4 luglio 2009, com’è nella specie. Infondate sono anche le eccezioni concernenti la inammissibilità del ricorso per la mancata indicazione dei documenti su cui il ricorso si fonda ex articolo 366 comma 1 numero 6, e la sua improcedibilità ex articolo 369 comma 4 numero 4 dello stesso codice per avere depositato solo stralci del CCNL. 11 ricorso infatti non si fonda su detti documenti, perché sulla interpretazione della contrattazione collettiva le parti sono concordi e quindi non vi è necessità di procedere al relativo esame. 1. Con il primo mezzo, si denunzia violazione degli articolo 1. 16, 17 e 18 d.lgs. 124/93 e dell'articolo 59 comma 40 legge 449/97 in relazione anche all’articolo 12 delle preleggi, per avere escluso l’efficacia dello Statuto del 1994, ritenendo necessaria l'approvazione ministeriale. Erroneamente la sentenza impugnata avrebbe negato che esso Fondo ricorrente, essendo ex esonerativo, rientrasse tra le forme di previdenza complementare già esistenti, contemplate dall'articolo 18 d.lgs. 124/93, dovendo invece essere incluso nel predetto articolo 18, era quindi applicabile la disposizione che aveva eliminato la necessità dell'approvazione ministeriale. 2. Con il secondo motivo, denunziando violazione del comma 6 bis dell'articolo 18 d.lgs. 124/93. dell'articolo 1362 cod. civ. e dell'accordo sindacale del 24 novembre 1993, nonché dello Statuto del 1994, il Fondo si duole ancora che i Giudici d'appello abbiano negato la sua inclusione nelle forme di previdenza complementare, sul rilievo che solo con raccordo sindacale indicato era stata introdotta la previdenza complementare. Ribatte il ricorrente che detto accordo sindacale riguardava la previdenza complementare dei dipendenti assunti successivamente al primo gennaio 1991, il che quindi non smentiva la natura di fondo complementare o integrativo di esso ricorrente, che era riservato a diversa categoria di personale, ossia a coloro che erano già in servizio alla data del 31 dicembre 1990, allorché vi era stata appunto la trasformazione da esonerativo a integrativo ad opera dell'articolo 2 d.lgs. 357/90. 3. Con il terzo mezzo, denunziando difetto di motivazione, si reiterano le argomentazioni già svolte, e cioè che non sarebbe corretto dedurre, dalla programmata istituzione di una forma di previdenza complementare quella riservata agli assunti dopo il primo gennaio 1991 , l'inesistenza di una forma complementare precedente quella appunto riguardante il personale in servizio alla data del 31 dicembre 1990 . 4. Con il quarto mezzo, denunziando violazione delle medesime disposizioni, si critica la sentenza per avere affermato che la abolizione della approvazione ministeriale dello Statuto del 1994, ad opera dell'articolo 59 comma 40 legge 449/97, era ininfluente nei confronti dell'attuale contro ricorrente perché non potrebbe che decorrere dal primo gennaio 1998, mentre il lavoratore era casato dal servizio in epoca ben anteriore. Sostiene di contro il ricorrente che l'approvazione ministeriale costituirebbe solo una condizione di operatività dell'atto e non già un requisito di validità, per cui opera retroattivamente, a decorrere dalla sua conclusione. La sopravvenuta impossibilità della approvazione, ad opera della citata disposizione del 1997, determinerebbe la piena applicazione e l’efficacia temporale dello Statuto del 1994, essendo ormai di per sé completo. 5. Con il quinto mezzo si lamenta violazione degli articolo 2,3,6,7, e 9 del d.lgs. 503/92 e dell'articolo 1362 cod. civ. perché, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, l’accordo del 24 novembre 1993 non avrebbe immediatamente ripristinato il sistema più favorevole di liquidazione della pensione sulla base dell'ultimo mese di servizio, in deroga alla norma peggiorativa di cui all'articolo 9 del d.lgs. che commisurava la pensione alla retribuzione degli ultimi cinque anni, ma con l'accordo medesimo le parti avrebbero solo pattuito di introdurre la regola più favorevole nel nuovo Statuto. 6. Con il sesto motivo si denunzia ancora violazione delle medesime disposizioni, per avere affermato che l'accordo aziendale del 24 novembre 1993 aveva ripristinato il sistema di calcolo di cui al precedente Statuto del 1973, senza però considerare che l'articolo 4 decimo capoverso dell'accordo medesimo, aveva escluso il computo, nella pensione integrativa, della richiesta indennità di vacanza contrattuale. 7. Con il settimo ed ultimo motivo, denunziando la contraddittorietà della sentenza, si reiterano nella sostanza le censure di cui al motivo precedente sarebbe contraddittorio affermare il carattere vincolante dell'accordo del 24 novembre 1993 nella parte in cui ripristina il regime più favorevole di commisurazione della pensione integrativa alla retribuzione dell'ultimo anno invece che alla media del quinquennio precedente ed il carattere non vincolante delle restati clausole sulla determinazione della retribuzione pensionabile, escludente la indennità di vacanza contrattuale. I primi quattro motivi di ricorso meritano accoglimento e determinano l'assorbimento degli altri. 7. La causa verte sulla seguente questione se la pensione integrativa, erogata dal Fondo attuale ricorrente, a dipendenti cessati dal servizio il 31 dicembre 1994 e il 30 novembre 1994, debba o no essere comprensiva dell'indennità di vacanza contrattuale. Questa era stata introdotta dal CCNL del 19.12.94, il quale ne disponeva la esclusione dal calcolo della pensione integrativa, ma faceva però salva una diversa disposizione dello Statuto del Fondo, e la riserva era ovvia, giacché il sistema di calcolo di dette pensioni non poteva che essere dettato dallo Statuto, che ne è la normativa regolatrice esclusiva. 8. Da ciò l'ulteriore questione, centrale nel giudizio, di quale fosse lo Statuto da applicare, essendovi sul punto contrasto tra le parti per il Fondo ricorrente, in caso di cessazione al 31 dicembre 1993, doveva applicarsi lo Statuto del 26 maggio 1994, le cui disposizioni decorrevano dal primo gennaio 1993. Poiché detto Statuto pacificamente escludeva dal computo della pensione integrativa la indennità di vacanza contrattuale così infatti ha ritenuto la sentenza impugnata, e sul punto non ci sono censure , l'attuale ricorrente insisteva per la infondatezza della pretesa. Diversa era la tesi del pensionato, il quale, eccependo l'inefficacia dello Statuto del 1994, perché non aveva ricevuto la prescritta approvazione ministeriale, sosteneva doversi applicare il precedente Statuto del 1973, il quale comprendeva invece nella pensione integrativa gli importi dovuti per contratti o accordi aventi effetto retroattivo articolo 31 numero 12 e qualunque altra indennità corrisposta con carattere continuativo articolo 31 numero 11 , con conseguente suo diritto alla inclusione, nella pensione integrativa, della indennità di vacanza contrattuale. 9. Occorre quindi decidere se lo Statuto del 1994, invocato dal Fondo regoli o no la pensione integrativa dell'attuale controricorrente, avendo riguardo alla complessa normativa che s unto si è succeduta. 10. Com'è noto, con la legge 30 luglio 1990 numero 218 e con il d.lgs. 20 novembre 1990 numero 357, è stato profondamente modificato il sistema assicurativo dei dipendenti bancari il fondo esonerativo dell'AGO cui costoro erano iscritti, si è trasformato in fondo integrativo , ossia anche questo personale è stato iscritto all’AGO. mantenendo però la tutela del vecchio fondo, il quale integra la pensione erogata dall’AGO, per garantire un migliore trattamento complessivo. A detto fondo integrativo sono stati iscritti i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1990 e non coloro che sarebbero stati assunti da data successiva, lo prevede espressamente l'articolo 2 del citato d.lgs. 357/90, si trattava quindi di un fondo ad esaurimento. 10.1. L'articolo 5 comma 5 del medesimo d.lgs. 357/90 prescriveva che le modifiche dello Statuto fossero assoggettate all'approvazione del Ministero del Lavoro, ed è pacifico che lo Statuto del 1994, non abbia mai ricevuto detta approvazione pur ritenuta necessaria dalla giurisprudenza di questa Corte, cfr. Cass. 8687/99 . Occorre però verificare se, a seguito delle modifiche legislative, detta disposizione sia stata abrogata e quindi se sia stata abolita l'approvazione ministeriale, nonché gli effetti che ne derivano. 10.2. Vi è da rilevare che alla data di approvazione del nuovo Statuto, 26 maggio 1994, era incerto se le modifiche statutarie dei fondi ex esonerativi dovessero ancora essere assoggettate all'approvazione del Ministero del Lavoro, come prescritto dall'articolo 5 comma 5 d.lgs. 357/90, oppure il regime delle approvazioni fosse stato modificato perche detti fondi dovevano rientrare nell'alveo della previdenza complementare, introdotta nell'ordinamento dal d.lgs. 124/93, e precisamente nelle forme pensionistiche istituite prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, perché, in caso positivo, il regime delle approvazioni sarebbe stato diverso, giacché la vigilanza e quindi l'approvazione degli Statuti è rimessa ad una Commissione peraltro istituita presso lo stesso Ministero del Lavoro , ai sensi degli articolo 16 e 17 del citato d.lgs. 124/93. L'esistenza di questa incertezza è testimoniata dal parere richiesto al Consiglio di Stato dell’11 gennaio 1995 cui si fa riferimento sia in ricorso, sia in controricorso , il quale prospettò l'esigenza di un intervento legislativo ad hoc per chiarire quale fosse il regime applicabile ai fondi ex esonerativi. 10.3. L'auspicato intervento legislativo seguì ad opera della legge 335/95, che, all'articolo 14 nel sostituire il testo dell'articolo 17 del d.lgs. 124/93 ha espressamente contemplato i fondi di cui all’articolo 2 del d.lgs. 357/90 , per cui si deve sicuramente concludere che la normativa in tema di previdenza complementare, ivi compresa quella concernente la vigilanza e l’approvazione degli statuti, si applica anche ai fondi “ex esonerativi dei dipendenti bancari qual’è quello di cui è causa. In tal senso si è anche pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza numero 393 del 2000. 10.4. È poi errato quanto si rileva nella sentenza impugnata, per cui l'attuale ricorrente non poteva avere natura di fondo di previdenza complementare, rientrante nell'ambito del d.lgs. 124/93, perché un vero fondo di previdenza complementare era stato istituito solo dall'accordo tra la Banca e le OO.SS. del 24 novembre 1993. L'argomentazione è errata perché l'accordo sindacale richiamato in sentenza rigettava la previdenza complementare dei dipendenti assunti successivamente al primo gennaio 1991, mentre si tratta in causa del fondo integrativo di cui all'articolo 2 del d.lgs. 357/90, che era riservato a coloro che erano già in servizio alla data del 31 dicembre 1990, conseguente alla trasformazione dal fondo medesimo da esonerativo a integrativo. 10.5. Ne discende che, rientrando il Fondo ricorrente nell'ambito della previdenza complementare, a partire dalla entrata in vigore della legge 335/95. l'approvazione dello Statuto non competeva più al Ministero del Lavoro, ma alla Commissione di cui gli articolo 17 e 18 del d.lgs. 124/93, come modificati dall'articolo 14 della legge 335/95. Ha quindi errato la sentenza impugnata nell'affermare la perdurante necessità dell’approvazione dello Statuto del 1994 ad opera del Ministero del Lavoro e quindi, in mancanza, la sua inefficacia a regolare la pensione della parte controricorrente. 10.6. Va però ulteriormente considerato che neppure la Commissione sembra avere mai provveduto all'approvazione dello Statuto del 1994. Il Fondo ricorrente invoca però una successiva disposizione che, secondo la sua lesi, avrebbe eliminato la necessità della approvazione, e da ciò conseguirebbe la piena efficacia dello Statuto indicato. Si tratta dell’articolo 59 comma 40 della legge 27 dicembre 1997 numero 449, con cui si inserisce, all'articolo 18 del d.lgs. 124/93 il comma 6 bis., il quale, dopo avere disposto che le forme di previdenza complementare preesistenti devono essere iscritte in una sezione speciale dell'albo, tenuto dalla Commissione, e dopo avere disposto che l'attività di vigilanza sarebbe stata espletata da parte della Commissione secondo piani di attività differenziati temporalmente . prevede, nell'ultima parte Alle modifiche statutarie relative alle forme pensionistiche di cui al comma 1 .deliberare prima della iscrizione nella sezione speciale dell'albo dei fondi pensione disposta dalla Commissione, non si applicano l'articolo 17, comma 2 lettera b . o comunque altre procedure di autorizzazione . Pertanto le modificazione degli statuti, se deliberate prima della iscrizione nell'albo, non sono soggette né alla approvazione della Commissione, come pur prevedeva l'articolo 17 comma 2 lettera b del d.lgs. 124/93, né ad alcun altra autorizzazione. 10.7. La ratio della disposizione appare chiara si tratta di una norma transitoria finalizzata a conferire finalmente efficacia alle modifiche statutarie che i fondi di previdenza complementare avevano deliberato, anche in tempi remoti, e che erano rimaste prive del provvedimento di approvazione, e quindi inefficaci, a causa delle vicissitudini normative conseguenti alla introduzione della previdenza complementare, che aveva modificato il regime delle approvazioni donde la situazione di incertezza che aveva indotto a chiedere il parere del Consiglio di Stato , trasferendole dal Ministero del Lavoro alla Commissione di nuova istituzione, la quale, peraltro non avrebbe potuto provvedere tempestivamente, essendo appunto previsti, per l'attività di vigilanza sui fondi già iscritti, piani di attività differenziati temporalmente . . 10.8. Quanto alla efficacia nel tempo della abolizione di detta autorizzazione, questione trattata con il quarto motivo, ha errato la Corte territoriale nell'affermare che detta abolizione operava solo dalla data di entrata in vigore della legge 449/97 e quindi dal primo gennaio 1998. di talché non poteva valere nei confronti della parte contro ricorrente, cessata dal servizio in epoca ben precedente. In primo luogo va considerato che l'esistenza giuridica dello statuto coincide con l'emanazione di esso, giacche il visto o l'approvazione dell'autorità tutoria non attiene alla sua formazione, ma è un requisito di esecutorietà che opera ex tunc , rendendo cioè l’atto produttivo di effetti sin dalla data della sua emanazione cfr. tra le tante Cass. 4490/99 . Va considerato altresì che, né nel d.lgs. 357/90, né nella normativa sulla previdenza complementare è reperibile alcuna disposizione prescrittiva del termine entro il quale lo statuto doveva e deve essere approvato dall'autorità tutoria. Se dunque l'approvazione dello Statuto costituiva una condizione a cui era subordinata l’efficacia dell'atto, per cui - una volta data l'approvazione - gli effetti sicuramente retroagivano all'epoca della sua emanazione, lo stesso esito non può non verificarsi nel caso di eliminazione dell’approvazione una volta eliminato l'elemento che ne condizionava l'efficacia, non vi è più nulla che impedisca il pieno dispiegamento di tutti i suoi effetti, ivi compresa la data di decorrenza ivi indicata, e che quindi lo statuto del 1994 debba regolare, come da sua espressa previsione, contribuzioni e pensioni a partire dal primo gennaio 1993, incidendo così sulla posizione dell'attuale parte controcorrente. Peraltro non è possibile ritenere che la abolizione dell'approvazione operi ex nunc , come ritiene la sentenza impugnata, e quindi si riferisca solo alle modifiche statutarie intervenute dopo l'entrata in vigore della legge, se si considera che, secondo il tenore letterale della norma, detta abolizione opera esclusivamente per le modifiche statutarie intervenute prima dell'iscrizione all'albo e sicuramente prima dell'entrata in vigore della legge, ossia in data anteriore al primo gennaio 1998. La eliminazione della approvazione, peraltro attraverso fuso di una formula perentoria, comunque altre procedure ai autorizzazione .”, fa si che nulla più impedisce l'efficacia delle modificazioni, per come tali erano state deliberate, ossia con la originaria decorrenza del primo gennaio 1993. 11. L'accoglimento dei primi quattro motivi determina la cassazione della sentenza impugnata, senza necessità di esaminare gli altri tre, che vertono sull'interpretazione dell'accordo del 24 novembre 1993, essendo ormai accertata la efficacia dello Statuto del 1994 e quindi la esclusione della indennità di vacanza contrattuale dalla pensione integrativa. Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti all'esito dei principi affermati, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo. La novità delle questioni giustifica la compensazione delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Compensa le spese dell'intero processo.