Non c'è legittimo affidamento senza buona fede

Il contribuente non può invocare il legittimo affidamento nei confronti del Fisco se, all'origine della controversia con quest’ultimo, la sua condotta era stato in contrasto con il dovere di correttezza e, comunque, tale da escludere il requisito soggettivo della buona fede.

Con l’ordinanza numero 23309 del 9 novembre 2011 la S.C. ha affermato che il contribuente non può invocare il legittimo affidamento nei confronti del Fisco se, all'origine della controversia con quest’ultimo, la sua condotta era stato in contrasto con il dovere di correttezza e, comunque, tale da escludere il requisito soggettivo della buona fede. I rapporti tra Fisco e contribuente sono disciplinati dallo Statuto del contribuente. Si tratta di rapporti improntati alla collaborazione e alla buona fede, come recita l’articolo 10, comma 1, l. numero 212/2000. In particolare, il secondo comma di tale disposizione prevede che non possono essere irrogate sanzioni ne richiesti interessi moratori al contribuente, nel caso in cui egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria. Cos’è il legittimo affidamento? Si tratta del principio per cui il ragionevole affidamento suscitato nei terzi da una situazione apparentemente corrispondente a quella reale è meritevole di tutela. La giurisprudenza della SC sul tema del legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ex articolo 10, commi 1 e 2, l. numero 212/2000 cd. statuto del contribuente , ha affermato che costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata a da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente b dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta c dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. Infatti, i casi di tutela enunciati dall’articolo 10, comma 2 attinenti all'area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi , relativi a situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti. Il caso. Un comune del centro Italia ha impugnato un avviso di rettifica circa il mancato pagamento dell’ICI sull’immobile di una società e il ricorso è stato accolto dalla Commissione tributaria. In effetti l’ufficio finanziario non aveva sancito l’importo delle sanzioni, omettendo la quantificazione in sede di liquidazione di capitale ed interessi e per tale motivo il contribuente aveva eccepito di aver maturato il legittimo affidamento per cui, a suo parere, non era più tenuto al pagamento della somma ICI richiesta. C’è tutela del legittimo affidamento se il Fisco opera correttamente e se il contribuente è in buona fede. La S.C. ha rilevato che l’impugnata decisione di merito non era in linea con il principio del legittimo affidamento atteso che i giudici del merito hanno ritenuto applicabile l’articolo 10, l. numero 212/2000 sulla base che, nel caso in esame, il comportamento sanzionato fosse conseguenza di atti emessi dall’amministrazione finanziaria, cui il contribuente si era conformato. Ma i giudici di legittimità hanno ritenuto che nel caso specifico, per effetto della determinazione delle sanzioni, di cui era stata omessa la quantificazione, non potesse trovare accoglimento il principio richiamato in quanto l’attività dell’amministrazione, che non aveva provveduto a liquidare le sanzioni, era da ritenere contra legem e non poteva ingenerare l’insorgere di legittime aspettative e, dall’altro, il comportamento del contribuente, che non aveva effettuato il pagamento dell’ICI dovuta, era in contrasto con il dovere di correttezza che, in quanto tale, escludeva il requisito della buona fede. Pertanto, la S.C. ha ribadito il principio di diritto in base al quale, in tema di “legittimo affidamento”, la tutela è applicabile allorché ci sia una apparente legittimità dell’attività dell’amministrazione finanziaria, una buona fede del contribuente o l’esistenza di circostanze specifiche e rilevanti che confermano la presenza dei due precedenti presupposti.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 9 novembre 2011, numero 23309 Presidente Merone - Relatore Di Blasi Svolgimento del processo e motivi della decisione La Corte, considerato che nel ricorso iscritto a R.G. numero 146/2008, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1 - E' chiesta la cassazione della sentenza 94/09/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Ancona, Sezione numero 09, il 03.03.2006 e DEPOSITATA il 03 novembre 2006. Con tale decisione, la C.T.R. ha respinto l'appello del Comune di Ascoli Piceno, affermando l'infondatezza della pretesa impositiva. 2 - Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione di un avviso di rettifica, ai fini ICI dell'anno 2000, censura l'impugnata decisione con tre mezzi, e segnatamente per violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., e D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 57, del D.Lgs. numero 504 del 1992, articolo 11, e collegato vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, nonchè per violazione e falsa applicazione della L. numero 212 del 2000, articolo 10. 2 bis - L'intimata, giusto controricorso, ha chiesto che l'impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata. 3 - La questione posta dal ricorso sembra doversi risolvere, tenendo conto del seguente principio di diritto In tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi della L. numero 212 del 2000, articolo 10, commi 1 e 2, c.d. Statuto del contribuente , che tale tutela ha voluto esplicitamente offrire, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata a da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente b dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo c dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. Infatti, i casi di tutela espressamente enunciati dal comma secondo del cit. articolo 10 attinenti all'area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi , riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti Cass. N.17576/2002, numero 2133/2002, numero 14782/2001. 4 - La decisione impugnata non sembra in linea con il richiamato principio, in quanto i Giudici di appello hanno ritenuto applicabile l'articolo 10 citato sulla base della considerazione che, nel caso in esame, il comportamento sanzionato fosse conseguenza di atti riconducibili a responsabilità dell'Amministrazione Finanziaria, cui il contribuente si era conformato. In effetti, l'aspetto sanzionatorio è connesso all'originario avviso con cui il Comune, accertava il mancato pagamento dell'ICI per l'anno 2000. A tanto, infatti, conseguiva, per legge, l'obbligo del pagamento di interessi e sanzioni. Ciò posto, non sembra che la situazione, successivamente determinatasi, per effetto della determinazione delle sanzioni, delle quali era stata omessa la quantificazione in sede di liquidazione di capitale ed interessi, possa essere ritenuta tutelabile in base al richiamato principio, il quale postula la ricorrenza di due presupposti, nel caso, all'evidenza, insussistenti, stante, per un verso, il fatto che l'attività dell'amministrazione finanziaria, che non aveva provveduto a liquidare le sanzioni, contestualmente all'imposta ed agli interessi, appariva chiaramente contra legem e non poteva ingenerare l'insorgere di legittime aspettative, e, sotto altro profilo, che il comportamento della contribuente, che aveva omesso il pagamento dell'ICI dovuta, era a ritenersi in contrasto con il richiesto dovere di correttezza e tale da escludere la sussistenza del particolare requisito soggettivo della buona fede. 5 - Si ritiene, dunque, sussistano le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e la relativa definizione, ai sensi degli articolo 375 e 380 bis c.p.c., proponendosene l'accoglimento per manifesta fondatezza.il Consigliere Relatore Antonino Di Blasi . La Corte, vista la relazione, il ricorso, il controricorso e la memoria 04.07.2011r nonchè gli altri atti di causa Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo la relazione ed i principi ivi richiamati, è dell'avviso che lo stesso vada accolto, per manifesta fondatezza Considerato, infatti, che l'impugnata decisione fa malgoverno dei citati principi e va, quindi, cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della CTR delle Marche, la quale procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito, ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, motivando congruamente Visti gli articolo 375 e 380 bis del c.p.c P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa l'impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR delle Marche.