L’espressione «concordata parcella» si riferisce alle prestazioni già svolte, non a quelle future

Pagare la parcella pensando di corrispondere in anticipo somme anche per future prestazioni professionali non esime l’assistita dal saldare la nota successivamente presentata dal commercialista.

Lo ha stabilito la Cassazione, sez. Seconda civile, con la sentenza numero 16285/12, depositata il 25 settembre. Una parcella contestata. Un dottore commercialista citava in giudizio la socia di una s.p.a. al fine di ottenere il pagamento delle somme dovute - quantificate in apposita nota del 1999 - per la prestazione professionale svolta in favore della società. Tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello rigettavano la domanda dell’attore. In particolare, la Corte territoriale rilevava come il commercialista avesse inviato nel 1998 alla sua assistita una parcella comprensiva anche delle attività professionali che avrebbe svolto in futuro in favore della stessa. Le circostanze che la convenuta avesse in effetti pagato il professionista, corrispondendogli quanto quantificato in parcella, e che nel documento fosse contenuta l’espressione «concordata parcella» risultavano determinanti nello sgombrare il campo dai dubbi sull’effettiva volontà delle parti sul punto. Un problema di interpretazione. Tra i quesiti di diritto sottoposti alla Suprema Corte dal professionista-ricorrente non trovano accoglimento quelli riguardanti l’interpretazione del contratto. La Cassazione, infatti, giudica logica la decisione contenuta nella sentenza impugnata, nella parte in cui esclude, non ritenendo il testo del contratto oscuro, la necessità di ricorrere ai canoni interpretativi di cui all’articolo 1362 c.c Invero, il giudice di seconde cure fa sì riferimento a detti canoni ermeneutici, ma in sostanza desume il contenuto dell’accordo tra le parti da comportamenti e dichiarazioni univoche del ricorrente. Pagamento anticipato? Qualcosa non torna. Trova invece accoglimento il motivo di ricorso avente ad oggetto il legame tra tempi di corresponsione della somma dovuta ed esecuzione della prestazione professionale. L’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui «con la corresponsione dell’importo di cui alla parcella le parti avrebbero inteso compensare anche le prestazioni future e non ancora determinate» del commercialista, argomenta il Collegio, risulta apodittica in quanto è nozione di comune esperienza «che di regola il compenso viene corrisposto all’esito della prestazione professionale». Per tale ragione la Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio per nuova decisione sul punto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 gennaio – 25 settembre 2012, numero 16285 Presidente Triola – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione notificato il 15 ottobre 1998, A.A. conveniva innanzi al Tribunale di Roma S.S. , per ottenere il pagamento del compenso, di cui alla nota pro forma numero 2 del 1999, cui sosteneva di avere diritto in relazione all'attività professionale svolta, quale dottore commercialista, in favore della convenuta in una complessa attività di riorganizzazione della holding C.S.I.I. - Compagnia Sviluppi Industriali e Immobiliari s.p.a., gruppo delle cui quote societarie per il 37 per cento era titolare la S. . S.S. si costituiva in giudizio e contestava il fondamento della domanda, assumendo di avere già soddisfatto integralmente l'attore con il versamento a saldo della somma di lire 1.530.000.000 effettuato in data 1 ottobre 1998, come precedentemente concordato. 2. - Con sentenza depositata in data 1 marzo 2003, il Tribunale di Roma rigettava la domanda. 3. - A.A. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata in data 11 aprile 2006. Per quanto rileva nella presente sede, la Corte territoriale, premesso che i capitoli di prova articolati dall'appellante non soddisfacevano la esigenza della specificazione dei fatti sui quali i testimoni dovevano deporre, e comunque avevano ad oggetto circostanze irrilevanti, osservava, nel merito, che A.A. , come risultava dalla chiara dizione della lettera che aveva inviato alla sua assistita S. con allegata la convenuta parcella numero 35/98 del 1 ottobre 1998, aveva ammesso di aver concordato l'importo di lire 1.530.000.000 quale compenso per le prestazioni professionali rese in favore dell'appellata in merito ai rapporti familiari e societari delle sue partecipazioni . Secondo la Corte d'appello, poi, doveva ritenersi che ulteriori attività professionali svolte da A.A. successivamente al 1 ottobre 1998 costituissero completamento di quelle iniziate nel periodo antecedente al 1 ottobre 1998 e dovessero intendersi anch'esse regolarmente compensate con il versamento della somma indicata nella parcella. L'espressione concordata parcella non lasciava adito a dubbi in ordine alla volontà delle parti, e, pertanto, non era ammissibile il ricorso ad ulteriori canoni ermeneutici al fine di individuare una diversa volontà. 4. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’A. sulla base di due motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la S. , che ha anche proposto ricorso incidentale, cui l’A. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. - Deve, preliminarmente, procedersi, ai sensi dell'articolo 335 cod.proc.civ. alla riunione del ricorso principale e di quello incidentale siccome proposti nei confronti della medesima sentenza. 2. - Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione degli articolo 1362 e ss. cod.civ., nonché delle norme e dei principi in materia di onere della prova articolo 2697 cod.civ. e articolo 115 e 116 cod.proc.civ. e dell'articolo 8 D.M. 10 ottobre 1994, numero 645, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Nel mezzo si possono individuare due censure. Con la prima si contesta la correttezza della conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata in ordine alla esistenza di un accordo tra le parti per compensare l'intera attività professionale svolta a favore della S. con il versamento della somma di lire 1.530.000.000. Con la seconda, logicamente subordinata, si deduce che, anche volendo ammettere l'esistenza di tale accordo, lo stesso non poteva riguardare anche il compenso per l'attività professionale svolta successivamente al pagamento dell'importo in questione. Per quanto riguarda il primo profilo, si deduce che il giudice di secondo grado avrebbe dato per provato l'accordo scritto tra le parti, mentre di esso non vi è traccia agli atti di causa, tra cui si rinveniva solo un atto esecutivo di tale presunto accordo l'emissione della parcella convenuta , il quale, però, avrebbe potuto avere un oggetto più limitato dell'accordo in questione. Deduce ancora il ricorrente principale che la Corte di merito avrebbe violato l'articolo 1362 cod.civ., per aver fatto riferimento al solo tenore letterale del presunto accordo come desumibile dalla lettera di accompagnamento della parcella , senza tenere conto di vari altri elementi i quali avrebbero potuto indurla ad una diversa conclusione. Sarebbe, poi, errato ed inconferente anche l'esplicito riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, al canone ermeneutico finale di cui all'articolo 1371 cod.civ. ed al principio di buona fede nell'esecuzione del contratto. A parte la contraddittorietà del richiamo al ricordato articolo, che presuppone una oscurità nel testo del contratto, che, invece, la Corte di merito ha negato sulla base del tenore letterale dell'atto, la norma de qua impone una interpretazione della volontà dei contraenti tale da realizzare l'equo contemperamento dei rispettivi interessi, mentre nella specie sarebbe stata penalizzata immotivatamente una sola parte, il professionista, in contrasto anche con una interpretazione del contratto secondo buona fede. La sentenza è poi censurata con riferimento al convincimento, da essa espresso, che con il pagamento della parcella convenuta sarebbero state ricompensate anche le prestazioni professionali successive, di notevole e non scarsa, come ritenuto dalla Corte di merito rilevanza. 1.2. - La illustrazione della censura si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto, a norma dell'articolo 366-bis cod.proc.civ. “Se, ai sensi dell'articolo 1362 cod.civ., l'interpretazione della volontà dei contraenti di un accordo verbale possa fondarsi esclusivamente sul senso letterale delle parole, nonostante appunto l'assenza di forma scritta” “Se, ai sensi dell'articolo 1362 cod.civ., possa considerarsi tenore letterale di un precedente accordo quello non dell'accordo stesso, ma di atto successivo, in assenza di chiare circostanze di fatto che consentano di affermare la comune intenzione dei contraenti di ritenere quest'ultimo integralmente e definitivamente esecutivo dell'accordo medesimo” “Se, ai sensi dell'articolo 1362, secondo comma, cod.civ., l'interprete, per determinare la comune intenzione delle parti, debba valutare il loro comportamento complessivo e non solo taluni comportamenti delle parti stesse” “Se, ai sensi degli articolo 1362 e ss. cod.civ., la volontà dei contraenti di un accordo verbale debba essere necessariamente ricostruita sulla base dei criteri ulteriori e sussidiari rispetto a quello del senso letterale delle parole” “Se, nel caso di consulenza continuativa, il pagamento fatto in favore del professionista possa considerarsi ricomprendente anche le prestazioni successive, benché alla data del pagamento non determinate né determinabili, soprattutto con riguardo alla loro durata” “Se incomba sul debitore, convenuto dal creditore per il pagamento di compensi per attività professionale e che opponga di aver già saldato il dovuto, l'onere di dimostrare che il pagamento effettuato costituisca effettivamente un saldo”. 3.1. - La censura è infondata quanto ai due primi profili. 3.2. - Sul primo, va considerato che sarebbe spettato al ricorrente in via principale provare che la emissione della fattura era la esecuzione parziale di un accordo dal contenuto più ampio e non soltanto ipotizzarne l'esistenza. 3.3. - Quanto al richiamo all'articolo 1371 cod.civ., premesso che la sentenza impugnata ha fatto riferimento a detta norma ed al criterio dell' interpretazione del contratto secondo buona fede solo ad abundantiam, essendosi basata essenzialmente sull'articolo 1362 cod.civ., occorre sottolineare che, per quanto nella sentenza impugnata abbondino i riferimenti ai canoni interpretativi del contratto, in realtà la Corte di merito non ha interpretato un contratto la cui formulazione potesse in astratto dare adito a dubbi, ma ha desunto l'esistenza di un accordo con un ben determinato contenuto dal comportamento e da dichiarazioni dell'attuale ricorrente principale il cui significato era univoco. È appena il caso di ricordare che l'accertamento circa la conclusione di un contratto da parte del giudice del merito non è sindacabile in sede di legittimità se è il frutto, come nella specie, di una motivazione immune da vizi logici e giuridici. 3.4. - È, invece, meritevole di accoglimento l'ultimo profilo della doglianza. In considerazione del fatto che costituisce nozione di comune esperienza che di regola il compenso viene corrisposto all'esito della prestazione professionale, risulta, infatti, del tutto apodittica l'affermazione della sentenza impugnata secondo la quale con la corresponsione dell'importo di cui alla parcella le parti avrebbero inteso compensare anche le prestazioni future e non ancora determinate dell'A. . 4.1. - Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 115, 184-bis, 230, 244 cod.proc.civ., 2697 e 2721 cod.civ., anche in relazione agli articolo 1362 e ss. cod.civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. Il ricorrente si duole della mancata ammissione delle prove dedotte. 4.2. - La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto ai sensi dell'articolo 366-bis cod.proc.civ. “Se è errata per violazione di legge la sentenza che fonda il convincimento di irrilevanza dei mezzi istruttori sulla erronea applicazione delle norme di interpretazione dei contratti di cui agli articolo 1362 e ss. cod.civ.” “Se i capitoli di prova testimoniale e di interrogatorio formale indicati con i nnumero da 1 a 16 alle pagg. 43-50 del'atto di appello soddisfino i requisiti di ammissibilità di cui agli articolo 230 e 244 cod.proc.civ.” “Se sia consentito provare a mezzo di interrogatorio formale della cliente l’esecuzione e l'oggetto di un'attività di assistenza e consulenza verbale”. 5.1. - La doglianza è infondata. 5.2. - È sufficiente, al riguardo, considerare che la Corte capitolina, con motivazione corretta ed esaustiva, che si sottrae ad ogni censura, ha ritenuto insufficiente, al fine di consentire al giudice la verifica della pertinenza della prova offerta, ed alla parte appellata la formulazione di un'adeguata prova contraria, la esposizione dei fatti oggetto di prova. 6. - Resta assorbito dall'accoglimento parziale del primo motivo del ricorso principale l'esame dell'unico motivo del ricorso incidentale, concernente il regolamento delle spese disposto dalla sentenza impugnata. 7. Conclusivamente, deve essere accolto il primo motivo del ricorso principale, rigettato il secondo, assorbito il ricorso incidentale. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata ad un diverso giudice - che viene designato in altra sezione della Corte d'appello di Roma, cui è demandato altresì il regolamento delle spese del presente giudizio -che riesaminerà la controversia alla luce dei rilievi svolti sub 3.4. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo, assorbito il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.