In attesa della Consulta resta derogabile la retroattività della lex mitior

di Gianluca Denora

di Gianluca DenoraIl principio generale dell'applicazione retroattiva delle disposizioni più favorevoli può essere derogato per soddisfare esigenze meritevoli di eguale tutela, che, all'esito di un vaglio positivo di ragionevolezza, assumano particolare rilievo, come nel caso di quelle alla base della prescrizione, da salvaguardare in uno stadio avanzato del processo, in modo da non perdere i risultati dell'attività giurisdizionale che si siano definitivamente e legittimamente cristallizzati.Svolgimento del processo. L'imputazione è per i reati di minaccia al fine di far commettere una falsa testimonianza ex articolo 81 cpv. e 611 c.p., in ragione della pluralità delle condotte intimidatorie e determinazione alla falsa testimonianza ex articolo 111 e 372 c.p. , commessi in continuazione. Il procedimento giunge alla sentenza di condanna di primo grado in data 21 marzo 2005 la sentenza della Corte d'appello è datata 13 giugno 2008. Prescrizione del reato e successione di leggi penali. Le date riportate rappresentano elemento utile alla comprensione in questa come in ogni vicenda di successione di leggi penali nel tempo occorre avere punti fermi. Tanto più nel caso di istituti, come la prescrizione, che si sottraggono alla disciplina generale la VI sezione della Cassazione, nella sentenza 12400/2011, si confronta con il regime transitorio dettato dalla legge nota come ex Cirielli.L'articolo 10, comma 3, l. 251/2005 come modificato da Corte Cost. 393/2006 , precisa che Se, per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione . Nella scansione temporale riportata la condanna è confermata sulla base della verifica che il processo fosse già pendente in appello, nel dicembre 2005, in modo da escludere l'applicazione di termini di prescrizione più brevi.Il ricorrente, deducendo violazione degli articolo 129 c.p.p. e 157 c.p., chiede di essere prosciolto per intervenuta prescrizione dei reati, poiché la prevista esclusione della retroattività per i soli processi pendenti in grado di appello o avanti alla Cassazione sarebbe in contrasto con la Costituzione. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.No alla retroattività dei termini brevi di prescrizione per i processi pendenti in appello. Nella sentenza la Cassazione affronta il tema della retroattività della lex mitior muovendo dalla disciplina transitoria che chiude l'articolato della legge ex Cirielli. L'articolo 10, comma 3, l. 251/2005 prevede l'applicazione dei termini di prescrizione più brevi ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della stessa legge è questa la regola, che si conforma al principio generale della retroattività delle disposizioni più favorevoli. Contestualmente si prevede una deroga la retroattività non opera qualora il processo sia pendente in grado di appello o davanti alla Cassazione. L'indicazione è di dettaglio, e tuttavia attesta che la retroattività non è principio inderogabile, come accade invece per l'irretroattività, costituzionalizzata all'articolo 25, comma 2, Cost.La scelta legislativa di proporre la coabitazione tra due regole di segno opposto discende dal tener conto che il tempo decorso prima della pendenza in appello soddisfa le esigenze che sono alla base dell'istituto della prescrizione, consentendo eventualmente l'estinzione del reato senza intaccare l'efficacia della giurisdizione e del processo penale. Successivamente, le esigenze di una giurisdizione e di un processo efficaci assumono posizione preminente, impedendo che abbia luogo l'estinzione del reato per prescrizione.In linea generale si può costatare che il decorso del tempo di regola comporta un'attenuazione dell'allarme sociale maggior difficoltà nell'acquisizione del materiale probatorio maggior difficoltà nell'esercizio del diritto di difesa.Queste ricadute spiegano l'istituto della prescrizione, ma vanno bilanciate con l'efficacia della giurisdizione e del processo penale, nei termini già segnalati.Nella sentenza del 28 marzo 2011 si rileva che il legislatore ha previsto i termini di prescrizione stimando il tempo sufficiente a cristallizzare il materiale probatorio in questa prospettiva ha considerato l'emanazione della sentenza di primo grado come causa interruttiva. Emerge una logica che mal si concilierebbe con un regime della prescrizione che trascuri l'attitudine della sentenza di primo grado a far ripartire la prescrizione la logica è piuttosto quella di escludere l'applicazione di termini brevi di prescrizione sarebbe irragionevole accorciare i termini in concomitanza con una situazione che li fa ripartire.La nozione di pendenza in grado di appello. Come detto, l'esclusione dell'applicazione retroattiva del più breve termine di prescrizione richiede la pendenza del processo in grado di appello o avanti alla Corte di Cassazione . Un orientamento particolarmente attento al dato letterale individua la pendenza del giudizio d'appello nell'effettiva proposizione del gravame Cass. 41965/2007 Cass. 18382/2008 Cass. 2610/2008 Cass. 22328/2009 , rendendo la nozione dipendente dalle parti.Una posizione rimasta minoritaria Cass. 24330/2008 indica allo stesso fine il momento d'iscrizione dell'impugnazione nel registro della Corte d'Appello, facendo dipendere il criterio da un'incombenza amministrativa.L'orientamento prevalente individua la pendenza del grado d'appello nella pronuncia della sentenza di condanna di primo grado Cass., SS.UU., 47008/2009 . In argomento, si rileva l'opportunità di riferire all'avvenuta lettura del dispositivo la soglia per la cristallizzazione del regime di prescrizione più sfavorevole previgente. Le Sezioni Unite richiamano Corte Cost. 393/2006 per segnalare che l'insegnamento del giudice delle leggi va oltre l'intervento parzialmente demolitivo dell'articolo 10, atteso che i motivi della ritenuta irragionevolezza vanno valorizzati nell'interpretazione della restante parte del precetto, dovendosi evitare che venga adottato un criterio avente gli stessi caratteri di quello censurato . In questa direzione, l'interruzione della prescrizione, nell'incidere in modo negativo sul calcolo della prescrizione, si traduce in un elemento di contrasto al verificarsi della causa estintiva e pertanto costituisce un'espressione tipica dell'esigenza di assicurare l'efficacia della giurisdizione e del processo penale .La VI Sezione precisa che la nozione di pendenza del processo in grado di appello necessita di un contenuto univoco, indipendente dalla tipologia di provvedimento emesso in primo grado, così manifestando la propria adesione all'orientamento assunto dalle Sezioni Unite. Il fondamento e il rango della retroattività della lex mitior. Il provvedimento annotato riapre un dibattito molto vivo a Piazza Cavour concernente il fondamento, il rango, i limiti e la portata del principio della retroattività della lex mitior, in una prospettiva che include sia la retroattività dell'abolitio criminis, sia la retroattività delle disposizioni più favorevoli. Il dibattito appassiona anche la dottrina, e tuttavia, come spesso accade, è la giurisprudenza che ne scandisce i tempi.Nella sentenza 12400/2011 la Suprema Corte, pur non chiarendo fino in fondo le argomentazioni formali a sostegno della sua tesi, propende per il fondamento costituzionale del principio, ancorché il rango non sia quello del principio d'irretroattività della norma incriminatrice. In motivazione si legge che la modifica mitigatrice della legge penale, per effetto di una mutata valutazione del legislatore in merito al disvalore del fatto tipico, non può non riverberarsi a vantaggio di chi ha posto in essere la condotta in un momento anteriore il tutto in ossequio al principio di uguaglianza .Tanto facilmente si riscontra il fondamento costituzionale del principio d'irretroattività della legge penale, testualmente proclamato nell'articolo 25, comma 2, Cost., quanto più articolata e complessa è l'individuazione di un riconoscimento di rango superiore alla retroattività della lex mitior. Non basta, evidentemente, il principio di uguaglianza, pur garantito al massimo rango dall'articolo 3 Cost. Così i Giudici s'inerpicano sul ripido sentiero della valutazione comparativa tra prescrizione rectius, beni di rango costituzionale connessi all'istituto e principio di uguaglianza. In particolare, si ritiene che il legislatore del 2005 sia stato mosso dalla prospettiva ragionevole di non vanificare le attività processuali già compiute e cristallizzate secondo scadenze calcolate in base ai tempi di prescrizione più lunghi vigenti all'atto del loro compimento e, al contempo, dalla prospettiva di tutelare interessi di rilievo costituzionale sottesi al processo . Ad avviso della Cassazione, dunque, la prescrizione mira a soddisfare l'efficienza del processo e la salvaguardia dei diritti dei destinatari della funzione giurisdizionale. In conformità a questa premessa, la deroga al regime della retroattività delle norme che riducono i termini di prescrizione è ammissibile solo se è coerente con la funzione assegnata dall'ordinamento all'istituto della prescrizione. Nel caso dell'articolo 10, comma 3, l. 251/2005, l'esclusione della retroattività discende dal fatto oggettivo e inequivocabile dello stadio avanzato in cui si trovano i processi che pendono in grado di appello o avanti alla Cassazione. In definitiva, pertanto, il principio generale dell'applicazione retroattiva della disposizione più favorevole all'imputato ben può essere derogato per soddisfare, all'esito di un vaglio positivo di ragionevolezza, esigenze meritevoli di eguale tutela, che, nel caso in esame, finiscono con l'assumere un particolare rilievo, perché gli effetti dell'istituto della prescrizione, in quanto correlati all'avanzato stadio del processo, risultano essersi definitivamente e legittimamente cristallizzati in base alla normativa vigente.Richiesto un nuovo vaglio della Consulta sull'ex Cirielli. Il ricorrente solleva un contrasto tra la formulazione dell'articolo 10, comma 3, l. 251/2005 e il disposto dell'articolo 7 CEDU non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso da ritenere criterio sovraordinato alla legislazione ordinaria in forza dell'articolo 117 Cost. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali . I termini del problema restano incomprensibili se non si segnala l'intervento della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell'uomo da ultimo con sentenza del 17 settembre 2009 , secondo la quale l'articolo 7 della Convenzione, che letteralmente si limita a stabilire il principio del divieto di applicazione retroattiva della legge penale, incorpora in sé il corollario del diritto dell'accusato al trattamento più lieve.Ferma la risposta dei Giudici il collegio esclude la rilevanza della questione.Discordia nella Cassazione, in attesa della Consulta. La VI sezione della Cassazione, nella sentenza 12400/2011, manifesta un dissenso espresso verso la questione di legittimità costituzionale sollevata nel maggio scorso dalla II sezione della stessa Corte v. sentenza 22357/2010 . Vale richiamare fugacemente i termini della querelle. S'ipotizza, da parte della II sezione, un contrasto tra l'articolo 10, comma 3, l. 251/2005 e l'articolo 117 Cost., in ragione di argomenti richiamati da Corte Cost. 348/2007 e 349/2007. Nella prima sentenza si legge testualmente che il nuovo testo dell'articolo 117, primo comma, Cost, se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poiché gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimità costituzionale da questa affermazione si può ricavare la prospettiva del Collegio nel sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale che faccia chiarezza sull'articolo 10, comma 3, l. 251/2005. In Corte Cost. 349/2007 si legge invece che con l'articolo 117, primo comma, si è realizzato, in definitiva, un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente, la quale dà vita e contenuto a quegli obblighi internazionali genericamente evocati anche in questo passaggio si conferma l'aspettativa che la Consulta dirima il contrasto tra il principio di retroattività delle disposizioni più favorevoli e la deroga per i processi pendenti, già conclusi in primo grado, contemplata nella legge ex Cirielli. Nel merito, la Cassazione riporta a unità la previsione di una pena più mite e la previsione di termini prescrizionali più favorevoli, fenomeni entrambi riconducibili al sintagma disposizioni più favorevoli dell'articolo 2, comma IV, c.p.Per completezza, va precisato che, sempre nella sentenza 22357/2010, la II sezione della Cassazione riporta gli approdi di Corte Cost. 393/2006, per quanto concerne il rango di principio generale, ancorché non costituzionale, da assegnare alla retroattività della lex mitior si esclude il riferimento alle fonti di diritto internazionale consuetudinario, che l'articolo 10 Cost. pone espressamente al medesimo livello della Carta Fondamentale al fine di documentare una sensibilità condivisa sull'importanza del principio si richiamano l'articolo 15.1 del Patto sui diritti civili e politici di New York del 16.12.1996 Se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, il colpevole deve beneficiarne e l'articolo 6, comma 2, del Trattato dell'Unione Europea L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta` fondamentali , quest'ultimo come norma di passaggio per attingere all'articolo 7 CEDU.Come che sia, l'orientamento è segnato si vuol preannunciare un nuovo intervento demolitivo della Consulta, che renda inderogabile al pari del principio di irretroattività della norma incriminatrice il principio di retroattività della lex mitior, ancorandolo alla ratio comune ai testi normativi internazionali. Sullo sfondo s'intravede altresì la natura sostanziale della prescrizione.Nell'attesa la VI sezione della Cassazione contrasta quell'orientamento sembra emergere l'auspicio che la Consulta rigetti la questione, salvando l'attuale articolazione normativa in materia di termini di prescrizione, con l'elasticità oggi riveniente dal richiamo alla ragionevolezza. La Consulta dovrà pronunciarsi, sorretta da argomentazioni conservatrici o da spirito riformista in ogni caso dovrà rispondere alle sollecitazioni ricevute. A chi scrive non sembra sia il caso di aggiungere altri, personali, auspici, se non quello di un'attesa serena.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 1 dicembre 2010 - 28 marzo 2011, numero 12400Presidente Agrò - Relatore MiloFatto e diritto1 - M M. , tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza 13/6/2008 della Corte d'Appello di Milano che, in parziale riforma e con conferma nel resto della decisione di condanna 21/3/2005 emessa dal locale Tribunale, riduceva ad anni due e mesi due di reclusione la pena inflittagli in relazione ai seguenti reati, ritenuti in continuazione tra loro a reato di cui agli articolo 81 cpv. e 611 c.p., per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, minacciato ripetutamente, tra il OMISSIS , V.P. per costringerlo a rendere falsa testimonianza nel processo penale pendente dinanzi al Tribunale di Milano a carico di esso M. e di Ru Ma. , imputati di estorsione in danno di parenti dello stesso V. b reato di cui all'articolo 111 in relazione agli articolo 384 e 372 c.p., per avere, con il comportamento di cui al capo che precede, determinato il V. a ritrattare, nel corso dell'udienza dibattimentale 15/7/1996 relativa al citato processo, le dichiarazioni rese ai Carabinieri di Milano Porta Magenta in data 4/5/1996 contestata la recidiva reiterata .2 - Con un primo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di motivazione in ordine al formulato giudizio di responsabilità, basato sostanzialmente sulle sole dichiarazioni rese dal V. , senza averne valutato adeguatamente l'attendibilità.La doglianza non è fondata.La sentenza impugnata analizza in modo approfondito il comportamento tenuto, nell'ambito della presente vicenda, dal V. e perviene alla conclusione che la testimonianza incriminata del predetto è oggettivamente falsa, in quanto incerta, confusa, reticente e condizionata dal palese stato di terrore in cui versava il dichiarante, che aveva finito con lo smentire irragionevolmente sé stesso, minimizzando - contrariamente a quanto in precedenza aveva riferito ai Carabinieri e al P.M. - il fatto estorsivo del quale erano chiamati a rispondere il M. e il Ma. .Tale conclusione trova conferma, secondo la sentenza in verifica, nelle attendibili dichiarazioni rese, dopo la definizione di quel processo, dal V. , che aveva riferito, in modo preciso, dettagliato e coerente, delle pressioni e delle esplicite minacce di cui era stato destinatario, mentre era detenuto presso la Casa Circondariale di OMISSIS , ad opera del M. e di intermediari del medesimo, perché non testimoniasse il vero nel dibattimento che si doveva celebrare, dopo qualche giorno, a carico del medesimo M. e del Ma. .Tale percorso argomentativo, immune da vizi logici, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene in ordine alla piena attendibilità della principale fonte di accusa, quale prova della colpevolezza dell'imputato, e si sottrae a qualunque censura di legittimità.3 - Privo di pregio è anche il secondo motivo, col quale si deduce l'erronea interpretazione e la mancata applicazione degli articolo 49/3, 393 c.p. e 521 c.p.p., con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti contestati, che dovevano essere inquadrati nel paradigma dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza e minaccia alla persona.A prescindere da qualunque altra considerazione, rileva la Corte che non è dato comprendere quale preteso diritto l'imputato avrebbe inteso esercitare nel determinare, attraverso ripetute e gravi minacce, il V. a rendere una falsa testimonianza. Fuori luogo, quindi, si rivela il riferimento all'articolo 393 c.p Il ricorrente, nell'esplicitare il motivo di doglianza in esame, parla anche di falsa testimonianza innocua, che non avrebbe deviato il corretto funzionamento della giustizia . È il caso di sottolineare che, ai fini della sussistenza del delitto di falsa testimonianza, non rileva l'uso che il giudice del processo principale abbia fatto della deposizione o l'esito della sua utilizzazione nell'insieme delle prove di cui disponeva, essendo sufficiente che la dichiarazione fosse pertinente al giudizio e potesse, sia pure astrattamente, influire sulla decisione.4 - Il ricorrente lamenta anche il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla ritenuta operatività della recidiva.In ordine ad entrambi i profili, la sentenza impugnata, richiamando anche quella di primo grado, fa leva sulla negativa personalità dell'imputato e sulla pervicacia da costui dimostrata nel perseguire il suo obiettivo illecito. Trattasi di valutazione di merito che, in quanto immune da vizi logici, non è censurabile sotto il profilo della legittimità.5 - Con un ultimo motivo, si deduce la violazione dell'articolo 129 c.p.p. e dell'articolo 157 c.p., così come modificato dalla legge numero 251/'05, per non essere stata dichiarata l'estinzione dei reati per prescrizione. Con motivi nuovi depositati il 26/10/2010, si solleva anche la questione di costituzionalità della norma transitoria di cui all'articolo 10 della legge numero 251/'05 come risultante dopo la sentenza numero 393/'06 C. Cost. , nella parte in cui esclude l'applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più favorevoli, per i processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di Cassazione, in relazione agli articolo 117 Cost. e 7 CEDU.Rileva la Corte che i reati addebitati all'imputato non sono estinti per prescrizione, non essendo ancora decorso il termine massimo di anni 15 previsto dall'articolo 157/1 numero 3 in relazione all'articolo 160/3 c.p., nel testo previgente, che deve trovare applicazione nella specie, considerato che il processo, alla data di entrata in vigore della novella normativa ex legge numero 251/05 8/12/2005 , era pendente in appello, essendo stata già pronunciata la sentenza di primo grado in data 21/3/2005 cfr. Cass. S.U. 29/10/2009 numero 47008, D'Amato .Quanto alla prospettata questione di costituzionalità, con espresso richiamo alla ordinanza 27/5/2010 numero 22357 con la quale la Seconda Sezione penale di questa Corte l'ha sollevata, ritiene il Collegio di non condividere le argomentazioni sviluppate al riguardo in tale ordinanza.Rileva la Corte che la retroattività della lex mitior, pur avendo rango diverso dal principio d'irretroattività della norma incriminatrice, di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, ha indubbiamente un fondamento costituzionale. La modifica mitigatrice della legge penale per effetto di una mutata valutazione, rimessa alla scelta del legislatore, del disvalore del fatto tipico non può non riverberarsi - di norma e in ossequio al principio di uguaglianza - a vantaggio di chi ha posto in essere la condotta in un momento anteriore. Ciò non toglie, però, che possano ricorrere ragioni che giustifichino limitazioni e deroghe al principio della retroattività della legge penale favorevole, ove sussista contemporaneamente la necessità di salvaguardare interessi contrapposti di analogo rilievo. Non va sottaciuto che, come ha avuto modo già di sottolineare il Giudice delle leggi cfr. sentenze numero 393/'06 e n 72/'08 , il fondamento della prescrizione risiede nell'interesse generale di non perseguire più i reati rispetto ai quali sia trascorso un periodo di tempo che, secondo la valutazione del legislatore, ha comportato l'attenuazione dell'allarme sociale e reso più difficile l'acquisizione del materiale probatorio e, conseguentemente, l'esercizio del diritto di difesa dell'imputato. In sostanza la prescrizione mira a soddisfare l'efficienza del processo e la salvaguardia dei diritti dei soggetti destinatari della funzione giurisdizionale.Da ciò consegue che è ammissibile la deroga al regime della retroattività delle norme che riducono i termini di prescrizione del reato se essa è coerente con la funzione assegnata dall'ordinamento all'istituto della prescrizione.L'esclusione, ai sensi dell'articolo 10 legge numero 251/'05, dell'applicazione retroattiva della prescrizione più breve per i processi pendenti in appello o avanti alla Corte di Cassazione discende dal fatto oggettivo e inequivocabile della stadio avanzato in cui tali processi si trovano. L'intervenuta pronuncia della sentenza di condanna di primo grado è, infatti, significativamente correlata all'istituto della prescrizione, considerato che, di norma, il materiale probatorio è stato già acquisito nel corso del relativo dibattimento in appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale è ammessa soltanto in casi eccezionali e, quindi, la ricordata esigenza cui è correlato il fondamento della prescrizione appare essere stata già soddisfatta.La ragionevolezza della scelta del legislatore del 2005 si muove, tra l'altro, nella prospettiva di non vanificare le attività processuali già compiute e cristallizzate - al momento dell'entrata in vigore delle nuove norme - secondo cadenze calcolate in base ai tempi di prescrizione più lunghi vigenti all'atto del loro compimento e di tutelare così interessi di rilievo costituzionale sottesi al processo, come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti dei destinatari della funzione giurisdizionale . La ragionevolezza della scelta legislativa conduce a ritenere manifestamente infondata la sollevata questione di costituzionalità, con riferimento all'articolo 117 Cost. in relazione alla norma interposta di cui all'articolo 7 CEDU nel significato attribuitole dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo , in quanto il generale principio ricavabile da quest'ultima norma circa l'applicazione retroattiva della disposizione più favorevole all'imputato ben può essere derogato per soddisfare, all'esito proprio di un vaglio positivo di ragionevolezza, esigenze meritevoli di uguale tutela, che, nel caso in esame, finiscono con l'assumere un particolare rilievo, perché gli effetti dell'istituto della prescrizione, in quanto correlati all'avanzato stadio del processo, risultano essersi definitivamente e legittimamente cristallizzati in base alla normativa previgente.6 - Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Consegue, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.