Sì all’iscrizione all’albo professionale del dipendente pubblico

Il divieto di esercizio di attività libero professionale non impedisce, di per sé, l’iscrizione all’albo dei dottori agronomi e forestali del dipendente pubblico.

Possono essere eletti al Consiglio dell’ordine tutti gli iscritti all’albo dei dottori agronomi e forestali e, di conseguenza, la pubblica amministrazione non ha alcun potere di veto articolo 3 d.p.r. numero 169/2005 . Iscrizione all’albo con annotazione. Ai sensi dell’articolo 3, comma 3 legge numero 3/1976, i dottori agronomi ed i dottori forestali dipendenti della Stato o di altre pubbliche amministrazioni possono, a loro richiesta, essere iscritti all’albo. Nei casi in cui, secondo i rispettivi ordinamenti, è vietato l’esercizio di libera professione, l’iscrizione avviene con annotazione a margine attestante il loro stato giuridico–professionale. Questi iscritti non possono esercitare la libera professione, salvi i casi previsti dagli ordinamenti loro applicabili. L’articolo 10, comma 3 della medesima legge prevede che la maggioranza dei componenti il consiglio deve essere costituita da iscritti all’albo non aventi rapporti di lavoro dipendente pubblico o privato al momento delle elezioni. Dal complesso della disciplina si evince, quindi, che il divieto di esercizio di attività libero professionale non impedisce, di per sé, l’iscrizione all’albo che avviene, in questi casi, con la specifica annotazione. Il sacrificio del diritto di elettorato passivo è illegittimo. L’iscrizione costituisce requisito per l’esercizio del diritto di elettorato passivo nell’organo consiliare, a prescindere dallo svolgimento – che può, in effetti, essere vietato, secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza – dell’attività libero professionale. Se ne deduce, quindi, afferma il Collegio, che è illegittimo il sacrificio del diritto di elettorato passivo e conseguentemente delle modalità di costituzione dell’organo consiliare, per effetto del divieto imposto ai dipendenti regionali di candidarsi alle elezioni del Consiglio. Né tale divieto trova giustificazione nell’attività svolta dai componenti del Consiglio, che si dirige nei confronti dei professionisti e, per i profili evidenziati dalla Regione - come la repressione dell’esercizio abusivo della professione, la designazione di rappresentanti in seno a commissioni, l’inflizione di sanzioni disciplinari - non diverge neanche dalle finalità perseguite dall’amministrazione, in sede disciplinare nei confronti dei propri dipendenti, per lo gli stessi scopi sanzionatori di comportamenti illeciti. Legittimazione processuale? Qualsiasi atto che impedisca l’esercizio del diritto di elettorato attivo o passivo, così provocando una alterazione della composizione degli organi elettivi, deve, pertanto, essere considerato lesivo di una situazione differenziata e qualificata dell’ente, che è legittimato a ricorrere per la tutela del proprio interesse alla legittima costituzione dei propri organi che si riflette nell’azione di autogoverno degli appartenenti alla categoria professionale di cui esso rappresenta gli interessi. Di conseguenza, l'ordine professionale era legittimato ad impugnare il provvedimento della Regione che aveva stabilito l’ineleggibilità del dipendente regionale, in quanto titolare di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, in seno al Consiglio dell’Ordine preordinato ad un generale diniego di autorizzazione nei confronti di chiunque ne faccia richiesta . Ciò in quanto tale parere ha assunto carattere direttamente lesivo dell’interesse alla legittima costituzione del proprio organo consiliare dell’ente, mentre non poteva essere impugnato l'atto di diffida inviato al dipendente per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 22 novembre 2011 – 14 febbraio 2012, numero 718 Presidente Trovato - Relatore Quadri Fatto L’Ordine dei dottori agronomi e forestali della Provincia di Napoli ha impugnato dinanzi al T.a.r. la nota del Coordinatore Sviluppo attività primarie , prot. numero 20894963964 del 9.11.2009, il parere in data 7 ottobre 2009 emesso dal Dirigente dell’Area generale di coordinamento affari generali della Regione Campania , la nota in data 9.11.09 inviata al dott. Mazzeo, dipendente regionale, volta a rimuovere la sua situazione di incompatibilità in quanto eletto consigliere dell’ordine, la circolare numero 13 del 2.10.2009 sull’attività di controllo riguardo allo svolgimento di attività extraistituzionali da parte dei dipendenti regionali, la delibera di Giunta regionale numero 112 del 9.2.1007 e la successiva circolare esplicativa del 22.3.2007 in parte qua relative alle autorizzazioni ai dipendenti della Giunta regionale per lo svolgimento di attività non comprese nei compiti e doveri d’ufficio, deducendo la violazione degli articolo 53 165/01 e 60 D.P.R. 10.1.1957, numero 3, violazione del giusto procedimento, violazione degli articoli 3 e 10 della legge numero 3/1976, del d.P.R. numero 350/1981 e del D.P.R. numero 169/2005 nonché dell’articolo 97 della Costituzione per avere illegittimamente impedito , a causa della supposta incompatibilità tra l’attività di dipendente regionale e quella di componente del Consiglio provinciale, la legittima costituzione di un proprio organo. Il T.a.r., riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione ad agire dell’Ordine, considerando gli atti impugnati come attinenti esclusivamente all’esercizio da parte della Regione di poteri disciplinari nei confronti di un proprio dipendente a causa della situazione di incompatibilità stabilita nel parere impugnato, difettando un collegamento tra la posizione sostanziale dell’ente esponenziale, preposto alla tutela degli interessi della categoria professionale, e la situazione individuale su cui incidono gli effetti del provvedimento impugnato e venendo in rilievo una questione, quella della compatibilità dell’impiego pubblico con l’incarico da autorizzare, non incidente sulla posizione dell’Ordine. Propone appello l’Ordine assumendo la titolarità di un interesse proprio all’impugnazione , traente fondamento dal combinato disposto degli articoli 10, comma 3 e 21 ter della legge numero 3/76, che, regolando la composizione del Consiglio, consentono agli agronomi pubblici dipendenti di concorrere per la carica di consigliere nonché la sussistenza di una lesione dell’interesse dell’Ordine professionale a vedere costituito il proprio organo direttivo in conformità alle disposizioni di legge che ne disciplinano l’elezione per effetto dall’illegittimo divieto imposto dalla Regione ai propri dipendenti di candidarsi alle elezioni. Nel merito, ha riproposto i motivi non esaminati dal T.a.r. consistenti nella violazione degli articolo 53 165/01 e 60 D.P.R. 10.1.1957, numero 3, violazione del giusto procedimento, violazione degli articoli 3 e 10 della legge numero 3/1976, del d.P.R. numero 350/1981 e del D.P.R. numero 169/2005 nonché dell’articolo 97 della costituzione. Si è costituita la Regione Campania deducendo la correttezza della sentenza di primo grado attenendo la controversia ad atti volti ad assicurare il rispetto della disciplina sulla incompatibilità dello status di pubblico dipendente nell’ambito esclusivo del rapporto di lavoro. Nel merito, ha comunque rilevato l’infondatezza del ricorso atteso il divieto stabilito dall’articolo 58 del d. lgs. numero 29 del 1993 per il pubblico dipendente di svolgimento di attività libero professionale cui è correlata l’iscrizione ad un albo professionale. All’udienza del 22 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione. Diritto L’appello è fondato nei termini che seguono. Oggetto del ricorso sono una serie di atti concernenti il divieto di presentazione della candidatura all’elezione di componente del Consiglio dell’Ordine provinciale dei dottori agronomi da parte di un dipendente della Regione Campania. L’atto di diffida inviato al dipendente poggia sul parere fornito al Settore stato giuridico ed inquadramento della Regione , per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari, da parte del dirigente dell’Area generale di coordinamento affari generali in data 7 ottobre 2009, anch’esso oggetto di impugnazione, con il quale si rileva l’incompatibilità tra i compiti svolti dal Presidente ed i componenti del Consiglio dell’ordine attività dirette alla repressione esercizio abusivo della professione, designazione di rappresentanti , liquidazione di onorari e le funzioni di pubblico dipendente regionale cui è vietato l’esercizio di attività libero professionale. In relazione alla portata di tali atti è necessario accertare la legittimazione all’impugnazione da parte dell’Ordine provinciale in relazione alla sussistenza di un proprio interesse leso. Questo lamenta la lesione del proprio interesse alla legittima costituzione dell’organo consiliare, impedita dal parere della regione e dagli atti che ne sono scaturiti nei confronti degli interessati. In linea generale, vanno richiamati i principi per cui gli enti esponenziali di una categoria di soggetti, di cui hanno la rappresentanza istituzionale a tutela della professione, sono legittimati a ricorrere per la tutela di un interesse collettivo perseguito dall’associazione. La situazione tutelata è autonoma e differenziata dalle posizioni individuali ed è unitariamente imputabile all’ente. Inoltre, gli ordini professionali, per le funzioni di autogoverno ad essi attribuite, sono legittimati ad impugnare in sede giurisdizionale gli atti lesivi della propria sfera giuridica, come soggetti di diritto cfr. Cons. St. Sez. V, 12.8.2011, numero 4776 8.2.2011, numero 861, 12. 7.2010, numero 4480 2.10.2009, numero 6011 Sez. VI, 8.2.2011, numero 831 . Ritiene il Collegio che costituisca interesse autonomo e differenziato unitariamente imputabile all’ordine professionale quello alla legittima composizione dei propri organi di governo. Qualsiasi atto che impedisca l’esercizio del diritto di elettorato attivo o passivo , così provocando una alterazione della composizione degli organi elettivi, deve , pertanto, essere considerato lesivo di una situazione differenziata e qualificata dell’ente, che è legittimato a ricorrere per la tutela del proprio interesse alla legittima costituzione dei propri organi che si riflette nell’azione di autogoverno degli appartenenti alla categoria professionale di cui esso rappresenta gli interessi. Alla luce di tale premessa, si rileva che la nota indirizzata al dott. Mazzeo riguarda ,in effetti, come ritenuto dal primo giudice, esclusivamente il rapporto di lavoro tra la Regione ed i propri dipendenti, essendo prodromica all’apertura di un procedimento disciplinare, con la conseguenza che relativamente ad essa non può rinvenirsi una legittimazione ad impugnare dell’ente esponenziale, che non è legittimato ad esercitare un controllo dell’attività del pubblico impiegato Cons. St. Sez. V, 2.10.2009, numero 6011 . Neanche sussiste un interesse all’impugnativa delle circolari in materia di autorizzazioni ai dipendenti per lo svolgimento di incarichi extraistituzionali, non contenendo esse alcun riferimento alla eleggibilità alla carica di consigliere, ma solo allo svolgimento di attività libero professionale. Non impugnabile è poi la nota prot. numero 20894963964 del 9.11.2009, contenente una mera richiesta di indicazione dei dipendenti titolari di cariche elettive, non avente alcun effetto lesivo. Diversamente, il parere 7 ottobre 2009, stabilendo l’ineleggibilità del dipendente regionale, in quanto titolare di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, in seno al Consiglio dell’Ordine preordinato ad un generale diniego di autorizzazione nei confronti di chiunque ne faccia richiesta assume carattere direttamente lesivo dell’interesse alla legittima costituzione del proprio organo consiliare dell’ente, che è, pertanto, legittimato ad impugnarlo. Né il ricorso può considerarsi inammissibile sotto il diverso profilo della natura endoprocedimentale dell’atto impugnato. Secondo piani principi, gli atti endoprocedimentali non possono essere impugnati disgiuntamente dal provvedimento finale del procedimento in cui si inseriscono, in quanto atti preparatori, sforniti di autonoma capacità lesiva immediata, sicchè i relativi vizi possono essere fatti valere solo in sede di impugnativa dell’atto che li recepisca ex multis, Cons. St. Sez. V, 11.5.2009, numero 2876 . Tuttavia, quando il parere costituisca atto terminale di un procedimento, rappresentando la conclusione negativa della determinazione dell’amministrazione, esso deve intendersi come atto munito del requisito della lesività, in relazione al quale sussiste l’interesse e l’onere di impugnazione. La lesività, invero, non dipende dal nomen o dalla collocazione nell’ambito del procedimento, ma dal carattere costitutivo degli effetti che vi si ricollegano Cons. St. Sez. IV, 6.7.2009, numero 4338 10.5.2007, numero 2183 . Nella specie, il parere ha sortito l’immediato effetto di impedire la candidatura di dipendenti regionali al Consiglio, così ledendo l’interesse dell’Ordine alla legittima composizione dell’organo consiliare. Nel merito, i motivi riproposti dall’Ordine di violazione di legge e di regolamenti in materia di eleggibilità di dipendenti pubblici come componenti del Consiglio dell’ordine provinciale sono fondati. Ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 8.7.2005, numero 169 possono essere eletti al Consiglio dell’ordine tutti gli iscritti all’albo dei dottori agronomi e forestali. Ai sensi dell’articolo 3 , comma 3 della legge 7.1.1976, numero 3 i dottori agronomi ed i dottori forestali dipendenti della Stato o di altre pubbliche amministrazioni possono, a loro richiesta, essere iscritti all’albo. Nei casi in cui, secondo i rispettivi ordinamenti, è vietato l’esercizio di libera professione, l’iscrizione avviene con annotazione a margine attestante il loro stato giuridico – professionale. Questi iscritti non possono esercitare la libera professione, salvi i casi previsti dagli ordinamenti loro applicabili. L’articolo 10, comma 3 della medesima legge prevede che la maggioranza dei componenti il consiglio deve essere costituita da iscritti all’albo non aventi rapporti di lavoro dipendente pubblico o privato al momento delle elezioni. Dal complesso della disciplina illustrata si evince che il divieto di esercizio di attività libero professionale non impedisce , di per sé, l’iscrizione all’albo che avviene , in questi casi, con la specifica annotazione. L’iscrizione costituisce requisito per l’esercizio del diritto di elettorato passivo nell’organo consiliare , a prescindere dallo svolgimento – che può , in effetti, essere vietato, secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza – dell’attività libero professionale. Se ne deduce che illegittimo è il sacrificio del diritto di elettorato passivo e conseguentemente, per quanto qui interessa, delle modalità di costituzione dell’organo consiliare, per effetto del divieto imposto ai dipendenti regionali di candidarsi alle elezioni del Consiglio. Né tale divieto trova giustificazione nell’attività svolta dai componenti del Consiglio , che si dirige nei confronti dei professionisti e, per i profili evidenziati dalla Regione - come la repressione dell’esercizio abusivo della professione, la designazione di rappresentanti in seno a commissioni, l’inflizione di sanzioni disciplinari - non diverge neanche dalle finalità perseguite dall’amministrazione, in sede disciplinare nei confronti dei propri dipendenti, per lo gli stessi scopi sanzionatori di comportamenti illeciti. All’amministrazione regionale, che conserva ed esercita i propri poteri riguardo all’autorizzazione del pubblico dipendente ad assolvere funzioni estranee ai propri compiti istituzionali, non è dato, quindi, impedire la costituzione dell’organo consiliare secondo le regole stabilite dalla disciplina sulla composizione degli organi degli ordini professionali. In conclusione, l’appello va accolto nei limiti esposti, con il conseguente annullamento del parere dell’amministrazione regionale prot. numero 2009 857662 del 7 ottobre 2009. La peculiarità della questione trattata giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla il parere dell’amministrazione regionale prot. numero 2009 857662 del 7 ottobre 2009. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.