Ieri notte ho avuto un incubo. Avevo vinto una causa importante, una di quelle alle quali, nei sogni, ricolleghi l'acquisto, in seguito al pagamento della parcella da parte del cliente, di una Porsche o di un orologio pregiato. La sentenza del giudice, in base ai nuovi parametri, aveva però liquidato le spese legali ex articolo 91 c.p.c. in misura inadeguata all'importanza dell'opera e al valore degli interessi in gioco.
Il cliente ingrato, con mia enorme delusione e inspiegabilmente, non mi aveva pagato la parcella che gli avevo presentato a conclusione del mio incarico ma si era limitato a riconoscermi gli importi che erano stati posti dal giudice a carico del soccombente a titolo di refusione delle spese di lite. Non avevo con lui stipulato alcun contratto disciplinante la misura del mio compenso ma, accipicchia, gli avevo vinto la causa e aveva ottenuto quello che voleva eccezion fatta per quella consistente differenza in suo sfavore tra la mia parcella e quanto liquidato dal giudice. Mica potevo rimetterci io! Il lavoro l’avevo fatto e bene e se la liquidazione delle spese di lite operata dal giudice era stata carente tutt’al più, dopo essere stato pagato, avrei potuto valutare col cliente se intendeva fare appello sullo specifico capo. Eppure nulla, nonostante i solleciti e i tentativi di farlo ragionare quell’avaraccio mi rifiutava il pagamento del compenso richiesto sostenendo che avendo avuto ragione in giudizio non poteva sopportare un costo superiore a quello di cui aveva ottenuto concreto rimborso. Sosteneva che altrimenti sarebbe stato gravato di un importo netto irripetibile e avrebbe subito un danno finendo per ottenere da un punto di vista patrimoniale una tutela alle proprie ragioni ridotta e non totale come giustizia imporrebbe. Non ricevendo il compenso richiesto per la mia attività professionale, che tanto pregevole mi era oltretutto sembrata, mi vedevo alla fine costretto a tutelare in giudizio le mie ragioni di credito convinto di ottenere in giudizio il pagamento di quanto preteso e quindi la provvista per soddisfare i miei desideri. La Porsche sarebbe rimasta ancora per un po’ nella concessionaria. E per il momento avrei dovuto continuare ad usare il mio vecchio Longines. Con mio enorme stupore costituendosi in giudizio il legale del mio ex cliente un mio coetaneo molto in gamba che aveva tentato per otto volte il concorso notarile senza fortuna mi eccepiva che, in assenza di contratto col cliente, nulla mi era più dovuto posto che nei nuovi parametri non era stato riprodotto l'articolo 2 del D.M. 8 aprile 2004 numero 127 Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali . Sorpreso da una tale eccezione correvo a leggere quell’articolo per trovare conferma di quello che da sempre mi pareva un principio pacifico mai messo in discussione da alcuno «Obbligo del cliente Gli onorari e i diritti sono sempre dovuti all'avvocato dal cliente indipendentemente dalle statuizioni del giudice sulle spese giudiziali». Colto dall’ansia tiravo fuori dalla cartella nella quale li avevo riposti al rientro dalle agognate ferie i nuovi parametri D.M. 20 luglio 2012, numero 140 unitamente allo studio dell’Unione triveneta dei consigli dell’Ordine degli avvocati prontamente segnalatomi dal mio amico e collega Marco di Treviso. Disperatamente ricercavo una norma che riproducesse quanto disposto dall’articolo 2 delle vecchie tariffe senza trovarla. Il collega di controparte nel frattempo si era avvicinato facendomi notare, come se fosse una novità così evidente che chiunque altro avrebbe dovuto facilmente cogliere, che a differenza del precedente tariffario non vi era più alcuna norma che distinguesse tra la liquidazione delle spese di lite a carico del soccombente e quella del compenso a carico del cliente. Nel nuovo decreto non vi era in effetti alcun articolo come gli abrogati articolo 5 commi 1, 2 e 3 e 6 commi 1, 2 e 4 che prevedesse criteri diversi da adottare a seconda che il giudice dovesse provvedere alla liquidazione delle spese di soccombenza o che l’avvocato gli chiedesse di liquidare le spese a carico del suo ex cliente. I più restrittivi criteri per la liquidazione a carico del soccombente dovevano ora essere applicati anche nel rapporto tra l’avvocato e il suo cliente anzi la liquidazione era di fatto unica. Ove infatti fosse stato in seguito adito dal patrono della parte che aveva visto accolte le proprie ragioni in giudizio per farsi liquidare il proprio compenso il giudice avrebbe comunque dovuto utilizzare i medesimi criteri liquidativi e giungere così ai medesimi importi di quelli liquidati ex articolo 91 c.p.c. Sostanzialmente e sempre se in assenza di contratto di patrocinio la liquidazione operata dal giudice nell’ambito del rapporto fra controparti sostanziali di una controversia giudiziale valeva di fatto anche nel rapporto fra l’avvocato e il suo cliente vittorioso, mentre solo il compenso del legale della parte soccombente avrebbe potuto essere liquidato in un autonomo specifico giudizio. Su di esso infatti il giudice non si sarebbe prima d’ora ancora pronunciato. Del resto a seguito dell’abrogazione delle tariffe forensi la prestazione dell'avvocato non aveva più un costo-valore determinabile secondo regole tariffarie. Ormai vi era una regola uniforme in base alla quale non vi poteva più essere diversità a seconda che si dovesse provvedere ad una liquidazione del compenso del legale dall'angolo visuale del cliente piuttosto che dalla parte del soccombente. La conferma la si sarebbe dovuta trarre dai riformati criteri per la determinazione del valore della controversia articolo 5 nei quali non vi è più traccia della vecchia distinzione articolo 6, commi 1 e 2 del tariffario abrogato tra la liquidazione degli onorari a carico del cliente ove il riferimento era al valore della domanda o quella disposta a carico del soccombente ove il valore era stabilito in conformità alle regole che il codice di procedura detta ai fini della competenza con la significativa deviazione riguardante il riferimento all’entità della condanna – e non a quello della domanda - nei giudizi di pagamento di somme o liquidazione di danni . In pratica, sosteneva che era stato implicitamente abrogato uno dei principi fondamentali del diritto tariffario che garantiva all'avvocato il pagamento delle prestazioni professionali eseguite indipendentemente dalla difforme od omessa pronuncia del giudice sulle spese legali. Principio incredibilmente sopravvissuto anche all’infausta ‘riforma Bersani’. L’avrei strozzato ma la mente era ormai annebbiata dall’inattesa ferale eccezione e dal fatto che le mie certezze, accumulate in anni di professione, si stavano sgretolando. Ma non avrebbe potuto passare quello stramaledetto concorso notarile questo qua! Oggi non me lo sarei trovato tra i piedi e avrei finalmente potuto accarezzare i miei desideri. Non mi davo pace. Come mai non avevo letto nulla su una tale rivoluzione operata dal decreto della Paola di agosto? E dire che avevo letto quasi tutto quello che era stato sino ad allora pubblicato che era fatto malissimo e che lasciava nell’operatore molteplici dubbi, che gli organi di rappresentanza della categoria forense non erano stati minimamente interpellati, che era fortemente penalizzante gli interessi economici della categoria forense, che non poteva averlo concepito un tecnico perché infarcito di errori e che quindi era stato sicuramente scritto dalle banche e dalle assicurazioni, ecc ma di quella interpretazione non avevo mai sentito far cenno. Inutile dire che mi sono risvegliato di soprassalto in un bagno di sudore e stanco più di quando mi ero andato a coricare. È stato un incubo vero? Anche nella vigenza dei nuovi parametri posso ancora sperare di comprarmi un giorno, quando dovessi vincere una causa importantissima, una Porsche o un Patek Philippe? Certo che una norma come l’articolo 2 dell’abrogato decreto sulle tariffe forensi anche al mio risveglio non l’ho mica trovata sarà meglio che d’ora in avanti faccia sempre firmare un contratto di patrocinio ai miei clienti in cui specifichi puntualmente quale sarà il mio compenso avendo cura di prevederlo più alto degli importi stabiliti dai parametri ministeriali. Perché tanto con quelli, anche per cause di particolare importanza, una Porsche o un Patek Philippe mica me li potrei comunque mai comperare.