La nullità assoluta, così come l’inutilizzabilità di una prova, sono vizi patologici che impediscono anche alle parti di sanarli con il proprio consenso.
Il caso . Una donna, proprietaria di uno stabile, era accusata di omicidio colposo e di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina articolo 677 c.p. , perché la conduttrice del fabbricato era stata investita dal crollo di materiali dell’immobile. Tali fatti ne avevano provocato la morte e venivano ascritti all’omessa vigilanza in capo alla proprietaria che non aveva eseguito i necessari lavori atti a rimuovere pericoli derivanti dalla vetustà della costruzione. Una complessa ricostruzione del procedimento. A destare l’attenzione dell’imputata ricorrente e, di riflesso, della Suprema Corte di Cassazione, è la dinamica processuale, piuttosto complessa, che aveva visto un giudizio di primo grado celebrato inizialmente davanti al Tribunale di Pescia. La prima sentenza che ne era esitata veniva annullata dal giudice di appello con necessità di predisporre nuovo decreto di citazione a giudizio. Un secondo giudizio di primo grado si svolgeva dunque presso il Tribunale di Pistoia e poi proseguiva davanti alla Corte d’appello di Firenze che pronunciava la sentenza oggetto del ricorso de quo . Il punctum dolens l’utilizzo di atti di prova formati nel corso del giudizio annullato. Ma possono essere utilizzati gli atti di prova formati nel corso del primo giudizio, anche se confluiti nel fascicolo del dibattimento, grazie al reciproco consenso delle parti pubblico ministero e difensore ? In sostanza, le prove che erano state esperite durante il giudizio poi annullato erano state catapultate nel crogiolo del materiale su cui il nuovo giudice doveva decidere, trovando ingresso automatico grazie al consenso manifestato dalle parti processuali che nulla avevano eccepito, ma anzi avevano consentito a quella che costituisce una deroga al principio dell’oralità e della formazione della prova in dibattimento «immediatezza» cristallizzata dall’articolo 525 c.p.p. , davanti a “quel” giudice che dovrà pronunciare sentenza e non davanti a un qualsiasi altro magistrato es. il pubblico ministero . Inutilizzabilità dei verbali assunti nel procedimento dichiarato nullo. Accoglie il motivo di ricorso la Suprema Corte affermando che gli atti di prova non potevano essere utilizzati nel nuovo giudizio, in quanto erano stati assunti in un precedente procedimento dichiarato nullo per violazione del diritto di difesa, perché celebrato in spregio alle regole sulla vocatio in jus . In sostanza, se gli atti sono affetti da nullità assoluta quindi, insanabile o alla sanzione dell’inutilizzabilità, a nulla vale il consenso della parte all’acquisizione. La grave patologia dell’inutilizzabilità è sottratta al potere dispositivo delle parti. Con motivazione molto accurata la Cassazione ha svolto il proprio ragionamento partendo dalla pronuncia a Sezioni Unite del 21/6/2000 numero 16, inerente la possibilità di far confluire atti inclusi nel fascicolo delle indagini preliminari in quello del dibattimento, quando si opti per il giudizio abbreviato. In tale pronuncia, la S.C. era giunta ad affermare che la lo status di inutilizzabilità di prova illegittimamente acquisita e quello di nullità assoluta di un atto – con radicale insanabilità e rilevabile anche d’ufficio – prefigura forme di invalidità sottratte al potere dispositivo o negoziale delle parti. Cristallizzazione della patologia . Non solo. Nel caso in esame il vizio radicale era stato formalmente dichiarato dalla Corte d’appello che ne aveva dunque disposto il rinvio al Tribunale di Pistoia. Non appare dunque possibile permettere alle parti – con il loro consenso – di vanificare quel giudicato formatosi sull’esistenza della patologia insanabile.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 aprile – 28 giugno 2012, numero 25536 Presidente Marzano – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. La Cote di Appello di Firenze, con decisione del 7.11.2011, confermava la sentenza emessa il 30.3.2010 dal Tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, nei confronti di C.E., con la quale la medesima era stata condannata alla pena di mesi quattro di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche, per il reato di cui all’articolo 589 cod. penumero , perchè avendo omesso di vigilare sull’edificio del quale era proprietaria e di eseguire i lavori necessari a rimuovere i pericoli derivanti dalle vetuste condizioni del medesimo aveva cagionato la morte della conduttrice A.G., che era stata investita dal crollo di materiali dell’immobile, ed era stata altresì dichiarata l’improcedibilità dell’azione penale in ordine al reato di cui all’articolo 677 cod. penumero , per essere il medesimo estinto per prescrizione. La Corte riteneva non fondati i motivi di impugnazione articolati in rapporto a ritenute violazioni della legge processuale e, nel merito, giudicava esclusa dall’accertamento giudiziario l’ipotesi prospettata dalla difesa secondo la quale il crollo dei materiali fosse da addebitare alla condotta imprudente della conduttrice medesima, confermando - peraltro all’esito di un’integrazione istruttoria richiesta dall’imputata - la riconducibilità della rovina alle pessime condizioni dell’edificio, sul quale non era stato effettuato nel tempo alcun intervento di manutenzione straordinaria. 2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del difensore la C. 2.1. Con un primo motivo si deduce la nullità del giudizio di primo grado e conseguentemente del giudizio e della pronuncia della Corte di Appello, perchè dopo che una prima sentenza del Tribunale di Pescia era stata annullata dal giudice di secondo grado, il nuovo decreto di citazione a giudizio era stato sottoscritto dal medesimo Giudice che aveva pronunciato la sentenza annullata, il quale aveva poi fatto dichiarazione di astensione, che era stata accolta pochi giorni prima che il decreto venisse notificato all’imputata. Sicchè, il decreto era stato notificato alla C. quando il Giudice che lo aveva emesso era già stato sostituito e quindi da soggetto che, ad avviso della difesa, non aveva più la capacità di emetterlo. Si era pertanto realizzata la violazione dell’articolo 178, lett. a cod. proc. penumero , in relazione all’articolo 33 cod. proc. penumero , dovendosi ritenere che il decreto fosse da equiparare a provvedimento emesso da ‘non Giudice’. Peraltro, e di ciò il ricorrente si duole, il provvedimento di nomina del nuovo giudice non era stato notificato alle parti, con violazione dell’articolo 178, lett. c cod. proc. penumero 2.2. Con un secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articolo 525 e 511 cod. proc. penumero per essere stati utilizzati gli atti di prova formatisi nel corso del primo giudizio, esitato nella sentenza di annullamento della Corte di Appello di Firenze. Tali atti erano confluiti nel fascicolo per il dibattimento in forza del mutuo consenso acquisitivo delle parti. Consenso, tuttavia, che il ricorrente ritiene non valido quando abbia ad oggetto, come nel caso di specie, verbali di un procedimento dichiarato nullo per violazione del diritto di difesa, non essendo stata posta l’imputata in condizioni di partecipare al processo. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità del procedimento di primo grado e del conseguente giudizio di appello per violazione dell’articolo 97, co. 4, in relazione all’articolo 178, lett. c cod. proc. penumero , poiché all’udienza del 21.1.2010 il Tribunale di Pistoia, sez. di Monsummano Terme, provvedeva alla sostituzione del difensore di fiducia non comparso con l’avv. F.B., ai sensi dell’articolo 97, co. 4 cod. proc. penumero , nonostante la stessa non fosse iscritta nelle liste dei difensori d’ufficio del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Pistoia, foro di appartenenza. Ciò integrava una violazione del citato articolo 97, co. 4, censurata dalla difesa con eccezione che veniva rigettata dal Giudice di primo grado. Il ricorrente rileva tuttavia che la violazione del disposto della norma testé menzionata può configurare una nullità generale se la parte che la deduce dimostri che essa ha cagionato in concreto una lesione o una menomazione del diritto di difesa. Nel caso di specie ciò si era effettivamente verificato siffatto pregiudizio , in quanto la non conoscenza della materia penale da parte dell’avv. B., la non conoscenza di un processo complesso, l’evidente viziata volontà del legale espressa a proposito dell’acquisizione degli atti del processo annullato volontà riposante sul presupposto che le nuove prove richieste fossero le medesime già ammesse per la difesa nel precedente procedimento , hanno impedito in concreto l’esercizio del diritto di difesa. Tale vizio del consenso aveva privato l’imputata della possibilità di assistere al proprio processo e di partecipare alla rinnovazione dell’attività di formazione della prova. Siffatta lesione non poteva ritenersi sanata dall’audizione del consulente della difesa fatta dalla Corte di Appello di Firenze. 2.4. Con un quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 606 lett. d cod. proc. penumero , per il mancato espletamento di una perizia per la ricostruzione della dinamica dell’evento. 2.5. Con un quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 606 lett. e cod. proc. penumero per la contraddittorietà della motivazione con le risultanze processuali. In particolare la Corte territoriale ha affermato che il crollo sarebbe avvenuto all’improvviso e per le fatiscenti condizioni dei travi di sostegno del tetto del manufatto, laddove lo stato di detti travi e delle pareti perimetrali dell’edificio, come residuati dal crollo, nonché la posizione dei detriti e dei corpo della vittima all’esterno del manufatto confermerebbero l’incidenza di una importante azione esterna, come rilevato dal CT della difesa. 2.6. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 606 lett. b ed e cod. proc. penumero , in relazione all’articolo 41 cod. penumero , per essere stato erroneamente affermato il nesso di causalità tra la condotta dell’imputata e l’evento luttuoso. Quest’ultimo va fatto risalire ad un’azione umana di per sè sola causa scatenante l’evento, azione riconducibile alla persona della G., la quale, secondo la deposizione del figlio A.B., aveva utilizzato una scala in ferro per portarsi al piano superiore del manufatto, in tal modo esponendosi volontariamente al pericolo. Sicchè può ipotizzarsi che la donna, perduto l’equilibrio, si sia aggrappata alla porta del manufatto o alla parete esterna, trascinando con il ribaltamento della scala quei detriti che sono stati trovati sul suo corpo. Tale condotta, ad avviso del ricorrente, integra la causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento che vale, ai sensi dell’articolo 42, co. 2 cod. penumero , ad escludere il nesso causale tra la condotta omissiva dell’imputata e l’evento lesivo. 2.7. Con il settimo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 606 lett. b cod. proc. penumero , in relazione all’articolo 677 cod. penumero L’obbligo di sorveglianza che si è posto in capo all’imputata quale proprietaria dell’immobile grava in realtà anche sul conduttore che è tenuto, a fronte di un pericolo di rovina, quantomeno ad avvertire il proprietario e ad effettuare in via d’urgenza le opere necessarie ad eliminare il pericolo per la propria e l’altrui incolumità, salvo l’addebito delle spese in capo all’obbligato principale. In ogni caso la ricorrente non era consapevole dell’esistenza di una situazione di pericolo, nonostante ella avesse inviato sul posto un tecnico, nella persona del geometra R., che non rilevò alcuna situazione di pericolo. L’ignoranza dello stato di pericolo escluderebbe l’elemento soggettivo del reato. 2.8. Con motivi aggiunti depositati l’11.4.2012, il ricorrente ribadisce il motivo incentrato sull’omessa assunzione di una prova decisiva, segnatamente una perizia tecnica ricostruttiva dell’incidente, e si denuncia per la prima volta l’avvenuta, prescrizione del reato e l’omessa applicazione dell’indulto da parte dei giudice di merito. Considerato in diritto 3. Il primo motivo di ricorso è infondato. Come correttamente rilevato dalla Corte di Appello, l’incompatibilità opera in relazione ad attività e provvedimenti di natura giurisdizionale decisoria e non già con riguardo a provvedimenti meramente ordinatori che non incidono sul merito delle questioni oggetto del giudizio. Il provvedimento di fissazione della nuova udienza comunicato alle parti con la notifica del decreto che dispone il giudizio emesso, vale ricordarlo, dal Giudice dell’udienza preliminare è appunto un provvedimento meramente ordinatorio, che non ha punti di contatto con l’interesse tutelato dalla disciplina dell’incompatibilità, che è quello di garantire la terzietà dei giudice. Peraltro, nel caso che occupa il provvedimento venne sottoscritto da giudice non ancora dichiaratosi incompatibile e alcun rilievo assume il fatto che al momento della notifica dell’atto era stata accolta la dichiarazione di astensione. Quanto all’eccezione di nullità per omessa notifica al difensore del provvedimento del Presidente del Tribunale che, accogliendo la dichiarazione di astensione, assegnava il procedimento ad altro giudice, deve sottolinearsi la correttezza delle argomentazioni in proposito svolte dal giudice di merito, secondo le quali alcuna norma dispone la notificazione alle parti del provvedimento in questione cfr., da ultimo, Cass. sez. 2, sent. numero 4478 del 25/11/2011, Rv. 251817 . 4.1. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso. Esso pone il tema della validità del consenso che abbia ad oggetto atti affetti da nullità assoluta ed insanabile. Infatti, si assume dal ricorrente che il consenso che la parte a mezzo del difensore ebbe a prestare all’acquisizione degli atti di prova - formati in seno a quel giudizio di primo grado che era stato annullato dalla Corte di Appello di Firenze perché celebrato in violazione delle regole sulla vocatio in ius - non poteva essere validamente dato perché tali atti erano stati giudicati come affetti di riflesso da nullità assoluta ed insanabile. Il rilievo coglie nel segno. Le Sezioni unite, componendo un contrasto interpretativo insorto a proposito della deducibilità e della rilevabilità del vizio d’inutilizzabilità dell’atto probatorio nel giudizio abbreviato hanno affermato che la tesi per la quale la richiesta del giudizio abbreviato da parte dell’imputato comporti l’abdicazione del diritto di eccepire le più gravi patologie degli atti probatori in forza di una pretesa sanatoria del vizio, “collide innanzi tutto con la formulazione letterale della disciplina positiva, che delinea il fenomeno dell’inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita e quello della nullità assoluta dell’atto in termini di radicale insanabilità e rilevabilità anche di ufficio ‘in ogni stato e grado dei procedimento’ articolo 179 e 191 comma 2 c.p.p. - forme di invalidità entrambe sottratte quindi al potere dispositivo o negoziale delle parti”. Ad avviso della S.C. ragioni di ordine logico-sistematico militano in diverso senso l’opzione per il rito speciale può avere ad oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati, ma resta priva di negativa incidenza sul potere-dovere del giudice di essere anche in esso garante della legalità del procedimento probatorio. Ciò implica l’irrilevanza dell’inutilizzabilità cosiddetta “fisiologica” della prova, che è neutralizzata dalla scelta negoziale delle parti, come dell’inutilizzabilità “relativa” mentre assume piena rilevanza la categoria sanzionatoria della inutilizzabilità cosiddetta “patologica”, inerente cioè agli atti probatori assunti contra legem. Con l’importante sottolineatura del fatto che nel fenomeno dell’inutilizzabilità patologica “rientrano tanto le prove oggettivamente vietate quanto le prove comunque formate o acquisite in violazione - o con modalità lesive - dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione e, perciò, assoluti e irrinunciabili, a prescindere dall’esistenza di un espresso o tacito divieto al loro impiego nel procedimento contenuto nella legge processuale C. cost., numero 34 del 1973 ”. Rispetto ad essa non è possibile alcuna sanatoria in virtù della mera richiesta dell’imputato di accesso al rito alternativo ed il vizio è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento a norma dell’articolo 191 cod. proc. penumero Quel che qui maggiormente rileva, è che nel pronunciarsi nel senso appena ricordato le Sezioni Unite hanno rimarcato che nel giudizio abbreviato si riconosce la facoltà di utilizzazione di tutti gli atti legittimamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero, “intendendosi ovviamente per tali tutti e soltanto quegli atti probatori non affetti da gravi e irreversibili patologie, quali l’inutilizzabilità e la nullità assolute, caratterizzate da insanabilità e rilevabilità anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento” Cass. S.U., 21/6/2000, numero 16, Tammaro . Il S.C., quindi, ha fatto espresso riferimento alla nullità assoluta come ad un vizio che si oppone a qualsivoglia capacità sanante del consenso delle parti. E ben se ne comprende la ragione. Lo speciale statuto attesta l’identificazione ad opera del legislatore di vizi che pongono in pericolo o ledono interessi o beni non disponibili alle parti, perché esse non ne hanno la titolarità si è evocata in dottrina, al riguardo, la categoria dell’ordine pubblico . E’ però vero che si ammettono casi nei quali anche la nullità assoluta ed insanabile risulta non più rilevabile o deducibile. Si pensi al non più vigente istituto del cd. patteggiamento in appello, in ordine al quale si è discusso circa la valenza dell’accordo raggiunto rispetto ad eventuali vizi assoluti ed insanabili degli atti. Un particolare orientamento giurisprudenziale era nel senso che il giudice, in virtù del limite devolutivo dell’appello e del principio dispositivo che regola il processo accusatorio, non può conoscere dei motivi di impugnazione oggetto di rinunzia, anche se rilevabili d’ufficio. Pertanto, allorché le parti abbiano patteggiato sulla determinazione dell’entità della pena, previa rinuncia a tutti gli altri motivi di appello, il giudice non ha alcun obbligo di motivare in ordine alle questioni rinunciate riguardanti nullità rilevabili di ufficio e inutilizzabilità di elementi di prova, posto che i motivi con i quali esse sono state dedotte sono stati espressamente oggetto di rinuncia delle parti e, quindi, non essendogli più devoluti, non possono formare oggetto della relativa pronuncia ex multis, Cass. Sez. I, numero 16965 del 29 gennaio 2003, Augugliaro, rv. 224241 . Per vero, un diverso indirizzo sosteneva che anche i motivi rinunziati, se rilevabili d’ufficio ovvero le nullità assolute, le inutilizzabilità e le cause di proscioglimento di cui all’articolo 129 c.p.p. , devono essere esaminati dal giudice dell’appello e possono essere oggetto di ricorso per cassazione Cass. Sez. III, numero 10043, del 27 gennaio 2005, Allevi, rv. 231150 . Anche in materia di applicazione della pena ex articolo 444 cod. proc. penumero si individuano decisioni per le quali il consenso che vale ad integrare il patteggiamento implica la mancanza d’interesse e, comunque, la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle relative alla richiesta di patteggiamento e al consenso ad esso prestato, in quanto superate dell’accordo intervenuto tra le parti da ultimo Cass. sez. 2, numero 6383 del 29/01/200E, De Biasio e altri, Rv. 239449 . Pure in quest’area si pone un orientamento opposto, per il quale l’accordo non vale a privare di effetto le nullità assolute e insanabili, rilevabili di ufficio in ogni stato e grado Cass. sez. 5, numero 4129 del 23/06/1998, Cieri, Rv. 211510 . Ma dedurre da ipotesi siffatte il principio che si è visto essere comunque controverso per il quale il consenso delle parti vale in sostanza a sanare anche le nullità assolute ed insanabili sarebbe errato. Senza voler trarre conclusioni su un piano più generale, non implicato dal tema posto con il motivo di ricorso in esame, basta osservare che nel caso che qui occupa si registra un elemento peculiare e decisivo, rappresentato dal fatto che il vizio radicale era stato fatto oggetto di formale dichiarazione ad opera della Corte di appello, che sulla base di quello aveva pronunciato l’annullamento con rinvio. Si è cioè verificata la stabilizzazione formale dell’illegalità del giudizio annullato mentre nei casi sopra evocati il comportamento acquiescente interviene prima che il vizio venga rilevato . Attribuire rilievo al consenso delle parti significherebbe consentire che esse possono porre nel nulla il giudicato formatosi sull’esistenza dei vizio radicale - che dell’atto primigenio si diffonde a tutti i derivati. 4.2. Vanno quindi annullate entrambe le decisioni di merito, con rinvio al Tribunale di Pistoia. Infatti, non risulta decorso il termine di prescrizione del reato, avendo il processo conosciuto cause di sospensione del termine medesimo durante la celebrazione del giudizio di secondo grado, per un totale di giorni sessanta. 5. Gli ulteriori motivi di ricorso risultano assorbiti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e quella di primo grado con rinvio al Tribunale di Pistoia.