Non serve l’autorizzazione preventiva per il rimborso di spese mediche

Il diritto al rimborso delle spese mediche sostenute presso una struttura ospedaliera estera, anche in assenza di una preventiva autorizzazione da parte del competente Organo del Servizio Sanitario Nazionale, deve essere valutato in base all’urgenza delle cure ed all’impossibilità di ottenere il medesimo trattamento presso centri italiani.

Il caso. La ricorrente conveniva davanti il Tribunale di Pisa l’Azienda USL di Empoli per ottenere il rimborso delle spese mediche sostenute dal marito poi defunto presso strutture ospedaliere estere, rilevando il loro carattere di urgenza e la mancanza di analoghi trattamenti presso strutture italiane. Si costituiva in giudizio la convenuta osservando come, ai fini del rimborso, il dante causa della ricorrente avrebbe dovuto avviare le procedure di autorizzazione previste dal combinato disposto della Legge numero 595/1985 e del D.M. 30 agosto 1991. In assenza di tale adempimento, riteneva la USL, nessun rimborso era dovuto. Il Giudice di primo grado, con sentenza successivamente confermata dalla Corte di Appello, accertate le ragioni di urgenza che avevano spinto il dante causa della ricorrente ad avvalersi delle strutture estere e la mancanza in Italia di centri che somministrassero le medesime cure, accoglieva la domanda. Il diritto alla salute è oggetto di incondizionata protezione. La USL ricorreva alla Corte di Cassazione eccependo - per quel che qui interessa esaminare - l’errata applicazione del summenzionato D.M. 30 agosto 1991 a mente del quale, per ottenere il rimborso delle spese in esame, occorreva attivare preventivamente la procedura di autorizzazione presentando quantomeno la relativa domanda. Di diverso avviso è invece la Cassazione la quale, premettendo che il diritto dei cittadini all’assistenza sanitaria trova il suo presupposto nell’articolo 32 Cost. e richiamandosi ad un suo autorevole precedente Cass. SS.UU. numero 117/1999 , rileva come il diritto alla salute costituisca diritto fondamentale dell’individuo compreso tra quelli inviolabili della persona, oggetto di incondizionata protezione da parte dell’ordinamento. Ciò è tanto vero – prosegue la Corte - che, qualora a fondamento della domanda di rimborso vengano dedotte ragioni di urgenza afferenti al pericolo di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione dell’assistito, manca ogni potere autorizzatorio discrezionale della Pubblica Amministrazione, risultando irrilevante l’eventuale discrezionalità tecnica nell’apprezzamento dei motivi di urgenza. In questo contesto, afferma la Corte, «la mancanza di preventiva autorizzazione amministrativa ad avvalersi per un intervento chirurgico di una struttura ospedaliera non convenzionata non incide sul diritto al rimborso delle spese sostenute, ove il giudice del merito accerti che l’intervento sia avvenuto in stato di necessità, cioè sia stato effettuato sollecitamente per non compromettere in maniera definitiva il risultato». La tutela della salute va intesa estensivamente . Basandosi su numerosi precedenti della Corte Costituzionale, infine, la Cassazione recepisce un’interpretazione estensiva dell’articolo 32 Cost. e del bene che esso tutela, ossia «quel nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» cfr. C. Cost. numero 509/2000 C. Cost. numero 309/1999 . Su questi presupposti, la Corte - condivisibilmente - afferma che una lettura costituzionalmente orientata della tutela della salute, deve necessariamente garantire ogni trattamento utile a ripristinare nel soggetto colpito le condizioni per una decorosa convivenza con la propria condizione patologica, interpretandosi così il diritto alla salute come unicum rispetto a quello alla dignità umana. Sulla base di queste premesse la Corte, rilevato come la USL nella propria memoria difensiva non avesse contestato la sussistenza dei requisiti di urgenza e necessità della cure fruite presso la struttura estera, rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 aprile – 18 giugno 2012, numero 9969 Presidente Lamorgese – Relatore Stile Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Pisa V.M P. , coniuge di R I. , chiedeva alla Azienda USL numero XX di Empoli il pagamento delle somme impiegate dal defunto congiunto per eseguire cure mediche all'estero, sul presupposto che si fosse trattato di cure urgenti e non eseguibili presso le strutture italiane. L'azienda sanitaria si costituiva in giudizio e deduceva che, ai sensi del d.m. 30.8.1991 e della delibera della Giunta Regionale della Toscana numero 751/1999, il dante causa della ricorrente avrebbe dovuto quantomeno avviare le procedure di autorizzazione. Quindi eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo ai sensi del d.lgs. numero 80/1993, articolo 33. In esito ad una CTU medico legale - che aveva confermato le ragioni di urgenza e la mancanza in Italia di strutture che somministrassero le cure — con sentenza 5.3.2007 il Tribunale di Pisa accoglieva la domanda. Avverso tale decisione proponeva appello l'Azienda sanitaria, cui resisteva la P. . Con sentenza del 26 gennaio-23 febbraio 2010, l'adita Corte d'appello di Firenze, rilevato che nella memoria di costituzione in primo grado l'azienda sanitaria non aveva svolto alcuna contestazione sulla sussistenza dei presupposti di fatto, che legittimavano il dante causa dell'appellata a ricorrere ad una struttura estera specializzata, e che neppure era stato mai contestato - in quella sede — la quantificazione del credito, confermava la sentenza di primo grado, essendo il diritto alla salute un diritto costituzionalmente garantito con la conseguenza che gli atti normativi di rango secondario, quale quelli indicati dall'Azienda, andavano disapplicati nella parte in cui subordinavano il rimborso alla preventiva autorizzazione od anche alla preventiva richiesta di autorizzazione. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l'Azienda USL XX di Empoli con undici motivi. Resiste V.M P. con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso l'Azienda Usl XX di Empoli, denunciando violazione, erronea applicazione e interpretazione dell'articolo 3 comma 5 della Legge numero 595/1985, del D.M. 3/11/89 così come integrato dal D.M. 24/1/90 e dal D.M. 30/8/91 , della Legge Regionale Toscana 6/4/93 numero 23 e della Delibera Giunta Regionale Toscana numero 715/99 articolo 360 numero 3 c.p.c. , lamenta che la Corte di merito abbia trascurato di considerare nei corretti termini la suddetta complessa disciplina, in base alla quale, al fine di ottenere il rimborso delle spese in oggetto, occorre attivare preventivamente la procedura di autorizzazione attraverso la proposizione della domanda. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione ed errata interpretazione e applicazione dell'articolo 32 della Costituzione in quanto la Corte distrettuale avrebbe erroneamente interpretato in modo estensivo il suddetto articolo posto a tutela del diritto alla salute, ricomprendendovi anche il diritto alla dignità umana, in modo da giustificare il diritto al rimborso per cure anche di carattere meramente palliativo come peraltro riconosciuto dalla stessa sentenza, e volte per di più ad alleviare il pregiudizio non tanto fisico quanto esistenziale del paziente. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. in relazione all'articolo 3 l. 595/1985, nonché la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza relativamente alla prova della indifferibilità e urgenza della cura, oltreché della mancanza di analoghe cure in Italia, mentre con il quarto la sentenza viene censurata nella parte in cui, applicando il principio della non contestazione, non si sarebbe pronunciata sulla denunciata carenza relativamente ai presupposti di fatto legittimanti la richiesta di rimborso. Con il quinto motivo si censura la mancata confutazione esplicita delle conclusioni del CTP della AUSL numero XX in ordine alla inesistenza dei presupposti di fatto della indifferibilità e urgenza della cura oltreché della mancanza di analoghe cure in Italia. Con il sesto motivo la sentenza impugnata denuncia omessa motivazione, non avendo preso in esame gli spunti critici del CTP rispetto alla CTU. Con il settimo motivo si censura la legittimatio ad causam della sig.ra P. che avrebbe agito in proprio e non quale erede di I.R. . Con l'ottavo motivo si denuncia la mancata pronuncia sul quinto motivo d'appello relativo alla quantificazione delle spese rimborsate alla P. . Con il nono motivo si riproduce l'ottavo sotto il profilo della violazione dell'articolo 6 del DMS 3.11.1989 e dell'articolo 3, comma 5, della L. 595/85, norme che non consentirebbero il rimborso integrale delle spese sostenute all'estero. Con il decimo motivo di ricorso si censura la sentenza d'appello nella parte in cui omette di pronunciarsi sul punto quattro dell'appello, in cui veniva richiesta una nuova consulenza tecnica d'ufficio. Con l'undicesimo motivo si ripropongono i profili di censura relativi ai precedenti motivi di appello tre, quattro e cinque che integrerebbero il vizio di error in procedendo sanzionabile ex articolo 360, numero 4 c.p.c Il ricorso, pur valutato nelle sue molteplici articolazioni, è infondato. Va preliminarmente osservato che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo rimarcato come il diritto dei cittadini all'assistenza sanitaria trovi il suo fondamento nell'articolo 32, primo comma, della Costituzione, e, ribadendo, in tal modo un principio già esistente nell'ordinamento giuridico, ha esplicitamente enunciato che il diritto primario alla tutela della salute, quale fondamentale diritto dell'individuo, rientra fra quelli inviolabili della persona ed è oggetto, pertanto, di incondizionata protezione. Sulla base di tale presupposto, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato ex plurimis, Cass. S.U. 10 marzo 1999 numero 117 che nell'ipotesi in cui a fondamento della domanda di un assistito del servizio sanitario nazionale, rivolta ad ottenere il rimborso di spese ospedaliere non preventivamente autorizzate dalla Regione, vengano dedotte ragioni di urgenza - che comportano per l'assistito pericoli di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione, evitabili soltanto con cure tempestive non ottenibili dalla struttura pubblica - manca ogni potere autorizzatorio discrezionale della pubblica amministrazione non essendo rilevante in contrario l'eventuale discrezionalità tecnica nell'apprezzamento dei motivi di urgenza, atteso che oggetto della domanda è il diritto primario e fondamentale alla salute, il cui necessario temperamento con altri interessi, pure costituzionalmente protetti - quali l'esistenza di risorse del Servizio sanitario nazionale con le conseguenti legittime limitazioni con leggi, regolamenti ed atti amministrativi generali - non vale a privarlo della consistenza di diritto soggettivo perfetto tutelabile dinanzi al giudice ordinario. Si è ulteriormente precisato che la mancanza di preventiva autorizzazione amministrativa ad avvalersi per un intervento chirurgico di una struttura ospedaliera non convenzionata non incide sul diritto al rimborso delle spese sostenute, ove il giudice del merito accerti che l'intervento sia avvenuto in stato di necessità, cioè sia sta effettuato sollecitamente per non compromettere in maniera definitiva il risultato Cass. numero 2444/2001 cit. . È peraltro da segnalare che anche la più recente giurisprudenza ha avuto modo di confermare che gli unici parametri, sulla base dei quali è legittimo valutare il diritto al rimborso delle spese mediche, siano quelli relativi alla urgenza e alla impossibilità di ottenere il medesimo trattamento presso centri italiani. Costituisce jus receptum il principio secondo cui con riguardo all'assistenza sanitaria indiretta per ricoveri ospedalieri all'estero - quale disciplinata in generale dal D.M. sanità 3 novembre 1989 poi modificato dal D.M. sanità 30 agosto 1991 , la cui violazione è censurabile in Cassazione stanze il carattere normativo del decreto - il rimborso delle spese sostenute per cure mediche e chirurgiche è possibile, in mancanza di preventiva autorizzazione, solo a condizione dell'eccezionale gravità ed urgenza delle cure stesse Cass. numero 11462/2007 . Va ulteriormente specificato che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del d.lgs. numero 502/1992, il Servizio Sanitario Nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, numero 883, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza, riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell'economicità dell'impiego delle risorse . Correttamente il Giudice a quo ha rimarcato che il richiamo esplicito ai principi che afferiscono alla dignità della persona - fra quelli che informano il Sistema Sanitario - appare coerente con la definizione condivisa del diritto alla salute come diritto soggettivo pubblico, stante la sua natura di diritto fondamentale della persona ex plurimis, Cass. 8939/1999, Cass. 7537/1999, Cass. 117/1999 e con il suo originare non solo dalla diretta previsione costituzionale che espressamente se ne occupa articolo 32 Cost. ma anche dal criterio di solidarietà articolo 2 Cost. che, come è noto, qualifica in senso definitorio il nostro ordinamento. Ne consegue, allora, che la sua riconosciuta polivalenza si risolve nella prevalenza della sua tutela rispetto ai concorrenti diritti di natura patrimoniale ed in genere alle valutazioni di economicità arg. ex Corte Cost. numero 67/88, Corte Cost. 72/144, Corte Cost. 74/247, Corte Cost. 79/88, Corte Cost. 86/184, Corte Cost. 87/559, Corte Cost. 91/2002 , ciò valendo sia nei rapporti intersoggettivi sia in quelli nei quali l'utente si trovi a richiedere la tutela del suo diritto nei confronti dell'amministrazione pubblica, cui la legge demanda la concreta attuazione del principio di cui all'articolo 32 Cost In tal senso la giurisprudenza del Giudice delle Leggi, pur nell'affermare la necessità del giusto bilanciamento degli interessi non esclusi quelli di una graduale organizzazione e della compatibilità finanziaria ha sempre e comunque fatto salvo quel nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana Corte Cost. 509/2000, Corte Cost. 309/1999, Corte Cost. 267/1998, Corte Cost. 247/1992 . Il costante riferimento alla necessaria tutela della dignità della persona impone, allora, una lettura delle regole che sovrintendono alla erogazione dei servizi destinati a realizzare il pieno diritto alla salute che tenga conto - quando si tratti, come nella specie, di fruire di un progetto terapeutico non somministrato dal Servizio Sanitario Nazionale - del complesso oggetto della tutela che, conseguentemente, non può risolversi nel solo approntare il presidio terapeutico destinato al regresso della malattia, ma anche e soprattutto nell'offrire quant'altro sia utile a ripristinare nel soggetto colpito le condizioni per una decorosa convivenza con la condizione patologica o la disabilità. A questa conclusione si perviene, infatti, qualora, come doveroso, il diritto alla salute si legga unitamente a quello alla dignità umana. Da tali considerazioni deve ricavarsi il principio che il diritto alla salute ha nel nostro ordinamento una dimensione sicuramente più ampia di quanto non possa derivare dal mero diritto alla cura od alla assistenza, intesa nel senso tradizionale di accorgimenti terapeutici idonei a debellare la malattia od ad arrestarne l'evoluzione. Al contrario, il necessario riferimento alla tutela della dignità umana, consente di ritenere che le condizioni di salute oggetto della previsione costituzionale coincidano non solo con l'approntamento di mezzi destinati alla guarigione del soggetto colpito ma anche con quant'altro possa farsi per alleviare il pregiudizio non solo fisico ma, se si vuole, esistenziale dell'assistito, quantomeno in ragione di tutto ciò che manifesti concreta utilità ad alleviare la limitazione funzionale ancorché senza apprezzabili risultati in ordine al possibile regresso della malattia. La pronuncia oggetto di impugnazione ha preso puntualmente in esame la questione proposta, concludendo in conformità alla enunciata giurisprudenza, dopo avere accertato la sussistenza dei richiesti presupposti di fatto. In proposito, ha rilevato che nella memoria di costituzione in primo grado l'Azienda sanitaria non aveva svolto alcuna contestazione sulla sussistenza dei presupposti che legittimavano il dante causa dell'appellata a ricorrere ad una struttura estera specializzata né l'Azienda USL numero XX di Empoli aveva mai contestato — in quella sede — la quantificazione del credito, avendo l'ente pubblico solo eccepito la giurisdizione ed il difetto di una richiesta di autorizzazione previsto dalla normativa secondaria richiamata. Da tale accertamento la Corte territoriale ha fatto discendere che nel giudizio non si potevano ritenere in contestazione né la sussistenza delle condizioni di urgenza né la necessità di ricorrere a terapie non eseguite in Italia presupposti, peraltro, entrambi accertati dalla indagine medico legale svolta in primo grado. Le esposte argomentazioni valgono a confutare il nucleo centrale delle censure formulate con l'esaminato ricorso, ivi compresa la questione concernente la quantificazione delle spese sostenute e di cui si è richiesto il rimborso, difettando - come accertato dal Giudice d'appello ogni contestazione in sede di costituizione in primo grado. Quanto alla dedotta improponibilità della domanda da parte della signora P. , in quanto priva di legittimazione, è sufficiente osservare in contrario che nella sentenza di primo grado - come opportunamente evidenziato nel controricorso - si statuiva che, in accoglimento del ricorso la convenuta amministrazione doveva essere condannata a rimborsare all'attrice, nella sua qualità di erede di R I. . . Inoltre, nella stessa esposizione in fatto della sentenza d'appello emerge che sin dal primo grado la stessa Azienda sanitaria qualificava lo I. dante causa della ricorrente. Orbene, non essendo intervenuta sul punto alcuna specifica contestazione nei motivi di appello, deve ritenersi incontrovertibilmente provato che la P. fosse la titolare del diritto controverso e pertanto dotata di legitimatio ad causam . Per quanto precede il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo. Seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA.