Parcella dell’avvocato pagata in parte, ma l’IVA e il CAP erano già calcolati?

96 milioni di lire versati, ma comprensivi di accessori di legge o no? È importante per capire qual è la somma residua da versare serve però una motivazione sufficiente del giudice di merito.

Il caso. L’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Farmacisti proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso in accoglimento del ricorso di un avvocato, che vantava crediti derivanti dalla sua attività professionale svolta in favore dell’opponente. Opposizione accolta parzialmente dall’adito tribunale, il quale accertava che «il valore della controversia – che aveva interessato il rinnovo del contratto di locazione di un palazzo, di proprietà dell’ente, alla Banca Toscana – doveva dirsi pari a lire 1 miliardo e 450 milioni e on a lire 2 miliardi», come esposto nella parcella dell’avvocato. In pratica, la parte opponente doveva versare una somma inferiore rispetto a quella indicata nel decreto ingiuntivo. IVA e CAP sono compresi negli oltre 96 milioni di lire? L’ENPAF propone appello, ma la situazione non cambia la Corte distrettuale respinge l’appello dell’Ente, «con il quale si era inteso, da un lato, far valere il travisamento dei dati di causa, essendosi ritenuto che quanto pagato fosse comprensivo di IVA e CAP, e dall’altro censurare la decisione di compensare le spese di lite». Ecco, dunque, che si arriva avanti alla Suprema Corte. Alla Corte d’appello non basta dire che l’importo fosse al netto di IVA e CAP. Proprio in Cassazione viene confermato il principio della insindacabilità in sede di legittimità della deliberazione del materiale probatorio da parte del giudice del merito, come la scelta delle emergenze istruttorie da utilizzare ai fini della decisione. «Tale regula juris – osservano gli Ermellini – deve però essere coniugata con l’onere di una sufficiente motivazione, tanto più nel caso, come avvenuto nella fattispecie, in cui la censura riguardi appunto tale pretermissione da parte del giudice di primo grado». La Corte territoriale, dunque, si è limitata ad una lacunosa motivazione, che dovrà essere rivista dalla diversa sezione della Corte d’appello a cui la Cassazione ha rinviato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 maggio – 6 giugno 2012, numero 9121 Presidente Oddo – Relatore Bianchini Svolgimento del processo l'ENPAF Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Farmacisti propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Roma, con il quale, in accoglimento del ricorso dell'avv. S.A. , agente in proprio e quale rappresentante dell'associazione professionale titolata Studio di assistenza e consulenza legale S. , le era stato ingiunto di pagare lire 27.013.250 oltre IVA e CAP , rappresentante la differenza tra l'importo di lire 121.000.000 oltre IVA e CAP di cui alla parcella numero omissis emessa per l'attività professionale svolta in favore di essa opponente ed il versamento di lire 96.186.750 che si assumeva comprensivo degli accessori di legge. A sostegno dell'opposizione l'ENPAF sostenne la congruità e la satisfattorietà di quanto corrisposto, pur sottolineando che il giusto onorario sarebbe dovuto essere di importo ancora minore pari a lire 89.072.500, oltre IVA e CAP. Costituitisi i soggetti ingiungenti, l'adito tribunale accolse parzialmente l'opposizione, accertando che il valore della controversia che aveva interessato il rinnovo del contratto di locazione di un palazzo, di proprietà dell'ente, alla Banca Toscana doveva dirsi pari a lire i miliardo e 450 milioni e non a lire 2 miliardi, come esposto nella parcella, condannando parte opponente al pagamento della differenza tra lire 94.395.000 oltre IVA e CAP indicata dallo stesso Tribunale come esatta liquidazione dell'opera prestata e quella versata di complessive lire 96.186.750, comprensiva dei suddetti accessori. La Corte di Appello di Roma, pronunziando sentenza numero 1705/2005 respinse l'appello dell'ENPAF, con il quale si era inteso, da un lato, far valere il travisamento dei dati di causa, essendosi ritenuto che quanto pagato fosse comprensivo di IVA e CAP, e dall'altro censurare la decisione di compensare le spese di lite accolse in parte il gravame principale, statuendo che gli interessi di mora sulla somma riconosciuta come dovuta sarebbero dovuti decorrere dalla data di notifica del decreto ingiuntivo anziché dalla data di notifica del ricorso monitorio. Per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso principale ENPAF sulla base di quattro motivi, e gravame incidentale lo S. facendo valere unico motivo. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione I — I ricorsi vanno riuniti essendo stati proposti contro la medesima sentenza. II — Con il primo motivo viene dedotto vizio di motivazione per omesso esame od erronea interpretazione sia della delibera numero 61 in data 25 luglio 1995 del consiglio di amministrazione dell'Ente, cui erano allegati il parere del legale dell'ente, avv. P.A. , sia la nota di debito numero 8/95 II/a Il primo documento avrebbe attestato che l'ENPAF aveva autorizzato il pagamento poi contestato, sulla base del parere del proprio fiduciario, avv. P. , e sulla base delle parcelle emesse dal controricorrente da tali documenti sarebbe emerso che la somma residua di lire 96.186.750 era stata considerata al netto dell'IVA e del CAP. II/b Il secondo documento, contenente la nota di debito a storno parziale della parcella numero 155/1113, avrebbe evidenziato che l'operazione contabile di addebito si sarebbe riferita all'IVA ed al CAP sulle somme ritenute non dovute dal cliente e quindi da esso non pagate in base alla medesima fattura. III Con il secondo e connesso motivo sui medesimi punti viene fatto valere vizio di omessa od insufficiente motivazione IV — I suesposti motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono fondati in quanto, se deve confermarsi il principio della insindacabilità in sede di legittimità della delibazione del materiale probatorio da parte del giudice del merito in ciò comprendendovi anche la scelta delle emergenze istruttorie da utilizzare ai fini della decisione tale regula juris deve però essere coniugata con l'onere di una sufficiente motivazione, tanto più nel caso, come avvenuto nella fattispecie, in cui la censura riguardi appunto tale pretermissione da parte del giudice di primo grado. IV/a La Corte territoriale dunque non ha fatto buon governo di tale principio, limitandosi a tale lacunosa motivazione non trova alcun fondamento l'assunto che il pagamento di lire 96.186.750, per dato incontroverso percepito dagli odierni appellanti, fosse al netto dell'IVA e del Cap, di guisa dunque da corrispondere ad un importo superiore al dovuto che neppure da atto di un eventuale esame che sarebbe stato condotto sulla documentazione offerta in comunicazione nei pregressi gradi di merito, rendendo dunque non rintracciabile il percorso logico seguito. V Il terzo motivo riguardante il governo delle spese di lite ed il quarto motivo, attinente la decorrenza degli interessi, risultano assorbiti dalla necessaria cassazione del capo di sentenza per i primi due motivi. VI — Con unico motivo di ricorso incidentale l’avv. S. assume che la Corte romana sarebbe incorsa in un vizio di motivazione dedotta come insufficiente o difettosa ed altresì avrebbe violato il precetto di cui all'articolo 14 c.p.c., determinando in maniera erronea il valore della controversia, avendo riguardo solo al canone annuo di locazione che, grazie all'opera professionale di esso contro ricorrente, la conduttrice Banca di Toscana aveva dovuto pagare, aumentato rispetto all'irrisorio canone in precedenza pattuito e non avrebbe tenuto conto che la propria opera professionale era continuata anche dopo la determinazione del canone da applicare e fino alla revoca del mandato. VII Il motivo è infondato in quanto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non essendo riportato il contenuto della sentenza di primo grado sul punto della determinazione del valore in maniera differente da quanto opinato dal consiglio dell'ordine in sede di parere, non è delibabile in quali termini si sarebbe articolato l'appello incidentale, ad esso rapportandosi il contenuto del ricorso incidentale. Vili La sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata a diversa sezione della Corte di Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità secondo quanto indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi accoglie il 1 ed il 2 motivo del ricorso principale dichiara assorbiti il 30 ed il 40 motivo dello stesso rigetta il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia innanzi a diversa sezione della Corte di Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.